Perchè dovrei pensare che non può diventare saggio chi ignora le lettere, quando la saggezza non consiste nelle lettere?
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Il 12 dicembre 2015 le 196 Parti
aderenti alla Convenzione quadro
delle Nazioni unite sul cambiamento
climatico (United Nations Framework
Convention on Climate Change, Unfccc)
hanno adottato l’Accordo di Parigi, che ha
l’obiettivo di rafforzare la risposta globale
alla minaccia del cambiamento climatico.
L’accordo di Parigi è il risultato del
processo partito a Durban nel 2011,
quando le parti della convenzione
avevano deciso di lanciare un programma
di lavoro che avrebbe dovuto portare
all’adozione di un protocollo, un altro
strumento legale o un risultato condiviso
con efficacia vincolante applicabile a tutte
le parti della convenzione e che sarebbe
dovuto entrare in vigore nel 2020.
I numeri della partecipazione alla
conferenza mettono in evidenza la
rilevanza del tema del cambiamento
climatico nell’agenda internazionale e
l’importanza dell’accordo: 150 capi di
stato o di governo erano presenti nella
giornata di apertura e nel corso delle
due settimane della conferenza si è
registrata la presenza di più di 19.000
rappresentanti delle parti e di più di
8.000 osservatori.
L’accordo di Parigi è stato quasi
unanimemente accolto con favore dalla
comunità internazionale ed è stato
descritto come un risultato ambizioso e
un successo dei negoziati intergovernativi.
Tenendo in considerazione che le
parti dell’Unfccc adottano le decisioni
all’unanimità, l’accordo è effettivamente
un traguardo ambizioso. Per esempio, vale
la pena ricordare che solo pochi mesi fa
l’obiettivo a lungo termine di mantenere
l’incremento della temperatura media
globale ben sotto i 2°C rispetto ai livelli
pre-industriali (incluso nell’articolo 2) era
molto lontano dall’essere considerabile
come condiviso da tutte le parti.
Questo è il primo accordo internazionale
sul clima dopo l’adozione del Protocollo
di Kyoto nel 1997 e ha tratto beneficio
dalle lezioni imparate. Se il Protocollo di
Kyoto stabiliva obiettivi vincolanti che
le parti dovevano soddisfare, il nuovo
accordo è costruito con un approccio
diverso: fissa una direzione di lungo
termine – mantenere l’incremento
della temperatura media mondiale
significativamente al di sotto di 2°C
– e stabilisce che per raggiungere tale
obiettivo tutte le parti debbano adottare
e comunicare impegni ambiziosi su base
volontaria, crescenti nel tempo. Il giorno
dell’adozione del protocollo di Parigi,
188 paesi hanno presentato i propri
contributi nazionali programmati (Intended
Nationally Determined Contributions,
INDCs) che costituiscono la base per i
loro impegni di miglioramento.
Il nuovo accordo, inoltre, supera il
concetto del protocollo di Kyoto per cui
c’erano parti con impegni differenziati,
con e senza obblighi di riduzione delle
emissioni. In base all’accordo, tutte le
parti devono contribuire, sulla base
del principio della Convenzione di
“responsabilità comuni ma differenziate”,
un principio che nel nuovo testo è
specificato come “responsabilità comuni ma
differenziate e rispettive capacità alla luce
delle diverse situazioni nazionali”.
Insieme alla decisione con cui l’accordo
è stato adottato (decisione 1/CP21),
l’accordo di Parigi contiene un insieme
di disposizioni che interessano le aree
che sono state considerate cruciali per
raggiungere il suo obiettivo: rafforzare
la risposta globale alla minaccia del
cambiamento climatico, nel contesto
dello sviluppo sostenibile e degli sforzi
per eliminare la povertà.
Di seguito, alcune delle disposizioni più
importanti dell’accordo.
Mitigazione.
L’articolo 4 dell’accordo
di Parigi prevede che, per realizzare
l’obiettivo di mantenere l’incremento della temperatura media globale ben
sotto i 2°C,
le parti puntino a raggiungere
il picco globale di emissioni di gas serra
prima possibile e in seguito si impegnino
per una rapida riduzione, per arrivare
alla neutralità del carbonio (ciò che
l’accordo indica come “equilibrio tra le
emissioni antropogeniche e l’abbattimento
dei gas serra”) nella seconda metà di
questo secolo. Mentre ci si aspetta dai
paesi sviluppati che assumano importanti
obiettivi di riduzione delle emissioni,
i paesi in via di sviluppo dovrebbero
continuare a rafforzare i propri sforzi di
mitigazione.
Sistema trasparente e sistema di revisione
della situazione globale.
L’articolo 14
prevede che le parti periodicamente
stilino un bilancio dell’applicazione
dell’accordo, per verificare i progressi
collettivi verso il raggiungimento degli
obiettivi (indicato come “revisione
globale”). Questo bilancio dovrà essere
facilmente comprensibile e tenere
in considerazione la mitigazione,
l’adattamento e gli strumenti di
applicazione e di supporto, alla luce
del principio di equità e delle migliori
conoscenze scientifiche disponibili. La
prima revisione dovrà essere realizzata nel
2023 e in seguito ogni 5 anni.
Adattamento.
L’articolo 7 stabilisce un
obiettivo globale sull’adattamento in
merito al potenziamento della capacità
di adattamento, al rafforzamento
della resilienza e alla riduzione della
vulnerabilità al cambiamento climatico,
con uno sguardo al contributo
allo sviluppo sostenibile. Le parti
riconoscono che le azioni di adattamento
debbano seguire un approccio su base
nazionale, attento alla prospettiva di
genere, partecipativo e pienamente
trasparente. Il focus è puntato sui
processi di pianificazione delle misure
di adattamento e sull’applicazione delle
azioni in cui tutte le parti dovranno
impegnarsi. Le parti sono tenute a
presentare e aggiornare comunicazioni
periodiche sull’adattamento, che saranno
raccolte in un registro pubblico gestito
dal segretariato Unfccc.
“Loss and damage”.
L’articolo 8 considera
il riconoscimento dell’importanza di
evitare, minimizzare e affrontare perdite
e danni associati agli effetti negativi del
cambiamento climatico. A Parigi, le
parti hanno deciso che il già esistente
Meccanismo internazionale di Varsavia per
perdite e danni associati agli impatti del
cambiamento climatico (creato nel corso
della Conferenza delle parti del 2013)
venga applicato sotto l’autorità e la guida
della Conferenza delle parti dell’accordo
di Parigi.
Supporto finanziario.
Il principio delle
responsabilità comuni ma differenziate
e delle rispettive capacità alla luce delle
diverse situazioni nazionali diventa
più evidente quando si affronta il tema
degli obblighi assunti dalle parti nel
fornire supporto finanziario. L’articolo 9
stabilisce che i paesi sviluppati forniscano
risorse o supporti finanziari ai paesi in
via di sviluppo, mentre le altre parti sono
“incoraggiate” a fornire o continuare
a fornire supporto volontariamente. I
paesi sviluppati sono tenuti a prendere
l’iniziativa nella mobilitazione di una
finanza per il clima.
Per quello che riguarda il supporto
finanziario, la decisione 1/CP21, con
cui è stato adottato l’accordo, stabilisce
che prima del 2025 le parti stabiliscano
un nuovo obiettivo quantificato
collettivamente a partire da una base di
100 miliardi di dollari Usa all’anno (già
stabilito a Cancun nel 2010), tenendo in
considerazione i bisogni e le priorità dei
paesi in via di sviluppo.
La Conferenza sarà ricordata anche
per avere visto una mobilitazione senza
precedenti di attori non statali. Nel
quadro dell’Agenda di azione Lima-Parigi,
un’iniziativa lanciata da Perù, Francia,
Segretario generale Onu e segretariato
Unfccc, la Conferenza ha ospitato una
serie di eventi per dimostrare la risposta
di città, regioni, imprese e società civile
nell’intraprendere azioni ambiziose
contro il cambiamento climatico. Le
iniziative presentate durante tali eventi
sono già diventate una forza importante
nella riduzione delle emissioni, nel
miglioramento dell’efficienza energetica,
nella costruzione di comunità ed economie
resilienti e nel contenimento della
deforestazione e degli sprechi idrici e
agricoli. Queste iniziative di cooperazione,
così come gli impegno individuali, sono
riportate sul portale Nazca (http://
climateaction.unfccc.int).
Durante la conferenza, il portale Nazca
ha aggiunto quasi 11 mila esempi di
partecipazione a iniziative relative
all’Agenda di azione Lima-Parigi, che
coinvolgono attori statali e non statali di
180 paesi diversi, compresi 2.255 città, 150
regioni, 2.025 imprese e 424 investitori.
Per il 22 aprile 2016 il segretario generale
delle Nazioni unite convocherà una
cerimonia ufficiale di sottoscrizione
dell’accordo. L’accordo sarà poi aperto
per la sottoscrizione presso il Quartier
generale Onu a New York per un anno
ed entrerà in vigore 30 giorni dopo
che almeno 55 parti che rappresentino
almeno il 55% delle emissioni globali
totali di gas serra abbiano depositato i
propri strumenti di ratifica, accettazione,
approvazione o adesione.
L’accordo internazionale fornirà il quadro
di azione tanto atteso che dovrà poi essere
tradotto in misure e normative nazionali.
La strada verso un futuro resiliente e a
basso tasso di carbonio ora è stata tracciata
e non è possibile tornare indietro: adesso
è responsabilità di tutti fare in modo
che quanto previsto dall’accordo venga
realizzato con successo.
Daniele Violetti, Isabel Aranda
Segretariato Unfccc, Bonn
Tratto da Ecoscienza 6/15
EUGENIO CARUSO. Ebbi il piacere di partecipare, come osservatore, al Summit della Terra, tenutosi a Rio de Janeiro dal 3 al 14 giugno 1992, la prima conferenza mondiale dei capi di Stato sull'ambiente. Fu un evento senza precedenti anche in termini di impatto mediatico e di scelte politiche e di sviluppo che vi furono proposte. Vi parteciparono 172 governi e 108 capi di Stato o di Governo, 2.400 rappresentanti di organizzazioni non governative e oltre 17.000 persone aderirono al NGO Forum. Mi sembra che non sono stati superati ancora i problemi che emersero 23 anni fa all'epoca di RIO 92. Già allora nacquero seri dissidi tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo.
Impresa Oggi - 24 febbraio 2016