Spesso, nulla è più proficuo della stima di sé, quando essa ha per terreno il giusto e il bene, sapientemente dosati.
John Milton
In un mio libro dal titolo Comunico quindi esisto ho cercato di dimostrare che la Comunicazione è il combustibile necessario perché un’impresa possa porsi sul mercato ed essere conosciuta.
In questa Sezione proporrò una serie di articoli, contrassegnati con un numero progressivo, nei quali illustrerò la metodologia e gli strumenti con i quali va attivata la Comunicazione verso l’esterno.
In questi articoli verrà posto l’accento su quegli strumenti che sono ritenuti più adeguati per la comunicazione, in particolare della piccola e media impresa, e con questo primo articolo descriverò come avviare un piano di Comunicazione.
Negli articoli che si susseguiranno nel Sito, verranno analizzati i seguenti mezzi.
- Riviste specialistiche
- Fiere e mostre
- Internet,
- Convegni ed eventi
- Sponsorizzazioni.
A volte anche la piccola e media impresa utilizza altri strumenti,come:
- le televisioni e le radio locali,
- i quotidiani,
- i call center e i contact center,
- la cartellonistica,
- la comunicazione organizzativa,
- la promozione del marchio,
- la promozione commerciale,
- la comunicazione attraverso il prodotto,
- il merchandising e i punti di vendita,
- gli interventi nel sociale,
ma questi interessano una percentuale minore delle piccole e medie imprese e, per lo più, le imprese commerciali.
Pertanto, in questi articoli, ne parlerò meno diffusamente, concentrandomi, su quegli strumenti che vengono utilizzati più frequentemente dalle imprese che fanno comunicazione o che dovrebbero essere utilizzate dalle imprese che non fanno comunicazione.
Non va dimenticato che lo sviluppo e l'attuazione di una strategia di comunicazione devono rispettare gli otto principi introdotti da Brochand e Lendrevie.
- Principio di esistenza. La strategia di comunicazione deve essere conosciuta e accettata da tutti coloro che sono direttamente coinvolti.
- Principio di continuità. Una strategia di comunicazione deve essere concepita per durare, deve, pertanto, evitare forti discontinuità nella trasmissione dei messaggi. Ad esempio, se un’azienda ha fatto della qualità l’elemento distintivo della propria comunicazione è opportuno che mantenga nei propri messaggi questa peculiarità. Il che non significa che un’impresa non debba affrontare un business completamente nuovo rispetto alla propria esperienza passata. È abbastanza frequente il caso di imprese di produzione che affiancano alla produzione attività di servizio.
- Principio di differenziazione. Va creato un codice di comunicazione che sia in grado di dare al "prodotto dell’impresa" un'identità precisa e di assegnare, agli occhi del destinatario della comunicazione, un valore esclusivo a quel "prodotto". È ben noto che, spesso, sono gli aspetti immateriali che dànno al prodotto un vantaggio competitivo.
- Principio di chiarezza. Una buona comunicazione deve basarsi su idee forti e semplici. Se osserviamo la pubblicità sui diversi media possiamo osservare che questo principio è osservato, sempre, in modo scrupoloso.
- Principio di realismo. Non fissare obiettivi sproporzionati alla capacità di offerta; la comunicazione deve trasmettere messaggi adeguati alla tipologia del prodotto e alla tipologia del target di mercato che si vuole colpire.
- Principio di adattamento. La comunicazione deve adattarsi ai diversi strumenti e tali strumenti dovranno essere congruenti con il tipo di comunicazione che si vuole trasmettere. Ad esempio, se si vuole diffondere un messaggio che riguarda il business to business, difficilmente si ricorrerà ad uno spot sulle televisioni nazionali, ma si opterà, piuttosto, per una pubblicità su riviste di settore o per la partecipazione a fiere e mostre.
- Principio di coerenza. In nessun caso vanno create situazioni in cui le informazioni trasmesse sul "prodotto" possano essere percepite dal cliente come incoerenti. Si collega al principio di continuità; il cliente vuole che la comunicazione su un prodotto non presenti fratture né incongruenze.
- Principio di accettabilità interna. È necessario che la comunicazione e i suoi messaggi siano compresi non solo dai clienti ma anche dalle risorse umane interne all'azienda.
Non si può, inoltre, trascurare la condizione che il piano di comunicazione soddisfi il sistema di attese relativo ai seguenti fattori.
- La qualità dell’informazione e la soddisfazione per l’informazione d'impresa: riguardano la qualità di informazioni sulle caratteristiche tecniche che corredano il prodotto (manuali d'uso, cataloghi stampati o disponibili sul sito aziendale, etichette di istruzioni, marchio di origine), ma anche la modalità di organizzazione delle informazioni e la fruibilità delle informazioni da parte del cliente.
- La qualità dei linguaggi utilizzati nei prodotti e nelle comunicazioni: appropriatezza, comprensibilità, stile, assenza di imperfezioni.
- La consonanza d’immagine: deriva dalla conformità tra l'immagine del prodotto veicolata dalla comunicazione d'impresa e quella esistente nella mente del fruitore.
- La trasparenza delle condizioni commerciali: la comunicazione aperta e chiara, delle condizioni tecniche e di vendita.
In riferimento al tema della consonanza d’immagine, qualora l'immagine di prodotto si discosti, o sia in opposizione alla immagine ideale che ne ha il cliente, può nascere dissonanza cognitiva rispetto all'intenzione di acquisto del prodotto. La vicinanza dell'immagine del prodotto all’archetipo idealizzato dal cliente-target diviene un fattore di successo della comunicazione aziendale.
Al contrario, l'associazione del prodotto o dell’impresa a un'immagine indesiderata, o a comportamenti considerati negativamente dal cliente-target (ad esempio, poca professionalità da parte dei venditori, ritardi nelle consegne, recupero crediti assillante), sono in grado di deprimere persino l'intenzione di acquisto di prodotti giudicati dal cliente intrinsecamente validi.
In ogni tipo di esperienza di acquisto è possibile individuare due componenti: una componente tecnica legata alla prestazione in sé, e una componente relazionale costituita dal rapporto umano che si instaura tra acquirente e venditore.
Pertanto, di particolare importanza risulta la distinzione tra elementi tangibili del prodotto ed elementi intangibili, poiché la soddisfazione del cliente non si limita alla soddisfazione circa gli attributi del prodotto, ma comprende anche la soddisfazione verso gli aspetti relazionali e di servizio che accompagnano l'acquisto.
In altre parole, la soddisfazione verso il prodotto si trasforma in soddisfazione verso l'esperienza di acquisto, intesa nella sua globalità: qualità e imballaggio del prodotto, prestazioni percepite durante l'utilizzo, chiarezza delle istruzioni, capacità di rassicurazione da parte della forza di vendita, rinforzi positivi nel post-vendita, garanzie, rapporto interpersonale con i rappresentanti dell'azienda, soddisfazione per il prezzo.
A livello di prodotto è possibile identificare, quindi, due componenti.
- Aspetti tangibili: rendimento, caratteristiche, opzioni, stile, durata, resistenza.
- Aspetti intangibili: qualità del servizio, qualità della comunicazione, cortesia, competenza del personale di vendita, qualità del servizio post-vendita, qualità dell'assistenza, garanzie, cordialità, capacità di ascolto del cliente.
Le relazioni hanno un alto impatto emotivo. In molte situazioni di acquisto ad alto coinvolgimento, il cliente può restare colpito più dalle componenti relazionali del venditore che non dalle componenti tecniche del prodotto.
Un atto di scortesia del venditore difficilmente verrà rimediato da una buona prestazione di prodotto.
Proprio a causa della crescente uniformità tecnica di fondo, la competizione si sposta dalla differenza sul prodotto alla differenza sulla comunicazione e sulla relazione tra fornitore e cliente.
Caratteristiche relazionali come affidabilità, trasparenza, sicurezza, competenza, capacità di recupero di situazioni critiche, capacità di ascolto, capacità di informare e formare il cliente assumono un peso sempre maggiore nella scelta di un fornitore.
Nel caso della fornitura di un servizio, la capacità empatica di avvicinamento all'altro costituisce un elemento di fondamentale importanza.
Realizzare prodotti discreti o ottimi non rappresenta più il solo traguardo per l'impresa che punti al vertice della competitività. Il traguardo si sposta verso l'immissione nel prodotto di caratteristiche in grado di avvicinarlo al "prodotto ideale" e di componenti relazionali, uno stato di qualità basato su caratteristiche, che a volte il cliente riesce a percepire solo in maniera inconsapevole.
Il modello consente un allargamento del concetto di customer satisfaction. Ne consegue che anche la politica della qualità, così come viene contemplata oggi dalle imprese, richiede una sostanziale trasformazione, passando da un focus, molto orientato al prodotto, per dirigersi verso un nuovo modello basato su una comunicazione che sia in grado di far affiorare nel cliente bisogni che sono o ancora latenti o a livello di percezione.
Infine osserviamo come decolla normalmente un piano di comunicazione.
L’esperienza mi porta ad affermare che quando l’imprenditore di un’impresa prende questa decisione, e ha già in mente di quale strumento della comunicazione servirsi, ha due alternative:
- Rivolgersi ad un’agenzia di pubblicità o di pubbliche relazioni o di marketing (opzione molto rara).
- Rivolgersi a chi può rendergli operativo, direttamente, lo strumento della comunicazione prescelto.
Nel primo caso l’imprenditore si troverà a confrontarsi con professionisti generalisti che potrebbero avere qualche difficoltà nel capire le reali esigenze dell’impresa, nel secondo caso il rischio sta nella marcata specializzazione del professionista prescelto.
In ogni caso l’imprenditore dovrà farsi carico di seguire accuratamente l’evolvere del piano di comunicazione e monitorarne l’efficacia, cercando di capire quali miglioramenti delle performance aziendali possano essere attribuiti al piano di comunicazione.
Occorre ricordare che in Comunico, quindi esisto, ho affrontato con grande dettaglio lo strumento principe della comunicazione, quella interpersonale, che avviene in ogni momento della vita dell’impresa.
1 Cataloghi e depliant
Quando chiedo ad un imprenditore di quali strumenti di comunicazione si serva, nel 50% dei casi, mi mostra, con malcelato orgoglio, un catalogo, una serie di depliant per singolo prodotto, una brochure illustrativa dell’impresa o del gruppo di imprese sotto il suo controllo, un sito web, stile catalogo.
Spesso non viene utilizzato nessun altro strumento.
Generalmente, a questo punto, senza troppo infierire, faccio presente alcune considerazioni rigorosamente oggettive.
- Il catalogo, il depliant, la brochure vengono, generalmente, dati, a mano o inviati per posta, da un dipendente dell’impresa (generalmente un commerciale) ad un soggetto esterno per mostrare un prodotto o per illustrare le potenzialità dell’impresa.
- Essi, pertanto sono strumenti di lavoro che supportano una descrizione orale e il cui scopo principale è lasciare una memoria scritta di quanto detto.
- Se, come abbiamo visto, la Comunicazione d'impresa dovrebbe realizzare “la partecipazione ad una situazione emotiva comune e la comprensione propria dello stare insieme”, forzare un soggetto a portare con sé un nostro documento non rientra nello schema comunemente accettato di Comunicazione.
- Questi documenti sono essenziali quando l'impresa partecipa ad una fiera o a un convegno, oppure organizza qualche particolare altra forma di evento, però essi sono sempre strumenti di supporto all’evento principale.
- Ad eccezione del sito web, di cui si parlerà nel seguito, essi non sono mai, da soli, strumenti di comunicazione.
Fatte queste importanti considerazioni di principio, si può passare all’analisi dei documenti prodotti dall’impresa; nel 50 % circa dei casi i prodotti sono di buona/ottima qualità, nel rimanente 50 % dei casi essi sono di sufficiente/scarsa qualità.
Ciò significa che un’impresa su quattro utilizza per la propria Comunicazione strumenti inadeguati e di non buona qualità comunicativa.
I difetti che si riscontrano più comunemente nella realizzazione di cataloghi, depliant, brochure o altro sono abbastanza comuni perché hanno, generalmente, la stessa matrice: non sono mirati a dare soluzioni ad eventuali problemi del cliente.
- Esistono alcuni documenti monstre, che racchiudono tutto: la storia dell’impresa dai fondatori all’ultima generazione imprenditoriale, la struttura organizzativa, i prodotti, i processi innovativi, le certificazioni, i riconoscimenti ottenuti, il tutto con abbondanza di fotografie e disegni. e una notevole ridondanza di informazioni. È quello che io definisco La bibbia aziendale. Questo documento, generalmente, non sortisce alcun impatto positivo sul fruitore, serve unicamente all’autoglorificazione dell’imprenditore.
- Altri documenti sono costituiti da cartellette riempite con i depliant di tutti i prodotti o servizi dell’impresa. Carta patinata, bei disegni o fotografie, essi sono spesso schede tecniche gradevoli al tatto e alla vista, che possono essere utili a chi già conosce il prodotto o la soluzione necessaria per la soluzione di un problema. Spesso manca una descrizione sintetica del perché devo usare quel prodotto e quali problemi mi risolve.
- Le referenze sono un potente strumento per valorizzare l’impresa. Qui si riscontrano comportamenti opposti, ma ugualmente negativi. In alcuni casi esiste il “libro delle referenze” con centinaia di imprese elencate, generalmente, secondo un ordine cronologico; un inutile calderone di imprese di settori e dimensioni diversi. All’estremo opposto troviamo imprese che nella documentazione che forniscono trascurano questo elemento. Giova notare che nel caso delle imprese di servizi la referenza è l’unica testimonianza della propria abilità.
- Nella produzione dei documenti aziendali, spesso si vede la mano di un grafico o di un esperto di marketing, a volte tutta la documentazione viene prodotta nell'impresa sfruttando le varie competenze. Generalmente non si notano differenze, se non dal punto di vista dell’estetica, perché in entrambi i casi l’estensore dei documenti ha seguito pedissequamente le indicazioni dell’imprenditore.
- La traduzione del linguaggio tecnico non è un’operazione facile, pertanto, mi è capitato spesso di leggere documenti in inglese la cui comprensione da parte di un lettore straniero potrebbe addirittura portare a valutazioni negative sull’impresa (1).
Come dicevo, una volta, circa, su quattro, capita di imbattersi in documenti ben fatti, che, sinteticamente, descrivono l'impresa e i relativi prodotti o servizi. Si nota lo sforzo di offrire un “servizio globale e problem solving”. Le referenze sono poche, ma significative, la grafica essenziale e gradevole, le traduzioni precise e, se del caso, ancora più sintetiche secondo la tradizione anglosassone.
Alcune imprese di dimensione media producono una Newsletter, generalmente di quattro facciate, e periodicità quadrimestrale o semestrale, che riporta gli avvenimenti aziendali più importanti avvenuti nel quadrimestre o nel semestre precedente. Questo tipo di pubblicazione è caduto in disuso perché ci si è resi conto di un suo limite intrinseco.
La Newsletter viene prodotta per comunicare sia all’interno, che all’esterno dell'impresa, pertanto risulta, spesso, un documento ibrido che non soddisfa i bisogni della comunicazione interna, perché riporta informazioni costruite per rafforzare l’immagine aziendale, né quelli della comunicazione verso l’esterno che non ha interesse a conoscere le vicende interne all’impresa.
Ciò non toglie che in alcuni casi si trovino ottimi documenti, ma si tratta di vere rarità.
La Newsletter, peraltro, è stata soppiantata dall’uso intensivo di Intranet, strumento efficacissimo per trasmettere informazioni al personale.
2 Trasmettere autostima
Nel corso della mia personale vita professionale ho imparato a conoscere un valore dell'impresa che non si trova citato nella letteratura della gestione d’impresa: l’autostima.
Questa caratteristica studiata e analizzata a fondo per la persona non è mai stata applicata all’impresa. Eppure, io ritengo che una delle caratteristiche che compongono il dna dell’impresa virtuosa sia la forza della propria autostima.
Solo un imprenditore e un’impresa che, insieme, hanno fiducia nelle proprie capacità, nell’accezione più positiva ed ampia del termine, sono in grado, infatti, di costruire il sistema delle relazioni che costituisce oggi il valore fondante dell’impresa moderna.
La stretta osservazione dei fenomeni ambientali e della loro evoluzione nonché la velocità con la quale si individuano e si comprendono sono requisiti indispensabili per il successo dell'impresa.
Pertanto, se è in grado di costruire il sistema delle relazioni l’impresa disporrà di quella che l’economista Derek Abell chiama la «finestra strategica» e cioè lo strumento per presidiare i cambiamenti che possono avvenire nel mondo. Ricerche condotte da gruppi di psicologi hanno dimostrato che esiste una stretta connessione tra un livello debole di autostima e la visione negativa che si ha degli altri; ciò comporta che un’impresa caratterizzata da un debole livello di autostima sia portata, a sottovalutare le minacce e le potenzialità del mercato.
Quanto più efficiente ed efficace è il sistema della circolazione delle informazioni, tanto maggiore è la possibilità che l'impresa sia pro-attiva, cioè capace di guidare e orientare il proprio mercato e controllare le opportunità o le minacce che potranno condizionarla.
Il modello grazie al quale l'impresa diventa intelligenza relazionale, in una rete di soggetti che mirano alla coevoluzione, si presenta come lo strumento per mezzo del quale il sistema delle piccole e medie imprese o delle micro-imprese può sopravvivere in un ambiente regolato dalla legge del darwinismo economico.
Questi comportamenti virtuosi possono esistere all’interno dell’impresa solo se essa è intrisa di autostima, il parametro fondamentale per imparare ad ascoltare, a comunicare, a sfidare.
L’autostima non va confusa con la sindrome d’onnipotenza di alcuni imprenditori, la prima induce ad ascoltare e a creare sistemi di gestione aperti, la seconda induce ad asserire e creare sistemi chiusi.
Giova osservare che, non raramente, da colloqui informali con imprenditori emerge un altro aspetto negativo, la presunzione. Essa può essere considerata l’opposto dell’autostima. Sotto l’effetto letargico della presunzione si è portati ad asserire “nella mia impresa è tutto sotto controllo, il marketing è realizzato al meglio, la comunicazione è perfetta, il personale è soddisfatto, i venditori sono i migliori sulla piazza”. La presunzione acceca e non consente di vedere che il marketing non esiste, la comunicazione è inefficace, il personale è insoddisfatto, i venditori sono scadenti. La presunzione porta a cullare la convinzione di poter contare sulla fedeltà dei clienti; giova ricordare che se un’impresa dà qualcosa di scontato offre un disservizio ai clienti che non resteranno fedeli. Un cliente resta, infatti, fedele fino all’istante in cui qualcun altro offre un servizio migliore.
L’autostima è un valore che nasce da un sentimento corale di tutto il sistema degli stakeholder, la presunzione nasce dalle solitarie convinzioni interne all’impresa che non trovano riscontri fuori dai cancelli dell’azienda.
Tornando alla funzione della comunicazione, da quanto detto, possiamo senza dubbio affermare che un messaggio importante che l’impresa deve trasmettere è la forza della propria autostima, come valore aziendale capace di mirare all’innovazione, alla formazione continua, ad una visione positiva e creativa del mondo dell’impresa.
È interessante osservare che la comunicazione aziendale sul livello della propria autostima avviene principalmente quando si interfaccia in modo diretto l’impresa.
A molti sarà capitato di entrare in un'azienda e osservare la quantità di energia positiva presente tra i dipendenti.
Supponiamo di avere un appuntamento con l'imprenditore di una PMI ricca di autostima; l'impatto con l'azienda inizia dall'ingresso dove si viene accolti con calore e cordialità, il tempo di attesa della persona con la quale si ha l'appuntamento è breve, si viene accompagnati attraverso un'open space dove tutto appare tonico, i telefoni squillano, le persone si muovono con dinamismo, senza per questo apparire frenetiche o angosciate, l'ambiente dà la sensazione di rapporti informali e amichevoli. Si raggiunge l'imprenditore, che ci accoglie con atteggiamento fortemente orientato a stabilire un rapporto. Durante la riunione il nostro interlocutore è disturbato pochissimo dalla sua segretaria, che appare a suo agio nel "gestire" il tempo del suo capo.
Di converso sarà capitato anche il caso opposto, l'incontro con l'imprenditore di un'impresa priva di autostima come una batteria scarica.
All'ingresso il visitatore viene accolto, dalla persona preposta a questo incarico, come elemento di disturbo rispetto ad altre attività ritenute più importanti. La persona con cui si ha l'appuntamento non si riesce a trovare, non è in ufficio forse è in qualche reparto, non ha lasciato alcuna informazione alla segretaria, né tantomeno la stessa risulta informata dell'agenda del capo. Il visitatore trascorre un quarto d'ora curiosando sulla bacheca sindacale, che rivela, sia segnali di contrasti tra maestranze e imprenditore, sia uno stato di preoccupazione da parte dei dipendenti. Finalmente, si viene accompagnati attraverso corridoi nei quali si affacciano gli uffici; tutto appare vecchio, i dipendenti hanno gli sguardi svogliati di chi compie attività routinarie e monotone, la gente si muove con aria strascicata, si nota qualche gruppetto di persone che chiacchierano. L'imprenditore che ci riceve, pur mostrando interesse e cordialità, afferma di avere poco tempo e di essere sommerso dagli impegni; infatti ogni cinque minuti il colloquio è interrotto dalla segretaria, dal telefono, dal cellulare o addirittura dallo spedizioniere di un fornitore che vuol sapere dal signor ingegnere dove deve scaricare il materiale. Per un approfondimento sul tema della comunicazione si rimanda a: Comunico, quindi esisto.
Nel prossimo articolo analizzerò il primo strumento della Comunicazione della piccola e media impresa: La Rivista Specializzata.
Eugenio Caruso
8 marzo 2007
(1)
È “obbligatorio” rivolgersi a traduttori tecnici specializzati; spesso, per risparmiare, si ricorre alla moglie di Tizio che è di madre lingua inglese.