La sontuosità dei banchetti e delle vesti è indice di una società malata.
Seneca, Lettere morali a Lucilio
I premi di risultato sono assoggettabili a imposta sostitutiva del 10% entro il limite di 2mila o 2.500 euro lordi (quest’ultimo importo nel caso in cui le aziende coinvolgano pariteticamente i dipendenti nell’organizzazione del lavoro) per i soli addetti del settore privato che nell’anno precedente all’incentivo abbiano percepito redditi da lavoro dipendente non superiori a 50mila euro. Inoltre è richiesto che gli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione - sulla base dei quali viene determinato il bonus - siano misurabili, effettivamente realizzati ed erogati in esecuzione di contratti territoriali o aziendali.
I contratti possono prevedere l’erogazione di bonus in denaro, oppure premi convertibili - a scelta del lavoratore e anche solo parzialmente - in benefit (individuati dal comma 2 e dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del Tuir), o ancora, tramite concessione di beni e servizi (senza alcuna possibilità di conversione monetaria).
Secondo le Entrate (circolare 28/E), tale ultima circostanza è consentita a patto che la politica di welfare adottata dall’azienda non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito da lavoro dipendente, in violazione del principio di progressività dell’imposizione. Purtroppo l’ampiezza della formula usata dall’Agenzia e, di conseguenza, l’incertezza nell’individuazione di specifiche condotte elusive, potrebbe far aumentare il numero di contestazioni da parte del Fisco.
A titolo esemplificativo, il premio di risultato, erogato nel 2016 al lavoratore che nell’anno precedente abbia dichiarato redditi superiori a 50mila euro, non solo non può fruire dell’imposizione sostitutiva del 10%, ma non può neppure giovarsi dell’esenzione da imposta per i beni e servizi da questi eventualmente selezionati in sostituzione del premio.
Invece, ove il premio, ad esempio pari a 2mila euro, avesse i requisiti per essere assoggettato all’imposta sostitutiva del 10% e fosse versato interamente agli enti o alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale, indicati dall’articolo 51, comma 2, lettera a) del Tuir, lo stesso, in assenza di altri contributi già versati, non sconterebbe alcuna tassazione. Viceversa, nel caso in cui fossero già stati versati 3mila euro di contributi durante l’anno, il premio agevolato potrebbe essere convertito in contributi esenti per un importo non superiore a 615,20 euro, perché la soglia massima prevista dal comma 2, lettera a, è di 3.615,20 euro.
Analogo ragionamento può essere ripetuto per le prestazioni sostitutive di mensa. I dipendenti potranno beneficiare di buoni o indennità sostitutive per importi giornalieri inferiori a quelli indicati alla lettera c del comma 2 (si veda la tabella accanto) e utilizzarli, nel rispetto della normativa, durante la giornata lavorativa, pure se domenicale o festiva. Anche se non esplicitamente indicato nella circolare 28/E, si ritiene che la possibilità di conversione agevolata del bonus riguardi i soli dipendenti che non abbiano a disposizione un servizio di mensa (i ticket sono infatti agevolati se concessi in alternativa ai servizi di mensa; nella circolare 326/E/1997, è stato chiarito che «è, invece, da escludere che lo stesso dipendente, con riferimento alla medesima giornata lavorativa, possa fruire del servizio mensa e utilizzare anche il ticket restaurant».
Infine, in presenza di un premio agevolato pari a 2.500 euro convertito interamente in azioni si avrà che il valore di 2.065,83 euro sarà completamente non imponibile fiscalmente, mentre il residuo, ossia la somma di 434,17 euro, dovrà essere assoggettata a tassazione progressiva.
Stefano Sirocchi - www.ilsole24ore.com
20 luglio 2016