La Casta. di S. Rizzo, e G.A. Stella - Il costo della politica in ItaliaOh quando verrą mai quel giorno in cui nessuno debba mentire come atto dovuto alla sua posizione! Seneca Lettere morali a Lucilio IL COSTO DELLA POLITICA I due autori del libro, pubblicato da Rizzoli, illustrano con un’impressionante mole di dati come e quanto “la politica” incida sulle spese dello Stato e, pertanto, quanto tolga dalle tasche di ciascun italiano. Il quadro che emerge definisce, secondo gli autori, una Casta, una sorta di associazione di bramini dediti, istituzionalmente, alla caccia dei soldi dello stato. E in questa operazione non esiste differenza di posizione politica, di predisposizione etica, di amor patrio, di sacro furore ecologista. Direbbe Totò «tutti hanno famiglia» Al termine della lettura del libro ogni persona onesta, ogni vero lavoratore, ogni vero leader non potrà non pensare che il proprio lavoro, il proprio impegno sociale, i propri sacrifici sono svillaneggiati e sbertucciati da una razza che fa da padrone nella nostra casa. E proviamo, inoltre, a indovinare quale potrà essere stato il pensiero dell’animale politico nel constatare il successo del saggio di Rizzo e Stella. Come nel film in cui Al Capone apostrofa gli sbirri con le parole “chiacchiere e distintivo”, così i nostri eroi, che hanno il coraggio di presentare, nel giugno 2007, il sindaco di Roma come il nuovo che avanza, avranno pensato. «Che si facciano un po’ di soldi con il loro saggio, poi li tireremo dalla nostra parte e tutto si rivelerà una tempesta in un bicchiere d’acqua». Perché La Casta degli intoccabili ha creato, a propria protezione, un muro di gomma che assorbe scandali, corruzione, denunce, anche insulti e offese; ma il muro di gomma respinge tutto al mittente e tutto, gattopardescamente, continua come prima. In questa recensione non è necessario ripetere alcune delle scoperte scandalose effettuate dai due giornalisti, è sufficiente analizzare alcune delle tabelle che gli autori hanno riportato in Appendice e che Impresa Oggi ripropone. Tabella 1 L’esercito degli eletti
Tabella 2 Il costo degli organi costituzionali
Tabella 3 I numeri dei capi di Stato
Tabella 4 I costi della Camera dal 1968
* Previsione di competenza. - Valori in euro 2006. Tabella 5 Il personale della Presidenza del Consiglio dal 2001
Tabella 6 Gli stipendi (stipendio e diaria) dei parlamentari dal 1966
Valori in euro 2006 Tabella 7 L’indennità base dei parlamentari europei
Valori in euro correnti All’indennità base si sommano, per i nostri, i seguenti benefit:
* Perdi un Rolex d’oro alla Camera? Paga lo Stato. Altri dati espressi con tabelle che, per brevità, sintetizziamo sono:
In un’intervista pubblicata su L’Opinione il 5 maggio Gianantonio Stella esprime alcuni semplici ma importanti concetti. «Nessun qualunquismo e nessun moralismo da parte mia e di Rizzo nel voler scrivere il libro sugli sprechi». La prima cosa che il giornalista del Corriere della Sera, Gianantonio Stella, tiene a precisare a proposito del libro scritto a quattro mani con Sergio Rizzo, è che «l’intento con cui abbiamo lavorato non è stato né moralistico né qualunquistico». «ll problema è quello del contribuente che paga per mantenere con le tasse sempre più elevate un apparato burocratico elefantiaco con troppi enti locali che si sovrappongono e con troppi stipendi parassitari. Non è possibile – dice Stella - che un presidente di consiglio circoscrizionale guadagni 5 mila euro al mese o che una Asl abbia più centralinisti di Buckingam Palace, e se la politica non si fa carico di correggere queste cose, allora deve subentrare la denuncia giornalistica e l’inchiesta». «D’altronde basta considerare l’eco che ha avuto questo libro per capire di cosa stiamo parlando: aerei di Stato che volano 37 ore al giorno, pronti al decollo per portare Sua Eccellenza anche a una festa a Parigi. Palazzi parlamentari, ricavati da scuderie di cavalli, e presi in affitto a peso d’oro. Finanziamenti pubblici quadruplicati rispetto a quando furono aboliti dal referendum. “Rimborsi” elettorali 180 volte più alti delle spese sostenute. Organici di presidenza nelle regioni più “virtuose” moltiplicati per tredici volte in venti anni. Spese di rappresentanza dei governatori fino a dodici volte più alte di quelle del presidente della Repubblica tedesca. Province che continuano ad aumentare, nonostante da decenni siano considerate inutili. Indennità impazzite al punto che il sindaco di un paese aostano di 91 abitanti può guadagnare quanto il collega di una città di 249mila anime. Candidati “trombati” consolati con 5 buste paga. Presidenti di circoscrizione con l’auto blu. La nostra è la denuncia di come una certa politica, o meglio la sua caricatura obesa e ingorda, sia diventata un’oligarchia insaziabile e abbia allagato l’intera società italiana…». «Quando sento che alcuni uomini politici si lamentano del presunto qualunquismo di questa inchiesta mi rendo conto di quanto una gran parte di quella che io chiamo già nel titolo del libro “la casta” viva fuori dalla realtà. Qui non si tratta di contestare i costi della politica in quanto tali o il finanziamento pubblico al quale io e Rizzo non ci dichiariamo contrari. In ballo invece c’è il contenimento di una spesa pubblica che si perde in mille sprechi e in migliaia di privilegi e che il cittadino non è più disposto a tollerare pagando di tasca sua. Anche perchè, se le tasse finiscono quasi tutte per mantenere il parassitismo politico clientelare, cosa ci rimane per il welfare?». D. Un capitolo del libro, riguardante le spese del Quirinale e i suoi bilanci non trasparenti, è stato anticipato qualche giorno fa dal Corriere della sera. Che reazioni sono venute dall’inquilino del Colle? R. «Da quello attuale per ora nessuna. Dal suo predecessore invece una precisazione pubblicata dal Corriere in cui si evidenzia il fatto che l’appannaggio sia rimasto invariato e che per giunta adesso ci si pagano le tasse, merito questo non di Ciampi ma di una legge approvata all’epoca del suo predecessore Scalfaro su proposta di un deputato che si chiama Nicola Bono contenuta in un emendamento alla finanziaria del 1997». D. E nel merito della scarsa trasparenza dei conti del Quirinale lievitati fino a quattro volte quelli di Buckingam Palace? Qualcuno ha gridato alla lesa maestà istituzionale? R. «Nel merito nessuno risponde, l’essere casta consiste in questo e nel non curarsi neppure più delle critiche. C’è la convinzione che sia un attacco alla democrazia, ad esempio, chiedere come sia possibile che Bassolino abbia avuto nel 2004 un fondo spese per la rappresentanza dodici volte più alto di quello del presidente della repubblica tedesca. Io mi chiedo se questo sia un modo serio di rispondere in un dibattito. Accusando, chi fa inchieste, di qualunquismo e demagogia. Come se fossero i giornalisti ad allontanare la gente dalla politica denunciando questi atteggiamenti parassitari». D. Che deduzioni si possono trarre da questa difesa corporativa, o di “casta”? R. «Diciamo la verità , io non sono mai stato radicale né ho mai votato per Pannella, però sono gli unici che in tutti questi anni si sono dimostrati sensibili alla riduzione degli sprechi e dei costi assurdi della politica. Degli altri invece non ricordo iniziative serie per ridurre questi incredibili privilegi. Resto sbalordito a vedere il professor Luigi Cancrini, che milita nel partito di Diliberto, che non più tardi di dieci giorni fa ha detto di volere chiedere al governo un’accelerazione su due temi come la lotta alla povertà e quella al privilegio, e che invece adesso giustifica il fatto di godere non solo della retribuzione da parlamentare italiano ma anche della pensione da consigliere regionale del Lazio, se non è “casta” questa non so di che stiamo parlando». D. Naturalmente, come si diceva prima, la difesa degli interessati coincide con l’accusa nei tuoi confronti e del tuo collega Rizzo di essere dei “qualunquisti”. R. «E’ una difesa disperata. Io odio il partito della bistecca o della pagnotta, non ho mai detto che i politici siano tutti uguali e non mi ritengo affatto un qualunquista. E credo di potere parlare anche per Rizzo. Noi non diciamo neppure che la polizia non debba essere finanziata, anzi la pensiamo al contrario. Però ci vuole il senso della misura. E il libro è stato scritto con questo spirito. Noi non vogliamo che il Capo dello Stato vada a vivere in una palazzina a Montesacro. Deve certamente avere una residenza di grande rappresentanza. E’ una questione di immagine internazionale. Dobbiamo fare bella figura. Però non si capisce perchè debba costare quattro volte Buckingam Palace. … Questo non è accettabile». D. La morale del libro è che gli italiani non possono permettersi gli attuali costi della politica? R. «Esatto, noi non possiamo permetterci più l’esistenza di comunità montane che stanno a livello del mare o di presidenti dei consigli circoscrizionali con l’auto blu e uno stipendio da 5 mila euro al mese, non possiamo permetterci 150 province, come qualcuno vorrebbe, che si aggiungono ai comuni e alle regioni e a miriadi di altri enti locali. Non finirà lo stato di diritto e la libertà se si aboliscono le province, lo ha fatto anche la Gran Bretagna e mi pare che vi sia ancora la democrazia». Lo stesso giorno G.A. Stella fa un'altra denuncia: l'assunzione al Comune di Palermo di autisti sprovvisti della necessaria patente di guida. "A metà febbraio, con una lettera ufficiale ai vertici di Palazzo delle Aquile, cioè del Comune, il presidente della società dei trasporti Sergio Rodi aveva segnalato l'urgenza di tappare i buchi lasciati negli organici dal pensionamento di oltre un centinaio di autisti. Buchi che impedivano all'azienda di svolgere la sua funzione. Va da sé che in qualunque altro posto al mondo avrebbero fatto un bando: «A.A.A. Azienda comunale trasporti cerca 110 autisti, indispensabile la patente D». In qualunque posto, ma non a Palermo alla vigilia delle elezioni comunali che vedranno lo scontro tra Diego Cammarata e il suo predecessore Leoluca Orlando. E così la giunta comunale ha deliberato l'assunzione di 110 precari dei quali non uno, neanche per sbaglio, ha la patente D (la più difficile da ottenere) richiesta per guidare i pullman pubblici. Di più: ha scritto nero su bianco che «nel periodo di addestramento e dunque nella fase antecedente il conseguimento della patente di guida richiesta, i lavoratori selezionati saranno utilizzati come Lsu presso l'Amat». E se qualcuno non ce la facesse a passare l'esame o non avesse alcuna voglia di mettersi al volante? Amen, ha risposto Alberto Campagna: «Perché dovremmo assumere nuovo personale quando abbiamo ancora gli Lsu da stabilizzare? Abbiamo fatto una promessa a questi lavoratori precari: abbiamo assicurato loro che sarebbero stati assunti. Dobbiamo rispettare la parola data». E meno male che non c'erano da assumere ingegneri chimici, urbanisti o chirurghi: l'attesa che si laureassero sarebbe stata più lunga.." Gian Antonio Stella Il 23 maggio 2007 Gian Antonio Stella in un altro articolo, pubblicato sul Corriere della sera, ha toccato un altro tasto dolente, il problema della spazzatura in Campania. "In Italia, dice Pier Ferdinando Casini «c'è una questione morale che va ben oltre i costi della politica: è quella della spazzatura a Napoli». Sbaglia: non c'è cosa che puzzi di politica, scusate il bisticcio di parole, quanto l'immondizia partenopea. Un'emergenza costata fino ad oggi 1.825.000 euro. E' politico, nel senso più alto, l'intervento di Giorgio Napolitano che non si è limitato a un banale e generico appello a risolvere i problemi ma ha affondato il dito nella piaga. Il 2 agosto 2007, proseguendo nella propria “missione” di mettere in luce i costi della politica, Gian Antonio Stella ha pubblicato sul Corriere della Sera un articolo dal titolo Fannulloni, sprechi e rimborsi, che riporta una tabella con gli stipendi dei politici regionali.
0* Lo stipendio di capogruppo è quello di Consigliere La domanda che si pone il cittadino è la seguente: a che titolo questi “signori” dovrebbero guadagnare questi stipendi iperbolici? ILCOMMENTO DI IMPRESA OGGI Il nostro Sito, come i nostri lettori sanno, dà un modesto contributo per tentare di ripristinare in Italia il Pensiero liberale. Per raggiungere questo obiettivo occorreranno anni e il cambiamento della cultura corrente.
Gli obiettivi pratici che dovrebbe prefiggersi uno stato liberale sono pochi ma fondamentali:
In un articolo pubblicato il 10 novembre 2007, G. A. Stella denuncia lo stato della ricerca in Italia, del quale riportiamo uno stralcio. " ... Se i professori ordinari in cattedra con meno di 35 anni sono 9 (nove!) su 18.651, cioè lo 0,05 (zero virgola zero cinque) per cento contro il 16% in Gran Bretagna, il 7,3% in America, l'11,6% in Francia (dove al contrario i docenti con più di 65 anni, che da noi sono il 30,3%, scendono rispettivamente all'1%, al 5,4% e all'1,3%), anche nella fascia dei ricercatori il panorama è sconfortante. Il 52,6% dei 21.639 addetti italiani ottiene il titolo di dottore di ricerca tra i 30 e i 34 anni, uno su tre accede alla carriera verso i 38 e l'età media è di 46. Per non parlare di realtà come il Cnr. Dove, come denunciava mesi fa il Corriere, 32 su 107 dei direttori (o facenti funzione) di istituto hanno più di 67 anni (uno passa l'ottantina), l'età più frequente è 68 anni e solo 14 stanno sotto i 55. Di più: una trentina sono allo stesso tempo docenti a tempo pieno in qualche ateneo e direttori a tempo pieno (prodigi dell'ubiquità) al Cnr. Di più ancora: oltre la metà occupano la posizione da più di dieci anni e diversi addirittura da più di venti. Il tutto in un contesto nerissimo. Su mille occupati, quelli che lavorano nella ricerca scientifica sono circa il 6% in Francia e in Germania, il 5% nel Regno Unito, il 6% nella media europea, il 9,5% negli Stati Uniti, il 10% in Giappone, il 7% nei Paesi dell'Ocse e il 2,8% in Italia. In termini assoluti, stando ai dati del Ministero dell'Università e della Ricerca, abbiamo 70 mila persone impegnate sul fronte della ricerca in Italia contro le 160 mila in Francia, 240 mila in Germania, 150 mila in Gran Bretagna, un milione e 200 mila negli States, 650 mila in Giappone. C'è poi da meravigliarsi se, come ha denunciato giorni fa il direttore della Normale di Pisa Salvatore Settis, «al Cnrs, il Cnr francese, quasi un terzo dei ricercatori sotto i 30 anni è italiano» perché «noi li formiamo e loro se ne vanno»? Costa almeno mezzo milione di euro formare, con almeno 21 anni di studio dalle elementari al perfezionamento, un dottore di ricerca. Un investimento massiccio. Sul quale uno Stato serio, consapevole di quanto sia vitale per il proprio futuro, dovrebbe scommettere. Macché. Spiega una ricerca di Giovanni Peri sulla base di dati della Eurostat Force Labor Survey, che «paragonando la percentuale di laureati italiani che lavorano all'estero con la percentuale di laureati stranieri che lavorano in Italia l'anomalia del caso italiano è evidente ». Germania, Francia o Regno Unito, per non dire degli Usa, «hanno ben più laureati stranieri nel loro Paese che laureati emigrati all'estero». Noi no: «La percentuale di laureati emigrati è 7 volte maggiore di quella di laureati stranieri presenti nel nostro Paese». ". Gian Antonio Stella Eugenio Caruso 30-04-2007 |
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