La competitività del sistema Italia nel 2007

Guadagna qualche posizione, ma non decolla la competitività del sistema Italia.
Secondo l'ultimo Global Competitiveness Report, diffuso il 31 ottobre a Ginevra dal World Economic Forum (Wef), l'Italia si colloca al 46esimo posto (su 131 stati) nella classifica mondiale della competitività 2007. Nonostante alcuni buoni voti e il dinamismo della comunità imprenditoriale, l'Italia continua a restare indietro rispetto agli altri partner europei.

Gli Stati Uniti si confermano l'economia più competitiva al mondo, grazie a «una combinazione vincente di imprese molto sofisticate e molto innovative, che operano su mercati molto efficienti». Tutto questo, fa notare il rapporto, affiancato da un eccellente sistema universitario e da forti sinergie tra il mondo dell'istruzione e quello degli affari. Sullo scenario globale degli Usa, tuttavia, pesano alcune debolezze, in particolare «alcuni squilibri macroeconomici e alcuni aspetti dell'ambiente istituzionale». Le istituzioni pubbliche americane si guadagnano il 35esimo posto nella classifica dei 131 paesi, e la stabilità macroeconomica  è solo al 75esimo posto.

Nel ranking della competitività, gli Usa sono seguiti da Svizzera, Danimarca, Svezia, Germania, Finlandia e Singapore. Il Giappone è ottavo davanti alla Gran Bretagna; la Francia è diciottesima e la Russia è al 58° posto, penalizzata dal contesto istituzionale e dalle politiche protezionistiche del governo. Cina (34° posto) e India (48° posto) continuano a essere in testa tra le grandi economie in via di sviluppo. Tutti dall'Africa, infine, i fanalini di coda: Zimbabwe al 129esimo posto, Burundi al 130esimo, Chad 131esimo.

Rispetto al 2006 sono stati utilizzati nuovi criteri. «La graduatoria 2007 include anche nuovi Paesi e se si guarda alla posizione dell'Italia rispetto ai Paesi inclusi l'anno scorso, il miglioramento è quindi più significativo», ha spiegato Irene Mia, senior economist al Wef.
L'indice usato per la classifica «evidenzia per l'Italia la vitalità delle imprese, il loro grado di sofisticazione, la buona organizzazione dei distretti e una buona capacità di innovazione. Un altro punto molto positivo è anche la grandezza del mercato, elemento che include le esportazioni. L'Italia risulta ottava su 131 economie, è quindi un Paese che esporta e che ha un vantaggio competitivo in molti prodotti», continua l'esperta del Wef.
 «I problemi dell'Italia rimangono in ambiti più strutturali, quali, la deludente gestione delle spese dello stato che ha portato a uno dei più alti livelli di indebitamento pubblico nel mondo, gli standard di etica pubblica e l'efficienza del governo valutati abbastanza negativamente dalla comunità imprenditoriale italiana e i problemi del mercato del lavoro. Buona, invece, la posizione dell'Italia per il sistema educativo e sanitario».

Il rapporto del Wef è elaborato ogni anno in base a dati statistici pubblici e ai risultati dell'Executive Opinion Survey, un sondaggio presso 11mila manager e imprenditori nei vari Paesi, condotto dal Wef in collaborazione con istituti di ricerca e organizzazioni di imprese.
Il Global Competitiveness Index  si basa su 12 parametri quali vitalità delle imprese, istituzioni, infrastrutture, stabilità macroeconomica, sanità, istruzione primaria, efficienza dei mercati, livello di sofisticazione del mercato finanziario e innovazione. Ma proprio la percezione dai business leader di tutto il mondo attribuisce una marcata componente soggettiva alla classifica del Wef ginevrino, per cui è prudente accogliere la graduatoria con beneficio d'inventario. I cinque Stati che precedono immediatamente l'Italia sono, infatti, nell'ordine dal basso verso l'alto: Lettonia, Sudafrica, Bahrain, Oman e Slovacchia.

World Economic Forum
31 ottobre 207

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