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1.2 Gli incubatori di imprese
Molte startup innovative vedono la luce in strutture chiamate incubatori
di imprese; ricordo l’entusiasmo con il quale, come direttore
marketing di una grande impresa, venni accolto quando, all’inizio
degli anni ’90, andai in visita a uno dei primi incubatori italiani, il
BIC (Business Incubator Centre) di Trieste.
L’incubatore di imprese è
un programma progettato per accelerare lo sviluppo di imprese attraverso
una serie di risorse di sostegno. Gli incubatori variano nel
modo in cui forniscono i servizi, nella struttura organizzativa e nel
tipo di clienti che servono. I servizi sono diversi: locali per uffici e
laboratori, domiciliazione, segreteria, portierato, supporto finanziario
e amministrativo.
Il completamento positivo di un programma di
business incubation aumenta la probabilità che una startup rimanga
in attività per il lungo termine: statisticamente, l’87% delle imprese
che sono nate in un incubatore ha proseguito la propria attività. Gli
incubatori differiscono dai centri di ricerca o dai parchi scientifici e
tecnologici perché sono proprio dedicati alla nascita e al sostegno di
nuove imprese. A differenza di molti programmi di assistenza alle
imprese, gli incubatori non servono qualsiasi impresa. Gli imprenditori
che desiderano entrare in un programma di business incubation
devono richiedere l’ammissione. I criteri di accettazione variano da
programma a programma, ma in generale sono ammessi solo quelli
dotati di un’idea fattibile e una pianificazione di attività percorribile;
può anche capitare che l’incubator management aiuti a sviluppare un
business plan bancabile per l’impresa che chiede di essere ammessa.
La quantità di tempo che un’impresa trascorre in un programma
di incubazione può variare notevolmente a seconda di una serie di
fattori, tra cui il tipo di attività e le conoscenze specifiche dell’imprenditore.
Le attività sulle “Scienze della vita”, o altre che richiedano
lunghi periodi di ReS, hanno bisogno di rimanere in un programma
di incubazione per tempi più lunghi rispetto alle attività manifatturiere,
o a quelle di fornitura di servizi che possono rapidamente
produrre e portare un prodotto o un servizio sul mercato.
In media,
i clienti degli incubatori passano 33 mesi in un programma. Molti
programmi di incubazione fissano i requisiti di conclusione del
programma tramite lo sviluppo di parametri di riferimento, come
i ricavi societari o i livelli del personale, piuttosto che la durata del
programma stesso.
La business incubation è stata riconosciuta come un mezzo per
soddisfare una varietà di esigenze di politica economica e socio-economica,
che possono includere:
- creazione di posti di lavoro e di ricchezza;
- favorire il clima imprenditoriale di un territorio;
- commercializzazione di una tecnologia;
- diversificazione delle economie locali;
- costruire o accelerare la crescita di distretti industriali;
- creazione e mantenimento di imprese;
- incoraggiare le donne o le minoranze all’imprenditorialità;
- individuazione di potenziali opportunità di business;
- rivitalizzazione delle comunità.
I progetti che si pongono come obiettivo uno dei citati argomenti
hanno maggiore possibilità di essere accettati dall’incubatore.
Circa un terzo dei programmi di business incubation è sponsorizzato
da organizzazioni di sviluppo economico (gli enti di governo
locali, le università, il Miur). Anche se alcuni incubatori (indipendentemente
dal fatto che il loro status sia più o meno a scopo di
lucro) acquisiscono partecipazioni nelle imprese clienti, la maggior
parte non lo fa. Solo il 25% dei programmi di incubazione riporta di
acquistare partecipazioni in alcuni o in tutti i loro clienti.
L’incubatore certificato di startup innovative, previsto nella
legislazione italiana dal cosiddetto Decreto Crescita (Decreto del
Ministero dello Sviluppo Economico 21 febbraio 2013, in vigore dal
19 aprile 2013) è una società di capitali pensata per offrire servizi
per sostenere e incentivare la nascita e lo sviluppo di queste realtà
imprenditoriali.
Nato in un ecosistema in cui operano una molteplicità
di soggetti – acceleratori, incubatori, parchi tecnologici, startup
hotels, spazi per PMI, spazi di coworking, incubatori universitari,
consulenti, business plan competitions, startup schools e così via –, il
provvedimento prevede che l’incubatore certificato debba essere amministrato
o diretto da persone di riconosciuta competenza in materia
di impresa e innovazione e abbia a disposizione una struttura
tecnica e di consulenza manageriale permanente. Deve essere iscritto
presso il Registro delle Imprese delle Camere di Commercio e precisamente
nella sezione speciale prevista per gli incubatori di startup
innovative. È inoltre necessario dimostrare un’adeguata e comprovata
esperienza nell’attività di sostegno a startup innovative sulla base
di una serie di parametri elencati nel Decreto.
Cito alcuni incubatori
iscritti al Registro delle Camere di Commercio: Digital Magics,
Boox e Polihub di Milano, Vege di Venezia, BIC Lazio di Roma, I3P
di Torino, M31 Italia di Padova, H-Farm Italia di Treviso, Innovation
Factory di Trieste, TIS di Bolzano. Esistono anche alcune Fondazioni
che hanno come statuto la creazione di startup. Tra le altre ricordo:
Garrone, Filarete, ReI, Unipolis, G.G. Feltrinelli, Bruno Kessler, Fiera
di Milano, La Fornace, Humanplus, Marche.
Eugenio Caruso - 6 marzo 2019