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1.5 Evoluzione del modello d’impresa
È ben noto che l’industrializzazione ha origine in Inghilterra nella
seconda metà del XVIII secolo e che si propaga rapidamente ad altri
paesi. Questo periodo è passato alla storia con la denominazione di
“rivoluzione industriale”, a causa delle ripercussioni economiche e
sociali che esso ha provocato: in particolare, la nascita del capitalismo.
Nel XIX secolo, l’industria inizia ad assumere caratteri ben precisi:
- la separazione tra la proprietà dei mezzi di produzione e i
lavoratori;
- l’accentramento della mano d’opera in un unico luogo di lavoro
(la fabbrica);
- l’impiego intensivo di macchine azionate da motori (in
successione, idraulici, a vapore, elettrici);
- l’organizzazione verticale al fine di sfruttare le economie di scala;
- la produzione di massa.
Con l’industrializzazione e con il capitalismo nasce l’era moderna
che, nel bene e nel male, rivoluziona la vita familiare, sociale, politica,
economica e culturale del pianeta.
1.6 Transizione dall’impresa artigianale all’impresa
fordista
Nella seconda metà del XIX secolo, gran parte delle popolazioni
dei paesi oggi industrializzati vive di agricoltura e gran parte dei bisogni
delle famiglie, in termini, sia di prodotti, sia di servizi, viene realizzata
all’interno della famiglia. Là dove non arrivano le competenze e
le risorse proprie si ricorre ai piccoli commercianti o agli artigiani. Le
famiglie aristocratiche e la borghesia ricorrono, quasi esclusivamente,
all’offerta dei grandi commercianti e artigiani che operano, per lo
più, nelle città.
Spesso si distingue fra prima e seconda rivoluzione industriale. La prima
interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l'introduzione
della macchina a vapore, nell'arco cronologico solitamente compreso
tra il 1780 e il 1850. La seconda rivoluzione industriale viene fatta
convenzionalmente partire dal 1870 con l'introduzione dell’elettricità, dei
prodotti chimici e del petrolio. Alcuni economisti si riferiscono agli effetti
dell'introduzione massiccia dell’elettronica, delle telecomunicazioni e
dell’informatica nell'industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene
fatta partire dal 1970 e che ancora dura.
Alla fine dell’Ottocento l’offerta di prodotti al settore privato (beni di consumo e
beni durevoli) è caratterizzata
da una scelta ampia e spesso
molto sofisticata e il sistema
produttivo poggia, come detto,
sull’impresa artigianale; si
pensi all’industria automobilistica
che produce esemplari
unici, le famose gran turismo,
quasi su misura rispetto alle
richieste del cliente. I volumi
di vendita sono però modesti; l’automobile, per esempio, è alla portata
solo di coloro che dispongono di redditi molto elevati. Nel mondo
dell’impresa artigianale è il cliente che si rivolge al fornitore, che
viene cercato e scelto in base alle caratteristiche del suo prodotto e
alla sua fama.
Come già visto, in quello stesso periodo, esiste già anche una
grande industria manifatturiera e gli economisti dell’epoca avvertono
che i vantaggi comparati per il successo dell’industria sono sostanzialmente
tre:
- vicinanza alle fonti di risorse naturali;
- abbondanza di capitali;
- abbondanza di forza lavoro.
Ma anche allora valeva il principio introdotto da Joseph Alois
Schumpeter e rielaborato recentemente dall’economista americano
Lester Thurow: “Il capitalismo è un processo di distruzione creativa
secondo il quale nuove imprese piccole e dinamiche sostituiscono
imprese grandi e vecchie, che non sono state capaci di adattarsi a
nuove condizioni”. Coerentemente con questo principio, nel primo
decennio del XX secolo, delle 10 prime imprese statunitensi del secolo
precedente è sopravvissuta solo la General Electric, l’impresa
fondata da Thomas Edison, l’unica che non basa il proprio vantaggio
comparato sulle risorse naturali. Questa evidenza dimostra che la
ricchezza di un paese non è più un “diritto di nascita” legato al possesso
di risorse naturali; capitale e lavoro hanno preso il sopravvento.
La distruzione creativa ha portato alla scomparsa di vecchie imprese
e alla nascita di nuove che hanno saputo adattarsi alle nuove
condizioni.
All’inizio del secolo, infatti, la distribuzione della ricchezza inizia
a interessare un numero sempre maggiore di persone che aspirano
non solo a elevare il proprio livello sociale, ma anche a possedere
beni di consumo e beni durevoli in grado di assicurare maggiori
comodità, e, pertanto, il sistema produttivo deve adattarsi a questa
nuova realtà. Per rispondere a una domanda sempre più sostenuta,
sono necessari due ingredienti: una produzione di massa e prezzi accessibili
a un numero sempre maggiore di persone.
Hanno, pertanto,
successo quelle imprese che per prime adottano i principi delle economie
di scala, della parcellizzazione del lavoro, della produzione di
serie e della standardizzazione.
L’impresa che nasce all’inizio del secolo è chiamata “impresa fordista”
in ricordo dell’industria che lanciò la motorizzazione di massa
negli USA; è del 1908, infatti, la prima utilitaria costruita dalla Ford
utilizzando, per la prima volta, la catena di montaggio.
Nasce, così, la grande industria che si rivolge direttamente al
consumatore e la sua missione è produrre. Le caratteristiche salienti
dell’impresa orientata alla produzione sono:
- il rapporto tra produttore e utilizzatore è monodirezionale, dal
produttore all’utilizzatore;
- il consumatore è “prigioniero” di un sistema transazionale che
non controlla;
- l’impresa è orientata a vendere ciò che produce;
- l’impresa è convinta di esistere perché produce;
- l’impresa parte da sé stessa, concentra la propria attenzione sulla
produzione e/o sul prodotto e si propone di conseguire il massimo
profitto massimizzando i volumi di produzione.
Ben presto, però, l’industria si accorge che non è sufficiente riempire
piazzali e magazzini di prodotti, ma che è più strategico vendere
e creare sistemi di distribuzione efficaci, portare il prodotto verso il
cliente; l’impresa si trasforma e, quindi, si orienta alla vendita. Nel
momento in cui si riconosce l’importanza strategica di vendere, si
può affermare che il marketing
inizia a muovere i suoi
primi passi; per questo motivo,
all’inizio della sua storia,
il marketing è la scienza della
vendita.
Nascono i grandi distributori,
l’intermediazione
commerciale, i canali di distribuzione,
i dettaglianti, i concessionari.
Va però sottolineato
che in questa fase non esiste
ancora un rapporto diretto tra produttore e consumatore; questi resta
un ricevitore passivo dei “messaggi” imposti dalla produzione. Ma
con il crescere del benessere alcune imprese incominciano a rendersi
conto che i consumatori possono permettersi di spendere qualche
centinaio di dollari in più, pur di uscire dalla standardizzazione. Una
di queste, la General Motors, avvia la politica della produzione di una
gamma di modelli studiati per le esigenze di una clientela differenziata.
Il gusto del consumatore inizia a diventare una componente
nella strategia della produzione di massa; in modo quasi inconsapevole,
iniziano ad essere applicati due dei principi del marketing:
la
segmentazione e la customer satisfaction.
Se Ford fu il pioniere del vantaggio competitivo basato sul prezzo,
Sloan, presidente della GM, fu il pioniere del vantaggio basato sulla
segmentazione. Cento anni fa viene combattuta, sul mercato dell’auto,
una battaglia storica. Mentre Henry Ford continua a operare in
base alla famosa battuta “Date al cliente un’auto di qualsiasi colore,
a patto che sia nero”, la GM adotta la strategia di “Offrire un’auto per
ogni borsa, esigenza e personalità”. Grazie a questa politica la GM
sorpassa la Ford come primo produttore mondiale di automobili; tra
il 1920 e il 1923 la produzione della Ford crolla, infatti, dal 55% al
12% del mercato statunitense. Quest’esempio è riportato in tutti i testi
di gestione d’impresa per dimostrare come in pochi anni la poca lungimiranza
del management possa condurre al declino dell'impresa.
La grande depressione dà una spinta al marketing. Come è noto, è
nei momenti di crisi che le imprese più vivaci attuano piani innovativi
per superare le difficoltà. Uno dei primi passi verso la realizzazione
dei principi del marketing viene compiuto quindi dalla General Motors,
il cui presidente Sloan afferma, nel 1933, “La preoccupazione di
acquisire una sensibilità commerciale in armonia con le esigenze del
consumatore finale diventa una preoccupazione di crescente importanza”
e “... servire il consumatore nel modo in cui vuole esserlo è la
via più rapida per conseguire profitti “.
Questo processo di valutazione
del ruolo del consumatore,
rispetto alla strategia
della pura vendita, subisce una
battuta d’arresto con la Seconda
Guerra Mondiale, quando
la scarsezza dell’offerta rispetto
alla domanda mette nuovamente
in secondo piano le
esigenze del consumatore.
Dopo la guerra, a partire
dagli anni ’50, si assiste a
un’accelerazione nella valorizzazione delle ricerche di mercato e
nella tendenza ad approfondire le potenzialità del marketing.
Nel 1951 la General Electric, che realizza principalmente prodotti
industriali, ma il cui slogan è “la ricerca è il nostro prodotto più
importante”, è la prima società al mondo che si ristruttura secondo i
principi dell’impresa marketing oriented.
È interessante ricordare che, nel 1981, davanti a un’ipotesi di crisi
incipiente, il giovane presidente della GE, Jack Welch, lanciò una crociata
di rinnovamento i cui punti salienti furono:
- sburocratizzare l’azienda rimuovendo le barriere gerarchiche e
orizzontali;
- iniettare a tutti i livelli lo spirito della piccola impresa agile e
competitiva;
- favorire il movimento di idee e di persone, all’interno del gruppo,
affinché l’intero risulti maggiore della somma delle parti;
- attivare il principio della formazione permanente, in particolare
per i manager;
- incoraggiare i ricercatori del centro di Schenectady a formulare,
autonomamente, idee e proposte;
- incoraggiare la formulazione di proposte da parte di tutti.
Sono tutti elementi che, come vedremo, caratterizzeranno l’impresa
moderna.
Affermava Welch: “… il mio scopo è creare un’impresa senza
frontiere, cioè rendere evanescenti le linee di confine tra funzioni, tra
forza-lavoro e management, tra clienti e azienda, in modo da creare
un’unità, in modo da partecipare uno nell’altro”.
Il risultato di quelle due grandi svolte consente oggi alla General
Electric di essere tra i maggiori gruppi manifatturieri del pianeta, 125
anni dopo la sua fondazione.
Negli anni ’80 ebbi la fortuna di visitare
i General Electric Research Laboratories di Schenectady; fui colpito
dal fatto che ingegneri e scienziati si riunivano frequentemente
per mettere a fattor comune i loro risultati anche se operavano per
obiettivi produttivi diversi. Disponevano di notevoli fondi per le loro
ricerche ed erano sempre orientati al problem solving. Il legame tra la
ricerca e il mercato dava loro un entusiasmo che, allora, non avevo
mai trovato tra i ricercatori italiani.
Eugenio Caruso - 4 aprile 2019