L'etica nell'impresa moderna

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Capitolo 2
Maturità dell’impresa
2.7 L’etica nell’impresa

La discussione sul rapporto tra capitale ed etica è stata avviata negli USA negli anni ’70 e le prime conclusioni furono che l’etica negli affari non poteva esistere, perché in antitesi con il profitto. Oggi, secondo il Center for Business Ethics di New York, l’85% delle maggiori imprese degli USA si è dotato di un codice etico aziendale, che definisce i rapporti con il sistema degli stakeholders e che indica i criteri generali sull’esercizio dell’autorità.
Anche il concetto di valore aggiunto globale inizia a entrare nel linguaggio economico; l’essenza di un’impresa è far sì che il valore aggiunto sia superiore ai costi generati all’interno; ma alcuni costi l’impresa li trasferisce all’esterno così come genera all’esterno benefici sociali, cosicché, nel computo del valore aggiunto globale, vanno considerati anch’essi. Pertanto, il valore di un’impresa si misura sia in termini di prodotti e servizi che essa fornisce ai clienti, sia in termini di ricchezza e di occupazione che l’impresa è in grado di creare.
Il successo è assicurato alle imprese non solo dalla legittimazione del mercato, ma anche dalla legittimazione sociale; l’impresa dovrà curare l’interesse degli investimenti, ma anche quello degli stakeholders che a loro volta contribuiranno al successo dell’impresa.
Anche i principi organizzativi della Qualità totale consigliano di concentrare l’attenzione appunto su dipendenti, fornitori e clienti, sottoposti, con la classica immagine della piramide rovesciata, al massimo livello d’attenzione.
Questo “valore” dell’impresa è una riscoperta, perché la troviamo già negli scritti di Benjamin Franklin, imprenditore nella Pennsylvania del XVIII secolo, quando parla del piacere e dell’orgoglio provati nell’aver dato lavoro a molte persone e nell’aver contribuito alla prosperità economica di Filadelfia, la sua città.
I principi dell’etica nell'impresa sono stati ampiamente illustrati da due professori di Harward che hanno mostrato, sulla base di un gran numero di studi, che un’impresa può adattarsi all’ambiente solo se le sue tre clientele principali (clienti, investitori e dipendenti) sono realmente interessate a essa e se l’impresa risponde ai bisogni e alle priorità di ciascuna clientela.
Il vecchio rapporto basato sulla subordinazione o sulla semplice fornitura di un prodotto è abbandonato per fare posto al criterio del produrre insieme; pertanto la legittimazione dell’impresa non dipende più solo dalla risposta del mercato, ma anche da una molteplicità di soggetti interni ed esterni all’impresa che dovranno avere in comune anche una base di principi morali.
Ecco quindi che nel mondo dell’impresa si sta affermando il principio che l’etica paga; non esiste cioè dissidio tra etica e profitto, anzi la prima configura oggi il necessario presupposto per il secondo. Questo tipo di impostazione risente dei principi dell’etica weberiana, ma sicuramente non nuoce a una gestione moderna e dinamica di ogni impresa.
Anche nell’ambito dell’etica nell’impresa organizzazioni istituzionali hanno iniziato a emanare norme che vanno sotto il titolo “Responsabilità sociale d’impresa (Corporate Social Responsibility, CSR). In relazione al concetto di responsabilità sociale sono stati sviluppati modelli di gestione aziendale innovativi, legati al tema dell’etica. La Social Accountability International (SAI), organizzazione internazionale nata nel 1997, ha emanato la norma SA 8000 per assicurare nelle imprese condizioni di lavoro che rispettino la responsabilità sociale. Lo standard SA 8000 (Social Accountability 8000) è il più diffuso a livello mondiale per la responsabilità sociale di un’azienda ed è applicabile a imprese di qualsiasi settore, per valutare il rispetto da parte di esse dei requisiti minimi in termini di diritti umani e sociali. In particolare, lo standard prevede otto requisiti specifici collegati ai principali diritti umani:
1. escludere il lavoro minorile e il lavoro forzato;
2. riconoscere orari di lavoro non contrari alla legge;
3. corrispondere una retribuzione dignitosa per il lavoratore;
4. garantire la libertà di associazionismo sindacale;
5. garantire il diritto dei lavoratori di essere tutelati dalla contrattazione collettiva;
6. garantire la sicurezza sul luogo di lavoro;
7. garantire la salubrità del luogo di lavoro;
8. impedire qualsiasi discriminazione basata su sesso, razza, orientamento politico, sessuale, religioso.
Nella fattispecie, la conformità ai predetti requisiti si concretizza nella certificazione rilasciata da un Organismo indipendente volta a dimostrare la conformità dell’azienda ai requisiti di responsabilità sociale della norma. Lo standard SA 8000 si caratterizza inoltre per la sua flessibilità. Infatti la sua versione attuale (http://www.sa-intl. org/) può essere applicata dovunque, dai Paesi in via di sviluppo ai Paesi industrializzati, nelle imprese di piccole e grandi dimensioni e negli enti del settore privato e pubblico. Al di là delle regolamentazioni occorre notare che i media sono molto reattivi quando scoprono che un’impresa non rispetta i suddetti criteri e la gente è pronta ad abbandonare il brand che si sia macchiato di irregolarità etiche, come è stato dimostrato nei casi di sfruttamento del lavoro minorile, di maltrattamento degli animali, di inquinamenti ambientali.
Dal 26 al 30 settembre 2005 si svolse a Bangkok la seconda riunione del gruppo ISO sulla Responsabilità sociale delle imprese (Working Group for Social Responsibility), nel corso della quale sono stati fatti progressi verso una nuova norma sulla responsabilità sociale: la ISO 26000.
Uno dei principali successi del meeting di Bangkok è stato quello di stabilire una prima struttura del documento. Il gruppo ISO ha infatti raggiunto un accordo sull’organizzazione dei contenuti della norma, la cui pubblicazione definitiva è avvenuta a novembre del 2010. Perché la norma sia frutto del contributo di tutti gli interessati alla responsabilità sociale, il processo di definizione della ISO 26000 prevede la collaborazione dei rappresentanti di ben sei categorie di stakeholders: imprese, governi, lavoratori, consumatori, organizzazioni non governative e altri.
Parlando di etica in azienda non è possibile trascurare i duri attacchi che da alcuni anni George Soros sta portando al “capitalismo globale”. Secondo il finanziere americano, “dopo il collasso del sistema sovietico, l’Occidente, anziché crescere in capacità coesive e in esemplarità morale è andato invece progressivamente perdendo molta della sua attrattiva come principio organizzativo del genere umano, man mano che si presentava come il terreno di coltura di un capitalismo globale sempre più sfrenato, privo di morali costruttive e incapace di dare un senso e un valore alla vita umana sulla Terra”.
Il mondo sarebbe minacciato, secondo Soros, dai seguenti nemici:
- dal difetto di valori sociali condivisi, difetto che il capitalismo del laissez faire avrebbe elevato a principio morale;
- dal predominio delle motivazioni utilitaristiche che affievolirebbero i valori radicati nel costume e nella tradizione;
- da meccanismi di profitto che avrebbero invaso le sfere delle relazioni familiari, della cultura e della ricerca intellettuale;
- dall’imperativo della concorrenza che soffocherebbe i processi decisionali democratici collettivi e i progetti di lunga scadenza; dal potere cieco dei mercati finanziari che condurrebbe il capitalismo all’autodistruzione.
Il catastrofismo di Soros è stato duramente contestato, ma non sarebbe savio sottovalutare alcuni aspetti sconcertanti provenienti dalle piazze finanziarie e gli abusi che vediamo spesso commettere in nome del valore universale della libertà di mercato. Se, d’altra parte, l’impresa saprà operare secondo gli schemi suggeriti in questo libro, potrà essere facile coniugare interessi dell’impresa stessa, soddisfazione dell’imprenditore e consenso sociale.
Spesso si sente dire “per fare l’imprenditore devi avere il pelo sullo stomaco”; nulla di più sbagliato. Nelle singole fasi della vita dell’impresa (nascita, sviluppo e maturità) il leader deve rendersi conto che, oggi, un’impresa priva di etica non va lontano.

Eugenio Caruso - 19 agosto 2019

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