I compiti della leadership. Parte II

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5.5.6 L'organizzazione
L'organizzazione dell'impresa è il complesso delle strutture, delle risorse umane e materiali, dei processi, delle regole che consentono lo svolgimento ottimale dei ruoli a tutti gli stakeholders. La leadership è responsabile dell'organizzazione aziendale, organizzazione che essa deve saper mettere continuamente in discussione, specie per evitare le burocratizzazioni, gli autocompiacimenti, l'allentamento delle responsabilità e mantenere vivi i sentimenti di creatività e dedizione.
Il principio che deve sottendere l'organizzazione dell'impresa è quello della gestione per processi; spesso i vari reparti di un'azienda operano come piccole repubbliche indipendenti alle quali non è chiesto di informarsi su cosa accade nelle altre repubbliche, ma solo di raggiungere gli obiettivi posti dal "capo". Questo tipo di organizzazione, duro a morire, è figlio, sia del principio della gestione per obiettivi, sia delle strutture rigidamente funzionali che per anni hanno dominato la scena dell'organizzazione aziendale. Compito della leadership è abbattere le barriere tra le varie "repubbliche" e introdurre il principio che tutti i dipendenti lavorano per processi che attraversano orizzontalmente reparti e funzioni aziendali e che oltrepassano i confini della stessa impresa. Seguendo i principi base della Qualità, è opportuno iniziare con l'instaurare un rapporto, tra le varie "repubbliche" del tipo fornitore-cliente.
Questo cambiamento radicale dei comportamenti, difficile da conseguire in tempi stretti, è facilitato dall'adozione, in azienda, di due metodologie che poggiano proprio sull'ottimizzazione dei processi, quella dell'articolazione di tutte le attività aziendali secondo il modello delle catene del valore e quella del total quality management.
5.5.7 Gli stakeholders
Un altro dei compiti della leadership è l'individuazione degli stakeholders, cioè di tutti coloro, che, come già visto, in modo più o meno rilevante possono influenzare o contribuire alla crescita del valore dell'impresa. Compito della leadership non è solo l'individuazione degli stakeholders, ma anche il loro monitoraggio al fine di individuare eventuali ostacoli o problemi che i singoli soggetti potrebbero incontrare; il leader dovrebbe sondare, quindi, gli stakeholders, che è possibile contattare, con una serie di domande.
• Quali sono i principali ostacoli e problemi che limitano la creazione di valore.
• Quali possono essere le cause di questi ostacoli/problemi.
• Quali sono le principali urgenze da affrontare e risolvere in questo momento.
• Quali interventi culturali, organizzativi e tecnici possono risolvere tali situazioni.
5.5.8 La comunicazione all'interno dell'impresa
La comunicazione all'interno dell'impresa è uno degli strumenti fondamentali per il successo, specie nel caso in cui la leadership voglia riorganizzare l'azienda. Come s'è già detto, la fluidità della comunicazione intra-aziendale trova, spesso, ostacoli nelle differenti esperienze del personale, nei diversi gradi di cultura, preparazione, addestramento e mentalità, nelle diverse abitudini, nella sottostima dell'importanza della funzione, nella volontà di non diffondere le informazioni, nella gelosia. Per ottimizzare il processo della comunicazione la leadership dovrà impegnare molte energie al fine di sensibilizzare le persone a leggere e ad ascoltare, di creare un clima per la libera circolazione delle informazioni e delle idee, di creare gli strumenti per la circolazione delle informazioni, di far sì che la politica aziendale sia recepita da tutti in modo chiaro. S’è già detto dell’importanza dell’intranet aziendale.
Quando si è parlato d'impresa eccellente è stato più volte sottolineato il valore della responsabilizzazione dei dipendenti in modo che essi, superato il ruolo della semplice dipendenza, si sentano portati a giocare quello della partnership; per arrivare a questa conquista l'azienda deve comportarsi in modo trasparente e la comunicazione deve essere chiara e tempestiva. Ogni dipendente deve essere messo nelle condizioni di valutare come sta andando lui stesso, il suo reparto, l'azienda; se non ha una chiara visione di che cosa ci si attende da lui, di come può contribuire al raggiungimento dei traguardi aziendali e se quanto fa non gli viene riconosciuto e non gli porta vantaggi concreti non potrà mai diventare un partner dell'impresa.
Nel progettare il proprio processo di comunicazione l'impresa non può ignorare gli aspetti psicologici ed emotivi delle relazioni che caratterizzano l'organizzazione aziendale nel suo insieme. L'impresa è costituita da relazioni e da persone e pertanto è pervasa di ambiguità, vulnerabilità, conflittualità, ma gli studi più avanzati hanno evidenziato che è possibile far scaturire energia positiva da valenze negative. È necessaria una leadership in grado di favorire approcci comunicativi "caldi" orientati a sollecitare dialogo, ascolto e fiducia. Solo attraverso il coinvolgimento del "cuore", oltre che della mente delle persone, è possibile ottenere la condivisione del dettato strategico dell'azienda e quindi "produrre" l'energia necessaria all'impresa per superare ogni tipo di difficoltà.
Mi è capitato sovente di trovarmi nell’ufficio di un imprenditore e di aver riscontrato una gradevole semplicità nella gestione delle informazioni: un colpo di telefono e il capo mi sa dire qual è stato il fatturato degli ultimi tre anni, un altro colpo di telefono e vengo informato sulla quantità di vendite dell’ultimo prodotto nato e così per altre informazioni.
5.5.9 Il vantaggio competitivo
Elemento centrale della strategia di un'azienda è il conseguimento di una posizione di preminenza all'interno di un settore di produzione o di servizi; tale posizionamento si realizza attraverso il vantaggio competitivo . Come già accennato, Porter, nel suo famoso testo Competitive advantage: creating and sustaining superior performance sostiene che un'impresa può godere di due tipi di vantaggio competitivo: costi bassi o differenziazione. Questi due tipi di vantaggio competitivo, combinati con l'ambito delle attività per le quali un'impresa cerca di ottenerli, porta a tre strategie di base: leadership di costo, differenziazione e focalizzazione.
La focalizzazione ha due varianti: focalizzazione sui costi e sulla differenziazione. Le leadership di costo e di differenziazione tendono a conquistare il vantaggio competitivo in una vasta gamma di segmenti del settore industriale, mentre le strategie della focalizzazione mirano al vantaggio in un segmento ristretto (o nicchia di mercato). Giova notare che spesso le leadership di costo e di differenziazione sono insidiate proprio dalle imprese (in generale Pmi) che attuano la strategia di focalizzazione; operando, infatti, su segmenti stretti è più facile ridurre i costi e differenziarsi. Compito della leadership è la ricerca e la conquista del vantaggio competitivo. Questo può essere ottenuto ottimizzando una serie di elementi.
• L'innovazione tecnologica e la creatività.
• Le competenze distintive.
• Il pensare più in termini di bisogni che di prodotti/servizi.
• La continuità con il cliente (fino a farlo sfumare in un prosumer).
• La gestione nel suo complesso.
• Il benchmarking e le best practice (imparare dai migliori).
• Il coinvolgimento dei collaboratori.
• La comunicazione e l'immagine esterna.
I fattori del vantaggio competitivo possono essere di breve durata e il mercato può subire cambiamenti che devono essere individuati tempestivamente. Il monitoraggio costante dei fenomeni ambientali e la loro evoluzione, nonché la velocità con la quale si individuano e si comprendono sono, pertanto, prerequisiti indispensabili per il successo dell'impresa. Se la leadership è stata capace di costruire un adeguato sistema di relazioni l'azienda disporrà di quella che Derek Abell (nel suo Managing with dual strategies: Mastering the present, preempting the future) chiama la «finestra strategica» e cioè lo strumento per presidiare i cambiamenti che possono avvenire nell'ambiente circostante ed essere preparati alla difesa del vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. La continuità con il cliente è lo strumento più adeguato per raccogliere informazioni sul proprio vantaggio competitivo; la leadership dovrà costantemente essere in grado di dare risposta alle seguenti domande.
• Che cosa lega il cliente al mio prodotto.
• Quali elementi di utilità trova il cliente nel mio prodotto.
• In che modo il mio prodotto favorisce il successo del cliente.
• Che tipo di prodotto/servizio il cliente gradirebbe con entusiasmo.
5.5.10 La strategia
La strategia è l'insieme dei piani, delle azioni e dei provvedimenti che consentono all'azienda eccellente di ottenere il soddisfacimento degli stakeholders; la strategia non è improvvisazione ma è l'evoluzione di un'idea guida originaria, che, a sua volta, nasce dalle competenze distintive che l'impresa ha saputo sfruttare con abilità e che vuole ulteriormente sviluppare. La strategia deve avere connotati di flessibilità, poiché potrebbe essere conveniente, in funzione dei "condizionamenti" del mercato, modificarla; importante è restare fedeli all'idea guida.
La leadership dovrà avere il senso di ciò che è raggiungibile e la capacità di assegnare la giusta probabilità agli eventi, di individuare, tempestivamente, gli errori e porvi riparo, di avere fiducia nella propria vision, nelle proprie competenze distintive, nei propri valori, nel senso di responsabilità dei collaboratori. L'approccio alla formulazione delle strategie deve avere un taglio prevalentemente creativo. Il pensiero e la visione strategica dipendono dalla capacità di percepire e cogliere indicazioni utili all'impresa anche da segnali deboli, che agli occhi dei più possono passare inosservati. L'approccio alla formulazione delle strategie basato solo su numeri e dati è sempre stato di ostacolo alla formulazione di una visione strategica orientata al cambiamento e un grave limite della maggior parte dei manager.
In sintesi il segreto del successo di una strategia sta nel:
• valutare la situazione attuale dell'impresa,
• analizzare segnali, anche deboli, che possono in qualche modo influenzare l'impresa,
• determinare obiettivi chiave,
• prevedere lo sviluppo delle competenze distintive,
• allestire un sistema di controllo,
• lasciare aperte più opzioni,
• essere pronti a reagire con decisione,
• mettersi nei panni dei propri collaboratori,
• essere creativi,
• essere collaborativi.
Per competere sul mercato esistono tre tipi di strategia:
• la guerra di movimento;
• la guerra di imitazione;
• la guerra di posizione.
I princìpi della guerra di movimento fondano il successo di un'impresa sulla capacità di anticipazione dei cambiamenti che si verificano nel mercato e sulla velocità di risposta ai bisogni della clientela, piuttosto che sulla semplice sottrazione di quote di mercato ai concorrenti. La guerra di movimento richiede quindi una predisposizione alla generazione di valore attraverso la creazione di nuove opportunità, di nuove idee, di nuove iniziative di business. La specificità di questo tipo di guerra richiede armi specifiche, quali:
• la generazione di conoscenza;
• l'informazione;
• la creatività;
• la capacità di:
- integrare competenze di imprese diverse e quindi sfruttare al meglio i vantaggi dell'impresa a rete,
- educare il mercato,
- generare nuovi standard,
- entrare e uscire da settori diversi di mercato.
Le imprese che applicano la strategia della guerra di movimento sono quelle che godono sul mercato del vantaggio del first mover o pioniere. L'innovazione costituisce l'arma di quelle imprese che conducono la loro strategia con la guerra di movimento, strategia che le porta alla creazione di nuovi mercati. Ma la posizione di pioniere non può essere considerata la scelta più vantaggiosa per tutte le imprese o in tutti i momenti.
In moltissimi casi è la strategia delle imprese sfidanti-imitatrici che può risultare vincente.
La guerra di imitazione viene condotta disponendo di un'efficace finestra strategica che consenta di individuare, al suo nascere, l'esistenza di una novità sul mercato. Si tratta poi di acquisirne la tecnologia e di realizzare un prodotto che sia possibilmente migliore di quello del first mover, magari, solo in termini di marketing. Spesso l'imitatore non dispone della creatività del pioniere, ma potrebbe essere più flessibile e saper sfruttare meglio, in termini di marketing, l'innovazione.
La predisposizione alla guerra di posizione riflette la natura di un mercato caratterizzato da conflitti ben definiti, da beni con cicli di vita consolidati, da clienti che esprimono bisogni chiari, da concorrenti ben identificati. La guerra di posizione rappresenta, spesso, l'evoluzione naturale delle guerre di movimento e di imitazione. La riduzione di redditività, che spesso caratterizza le guerre di posizione, obbliga le imprese al continuo miglioramento dei processi di produzione e a frequenti ristrutturazioni. Prevalgono le strategie orientate al market sharing, al tentativo, cioè, di aumentare la propria quota di mercato facendo investimenti nel marketing. Un aspetto negativo della politica del market sharing, che coinvolge quasi tutto il settore dei beni di largo consumo e dei beni di consumo durevoli è spesso una pubblicità ingannevole e volgare.
L'ultima frontiera del valore nasce da quella situazione di mercato nella quale tutti i rivali offrono prodotti equivalenti, per prezzo e differenziazione, e quindi nessuno può vantare un vantaggio competitivo sugli altri. Spesso il continuo miglioramento dei processi produttivi porta a situazioni di mercato che vedono l'offerta superare di molto la domanda, con effetti deleteri per il settore coinvolto. L'evoluzione verso l'ultima frontiera può avvenire quando un'impresa persegue manovre di riduzione dei prezzi e di miglioramento della qualità percepita dal cliente e tutti i concorrenti si allineano sulla nuova frontiera. Se il confronto competitivo non si placa, il settore entra in una spirale che, inevitabilmente, porta molte delle imprese del settore al disastro.
La storia delle imprese industriali insegna che nella fase di maturità l'impresa corre il pericolo che tutti si accontentino di raccogliere i frutti della fase pionieristica, è la cosiddetta “mucca da mungere”; l'impresa eccellente è invece quella che, avendo raggiunto la fase della maturità, ha la capacità di reinventarsi e introdurre nuove fasi pionieristiche prima che sia troppo tardi e l'impresa sia costretta ad adottare strategie di posizionamento, alle quali non è abituata.
5.5.11 La pianificazione
La caratteristica peculiare della pianificazione è l'individuazione di tutti i possibili obiettivi aziendali e la scelta delle priorità; il principio utilizzato dall'impresa che punti all’eccellenza non può che essere stakeholders based e i riferimenti per il piano non possono che essere la mission e la vision aziendali. La pianificazione aziendale deve partire da una bozza di piano poliennale, per il quale potrebbero essere utili i seguenti criteri.
• Realizzare una griglia di obiettivi e di azioni attraverso "istruttorie" condotte con gli stakeholders o tenendo conto delle loro esigenze.
• Analizzare la griglia degli obiettivi, al fine di riportare nel piano solo quelli che la leadership ritiene realmente importanti.
• Raggruppare obiettivi e azioni per affinità (in precedenza aggregati per fonte).
• Strutturare gli obiettivi; quelli di livello gerarchico superiore devono includere quelli di livello inferiore e quelli relativi agli effetti devono essere correlati a quelli relativi alle cause. • Posizionare razionalmente gli obiettivi sulla scala temporale, attraverso adeguate correlazioni causali.
• Arricchire e affinare i contenuti raccolti.
• Posizionare in modo razionale obiettivi e azioni nell'articolazione formale del piano.
• Cercare di concretizzare gli obiettivi in termini di indicatori numerici.
Il piano poliennale va considerato un riferimento per la pianificazione delle attività, un insieme di ipotesi che diventeranno realtà solo nel momento in cui obiettivi e relative azioni saranno introdotti nel piano annuale. Fino a quel momento esso deve costituire solo la fonte a cui attingere e ispirarsi per definire dove potrebbe andare l'impresa nei successivi tre-quattro anni.
Nell'elaborazione del piano si dovrà evitare che esso sia il prolungamento analitico del passato; esso non si baserà sui trend, ma dovrà avere un impatto sull'impresa tale da determinare un miglioramento sensibile rispetto ai risultati tendenziali prevedibili. Esso non è un budget, non è un forecast plan, non è un business plan. A valle del piano poliennale va elaborato il piano annuale; si procede pertanto a una valutazione critica di quanto previsto nel piano poliennale per decidere se gli obiettivi previsti siano ancora prioritari o se l'impresa debba rivolgersi verso altri. La definizione delle priorità è l'aspetto più delicato che compete alla leadership nel processo di pianificazione; è il momento della massima assunzione di rischio da parte dell'imprenditore. Una procedura da preferirsi è quella di individuare prima le priorità e poi elaborare i piani annuali, in modo da non correre il rischio di inserire troppi obiettivi e di volerli realizzare tutti.
L’esperienza prova che spesso l'imprenditore, per non aver affrontato con sufficiente realismo il problema delle priorità, si trova impegnato ad affrontare troppi obiettivi, ritenuti tutti strategici, perdendo in efficacia ed efficienza.
5.5.12 L'immagine e l'identità
L’immagine aziendale è come l'impresa vuole essere vista e percepita da terzi. Ciò comporta, da parte della leadership, dare risposta a due domande.
• Come ci vede oggi il mondo esterno.
• Cosa dobbiamo fare perché il mondo esterno ci veda come vorremmo ci vedesse.
Le componenti che influenzano l'immagine esterna sono sostanzialmente tre:
• Il comportamento di ciascun collaboratore nei riguardi dell'esterno; le attività dei collaboratori siano esse attività di contatto con la clientela, o attività di ricerca, o di fatturazione, o di segreteria, tutte influiscono sull'immagine dell'impresa. L'abbigliamento dei venditori, la velocità e il garbo della centralinista, la facilità nell'essere messo in contatto con la persona cercata, la cura nel packaging, le modalità nello svolgimento dell'attività di recupero crediti, la gentilezza nei rapporti interpersonali, sono tanti piccoli tasselli che concorrono alla formazione dell'immagine di un'impresa.
• Il design. E' rappresentato dal logo dell'impresa, dalla piacevolezza e dalla facilità di lettura dei cataloghi, delle brochure, del sito web, dallo stile di progettazione del prodotto, dall'edificio dell'azienda, dalla gradevolezza dell’ambiente di lavoro.
• La comunicazione. Sulla comunicazione, quale mezzo per manifestare l'immagine aziendale, esiste una vasta letteratura. Si può aggiungere, forse, che oggi la quantità di informazioni che si riversa sulla scrivania e sul computer di chi lavora è enorme, e, contestualmente, si dedica poco tempo alla lettura. Le comunicazioni agli stakeholders, pertanto, devono essere brevi, precise, curate nei particolari e stimolanti.
La leadership deve avere sempre presente questi tre principi.
• L'immagine è un fattore decisivo sul mercato.
• L'immagine di un'impresa migliora più per la qualità delle componenti intangibili che per il valore intrinseco dei prodotti.
• L'immagine di un'azienda fa parte del prodotto, migliore è l'immagine, migliore è il prodotto.
In sintesi l'immagine deve essere chiarissima, deve cioè mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive, essenziali per il segmento di clientela scelto. La creazione dell'immagine si basa su prove che hanno suscitato testimonianze da parte dei clienti; si tratta quindi di gestire queste prove. Un'accorta gestione dell'immagine viene confermata, sia dalla fierezza dell'appartenenza che mostrerà il personale, sia dal compiacimento o dall'orgoglio dei clienti di essere serviti da quell'impresa. L'immagine deve, infine, poter sfumare nell'identità aziendale e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento della vision, della mission e dei valori aziendali.
5.5.13 La creatività
Il pensiero creativo è una tecnica che sta sempre più prendendo piede, nelle imprese, con grandi risultati; la creatività è uno dei pilastri della piccola e media impresa e meriterebbe un trattato su questo argomento. Qui ci si limita a constatare che una delle responsabilità della leadership è fare in modo che la creatività abbia le più ampie possibilità di svilupparsi in azienda. Per il conseguimento di questo obiettivo il leader dovrà liberarsi da alcuni comuni stereotipi come:
• la creatività è frutto del talento, appannaggio di pochi eletti,
• la creatività va lasciata ai dipartimenti di R&S, nei quali alcuni individui sono liberi di gingillarsi sperando che, in qualche modo, emerga prima o poi un'idea,
• è sufficiente rimuovere inibizioni e ostacoli perché una persona diventi creativa,
• il brainstorming, dove ognuno può sparare alla cieca qualsiasi idea, è lo strumento per far lievitare la creatività aziendale,
• l'idea creativa nasce dalla fortuna,
e dovrà studiare le più moderne tecniche che consentono di sfruttare nel modo migliore l'intelligenza dell'uomo e il potenziale del suo pensiero creativo.
5.5.14 L'aggiornamento
Poche righe sopra abbiamo fatto la considerazione che, presi dal vortice della quotidianità, abbiamo poco tempo per leggere e quindi per riflettere. Eppure una delle caratteristiche dell'impresa eccellente sta nel livello di aggiornamento di tutti gli stakeholders, primo fra tutti del leader; se questi non si rende conto di persona della necessità dell'aggiornamento, che non può limitarsi all’imparare facendo, non potrà neanche convincere i suoi collaboratori. Giova sottolineare che cultura professionale e aggiornamento devono procedere di pari passo.
Se il leader è stato in grado di creare una struttura di stakeholders efficace, efficiente, affiatata e coesa negli obiettivi, sarà sempre meno coinvolto nell'attività quotidiana e potrà pertanto dedicare il suo tempo all'osservazione dell'orizzonte imprenditoriale, dicono in Usa potrà fare l'helicopter man. Ciò significa aggiornamento personale, partecipazione a conferenze, coinvolgimento nelle iniziative delle associazioni di categoria e camerali. A cascata anche i suoi collaboratori saranno invogliati all'aggiornamento e al miglioramento professionale, in un circolo virtuoso: soddisfazione personale, miglioramento delle prestazioni, soddisfazione del cliente.
5.5.15 L'armonia tra la sfera interiore e il mondo esterno
Questa responsabilità che compete al leader sembrerebbe essere un elemento esterno ai problemi aziendali e al rapporto con gli stakeholders; in realtà non lo è. Il leader dovrebbe metabolizzare questo detto «Non sono insostituibile e la terra continua a girare anche senza di me ». Pochi sanno quanto le turbolenze e i conflitti interiori, le insoddisfazioni, le depressioni, i sensi di colpa, la paura di non farcela appaiano all'esterno di ciascuno e possano determinare, nell'interlocutore, stili regressivi di fuga (elusivo, remissivo) o di attacco (autocratico, aggressivo) e quindi situazioni difficili ai fini di stabilire un rapporto equilibrato. Se il leader riesce a trovare condizioni di vita (nelle dimensioni del benessere fisico, materiale, emozionale, intellettuale, sociale, spirituale), che si adattino alla sua personalità e alle sue possibilità, riuscirà a vivere in armonia con se Se Se il leader riesce a trovare condizioni di vita (nelle dimensioni del benessere fisico, materiale, emozionale, intellettuale, sociale, spirituale), che si adattino alla sua personalità e alle sue possibilità, riuscirà a vivere in armonia con se stesso, e quindi anche con il mondo esterno e sarà in grado di gestire, in modo ottimale, la propria impresa, specie se essa poggia sulla creazione, sul mantenimento e sullo sviluppo di relazioni con il mondo esterno. Uno degli strumenti per raggiungere uno stato di armonia tra la sfera interiore e il mondo esterno, quella che gli anglosassoni chiamano il well-being, è la pianificazione del tempo. Non esistono regole che possano aiutare molto nella realizzazione di una corretta pianificazione del tempo, ma esiste una regola generale che la leadership deve seguire: il tempo impiegato per impostare il futuro deve essere superiore al tempo impiegato per l'agire quotidiano.
In generale i collaboratori cercano di scaricare i problemi, che incontrano nel corso delle attività aziendali, sul leader.
Questi può assumere due tipi di atteggiamento, quello reattivo, e cioè assumere su di sé la responsabilità di trovare la soluzione. Così facendo egli si fa imbozzolare nel quotidiano, perde il vantaggio di poter godere di un ambito decisionale autonomo e, necessariamente, avrà sempre meno tempo da dedicare a se stesso e alla programmazione del futuro dell’impresa . Il secondo atteggiamento è quello pro-attivo, che lo porta alla difesa della propria autodeterminazione. Nel primo caso il rapporto tra collaboratore e leader prevede un input, la presentazione del problema e un output, la soluzione; nel secondo caso un input, la presentazione del problema, un feedback tra il leader e il collaboratore, e infine un output; l'abilità nel gestire il feedback consente al leader di migliorare il rapporto con il collaboratore e difendere il proprio ambito decisionale.
Contestualmente la leadership dovrà preoccuparsi che i propri collaboratori godano di una buona armonia tra il mondo interiore e quello esterno; questo obiettivo è conseguibile facendo sì che i collaboratori trovino una convergenza tra i propri valori personali e quelli dell'impresa.
La leadership dovrà quindi costruire una cultura d'impresa progettata su valori; se si vuole ottenere quella convergenza il percorso è lungo e difficile, ma al termine di quel percorso l'impresa avrà acquistato "un'anima" e conseguito un comune sentire tra tutti i membri dell'organizzazione. Nella formulazione della vision e della mission aziendale l'impresa eccellente dovrà quindi lavorare sulla base di valori condivisibili non solo da tutti i collaboratori, ma anche da tutti gli stakeholders. Uno degli strumenti per raggiungere uno stato di armonia tra la sfera interiore e il mondo esterno, quella che gli anglosassoni chiamano il well-being, è la pianificazione del tempo. Non esistono regole che possano aiutaOgni Ogni anno la rivista Fortune pubblica l'elenco delle "100 migliori aziende" dal punto di vista della soddisfazione dei dipendenti sul posto di lavoro, in termini di senso di appartenenza, autostima, lavoro di gruppo ecc. La ricerca condotta, sulla base di 36.000 risposte a un ampio questionario, ha messo in evidenza che oltre, ovviamente, all'entità degli stipendi e alla sicurezza del posto di lavoro, la soddisfazione dei dipendenti dipende da una sorta di "gioia di vivere" che traspare dalle risposte pervenute dalle aziende prime classificate.
Questa gioia di vivere può essere sintetizzata in alcuni elementi.
• Tempo.
• Autonomia.
• Spazio.
• Tranquillità
• Ambiente ecologicamente sano.
• Ambiente culturalmente stimolante.
• Formazione e aggiornamento.
• Convivialità.
• Bellezza.
Le aziende "eccellenti" sono state gratificate dalla riconoscenza dei propri dipendenti proprio per aver realizzato alcuni di questi obiettivi. Chi avendo costruito l'azienda nel verde, nel silenzio e con disponibilità di grandi spazi, chi avendo programmato oltre 100 ore di aggiornamento all'anno per dipendente e chiamato nell'azienda scienziati di fama, chi avendo eliminato, tangibilmente, qualsiasi forma di discriminazione, chi promuovendo l'orario flessibile, il tele lavoro e il part time, chi avendo costituito un asilo all'interno dell'azienda, chi una palestra, chi un ambulatorio, chi un drugstore, chi organizzando incontri culturali, chi avendo curato la qualità e l'eleganza della mensa. La ricerca di Fortune ha evidenziato, inoltre, che le imprese eccellenti in questa particolare graduatoria, risultavano eccellenti anche dal punto di vista delle performance aziendali. Alcuni esempi sono già stati riportati nel paragrafo 5.3.1.
5.5.16 Considerazioni conclusive sulla leadership
L'analisi svolta in questo quinto capitolo sulla leadership imprenditoriale e sui compiti che su di essa incombono può essere considerata un percorso valido per specifiche situazioni, ma non per tutte. Ritengo che comportamenti e compiti della leadership di una grande impresa che opera nel settore dei beni di largo consumo o dei beni di consumo durevole debbano, in parte, seguire altri percorsi; non è pensabile per essa, ad esempio, un rapporto molto contiguo con gli stakeholders. Come detto all'inizio del capitolo il percorso, suggerito per la leadership di un'impresa, è il risultato dell'osservazione dei comportamenti di imprenditori di Pmi; pertanto, principalmente a costoro sono indirizzate queste indicazioni, come pure alla leadership di grandi imprese che operino nel settore del business to business. Comunque, la lettura di questo "percorso di comportamenti" è suggerito anche a quel folto gruppo di manager che vogliono imprimere una svolta alla propria vita professionale.
5.6 Il temporary manager
Può capitare, abbastanza frequentemente, che una volta accertate le esigenze di crescita o di lancio di un nuovo business, la piccola e media impresa si scontri con la non disponibilità di competenze in grado di pilotare il cambiamento. Spesso, le Pmi non hanno al loro interno le competenze specifiche per affrontare il nuovo contesto e non è compito dell'imprenditore di occuparsi della gestione; d'altra parte, compito della leadership è adeguare le risorse umane alla nuova mission aziendale, cosicché, possono essere prese in considerazione due soluzioni, o l'assunzione di un manager, magari proveniente dal mondo della grande impresa, o l'acquisizione di un consulente esterno. Tali soluzioni, tuttavia, possono essere rischiose. La prima, perché incide sulla struttura dei costi fissi dell'azienda (lo stipendio del nuovo manager); la seconda, per le difficoltà nel trasferire le competenze dal consulente all'impresa. Una terza possibile soluzione, sempre più applicata tra le Pmi, è il temporary manager; questi ha una incidenza minore e provvisoria sui costi aziendali e può facilitare il trasferimento di conoscenze e competenze. Il "manager a tempo", infatti, lavora, a tempo pieno ma per un periodo prestabilito, in affiancamento alla struttura già esistente, nella gestione di una o più aree critiche e, in questo modo, agisce da vero e proprio "coach funzionale".

Eugenio Caruso - 13 febbraio 2020

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