Evoluzione dell'impresa - Capitolo 5 - Come contrastrane il declinoL’unica vera nobiltà è la virtù. Giovenale Seguito di Evoluzione dell’impresa. Capitolo 4 L'analisi di report editi in Usa e in Europa sulla vita delle aziende di successo (quelle che figurano tra le prime 500 nella classifica stilata annualmente da Fortune) indica una vita media di diciotto anni; come se il successo di un'impresa portasse con sé il seme dal quale scaturirà l'insuccesso (D'Egidio, 1999); sempre nella lista delle prime 500 aziende, stilata da Fortune nel 1970 ben il 60% non esiste più (Merli, 1999). De Geus ha individuato alcune caratteristiche comuni alle imprese che hanno più di un secolo di vita.
Le considerazioni fatte valgono per le imprese medio-grandi; per le piccole e medie imprese non esistono documenti significativi che descrivono le motivazioni della loro longevità o del loro declino.
1 Il ciclo di vita aziendaleIl ciclo di vita di un'impresa è raffigurabile con una curva sigmoide del tipo di quella che descrive il ciclo di vita di un prodotto:
In generale, quando un'impresa si trova nel punto B e decide di cambiare, spesso ha raggiunto un punto di irreversibilità e la salvezza è ardua. Ma perché le aziende decidono di adottare iniziative di rinnovamento solo quando si trovano nel succitato punto B e quindi nel momento meno propizio e di massima difficoltà? Perché gli imprenditori hanno guidato l'impresa affidandone la verifica dello stato di salute solo agli indicatori economico-finanziari (cioè affidandosi al passato) e hanno trascurato quegli indicatori immisurabili o intangibili, ben noti alla leadership dell'impresa eccellente. La decisione di procedere in tal senso non è facile in quanto, generalmente, essa presuppone uno spostamento paradigmatico all'interno dell'azienda, ma è opportuno notare che la transizione su una nuova curva di crescita è la principale decisione strategica per un'impresa che voglia evitare il declino. 2 Le fasi della vita di un'impresaOsservando la curva di vita di un’impresa che non si preoccupi in tempo di rilanciarsi su un'altra curva di sviluppo, si possono fare le seguenti considerazioni. Nel momento in cui un'impresa nasce «Si percepisce un alto livello di energia e di eccitazione e vi è un diffuso spirito di collaborazione e di integrazione tra gli individui. Ci si sente pionieri in un'avventura e questo genera gratificazione e appagamento sul lavoro. La flessibilità è massima» (D'Egidio, 1999). Nella fase dello sviluppo l'impresa conosce un momento di forte espansione. I clienti apprezzano i prodotti offerti, la reputazione dell'impresa fa sentire i collaboratori orgogliosi di lavorare per quell'impresa, l'organico incomincia a crescere per soddisfare la domanda, si raggiunge il punto di breakeven e arrivano i primi utili. Il livello di energia e di eccitazione è ancora alto, c'è anche un diffuso senso di euforia per i risultati raggiunti. E' forte la spinta a conquistare e fidelizzare il cliente. L'impresa inizia a conoscere, però anche alcuni aspetti negativi.
A questo punto, una leadership, in grado di analizzare criticamente questi primi e deboli segnali, dovrebbe iniziare a valutare alternative di business per avviare una nuova fase di sviluppo. Giova osservare che la curva di vita dell’impresa ha un punto di flesso H, che rappresenta il momento in cui lo sviluppo passa da una fase di crescita molto energica e forse un po' caotica a una fase di sviluppo più pilotato. In genere, se l'impresa riesce a superare il punto di flesso H, la leadership ritiene superate le difficoltà iniziali e intensifica gli investimenti e gli sforzi per progredire ulteriormente in una fase di sviluppo più ordinato e pianificato. Durante la fase della maturità si acquisiscono i massimi risultati economico-finanziari. Il prodotto dell'impresa è, oramai, noto e affermato sul mercato, i clienti sono soddisfatti, l'impresa ha definito in dettaglio vision, mission e strategie di medio-lungo periodo.
Durante la fase del declino anche gli indicatori economico-finanziari dànno l'evidenza del cattivo stato di salute dell'azienda.
L'analisi critica delle quattro fasi descritte mostra perché è opportuno rilanciare l'impresa in prossimità del punto A e non tra A e B, né tantomeno in prossimità del punto B. Nell'intorno di A l'impresa trasuda energia, creatività, orgoglio, autostima e si trova ancora in uno stato di eccitazione che rende possibile lanciare un'altra sfida. Tra A e B l'impresa si è "seduta sugli allori" ed è molto più difficile smuoverla da abitudini consolidate e riti giornalieri e dal ristagno dei piccoli centri di potere. 3 Come evitare il declino Da quanto detto l'imprenditore dovrebbe avere nel proprio dna la capacità di percepire i deboli segnali di una possibile crisi e porvi rimedio. 4 La soddisfazione dei collaboratoriTutti oggi parlano dell'importanza delle risorse umane come capitale fondamentale dell'impresa e quindi dell'impegno che l'impresa deve rivolgere ai collaboratori per motivarli, coinvolgerli, inculcare in loro il principio d'identificazione, mantenere elevato il loro livello di conoscenze, applicare l'empowerment (Johnson, 2000). Di converso le imprese trovano difficoltà a mettere in pratica questi concetti che sono sulla bocca di tutti; spesso ricorrono alle riorganizzazioni, con il risultato, spesso, di far irrigidire e imbozzolare il collaboratore su se stesso per la paura del nuovo. In questo ambito la discriminante competitiva tra le aziende non sta tanto nella consapevolezza dell'importanza della massima valorizzazione delle risorse umane quanto nella capacità di realizzare nel concreto questa valorizzazione. Gli studi di un gran numero di sociologi dànno indicazioni importanti per superare le succitate difficoltà; questi studi indicano, infatti, che le persone tendono sempre più ad esprimere sul lavoro bisogni legati alla propria autorealizzazione e all'aumento della propria autostima; pertanto le persone non si recano più al lavoro per soddisfare solo i propri bisogni di base, bensì per trovare, anche, un appagamento ai propri bisogni di realizzazione sociale. Ma come comportarsi per essere sintonizzati con queste aspirazioni provenienti dal mondo del lavoro? Per conseguire la soddisfazione dei collaboratori, l'imprenditore dovrebbe risalire all'analisi transazionale e ricordare che la struttura dell'Io di ciascun individuo si basa su tre componenti, l'Io genitore, l'Io adulto, l'Io bambino. Nei rapporti umani ciascun individuo, a seconda delle circostanze, si comporta utilizzando uno dei tre stati della personalità. Se l'imprenditore, nei rapporti con il collaboratore assume la posizione da genitore a bambino (modello gerarchico direttivo) e il collaboratore risponde cercando un rapporto adulto-adulto, sorgeranno sicuramente motivi di attrito e di insoddisfazione. Inizialmente il rendimento del collaboratore potrà essere elevato, perché esegue attentamente i compiti assegnatigli, ma, con il passare del tempo, nel collaboratore calano l'autostima e la soddisfazione e cala il rendimento. Se l'imprenditore assume una posizione da adulto ad adulto, inizialmente i risultati del collaboratore potranno essere inferiori rispetto a quelli ottenibili con il modello gerarchico, ma, con il tempo, il rendimento crescerà e, in un circolo virtuoso, con esso cresceranno autostima e soddisfazione, ad ulteriore vantaggio dei risultati. Il monitoraggio del livello di soddisfazione dei collaboratori prevede, innanzitutto, un'analisi dei bisogni e dei valori personali del collaboratore; successivamente si procederà, sia a verificarne la soddisfazione in termini di percezioni sulla possibilità di crescita personale e professionale e sul suo coinvolgimento nel raggiungimento degli obiettivi aziendali, sia a capire come il collaboratore vede l'ambiente di lavoro e il rapporto con gli altri. 5 L'energia.A molti sarà capitato di entrare in un'impresa e osservare la quantità di energia presente tra i dipendenti. Supponiamo di avere un appuntamento con l'imprenditore di una Pmi energeticamente ricca; l'impatto con l'impresa inizia dall'ingresso dove si viene accolti con calore e cordialità, il tempo di attesa della persona con la quale si ha l'appuntamento è breve, si viene accompagnati attraverso un'open space dove tutto appare tonico, i telefoni squillano, le persone si muovono con dinamismo, senza per questo apparire frenetiche o angosciate, l'ambiente dà la sensazione di rapporti informali e amichevoli. Si raggiunge l'imprenditore, che ci accoglie con l'atteggiamento fortemente orientato a stabilire un rapporto. Durante la riunione il nostro interlocutore è disturbato pochissimo dalla sua segretaria, che appare a suo agio nel "gestire" il tempo del suo capo. Di converso sarà capitato anche il caso opposto, l'incontro con l'imprenditore di un'impresa priva di energia come una batteria scarica. All'ingresso il visitatore viene accolto, dalla persona preposta a questo incarico, come elemento di disturbo rispetto ad altre attività ritenute più importanti (magari la soluzione di un cruciverba). La persona con cui si ha l'appuntamento non si riesce a trovare, non è in ufficio, forse è in qualche reparto, non ha lasciato alcuna informazione alla segretaria, né tantomeno la stessa risulta informata dell'agenda del capo. Il visitatore trascorre un quarto d'ora curiosando sulla bacheca sindacale, che rivela, sia segnali di contrasti tra maestranze e imprenditore, sia uno stato di preoccupazione da parte dei dipendenti. Finalmente, si viene accompagnati attraverso un'open space dove tutto appare vecchio, i dipendenti hanno gli sguardi svogliati di chi compie attività routinarie e monotone, la gente si muove con aria strascicata, si nota qualche gruppetto di persone che chiacchierano. L'imprenditore che ci riceve, pur mostrando interesse e cordialità, afferma di avere poco tempo e di essere sommerso dagli impegni; infatti ogni cinque minuti il colloquio è interrotto dalla segretaria, dal telefono, dal cellulare o addirittura dallo spedizioniere di un fornitore che vuol sapere dal signor ingegnere dove deve scaricare il materiale. Da questi due esempi reali se ne può dedurre una definizione di energia in azienda. Essa è l'elemento dal quale scaturisce la capacità d'azione dell'impresa e trae origine dalle motivazioni, dall'impegno, dalla passione, dalla sicurezza, dall'autostima. Non sempre, però, l'eccesso di energia è un fattore positivo; l'iperattivismo dell'imprenditore del secondo caso era frutto o di uno stato d'ansia per le sorti dell'impresa o di una incapacità nella gestione del proprio tempo o di un inconscio desiderio di non fermare il pensiero sulla realtà aziendale e sugli errori commessi. La quantità di energia positiva che le persone sprigionano all'interno dell'impresa fa la differenza tra l'impresa eccellente e l'impresa che potrebbe andare incontro al declino. Giova osservare che quando l'impresa si trova nelle fasi nascente e di sviluppo il coinvolgimento delle persone e le motivazioni sono alte. C'è il gusto della sfida e l'energia è tangibile in ogni azione della maggior parte del personale. Man mano che l'impresa tende a istituzionalizzarsi il sacro fuoco dei primi tempi tende a spegnersi.
6 L'identità dell'impresaL'impresa va considerata come una persona con la propria identità, e cioè l'insieme di principi e valori. D'altra parte, è opportuno sottolineare che il rafforzamento del senso di appartenenza dei collaboratori va costruito sulle solide basi della responsabilizzazione e valorizzazione delle persone, non solo con pure espressioni di principio, ma con fatti concreti e con segnali precisi e coerenti con tale spirito. L'identità dell'impresa è, quindi, vitale perché è fonte di energia per il conseguimento di obiettivi anche ambiziosi, perché crea l'allineamento tra il personale e gli obiettivi aziendali, perché pone le basi per un impegno comune verso il perseguimento della vision aziendale. Un grave segnale per l'imprenditore è rendersi conto che anima e cuore dei collaboratori non sono più in sintonia con l'identità dell'impresa. Forse i valori sui quali era stata fondata l'impresa si sono persi; cooperazione, rispetto, pari dignità sono diventate parole vuote. L'imprenditore deve dare una forte svolta all'impresa rivitalizzando quei valori e, ancora una volta, agendo in modo concreto e inviando segnali coerenti con la volontà di rilancio. 7 L'immagine dell'impresaUna buona o ottima immagine di un'impresa rappresenta un patrimonio di inestimabile valore. Essa favorisce i rapporti con tutti gli stakeholder e quindi genera business, ma essa deriva anche dal giudizio degli stakeholder, verso i quali devono, quindi, indirizzarsi gli sforzi dell'azienda. Comunque, qualunque sia il messaggio che l'impresa invia al mondo esterno, esso dovrà essere tale da non creare discrasie con l'immagine che dell'impresa hanno i dipendenti; infatti, tanto più brillante è l'immagine proiettata all'esterno tanto maggiore sarà il riflesso negativo sulle persone che quotidianamente toccano con mano una realtà aziendale diversa. Nel caso di una piccola o media impresa la trasmissione dell'immagine raramente avviene attraverso messaggi pubblicitari; generalmente, viene sfruttato il tessuto delle relazioni che tiene uniti gli stakeholder verso i quali, giorno per giorno, vengono trasmessi la cultura, i valori, la vision e la mission aziendali e dai quali vengono recepiti gli stimoli per un progressivo miglioramento dell'immagine stessa. Una leadership accorta dovrebbe tenere sotto controllo la qualità della propria immagine presso gli stakeholder, anche affidandosi a terzi, neutrali nel giudizio. 8 L'innovazioneCome abbiamo già detto più volte, un'impresa che voglia sopravvivere in un mercato, nel quale l'ipercompetizione è legge, dovrà fare dell'innovazione la propria regola di vita. L'impresa dovrà, quindi, entrare in una logica di innovazione continua e l'innovazione dovrà interessare vari aspetti dell'impresa, il prodotto, il servizio, il processo, il management, la logistica, il marketing; essa dovrà entrare in ogni componente delle catene del valore alla Porter, sia orizzontali, che verticali, per creare valore per l'insieme degli stakeholder, partendo dalla creazione di valore per ogni singola attività che, in qualche modo, coinvolga l'azienda. L'innovazione può essere di tipo incrementale, fatta di piccoli passi, oppure può essere dirompente, può scardinare gli schemi costituiti, cambiare i paradigmi esistenti, creare un circolo virtuoso nel quale si arriva a distruggere l'esistente per sostituirlo con il nuovo, che una volta diventato obsoleto, viene sostituito da qualcosa d'altro. Per avviare un processo di innovazione continua l'impresa ha bisogno di forti e condivise valenze culturali, il gusto della sfida, la fiducia, la libertà e la passione di aprire nuove vie, ma, fondamentalmente, ha bisogno di un detonatore e questo detonatore è la creatività, senza la quale non sono possibili né miglioramenti incrementali, né, tantomeno la citata «distruzione creativa». L'imprenditore dovrà quindi verificare, per ogni area di attività dell'impresa, la presenza della cultura dell'innovazione. Dovrà cercare di non criticare le proposte non realizzabili, ma incoraggiare costantemente e premiare lo sforzo creativo teso al miglioramento. 9 Il capitale intellettualeE' noto, anche ai meno esperti di organizzazione aziendale, che il capitale immateriale di un'impresa moderna (conoscenza, informazioni, brevetti, esperienze acquisite, risultati della R&S) costituisce una delle prime fonti di vantaggio competitivo.
Giova sottolineare, inoltre, che gli asset legati al capitale intellettuale hanno caratteristiche completamente diverse da quelle che contraddistinguevano gli asset tangibili.
L'imprenditore di un'impresa tesa verso l'incremento e la valorizzazione del capitale intellettuale, oltreché avere un'ottima visibilità delle competenze che l'impresa dovrà sviluppare, non guardando al passato, ma pensando al futuro, dovrà adeguarsi a questa realtà di impresa e spostare il proprio focus sui seguenti aspetti.
L'attenzione agli asset immateriali dovrà essere molto più accurata di quella che la leadership dedicava agli asset materiali; la velocità dei cambiamenti e l'attrattività della concorrenza sono due elementi con i quali l'imprenditore dovrà avere a che fare quotidianamente pertanto la presenza costante e cooperativa con tutto il mondo degli stakeholder dovrà essere un must imperativo per l'imprenditore, sia per individuare sempre nuove fonti di capitale intellettuale, sia per evitare la perdita delle fonti già in suo possesso. È opportuno notare che mentre la parametrizzazione del valore di un immobile, di un impianto, di un macchinario si basa su metodi di misura collaudati e condivisi, la misura di un asset immateriale mette in gioco interpretazioni rischiose in quanto basate su "quanto potrà valere domani questo asset", valutazione di non facile previsione. Da più parti, specie dalle imprese statunitensi, che considerano costi, gli immobili e valore patrimoniale, il personale, giungono forti sollecitazioni volte a rivedere le modalità di formulazione dei bilanci aziendali.10 La customer satisfactionChe lo scopo principale di un'impresa sia creare e conservare una clientela è un assioma che è oramai nel dna di tutte le aziende. In un mercato ipercompetitivo lo sforzo dalle imprese è rivolto all'ottimizzazione di due parametri:
L'impresa è consapevole che un cliente trattenuto non è un cliente fedele, mentre è fedele il cliente che vuole comprare dall'impresa e non dalla concorrenza perché non è un cliente semplicemente soddisfatto, ma molto soddisfatto. E' evidente che monitorare costantemente il livello della customer satisfaction è forse l'attività dalla quale dipende prioritariamente la sopravvivenza dell'impresa. L'impegno non è facile, anzi ha gradi di difficoltà notevoli, specie perché la qualità della fornitura, percepita dal cliente non sempre corrisponde alla qualità che l'impresa ritiene di erogare. Grazie a questa conoscenza l'impresa potrà erogare la propria fornitura in base a tre tipologie di qualità.
Va comunque detto che la qualità latente diventa presto una qualità implicita (il cliente si aspetta quello che prima era una sorpresa) e se l'impresa vuole mantenere elevato il grado di soddisfazione del cliente dovrà inventarsi un'altra qualità latente, mantenendo il pendolo della qualità in continua oscillazione tra qualità latente e qualità implicita. Si è detto che quantificare la customer satisfaction è un'attività molto complessa, esistono, comunque, una serie di elementi, come quelli indicati nel riquadro, la cui analisi può dare informazioni su di essa.
Questi indicatori di customer satisfaction possono essere modificati o integrati, in funzione della tipologia di business dell'azienda, ma sarebbe opportuno che ciascuna impresa compili un elenco di parametri, come quello del riquadro, e su di esso faccia, periodicamente un attento monitoraggio. Per quantificare in un dato numerico la customer satisfaction, l'imprenditore, in funzione della tipologia del proprio business, potrebbe assegnare a ciascun parametro una scala di valori e definirne, quindi, con un "voto", il valore. 11 La competenza emotivaFino a pochi anni fa l'intelligenza di una persona veniva misurata attraverso il QI; da qualche anno si misura anche l'EQ, il quoziente di intelligenza emotiva (Goleman, 1998), che rappresenta appunto un altro aspetto dell'intelligenza. L'EQ comporta le seguenti doti.
Tutte caratteristiche che fanno il profilo ideale di un leader. Questo spiega, anche, perché, generalmente, un alto QI, da solo, non crea un leader. La competenza emotiva nasce dalla consapevolezza della propria intelligenza emotiva; potremmo dire che la competenza emotiva nasce dalla propria consapevolezza e dalla propria intelligenza emotiva. Durante i cambiamenti, in azienda, è noto che si sviluppano ansia, paura e sfiducia, forze negative che possono bloccare il processo in corso; solo la presenza della competenza emotiva permette alla leadership di illustrare uno scenario positivo e di far comprendere alle persone che l'impresa richiede loro responsabilità, iniziativa, lealtà, impegno, fiducia. Essa è altresì fondamentale quando il valore di un'impresa è il tessuto delle sue relazioni e la capacità di creare, mantenere e sviluppare relazioni è un must aziendale. 12 Alcuni esempi di cambiamento nelle PmiPiù volte è stato sottolineato che alla base del successo di un'impresa e della sua leadership c'è una forte propensione al cambiamento del core business, particolarmente nel momento in cui i segnali premonitori, analizzati nei precedenti paragrafi, possano indicare una potenziale crisi, anche non imminente. Un'impresa leader nel campo della realizzazione di forni industriali per trattamenti metallurgici in atmosfere controllate, inizia a rendersi conto che, dopo aver disseminato i propri prodotti in quasi tutto il mondo, le aziende sono restie ad effettuare investimenti in forni di nuova generazione. L'imprenditore decide, quindi, di sfruttare il proprio know-how nel campo delle atmosfere e della chimica e si applica con successo alla realizzazione di impianti per lo smaltimenti di rifiuti, tramite pirolisi. Un'impresa operava da una decina di anni nel campo della carpenteria su disegni costruttivi realizzati dal cliente, il fatturato era soddisfacente, i clienti fidelizzati, i dipendenti integrati. L'imprenditore aveva però compreso che era necessario un cambiamento culturale perché la forte competizione sui prodotti finali avrebbe condotto i clienti a scaricare economie di spesa su fornitori e terzisti. In pochi anni l'impresa ha cambiato il proprio core business diventando un'impresa di progettazione di componenti di carpenteria, con la realizzazione relegata ad una fase secondaria ed, eventualmente, esternalizzabile nel caso di picchi negli ordinativi. La conoscenza accumulata nella lavorazione della lamiera di ferro aveva consentito di proporre al cliente soluzioni progettuali mirate alla riduzione dei costi, alle quali il cliente non sarebbe mai arrivato. Grazie a questo cambiamento il fatturato è più che raddoppiato. Un'impresa ha una posizione di leadership nella produzione di motori elettrici, settore nel quale la concorrenza in tutta Europa e fortissima. L'imprenditore aveva analizzato per anni soluzioni che potessero proteggere l'impresa da possibili crisi ed era arrivato alla conclusione che sarebbe stato opportuno entrare in qualche settore nel quale l'uso dei propri motori elettrici avrebbe consentito di operare in una sorta di captive market. L'imprenditore ha individuato nel motoscooter elettrico un prodotto con buone prospettive e ha creato una joint venture con un fabbricante di motoscooter convenzionali. Le prospettive economiche sono molto interessanti, anche per gli incentivi del governo a favore dell'uso di mezzi a trazione elettrica. Un'impresa nasce quarant'anni fa per la produzione di resistori di precisione a filo avvolto; questa produzione di nicchia consente all'imprenditore di entrare in contatto con società multinazionali che, lavorando con elevati standard di qualità, hanno bisogno di componenti che rispondano a quegli standard. A questo punto avviene il primo cambiamento del core business, l'impresa avvia la produzione di schede elettroniche ad elevatissimo standard qualitativo. Questo tipo di produzione consente all'impresa di acquisire, come clienti, multinazionali operanti nel settore elettromedicale, in particolare la società leader mondiale nella produzione di macchine per anestesia. L'incontro con questa grande società fa compiere all'imprenditore il secondo cambiamento del core business, la progettazione e realizzazione, per conto della multinazionale, di apparecchiature elettromedicali. Da piccola impresa artigiana, l'impresa citata è diventata un'impresa moderna e con un fatturato di tutto rispetto. Due imprenditori operanti nel settore delle macchine utensili e della saldatura hanno sentore di una crisi della propria impresa per i continui attriti, con un terzo socio, nella definizione delle strategie aziendali. Operando nel settore della lavorazione meccanica si rendono conto che in Italia non ci sono molte aziende che lavorano nel campo delle applicazioni laser per i trattamenti superficiali e per la marcatura e fondano una seconda impresa per entrare in questo core business. Una volta acquisite le competenze sui laser e approfondite le potenzialità del mezzo si rendono conto che gli impianti acquisiti per lavorazioni per conto terzi possono essere utilizzati per la realizzazione di prodotti artistici in cristallo, prodotti che consentono margini più elevati delle lavorazioni per conto terzi, lavorazioni d'altra parte insidiate da tecniche a minor costo. Avviene quindi una seconda trasformazione del core business e gli imprenditori sono in una fase di forte espansione della produzione. Un'impresa opera da più di trent'anni nel campo della produzione di matrici per rotocalco; la nuova leadership aziendale si rende conto che gli indicatori del settore mostrano competitor sempre più agguerriti, ritorni sul capitale calanti, crescita zero. Gli imprenditori, convinti che «la molla del progresso consiste nell'accumulazione della conoscenza e che il cambiamento è vita», avviano una nuova stagione creando una società alla quale affidare il compito di sviluppare R&S per l'individuazione di nuovi prodotti, partendo dal capitale iniziale di un know-how trentennale nel settore. Nel giro di tre anni la nuova struttura realizza un nuovo cilindro, scardinando l'antico giudizio secondo il quale "il cilindro di qualità deve essere pesante", l'impresa di produzione registra un incremento di fatturato del 30%. Dopo due anni viene inventato un cilindro ancora più rivoluzionario, che consente di ridurre del 50% i costi di produzione, il fatturato registra un altro 30% di incremento. In questo caso si può affermare che il cambiamento di business è consistito nel passare dalla cultura dell'ottimizzazione delle performance attraverso miglioramenti incrementali dei processi di produzione alla cultura dell'innovazione di prodotto. Tra i molti altri esempi che l'autore potrebbe portare, esiste una trasformazione del core business che è comune a moltissime aziende. Imprese commerciali, agenti di produttori esteri, che, costituendo strutture per l'assistenza tecnica ai clienti, gradualmente acquisiscono le competenze per realizzare in proprio il prodotto commercializzato, eventualmente privo di quei difetti che richiedevano la presenza di un centro di assistenza. In questi casi il cambiamento di core business è la transizione da attività prettamente commerciali ad attività di produzione. Da questo piccolo gruppo di casi esemplari si comprende come il cambiamento, fonte di longevità delle imprese, nasce, fondamentalmente, da due elementi chiave per l'eccellenza imprenditoriale, la capacità di anticipare una potenziale crisi e la creatività nel modificare il core business dell'impresa. 13 Sintesi delle azioni volte alla salvaguardia dell'impresaRiassumendo, l'esplicitazione operativa delle azioni che la leadership aziendale dovrebbe seguire per la vitalità dell'impresa può essere descritta in una serie di azioni che riguardano cultura, organizzazione, processi di business, sistemi e metodologie.
Bibliografia. D'Egidio F., La vitalità d'impresa, Sperling&Kupfer, 1999. Eugenio Caruso Integrazione del 28 settembre 2008 A integrazione dell’articolo è interessante analizzare un Rapporto Istat su Tasso di sopravvivenza delle imprese, in Italia, che conferma i dati statunitensi. Di fatto, stando ai dati Istat sulla demografia d’impresa, per ogni dieci imprese nate nel 2001 solo 5,5 erano ancora operative alla fine del 2006. L’emorragia, però, è lenta quanto inesorabile: nel quinquennio 2002 – 2005, le imprese che sono riuscite a superare l’anno di vita variano da un minimo dell’86,9% (per le nate nel 2002 e 2004) a un massimo del 90,2% (per quelle registrate nel 2001). D’altra parte nemmeno dopo cinque anni di attività l’impresa può ritenersi al sicuro dalla mortalità; in genere l’impresa cresce lentamente, lavora con pochi addetti e la struttura è ancora molto fragile. Infatti le imprese ancora operanti nel 2006 e nate 5 anni prima, avevano, mediamente, poco più di tre addetti: insomma si tratta di microimprese esposte ai marosi del mercato e della globalizzazione. Rapporto ISTAT (settembre 2008) Le imprese e la crisi del 2008/2009 «Fino ad ottobre 2008 gli impianti hanno lavorato al 95 per cento. Poi, di botto, il rallentamento. Solo a gennaio 2009, gli ordinativi sono crollati del 40 per cento», sostiene il presidente di Federacciai, Giuseppe Pasini. Il mantra obbligato è diventato tagliare i costi, nella grande provincia manifatturiera italiana provata dalla crisi mondiale. In ogni piega del conto economico. Come? «Lavorare di notte e nei weekend permette, a esempio, di sfruttare la tariffa elettrica più bassa (fino al 20%)». Ha cominciato l'Alfa Acciai di San Polo, adesso nel bresciano lo fanno praticamente tutti. «Anche la mia Feralpi», conferma Pasini che aggiunge: «In questo modo abbiamo riportato in house la manutenzione che facciamo durante il giorno, quando gli impianti sono fermi». Spiega Federico Bonanni, responsabile ristrutturazioni aziendali di Kpmg, che oggi il focus è tutto finanziario, perché è crollata la domanda e insieme la stretta creditizia fa mancare liquidità. Dunque le imprese lavorano sul lato costi: «Cassa integrazione in quelle imprese che dipendono molto dall'intesità degli addetti impiegati, mobilità, riduzione dei temporary, internalizzazione del lavoro, dilatazione dei pagamenti ai fornitori, blocco delle spese di marketing e pubblicità (la stima sul 2009 prevede un taglio del 5% sulle tv e 10% sulla stampa, ma nel primo bimestre ha sfiorato il 20%)». E per chi è messo peggio, «riduzione del ciclo vendite e produzione acquisti». In sostanza: «Produco solo su ordinativi e non più per il magazzino, riducendo il volume di affari e acquisti massimizzando le code degli incassi». Tutte misure che hanno impatto sulla cassa a breve, in attesa del ritorno ai ricavi. «Certo manca una visione industriale di medio lungo - precisa Bonanni - non ci sono in corso veri piani di ristrutturazione». Richiederebbero tempo e soldi che oggi non ci sono. La mia esperienza di questi mesi di crisi mi porta ad affermare che le imprese che hanno seguito le regole di De Geus, in particolare:
stanno emergendo dalla crisi più forti di prima. Eugenio Caruso Revisione del 18 marzo 2009 Per una panoramica più ampia sull'impresa moderna si rimanda a E. Caruso, L’impresa in un mercato che cambia Tecniche Nuove 2003 |
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