La gestione del brand nel B2B

La chiarezza deriva dai pensieri profondi.

De Vauvenargues


Premessa

Le imprese sono sempre più impegnate ad aumentare i propri sforzi diretti  a tenere sotto controllo le relazioni di mercato al fine di stabilizzare i propri processi operativi e di impostare programmi a lungo termine che possano garantire sopravvivenza e crescita.
A tale scopo due sono le direttrici lungo le quali i leader delle imprese possono operare:

  1. conseguire il massimo di conoscenza dei propri clienti reali e potenziali, sviluppando relazioni sempre più strette con essi,
  2. puntare ad accrescere il grado di differenziazione della propria offerta, rispetto alla concorrenza, mediante strategie di branding sempre più efficaci, capaci di massimizzare la percezione e l’apprezzamento da parte del mercato del valore della proposta aziendale.

Questi obiettivi valgono non solo per le imprese di produzione e servizi di consumo, ma anche per quelle che operano nei mercati delle commodities e dei beni e servizi impiegati dalle imprese nello svolgimento della propria attività e cioè nei mercati del business to business (B2B).
Tradizionalmente, queste ultime imprese non hanno mai attribuito una particolare rilevanza al branding, ritenendolo una prerogativa delle imprese operanti nel B2C.
Ci voleva un guru del calibro di Philip Kotler, affiancato dall’economista tedesco Waltermar Pfoertsch, per cogliere uno dei paradossi del marketing contemporaneo: la sorprendente carenza di una cultura orientata al branding fra le imprese B2B. Come è possibile? Vi sono alla base delle ragioni fondate? E quali opportunità potrebbe invece cogliere un’impresa con la giusta strategia di marca? Le risposte sono nel volume La gestione del brand nel B2B, Tecniche Nuove, 2008. Gli autori sono due personalità nel settore. Philip Kotler è uno dei massimi esperti di marketing a livello internazionale. Ha insegnato presso le più prestigiose scuole di marketing e Business Administration degli Stati Uniti. È autore del libro di riferimento sul marketing a livello mondiale Marketing Management e di altre opere vendute in milioni di copie e tradotte in decine di lingue. Waldemar Pfoertsch è un’autorità riconosciuta nel campo delle strategie di marketing. Insegna economia internazionale all’Università di Pforzheim, una delle più apprezzate facoltà di economia in Germania. Ricopre inoltre prestigiosi incarichi presso altre università e scuole a livello mondiale.

A poche settimane dall’uscita, La gestione del brand nel B2B è già un classico della letteratura d’impresa. Perché in questo testo gli autori non si limitano a evidenziare il fenomeno, analizzandone dettagliatamente i moventi più o meno fondati; soprattutto, definiscono una strategia di risposta. Quella che può condurre un’impresa che opera nel “business to business” ad aumentare il fatturato, ottimizzare gli investimenti in pubblicità, rendere straordinariamente efficaci le strategie di marketing con un’accorta valorizzazione del proprio brand. Tra le imprese di successo nel B2B giova ricordare la strategia dell’Intel. Prima che essa lanciasse il proprio brand la maggior parte degli acquirenti di personal computer non erano interessati al tipo di microprocessore montato; Intel è stata capace, invece, di sensibilizzare il cliente alle caratteristiche di un componente del computer da acquistare.

Giova notare che la trattazione può interessare la media e grande impresa e meno la piccola. Un piccolo neo che ho riscontrato nel libro è tipico dei professori, si innamorano troppo dell’argomento che stanno trattando; in questo caso l’innamoramento porta alla forzatura di affermare che il branding nel B2B sia il più importante vantaggio competitivo di un’impresa.

In questo articolo illustrerò gli aspetti che ritengo più interessanti del succitato libro, riportando i titoli dei capitoli come dall’originale.

Famosi o poco più che sconosciuti

Il branding è importante per le imprese che operano nel B2B come lo è nel B2C. Imprese come Microsoft, IBM, General Electric, Intel, HP, Cisco Systems, Dell  Oracle, SAP, Siemens, FedEx, Boeing,  sono esempi reali del fatto che alcune delle marche più forti e conosciute al mondo sono marche B2B. Queste imprese hanno compreso che utilizzare la forza della marca non significa indurre i clienti a decisioni di acquisto irrazionali, che sul medio tempo si riperquoterebbero negativamente sull’impresa fornitrice, ma, al contrario, significa poter disporre di un mezzo efficace e convincente per comunicare i benefici e il valore che un prodotto o un servizio può offrire. Applicare una strategia di marca equivale  a prendere qualche cosa di molto comune e migliorarla in modo da incrementarne il valore e il significato. Le marche affermate fungono da elementi di confronto per orientarsi nel mare di un’offerta sempre più ampia e di informazioni sempre più incalzanti.
Una marca è molto più di un prodotto, di un nome, di un logo, di un simbolo, di uno slogan, di un annuncio pubblicitario, di una sigla musicale o di un testimonial; questi sono solo componenti materiali, non la marca vera e propria. La marca si articola nei seguenti aspetti: una marca è una promessa e una serie di percezioni (tutto ciò che si vede, si sente, si legge, si sa, si intuisce, si pensa, ecc.) che si hanno riguardo a un prodotto, un servizio, o un’impresa. Essa occupa un posto ben preciso nella mente dei clienti, rispetto a esperienze, associazioni di idee e aspettative future. E’ un concentrato di attributi, di benefici, di opinioni e di valori che distinguono e semplificano il processo decisionale. Le marche rendono bene. Le imprese con una marca forte possono trarne vantaggi assai rilevanti. Una marca solida e la sua implicita promessa di qualità possono garantire all’impresa il potere di imporre ai clienti un prezzo superiore del prodotto e agli investitori maggiori utili. La marca incrementa i ricavi ma attenua, anche, le fasi cicliche di ribasso.
Giova sottolineare che la strategia della marca dovrebbe sempre partire dal vertice dell’impresa, ma, costruire, difendere, sostenere e proteggere la marca è compito di tutti dal vertice aziendale alla base.

Marca sì, marca no

Esistono differenze sostanziali nelle strategie di branding tra l’ambiente B2B e quello B2C. Il ruolo e il meccanismo della strategia di una marca industriale devono essere molto più mirati di quelli perseguiti e realizzati nei mercati dei prodotti di consumo. La differenza principale tra i mercati B2B e B2C può essere individuata nella natura  e nella complessità dei prodotti e dei servizi industriali, nella natura e nella varietà della domanda industriale, nel numero molto più limitato di clienti, nei maggiori volumi per cliente e, ultimo, nei rapporti più stretti tra fornitore e cliente. Sostengono gli autori che occorre un approccio olistico nella strategia di branding nel B2B. Tutto, dalla progettazione allo sviluppo, alla realizzazione dei programmi, dei processi e delle attività di marketing e vendita, deve essere elaborato in modo interconnesso e interdipendente.
Le situazioni di acquisto delle imprese B2B si possono suddividere in tre tipologie: l’acquisto ripetuto semplice, l’acquisto ripetuto modificato e il nuovo acquisto. Simmetricamente i soggetti del centro di acquisto possono essere distinti secondo il loro ruolo nella decisione di acquisto, in: utilizzatori, compratori, soggetti responsabili della decisione e soggetti che esercitano influenza nella decisione di acquisto. Tutti devono agire tenendo conto delle forze complesse che operano all’interno e all’esterno del centro di acquisto, in particolare devono definire qual è la tipologia di acquisto e sciogliere il dilemma marca sì, marca no.
Il processo di acquisto organizzato può comprendere le seguenti fasi: constatazione del problema, descrizione generale del bisogno, capitolato del prodotto, ricerca e valutazione di potenziali fornitori, richiesta di offerte e analisi delle proposte, valutazione e selezione del fornitore, capitolato d’ordine, esame retrospettivo della prestazione. Giova notare che la presenza di marche aiuta a creare fiducia e sicurezza per tutti coloro che partecipano al processo di acquisto e, spesso, consente di eliminare o semplificare alcune delle citate fasi dell’acquisto organizzato. Anche le merci e le materie prime possono avere una marca, come dimostrano gli esempi di Acme Brick e Tata Steel.

Le dimensioni del branding nel marketing industriale

Sostengono gli autori che non è più possibile sottovalutare il potere della marca nel B2B; infatti, il branding dovrebbe, addirittura, essere il filo conduttore del marketing management.
Alcuni aspetti fondamentali della strategia di marca dovrebbero essere:

  1. il suo totale allineamento alla strategia aziendale,
  2. la costruzione di rapporti di lungo periodo con i clienti legati alla marca,
  3. creare un’impressione di coerenza con tutti gli stakehoder in ogni singolo punto di interazione,
  4. avere sempre presente che ridurre la complessità per i clienti è uno degli aspetti cruciali nella gestione della marca nel B2B, come lo è nel B2C.

Occorre, inoltre, costruire un’architettura strategica della marca che sostenga e migliori il tipo e il carattere della propria impresa distinguendo tra branding aziendale, di prodotto e di gamma. La strategia più comune è quella del branding aziendale che può essere combinata con il branding di alcuni prodotti e addirittura di alcuni componenti.

I principali strumenti di comunicazione nel B2B sono vendita diretta, marketing diretto, pubbliche relazioni, stampa specializzata, sponsorizzazioni, fiere e mostre specializzate, promozione delle vendite, marketing elettronico e iniziative sociali, culturali o umanitarie. È poi necessario, per ogni marca, mettere a punto adeguati sistemi di monitoraggio per misurare la validità della comunicazione e il successo della marca. Nel processo di comunicazione è cruciale comunicare in modo efficace i valori delle proprie marche a chi lavora nella e per l’impresa, accertarsi che i dipendenti comprendano questi valori e guidarli in modo che essi diventino i migliori ambasciatori dell’impresa e dei suoi prodotti.

Accelerare grazie al branding

Il processo di creazione della marca comprende la pianificazione, l’analisi, la strategia, la costruzione, e la verifica. La creazione della marca comincia, peraltro, dalla comprensione degli attributi chiave dei prodotti e dei servizi e dalla conoscenza e anticipazione dei bisogni dei clienti.
Il controllo della stabilità, della leadership e della presenza a livello internazionale dei prodotti o dei servizi è fondamentale prima di avviare l’attività di creazione della marca.
Una delle prime azioni da compiere, quando si costruisce una marca, è articolare la missione della marca in modo che essa rispecchi ciò che si vuole realizzare con quel prodotto o servizio. Occorre poi aggiungere al prodotto o al servizio una serie coerente di valori e dare al prodotto o al servizio una propria identità. Tutti gli elementi visibili della marca, il nome, il logo e lo slogan devono essere sviluppati di conseguenza, al fine di creare un’individualità esclusiva  che rifletta ciò che l’impresa rappresenta, il suo atteggiamento, la sua cultura.
Il potere di una marca coincide con l’atteggiamento mentale del cliente, pertanto il patrimonio della marca  è un ponte strategico tra il passato e il futuro e una serie di valori memorizzati che i clienti associano al prodotto o al servizio. Queste associazioni aggiungono valore, al di là della proposta di base fondata sull’investimento nella commercializzazione della marca e sono schematizzate nel modello di Customer-Based Brand Equity (valore della marca basato sul cliente).
L’analisi della marca aiuta a definirne la missione, la personalità e i valori. Il loro allineamento con le prospettive e con la missione dell’impresa è vincolante per individuare attributi di marca efficaci, mirati e caratteristici, utili per sviluppare un branding di lungo periodo. Coerenza, chiarezza, continuità, visibilità e autenticità delineano le condizioni indispensabili per avere successo nel branding.
La strategia della marca non dovrebbe essere modificata senza una ragione fondata e forte.

Casi di successo nel branding B2B

I casi di marca nel B2B, segnalati dagli autori, dimostrano che la costruzione della marca nelle sue varie forme sostiene il successo dell’impresa in modo evidente e misurabile.

Dopo aver realizzato un’organizzazione perfetta e affidabile di servizio consegna espresso in tutto il mondo, FedEx si è concentrata sullo sviluppo dell’immagine aziendale e della sua reputazione. Il mantenimento di un’immagine di marca di alto livello è stata la maggiore priorità, seconda soltanto all’attuazione di un sistema di marche a supporto del suo vantaggio competitivo.

Samsung ha perseguito con successo la strategia monomarca realizzando una proposta di valore globale con un approccio emotivo al miglioramento dell’immagine per i suoi prodotti B2C, per trasferirla poi nell’area di attività B2B. Samsung ha anche perseguito una strategia di investimento anticipatrice allo scopo di soddisfare la richiesta di innovazione dei consumatori e ha adottato efficaci programmi di comunicazione, messi in atto con efficacia.

Cemex (cemento) ha introdotto la gestione del branding per insediarsi con successo nel mercato messicano, il suo mercato interno, e si sta ora espandendo nel resto del mondo. La marca garanzia  Cemex serve da ombrello che racchiude la prospettiva, il valore, la personalità, la posizione e l’immagine dell’impresa. Grazie al ruolo decisivo svolto per un corretto sviluppo delle sue iniziative B2B, Cemex funge da modello per molte imprese in America Latina e nei paesi a economia emergente.

Durante la reinvenzione di IBM da parte di Louis Gerstner, con un autentico giro di boa compiuto nel corso degli anni ’90, il compito di Sam Palmisano divenne quello di rafforzare la sinergia e la tecnologia dell’intera organizzazione a favore dei clienti. La strategia di Palmisano fece riferimento a una nuova proposta di valore: su richiesta (on demand). L’idea di fondo era che i sistemi informatici avrebbero inglobato clienti e fornitori, informazioni e risorse informatiche, disponibili, su richiesta, al bisogno. Tutte le unità operative IBM furono incaricate di realizzare questa proposta  di valore. Inoltre, il modello aziendale fu trasformato in quello di un’impresa di servizio in cui l’hardware è soltanto il punto di partenza di un rapporto di affari. Rafforzando il marchio con un notevole aumento di valore dell’offerta, IBM ha rafforzato anche la propria capacità di business.

La nuova proposta di valore e la nuova organizzazione aziendale di Siemens, denominata Siemens One, mirata a far leva sull’attività aziendale incrociata, hanno dimostrato che la comunicazione interaziendale funziona al fine del rafforzamento della marca. I nuovi dirigenti, consapevoli e preoccupati della marca, hanno trasformato una delle più vecchie marche industriali, in un vero centro di innovazione per l’intera impresa grazie alle iniziative di vendita incrociata.

Tata Steel ha realizzato i suoi obiettivi d’impresa e ha mietuto successi con l’idea di applicare la marca a una materia prima come l’acciaio, in India. Segmentando, concentrando e modernizzando le sue unità operative Tata è diventata il fornitore per eccellenza della regione. Si profilano già all’orizzonte le prossime sfide: estensione globale dell’attività grazie alla marca globale.

Le trappole del branding

Uno degli equivoci più diffusi nel branding è il fatto che le imprese ritengono di “possedere” la marca. Non importa che cosa l’impresa e i suoi dirigenti vorrebbero fare, la realtà della marca è sempre comunque definita dall’opinione del cliente.

Alcune imprese ritengono che la marca non abbia bisogno di “angeli custodi”.  Se l’impresa lascia che il patrimonio rappresentato dalla propria marca si deteriori, il rendimento complessivo dell’impresa può essere danneggiato. È consigliabile gestire la marca in modo proattivo, differenziandola o semplicemente rinnovandola.

Un’impresa può non avere chiare le proprie priorità se sopravvaluta l’importanza  della notorietà della marca invece di concentrasi sul suo valore. Gestire in modo efficace le relazioni e i messaggi e rivolgersi ai clienti e agli stakeholder giusti, può garantire un utilizzo efficiente delle risorse e del tempo dedicato alla gestione.

Molte imprese basano, erroneamente, le proprie strategie di branding sull’immagine interna della marca. Questo atteggiamento è illusorio e può far perdere l’obiettività di analisi. Le informazioni acquisite dai clienti, invece, possono permettere di stabilire l’immagine effettiva della marca e anche di scoprire che cosa occorra fare per renderla più importante.

Agenzie e consulenti di marketing possono contribuire a sviluppare un approccio di marca olistico, ma è l’impresa che deve stabilire la propria identità di marca.

Prospettive future

In un ambiente e in un mondo dell’impresa caratterizzati da nuove tecnologie, globalizzazione e liberalizzazione del mercato in continuo mutamento, le imprese proattive possono cogliere opportunità interessanti. Le imprese vincenti saranno capaci di rompere con le prassi di un tempo e di avviarne di nuove per sfruttare le nuove tendenze, come:

  1. Il branding nel B2B e la gestione della marca diventeranno sempre più importanti e il futuro delle marche è il futuro dell’impresa, probabilmente il solo principale vantaggio competitivo sostenibile. Le imprese che seguono questa direzione sono sulla strada giusta.
  2. Branding e responsabilità sociale cercano di creare un mondo equo e sostenibile favorendo le imprese che promuovono prassi operative, innovazione e collaborazione più responsabili.
  3. Il branding in Cina è in una fase in cui ci si sorpassa a vicenda per entrare nel mercato mondiale. Per decenni la Cina ha sfruttatola sua posizione dominante di produttore mondiale grazie alla sua manodopera a basso costo. Oggi le imprese cinesi perseguono branding aggressivi che comportano la crescita interna o l’acquisizione di icone di marca straniere e quindi la loro gestione. Entrambi gli approcci possono portare al successo su scala mondiale.
  4. Design e branding sono strumenti sempre più cruciali per distinguersi. La pertinenza, la semplicità e l’umanità (non la tecnologia) saranno, in futuro, gli elementi distintivi delle marche.

 

Eugenio Caruso
18 agosto 2008

Per un approfondimento sul marketing si invia al successo editoriale
E. Caruso, Il circolo virtuoso impresa mercato, Tecniche Nuove

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