Come affrontare i problemi psicologici che sorgono nella gestione del personale di un'impresaIl mondo sa ben poco quanto la mia cosiddetta grandezza dipenda dall'incessante e ingrata fatica di silenziosi, devoti, abili e puri collaboratori. Gandhi Il comportamento di un collaboratore, come di qualsiasi persona, trova la sua origine in accadimenti legati all'infanzia, accadimenti che orientano la personalità del soggetto e la caratterizzano in maniera profonda. Pertanto, non è raro che nella gestione del personale si debbano affrontare problemi di ordine psicologico. Non è, ovviamente, questa la sede per approfondire questi concetti, ci si limiterà a prendere in considerazione quegli aspetti che possono influenzare il processo di gestione del personale di un'impresa. È evidente che le caratteristiche di un individuo coprono un arco enorme di variazioni comportamentali e riesce difficile elencarle tutte. Nel seguito ne prendiamo in considerazione alcune, che si ritiene possano essere quelle che, con maggior frequenza, possiamo trovare nell'impresa. L'abitudine ad osservare attentamente gli "altri" e l'esperienza possono portare un imprenditore, un manager o un responsabile ad acquisire la capacità di leggere i messaggi psicologici dei propri collaboratori e a diventare un grande gestore delle risorse umane. Il collaboratore logorroicoIl collaboratore che sommerge sotto una valanga di parole il proprio capo evidenziando, spesso, una tendenza all'esibizione, rivela un intimo bisogno di piacere. Questa situazione tradisce, in realtà, l'angoscia di non piacere, di non sentirsi accettato. Il collaboratore molto attento ai formalismiIl collaboratore di questo tipo dà un'impressione di indifferenza per l'interlocutore e di freddezza; ama l'ordine e la precisione, comportamenti che esige anche da parte dei capi e dei colleghi, che sottostima, non credendoli in grado di competere con la sua precisione. Sue altre caratteristiche sono la rigidità dei movimenti, la tendenza al dubbio, il perfezionismo. Lo stato dell'Io con il quale ha familiarità è quello del Genitore Normativo. A causa della sua rigidità e difficoltà a vivere le emozioni, egli gestisce il rapporto con la gente in modo conflittuale; si rivela, pertanto, necessario stabilire con lui un rapporto di "mezza distanza", dove cortesia e cordialità siano presenti, ma senza troppa intimità. Il collaboratore aggressivoKonrad Lorenz sostiene che l'aggressività, è un istinto naturale dell'uomo, che si può mascherare o dirigere, ma non sradicare e dominare del tutto. I comportamenti aggressivi nell'uomo si manifestano, prevalentemente, in risposta alla presenza di ostacoli che lo separano da una mèta e che, per essere superati, richiedono un impegno più o meno lesivo nei confronti degli stessi ostacoli. Il collaboratore timidoLa timidezza è la tendenza a sentirsi a disagio di fronte a persone estranee, a causa di una scarsa autostima. (1) È importante accertarsi che l'aggressività del collaboratore non sia, in realtà, una manifestazione un po' esuberante dei suoi sentimenti Per adottare la più efficace tattica di interlocuzione con un collaboratore timido dobbiamo metterci nello stato di Genitore Affettivo, assumere un atteggiamento protettivo nei suoi confronti e inviare al suo Bambino Adattato un messaggio del tipo «Stai tranquillo, non preoccuparti, mi prenderò cura di te e della tua incertezza». Questo intervento contribuirà a far sì che il collaboratore si senta rassicurato. Dobbiamo evitare, assolutamente, di andare nello stato di Genitore Normativo; ciò darebbe conferma al collaboratore della nostra "pericolosità" e porterebbe alla chiusura del rapporto. Einaudi «L'editore non era più timido, o meglio la sua timidezza si ridestava solo a tratti quando doveva avere colloqui con estranei, e non sembrava più timidezza, ma un freddo e silenzioso mistero. Per cui la sua timidezza intimidiva gli estranei, i quali si sentivano avvolti d'uno sguardo azzurro, luminoso e glaciale, che li indagava e li soppesava di là dal grande tavolo di vetro, a una glaciale e luminosa distanza. Quella timidezza era così diventata un grande strumento di lavoro. Quella timidezza era diventata una forza, contro la quale gli estranei venivano a sbattere come farfalle sbattono abbagliate su un lume, e se erano venuti là sicuri di sé con bagagli di proposte e di progetti, si ritrovavano poi al termine del colloquio stranamente spossati e sconcertati, col dubbio sgradevole d'essere forse un po' stupidi e ingenui, e d'aver mulinato progetti senza nessun fondamento, alla presenza d'una fredda indagine che li aveva scrutati e sceverati in silenzio». Olivetti «Ed era ancora timido; e della sua timidezza non sapeva giovarsi come d'una forza, al modo dell'editore, perciò usava ricacciarla indietro, in presenza di persone che incontrava per la prima volta: fossero autorità politiche, o poveri ragazzi venuti a chiedergli un posto in fabbrica; buttava indietro le spalle, raddrizzava la testa e accendeva i suoi occhi d'uno sguardo immobile, freddo e puro». Il collaboratore indecisoI motivi dell'indecisione di un collaboratore possono essere diversi, ma possiamo ritenere che i più importanti siano due.
Nel primo caso sarà sufficiente che, con transazioni Adulto - Adulto, il responsabile cerchi di verificare la reale consistenza di questa insicurezza, stando attento ad interpretare eventuali messaggi psicologici, che lo indirizzino verso altre ragioni dell'indecisione. Il collaboratore diffidenteQuesto tipo di collaboratore è, sottilmente, convinto che gli "altri" vogliano raggirarlo, truffarlo o sfruttarlo ed è portato a vedere in ogni iniziativa dell'impresa un tranello. Il collaboratore, per lo più, non agisce sotto lo stimolo di prove concrete, ma agisce in base a considerazioni pregiudiziali. Il collaboratore egocentricoLa persona egocentrica, inconsapevolmente, ama fare sfoggio di sé e prova una profonda soddisfazione quando gli altri riconoscono in lui doti e qualità. Il collaboratore egocentrico è riconoscibile per gli atteggiamenti esibizionistici ed è, tipicamente, portato all'egoismo. L'interlocutore è visto più come un mezzo per soddisfare i suoi bisogni, che come una persona. Un'altra caratteristica di questo tipo di collaboratore è una certa rigidità di pensiero e di comportamento. In lui sono riconoscibili i comportamenti tipici del Genitore Normativo e del Bambino Adattato, attivati dall'ansia di non riuscire ad essere il migliore. Il collaboratore rimandatarioSono schiavi del «Domani è un altro giorno», sono i rimandatari, persone che rinviano sempre a dopo; in genere rimandano perché pensano di avere tanto tempo davanti. Questo è un atteggiamento trappola che può avere gravi conseguenze sull'efficienza del lavoro in impresa, ma anche sulla salute del dipendente: non decidere fa sprecare energie, l'adrenalina scende in campo e lo scompenso brucia gli zuccheri, il risultato è quello della stanchezza, dell'insoddisfazione e dell'insofferenza. Ci si accorge di questa forma di patologia quando un nostro collaboratore consegna un lavoro solo se sollecitato più volte, quando proponendogli un nuovo lavoro ci dà la sensazione che stiamo facendogli uno sgarbo, quando cerca ogni pretesto per sfuggire alle responsabilità. La persona si autogiustifica convincendosi che gli dànno tutti i lavori poco piacevoli e non abbastanza gratificanti dopo tanti anni di dedizione all'azienda. In realtà, a monte c'è una patologica paura di sbagliare e di non farcela. Con collaboratori di questo tipo dovremo impiegare al massimo grado l'intelligenza emotiva, dare molte carezze e far capire al Bambino Adattato, con il nostro Genitore Affettivo, che ha il "permesso" di sbagliare. Il collaboratore meticoloso e competenteIl collaboratore meticoloso rivela, spesso, un attaccamento all'ordine e al perfezionismo e una marcata attenzione a particolari marginali, fino alla pignoleria. In generale ha trovato il tempo per documentarsi sull'oggetto di un colloquio o di un meeting e ne fa sfoggio. Dopo questa carrellata di tipologie diverse di collaboratore qualcuno potrebbe pensare che la gestione del personale sia un impegno gravoso. Infatti lo è, e, a chi compete la responsabilità della gestione, non dovrebbe mancare la sensibilità di capire che gli individui sono diversi e che queste diversità vanno, prima, individuate e, poi, tenute in considerazione per comprendere i comportamenti e le reazioni. Per un approfondimento dell'argomento si rimanda al successo editoriale: Gestire e motivare le persone. |
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