Dei desideri alcuni sono naturali e necessari, altri naturali ma non necessari, altri né naturali né necessari, ma frutto di vane opinioni .
Epicuro, Lettera a Meneceo
Nel 2014 sono stati venduti 350 milioni di pc e 320 milioni di tablet e, nei prossimi cinque anni, i dispositivi collegati a internet saranno 200 miliardi. I nuovi device imparano le nostre esigenze e le nostre preferenze, elaborando feedback sempre più personalizzati. L’intelligenza artificiale compie grandi progressi. Ma non è solo la macchina a imparare dall’uomo, anche l’uomo finisce per esserne plasmato: in media ogni persona guarda 150 volte al giorno il display del proprio smartphone - un oggetto che fino a 15 anni fa neppure esisteva - e il tempo di concentrazione è diminuito da 12 a 8 secondi negli ultimi 10 anni.
Ma questo è solo l’inizio: oggetti che oggi non hanno una vita, l’avranno in futuro. Presto non ci sarà necessità di afferrare un device per svolgere un lavoro, perché esisterà a breve un’interazione con un’intelligenza d’ambiente che sarà sempre più proattiva. E con le tecnologie indossabili, come bracciali e scarpe con sensori, il tutto sarà percepito in maniera ancora più naturale, al punto che, per compiere un’azione, basterà l’espressione del viso.
Questi scenari, affascinanti e in un certo senso inquietanti inducono a chiedersi come muterà il rapporto fra esseri umani e macchine sempre più sofisticate, governate da algoritmi plastici. L’uomo dovrà riuscire a stare al passo con sistemi che possono contenere in sé tutta la conoscenza del mondo e soprattutto non perdere creatività laddove la mente umana viene inondata di big data e internet of things.
Le macchine potranno far tutto tranne che pensare, diceva Ada Lovelace, figlia di Lord Byron, considerata la prima programmatrice della storia (una dei protagonisti di The Innovators, ultimo libro di Walter Isaacson, Presidente The Aspen Institute). E, inoltre, i computer non sono curiosi. La curiosità ha spinto Leonardo Da Vinci a indagare sulla luce, sul perché il cielo sia azzurro, ma l’aria sia trasparente e la stessa ragione ha spinto Einstein, cinque secoli dopo, a rispondere a questa domanda con gli strumenti del proprio tempo.
Pensare fuori dagli schemi, usare l’immaginazione, nemmeno a questo le macchine potranno arrivare. L’intuizione fa trovare soluzioni e consente quel salto del pensiero che cento anni fa ha portato Einstein all’elaborazione della Teoria della Relatività. Alcuni tratti del funzionamento del cervello umano possono essere replicati dalle macchine, ma la combinazione di ingenuità e tecnologia, tipica dell’uomo, crescerà sempre di più rispetto all’intelligenza artificiale. Ma quale approccio ha accomunato le migliori menti della storia dell’uomo, da Leonardo Da Vinci a Steve Jobs? Stare al bivio fra scienza e arte. Jobs era un umanista, non uno scienziato, da giovane amava la poesia e la danza, poi capì che chi stava all’incrocio fra arti e scienze, come Leonardo (l’Uomo Vitruviano rappresenta il simbolo di questa sintesi) avrebbe creato valore nell’era digitale. Neanche la passione, che guida l’uomo a compiere grandi imprese, è replicabile dalle macchine, così come la bellezza, che Jobs cercava di creare in qualsiasi angolo della sua casa e dei suoi computer.
Come il recinto del suo giardino doveva essere ben dipinto sia davanti che dietro, la scheda madre dei primi Mac doveva essere ordinata e bella da vedere, sebbene stesse all’interno. I tecnici dovevano essere orgogliosi di ciò che avevano creato e Jobs faceva incidere loro il proprio nome nella parte interna del computer, come degli artisti. Chissà come reagirebbe Leonardo alle innovazioni dell’era digitale, ai dati contenuti in un chip, agli oggetti che parleranno fra loro e parlano con gli umani come Siri e Cortana, i software di assistenza e di riconoscimento vocale, sviluppati rispettivamente da Apple e Microsoft. Probabilmente ne sarebbe affascinato e divertito e le sue macchine magari avrebbero avuto più successo degli smartphone. Il ruolo della tecnologia oggi è quello di contestualizzare le informazioni, permettendo agli esseri umani di vivere meglio. Assistenti personali come Siri immagazzinano i dati e li mettono a nostra disposizione, fornendo un servizio personalizzato e contestualizzato: per esempio Cortana sa dove l’utente abita e lo avverte del tempo che impiegherà per arrivare al prossimo appuntamento, tenendo conto del traffico. La tecnologia renderà il mondo un posto migliore in cui vivere.
da www.aspeninstitute.it -17-07-2015
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