Quanto è grande la folla di coloro che ammirano, altrettanto grande è quella di coloro che invidiano
Seneca, De vita beata
Come si è capito dalla visita a EXPO della Merkel e dall’incontro con Renzi, l’Italia di oggi non è un problema prioritario per la Germania, che tifa per le riforme di Renzi. Il voto del Bundestag, il rallentamento della Cina, i migranti, la testa del premier germanico è su quello. Ma, al contrario, il dibattito pubblico italiano vede la Germania come il problema numero uno. Berlino viene considerata come il freno deliberato all’economia nostrana ed europea, attuando un disegno che ci avrebbe reso schiavi delle sue convenienze. Nelle difficoltà, ci si rifugia nei paradossi. I paradossi hanno qualche elemento di verità. Ma li forzano all’estremo, fino a renderli inconseguenti. Forse è il caso di riflettere su quattro punti.
Più Europa o sovranismo? La Germania della Merkel viene considerata ostacolo insormontabile a un’Europa politica solidale. Al parlamento greco, Varoufakis ha attaccato frontalmente le 47 “azioni prioritarie” contenute nelle 30 pagine del memorandum firmato dalla Grecia per ottenere i primi 26 miliardi di aiuti, sostenendo che è “un’abdicazione totale alla sovranità greca”. E’ la stessa accusa che da noi alimentano sinistre e destre anti euro. Delle due l’una, però. Non è affatto detto che l’idea di Europa con vigilanza comune su banche e bilanci d’impronta tedesca sia quella giusta, ma Berlino – e nelle ultime settimane, proprio Schaueble – ne avanzano con forza nuove proposte e sviluppi. Criticabilissimi, perché vogliono smontare la Commissione Europea e chiedono che i bilanci siano sorvegliati da un’autorità tecnica, distinta dal Consiglio Europeo che prende le decisioni politiche, perché in realtà stufi di vedere Francia e Italia che ogni anno chiedono eccezioni e rinviano gli impegni. Questa idea di Europa tedesca è interstatale, cioè difende l’idea che i passi in avanti debbano avvenire, ma senza che un solo euro venga trasferito a meno che i parlamenti nazionali dei paesi più forti votino ogni volta. In questo, fanno a mio modesto avviso meglio di noi che su questioni europee il parlamento non lo facciamo votare mai, e tanto meno convochiamo referendum. Se tale idea non ci piace, dobbiamo contrapporre un’altra idea di Europa, con proposte concrete di strumenti comuni sovrannazionali. Non l’abbiamo fatto. Anche perché se logica europea interstatale tedesca ha il difetto di frenare su strumenti comuni federali, in realtà è la Francia da sempre a difendere l’idea nazionalitaria. Se però l’obiezione alla Germania è quella di voler difendere le sovranità nazionali, allora è più coerente chi dice di esser pronto a uscire dall’euro, cosa che viene meglio alle destre antieuro sovraniste (anche a casa nostra) che ai critici dell’euro da sinistra. Ma in ogni caso allora siamo noi, a non credere in una qualunque sfera sovranazionale che dia solidità all’euro, non la Germania che ha comunque un’idea sua, per criticabile che sia.
Concessioni, la strategia dei pitocchi. Anche in questo pre–autunno 2015, l’Italia chiede alla Germania e alla Ue sforamenti degli impegni già assunti. Poiché sommando i diversi annunci del governo sulla scena nazionale – tra clausole fiscali da far saltare, decontribuzione dei contratti, abolizione dell’IMU, nuovi contratti al pubblico impiego, recupero delle pensioni prima stoppate, misure per le imprese, per la scuola, prepensionamenti e interventi a favore della povertà – la manovra in legge di stabilità supera i 30 miliardi di euro, ma la spending review se va bene è di 10 miliardi. Ecco che ancora una volta chiediamo che non valga l’impegno a contenere il deficit 2016 all’1,8% del PIl, che già l’anno scorso Bruxelles ci ha consentito di accrescere rispetto al deficit all’1,4% che avrebbe dovuto essere obiettivo per il 2016. C’è chi dice che Renzi punti nel 2016 al 2,2% di deficit, chi al 2,5%, chi addirittura al 2,9%. Ma è sempre la stessa storia. Noi i tagli alle spese pubbliche per recuperare copertura a tagli di imposte li rinviamo sempre. La spesa pubblica è salita dal 2012 al 2014 da 821 a 838 miliardi. Nei primi 6 mesi del 2015, è cresciuta di 18 miliardi rispetto al 2014. E’ colpa dei tedeschi, o nostra?
La frenata generale. I dati del secondo trimestre del PIl europeo hanno deluso tutti. Il nostro +0,2% ha però fatto compiacere molti, comparato al +0,4% tedesco invece del +0,5% atteso, e allo 0% francese. L’Europa cresce poco rispetto a USA e Uk, malgrado l’euro in calo, il petrolio sotto i 50 dollari, e il quantitative easing della BCE. La colpa è dei tedeschi, dicono in molti. Ne siete sicuri? O siamo vittime di un’ubriacatura generale nell’interpretazione dei dati? Il punto non è che la Germania crescerà – nelle stime – dell’1,5% nel 2015 rispetto al nostro, forse, stentato +0,7%. Il punto è che gli andamenti annuali vanno parametrati rispetto a quello che ciascuno ha perso o guadagnato negli anni alle nostre spalle. Anche se la Germania perderà di più di noi dalla frenata cinese, l’Italia è l’unico paese che si è impoverito da quando è entrato nella moneta unica: dal 1999 a oggi il PIL pro capite italiano è sceso di 3 punti percentuali. Nello stesso periodo il PIL pro capite medio dell’area euro è cresciuto di oltre 10 punti, quello della Spagna di 9, quello della Grecia comunque di 3 punti, nonostante la terribile voragine registrata dalla crisi. Negli stessi anni, il PIL pro capite tedesco è salito del 21%, quello americano e britannico del 17%, quello giapponese del 15%. L’export italiano ha fatto miracoli, passando a prezzi correnti dai 440 miliardi di euro del 2008 ai 475 del 2014. Mentre quello tedesco è passato da 1113 a 1325 miliardi. Ma il debito pubblico italiano è passato dal 102% del 2008 al 132%. Su questo, potete pensare che la colpa è dei tedeschi solo se non guardate che nel frattempo abbiamo sempre alzato la spesa corrente pubblica con una spremuta di tasse per non tagliarla, e realizzare comunque possenti e positivi avanzi primari. Siamo il paese record per avanzi primari pubblici nell’euroarea, per ben 591 miliardi in 15 anni a fine 2014 rispetto ai 428 della Germania (la Francia negli stessi anni ha accumulato deficit primari per 338 miliardi). Ma i tedeschi nel frattempo hanno tagliato spesa e tasse, entrambe per più del 5% di Pil, noi le abbiamo fatte crescere. E’ colpa nostra, o tedesca?
La produttività. Ancora una cosa. Tutti guardano alla finanza pubblica, chiedono più deficit e teorizzano che il debito non è un problema, tanto alla peggio basta cancellarlo. Ma in realtà nel nostro paese dovremmo tenere prioritariamente lo sguardo fisso soprattutto a un altro dato, visto che il basso debito estero complessivo e l’elevata patrimonializzazione delle famiglie rende il debito pubblico comunque solvibile. Dovremmo maniacalmente tenere lo sguardo fisso sulla competitività. Da quando siamo entrati nell‘euro a inizio anni Duemila, il nostro CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto) nel manifatturiero è aumentato del 37% rispetto a quello tedesco, e se contiamo gli interventi sin qui realizzati dal governo Renzi il gap scende nel 2015 da 37 punti a 35. I tedeschi dal 2002 al 2005 hanno cambiato welfare, puntato ancor più sulla contrattazione aziendale, realizzato in moltissimo grandi gruppi un grande patto tra stop all’aumento dei salari reali e anzi loro diminuzione per la difesa dell’occupazione e più produttività. Da noi i sindacati sono ancora contrari a lavorare a ferragosto all’Electrolux di Susegana per smaltire gli ordini, e sono stati smentiti dai lavoratori che invece hanno lavorato. Sono i tedeschi, a dover cambiar testa, oppure noi? Non dovremmo esser noi per primi a cambiare molto in casa nostra, proprio per aver titoli migliori per eventualmente controproporre una diversa strategia per l’Europa, rispetto a quella interstatale che la Germania persegue?
Oscar Giannino da www.leoniblog.it - 19- 08-2015