Per Standard and Poor's la ripresa italiana è debole.


Marcet sine adversario virtus.
Seneca, De providentia


Una ripartenza debole, timida. Sempre meglio che star fermi o addirittura ingranare la retromarcia, ma restano dei dubbi sulla consistenza della ripresa economica italiana. E' il senso del report di Standard and Poor's che certifica l'uscita dalla recessione dell'Italia ma nota le debolezze di questa fase di ripresa. A cominciare dai consumi, che altrove (leggi Spagna) sono il vero motore della ripartenza, ma non in Italia, nonostante gli sforzi maggiori del governo - almeno in quanto a comunicazione - siano andati proprio in quel senso.
"Dopo tre anni e mezzo di recessione, finalmente l'economia italiana si sta muovendo fuori dalla recessione", dice l'agenzia annotando lo 0,4% del primo trimestre, confermato dallo +0,3% del secondo e quindi dalla crescita della fiducia dei consumatori nei mesi estivi a livelli che mancavano dal 2008. Ma proprio sul fronte dei consumi e sul ritmo della ripresa si sollevano dei dubbi. Nella prima metà dell'anno l'Eurozona è infatti cresciuta dell'1,2%, contro lo 0,7% dell'Italia. Il netto calo dei prezzi energetici ha fatto ripartire il potere d'acquisto e i consumi delle famiglie, che hanno trainato la ripresa. "Ma nonostante i consumatori italiani abbiano ricevuto gli stessi benefici sulla bolletta energetica, la crescita delle spese è rimasta inferiore alle altre maggiori economie, Spagna in particolare", annotano gli esperti del rating.
Nel dettagliare questa situazione, SandP nota come il ritardo sulla crescita dei salari sia uno degli aspetti centrali: sono piatti e soltanto l'inflazione bassissima fa parlare di una crescita del salario reale, ma la produttività ai livelli di un decennio fa (mentre in Spagna è risalita) non permette di staccare assegni più generosi. "Anche se è ancora presto per trarre conclusioni, sembra che il Jobs Act introdotto a marzo sarà lento" a mostrare i suoi effetti, scrivono gli esperti. Il succo è che una crescita al rallentatore dei salari reali e - altro aspetto - una disoccupazione ancora a livelli elevati fanno da prodromi a una tiepida crescita del potere d'acquisto: +1% nel 2015 e +1,3% nel 2016, stima SandP. Per quanto riguarda i consumi, i pronostici sono per un +0,5% quest'anno e vicini al +1% nel prossimo biennio.
Un altro trend differente riguarda il commercio estero: non è riuscito a dare slancio alla ripresa, nonostante l'export sia cresciuto, ma anche in questo caso meno di Germania, Francia o Spagna. I segnali sono di rafforzamento, nella seconda metà dell'anno, ma una preoccupazione è data dai mercati emergenti, che contano per il 20% dell'export italiano contro il 16% francese e il 15% spagnolo. "Stimiamo che la domanda estera di prodotti italiani salirà del 2,6% quest'anno, meno del 2014 (4%) vista la continua decelerazione della Cina, e del 3,7% nel 2016", si legge nel report. A deporre a favore dell'Italia ci sono altre dinamiche, che sono state più promettenti che altrove: gli investimenti privati e le scorte, in particolare nel settore delle costruzioni, hanno dato segnali di ripresa dopo sette anni di depressione. In questo senso, una ripresa ancora maggiore dell'apporto di capitali all'economia è centrale per la ripresa e SandP dedica un passaggio del report all'auspicio che si sblocchi la questione della bad bank: i crediti deteriorati (npl) sono, in rapporto ai crediti totali, a un livello quattro volte maggiore rispetto al resto dell'Europa e ciò impedisce alle banche di ampliare i canali del credito: "E' cruciale, oltre l'80% delle sofferenze bancarie sono nel settore corporate".

da www.repubblica.it - 23 novembre 2015

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