RAPPORTO SVIMEZ 2015


Credi alla sua fedeltà, te lo renderai fedele
Seneca, Lettere morali a Lucilio


Nel 2015 il Pil italiano «dovrebbe crescere dello 0,8%, risultato del +1% del Centro-Nord e del timidissimo +0,1% del Sud. Se confermata, si tratta della prima variazione positiva di prodotto del Sud da sette anni a questa parte». Queste le stime di Svimez, che spiegano come la crescita sia trainata dall’andamento positivo dei consumi: l’aumento quest’anno è valutato in +0,9% al Centro-Nord e +0,1% al Sud. Secondo il Rapporto 2015 sull’economia del Mezzogiorno, la crescita si rafforza anche nel 2016 quando «il Pil italiano dovrebbe aumentare del +1,3% a sintesi di un +1,5% del Centro-Nord e di un +0,7% del Sud». A concorrere positivamente, anche in questo caso, sarà la rotta dei consumi finali, stimata «in +1,3% al Centro-Nord e +0,8% al Sud. Su anche gli investimenti fissi lordi, +2% il dato nazionale, quale risultato del +2,5% del Centro-Nord e dello 0,5% del Sud». Se confermato, sottolinea Svimez, «anche in questo caso si interromperebbe la spirale negativa dell’andamento degli investimenti fissi lordi al Sud iniziata nel 2007. Sul fronte occupazionale, si prevede un aumento nazionale del +0,8%: +0,9% al Centro-Nord e +0,6% al Sud».
Proseguono le diseguaglianze di reddito tra Nord e Sud dell'Italia e il Mezzogiorno «è sempre più povero. Nel Centro - Nord oltre il 50% delle persone guadagna dall'80 al 100% del reddito medio regionale; al Sud questo vale solo per una persona su cinque. Al contrario, il 61,7% delle persone guadagna al massimo il 40% del reddito medio, con punte del 66% in Campania, del 70% in Molise, e addirittura del 72% in Sicilia». Il Sud dunque è sempre più povero: «Per effetto della crisi del 2008 la povertà assoluta in Italia negli ultimi anni è più che raddoppiata, sia nel Mezzogiorno che nel Centro-Nord; se dal 2005 al 2008 i poveri assoluti in Italia non raggiungevano i due milioni di persone, nel biennio 2013-2014 si sono superati i 4 milioni. In particolare - si legge nel rapporto - la povertà assoluta sul totale della popolazione è passata dal 2008 al 2013 dal 2,7% al 5,6% nel Centro-Nord, e dal 5,2% al 10,6% al Sud.
La crisi iniziata nel 2008 «lascia in eredità al Sud un vero e proprio tracollo occupazionale» con 576mila posti persi nel solo Mezzogiorno rispetto agli 811mila complessivi spariti in Italia tra il 2008 e il 2015, ma, stima Svimez, il 2015 registra i «primi segnali positivi» con più posti di lavoro al Sud rispetto al Nord. In particolare, rispetto al secondo trimestre del 2014, gli occupati crescono al Sud di 120mila unita, il 2,1% in più, e di 60mila unità nel Centro-Nord, pari a +0,4%. «La ripresa riguarda tutte le regioni tranne la Calabria e interessa essenzialmente i settori agricolo e terziario» anche se la disoccupazione nel Mezzogiorno resta al 20,2% contro il 12,1% nazionale. Nel 2014 gli occupati in Italia sono cresciuti rispetto al 2013 dello 0,4%, rileva l’associazione, pari a 88.400 nuovi posti di lavoro. La crescita si concentra però esclusivamente nelle regioni del Centro-Nord (+133mila) mentre continua il crollo del Mezzogiorno (-45mila). Il numero degli occupati del Sud è sceso così a 5,8 milioni, sotto la soglia simbolica dei 6 milioni; il livello più basso almeno dal 1977, anno da cui sono disponibili le serie storiche delle basi di dati.
Nel 2014 i giovani Neet, persone che non studiano né lavorano, hanno raggiunto a livello nazionale la quota di 3 milioni 512mila, con un aumento rispetto al 2008 di circa 712 mila unità. Di questi, quasi 2 milioni sono donne (55,6%) e quasi 2 milioni sono al Sud. Lo stima Svimez nel Rapporto annuale sulla base dei dati Istat, sottolineando che negli anni di crisi l’occupazione femminile cala solo al Sud: nel Centro-Nord c’è stata una sensibile crescita con 135mila unità mentre «un calo davvero eccezionale al Sud» con 71mila unità perse. L’aumento dell’occupazione femminile al Centro-Nord è dovuto interamente alle straniere (+358 mila unità, pari al +51,3%). Sul fronte lavoro, lo Svimez sollecita il Governo a prorogare nel Mezzogiorno anche per il 2016 «con la stessa intensità, fino a 8mila euro l’anno, e con la stessa durata, 36 mesi, l’esonero dal pagamento dei contributi Inps a carico del datore di lavoro istituita con la legge di stabilità per il 2015 per le nuove assunzioni a tutele crescenti».
Gli investimenti fissi lordi restano divergenti anche nel 2015. Al +1,5% al Centro-Nord si accompagna il calo al Sud (-1%), anche per effetto della contrazione degli investimenti pubblici (-3%). L’anno scorso gli investimenti fissi lordi avevano segnato al Sud -4% e al Centro-Nord -3,1% ; dal 2008 al 2014 sono crollati del 38% al Sud e del 27% nel Centro-Nord. A livello settoriale - si evince dal Rapporto Svimez 2015 c’è stato «un crollo epocale al Sud degli investimenti dell’industria in senso stretto, ridottisi dal 2008 al 2014 addirittura del 59,3%, oltre tre volte in più rispetto al già pesante calo del Centro-Nord (-17,1%)». Giù anche gli investimenti nelle costruzioni, «con un calo cumulato del -47,4% al Sud e del -55,4% al Centro-Nord e in agricoltura, (-38% al Sud, quasi quattro volte più del Centro-Nord, -10,8%)». Quasi allineata nella crisi la dinamica dei servizi: -33% al Sud, -31% al Centro-Nord. Nell’industria meridionale il crollo degli investimenti «erode la base produttiva e accresce i divari di competitività»: secondo lo studio, infatti, «nel 2014 a livello nazionale il valore aggiunto del manifatturiero è diminuito dello 0,4% rispetto al 2013, quale media tra il -0,1% del Centro-Nord e il -2,7% del Sud. Un valore ben diverso dalla media della Ue a 28 (+1,6%), con la Germania a +2,1% e la Gran Bretagna a +2,8%». Complessivamente negli anni 2008-2014 il valore aggiunto del settore manifatturiero «è crollato in Italia del 16,7% contro una flessione dell’area Euro del -3,9%. Dal 2008 al 2014 il settore manifatturiero al Sud ha perso il 34,8% del proprio prodotto, e ha più che dimezzato gli investimenti (-59,3%). La crisi non è stata altrettanto profonda nel Centro-Nord, dove la diminuzione è stata meno della metà, -13,7% del prodotto manifatturiero e circa un terzo negli investimenti (-17%), conclude il Rapporto.

Eugenio Caruso - 27 ottobre 2015

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