Benvenuti a questo Seminario,
un appuntamento che vorrei diventasse, in qualche modo, regolare. Perché mi sembra estremamente importante che periodicamente ci si scambino le idee, si rafforzi la squadra e ci si confronti gli uni con gli altri. E’ un Seminario che si confronta con scenari di cambiamento enormi, geopolitici e antropologici. Ma negli ultimi giorni abbiamo dovuto notare anche qual è la portata e l’enormità dei cambiamenti climatico-ambientali. Insomma, abbiamo tutta una serie di eventi esogeni che modificano lo sviluppo e lo scenario italiano e di cui dobbiamo tenere conto.
La prima osservazione che voglio fare in questa nostra analisi è che siamo stati messi spesso di fronte a contrapposizioni reali, esistenti, resistenti, ma di cui dobbiamo esaminare se hanno significato. La contrapposizione più importante di questi mesi è stata quella fra sviluppo industriale e infrastrutturale da un lato, e ambientale dall’altro, fra una modernizzazione e il mantenimento di tradizioni. E si è voluto quasi sempre presentare la nostra coalizione come frammentata negli interessi contrapposti.
Vorrei dirvi subito, all’inizio di questa mia esposizione, che non mi appassiona affatto il dibattito nominalistico che ha preceduto questo Seminario: cioè la contrapposizione tra riformismo e massimalismo che una buona parte dei media ha preso come strumento di interpretazione di questo incontro. Sappiamo che tra di noi esistono modi di pensare e approcci culturali differenti, ma siamo accomunati da un’identica visione sulla direzione verso cui deve procedere la nostra società. E abbiamo già dimostrato (omissis). Noi, contrapponendo questi discorsi fra riformismo e radicalismo, non andiamo assolutamente lontano, perché credo che chi vuole un’apertura ai mercati e una seria posizione di parità di fronte alla concorrenza non è certo quello che ritiene giustificata l’iniqua distribuzione dei redditi nel nostro Paese o che vi siano un milione e mezzo di pensionati che tuttora, ripeto tuttora, ricevono meno di 400 euro al mese.
Credo questa sia una coalizione che si riconosce in modo identico nei valori che stanno alla base della riforma della nostra società, arricchita da un dialogo continuo con i nostri elettori. Nella vera e reale attività di Governo non c’è stata questa distinzione fra riformismo e massimalismo e io vorrei fare un’osservazione a questo proposito, osservando l’attività della coalizione nei primi otto mesi nel Governo, nel Parlamento e di fronte al Paese. Abbiamo visto il manifestarsi, nell’ambito della nostra azione, di due tendenze che tra loro sono diverse nel modo di agire, cioè una tendenza che potremmo chiamare centripeta e una centrifuga. Da una parte dunque le scelte di coalizione, e questa è la tendenza centripeta di cui vi facevo l’esempio prima, che ha preso decisioni chiare, coerenti, tempestive rispetto a tantissimi problemi. Queste decisioni sono state una sintesi di successo tra diverse posizioni nella politica economica, intorno al trittico sviluppo-risanamento-equità, nella politica estera (pensate a cosa hanno significato il ritiro dall’Iraq, l’intervento in Libano, la natura delle nostre missioni all’estero), dove abbiamo sempre trovato una linea centripeta coerente. Ma anche sulla stessa politica dell’immigrazione, tanto delicata così come delicate saranno le scelte, sicuramente centripete, quando nei prossimi mesi tratteremo i temi cosiddetti eticamente sensibili.
Credo che proprio l’eterogeneità della nostra coalizione sia stata capace di rispondere a quelle che sono le istanze eterogenee della nostra società (omissis).
Da un altro lato però la nostra coalizione si è presentata come una polifonia poco armonica, spesso una cacofonia, perché nella comunicazione ciascuna delle componenti ha accentuato o spesso è stata costretta ad accentuare gli elementi identitari e gli aspetti che la differenziano dalle altre componenti. Si sono così attivate le forze che ho chiamato centrifughe non nelle decisioni, ma nella comunicazione e nell’immagine. Naturalmente, ed è in questo il paradosso, tanto più diventava forte la capacità di prendere decisioni condivise tanto più forte è sembrata l’esigenza di marcare nella comunicazione una differenza rispetto alle decisioni stesse, nel timore che la propria identità si sciogliesse nella miscela della decisione comune. E’ il paradosso della vita di questo Governo in questi mesi: comune nelle decisioni, ma fortemente diversificato nella comunicazione. E così forze centrifughe e centripete si sono alimentate a vicenda e purtroppo l’effetto di questa analisi, che nei contenuti è un’analisi serena e positiva, ha dato all’elettore l’idea di rendere la sostanza irrilevante, errore che speriamo non pesi nei comportamenti elettorali.
Questo è lo stato dei fatti. Ma teniamo presente che la forza centrifuga appare molto più interessante da registrare nei media rispetto alla centripeta. La nostra coalizione rischia di entrare in una spirale perversa e nella quale appare capace solo di prendere decisioni impopolari. Questo avviene ogni volta che gli stessi autori si allontanano dalle decisioni prese: quando il messaggio di noi autori prende distanza dalle decisione è chiaro che questa viene interpretata come sbagliata o impopolare. Credo dunque che in questo momento stiamo godendo di un sovrappiù di impopolarità determinato dalla comunicazione e non dai fatti compiuti.
Questo è un problema forte perché credo implichi decisioni coraggiose. Non so se voi ricevete le lettere che ricevo io molto spesso, ma gli elettori chiedono soprattutto fatti esemplari. L’irritazione ad esempio contro alcune remunerazioni in alcune funzioni della P.A., contro il sovrappiù di parlamentari, di consiglieri regionali, di commissioni è veramente a un livello di tensione e di irritazione estremamente forte. Ed è chiaro dunque che se noi vogliamo che comunicazione e sostanza coincidano dobbiamo essere ancora più spinti a decisioni coraggiose. E, ultima osservazione su questo tema, credo che se il bisogno di visibilità e di entità sia insopprimibile nella democrazia e complicato dalla complessità della coalizione, dobbiamo comunque applicargli due correttivi: il primo, e credo che su questo siamo sulla buona strada, è di rafforzare per ogni provvedimento del Governo la visibilità di chi ne è l’autore principale (credo su questo di non aver mai calpestato il ruolo autonomo dei ministri, ed è stato importante perché serve ad evitare le spinte centrifughe). Il secondo è quello di usare la comunicazione identitaria, non per prendere le distanze dal compromesso raggiunto, ma per sottolineare in positivo il contributo che il singolo ministro e la propria posizione ideale ha dato al contributo. (omissis).
Detto questo, vengo al contenuto operativo del Seminario di oggi in cui dobbiamo identificare le priorità che debbono sostenere il nostro principale obiettivo, cioè la crescita economica e sociale del Paese. Ricordo che la decisione di dedicare l’incontro a questo unico obiettivo non significa negare l’esistenza di altri importanti temi di discussione, da quelli costituzionali a quelli etici, temi per i quali ci saranno altre sedi di confronto. E l’unico tema di natura istituzionale che immagino avrà spazio naturale nel nostro dibattito, è quello del federalismo fiscale perché incide immediatamente sulla crescita del Paese e credo che sia inevitabile che qualcuno lo tocchi nel suo intervento. Crescita non vuol dire toccare solo i ministeri economici, ma tutti i ministeri: la ricerca scientifica, i giovani, la famiglia, i trasporti, le infrastrutture, la sicurezza pubblica, la giustizia.
Facciamo attenzione, perché l’impasse della crescita italiana non deriva solo da decisioni economiche, ma dalla stessa organizzazione base del nostro Stato e naturalmente è chiaro che questo vuol dire affiancare l’attività di Governo a una forte azione del Parlamento dove giacciono già molte proposte che, se trasformate in legge, contribuiscono al nostro obiettivo. Per questa ragione ho chiesto a Chiti di rappresentarci la situazione dei provvedimenti che sono in Parlamento, proprio per organizzare assieme le priorità e per lavorare con i parlamentari e i capigruppo. E, in secondo luogo, non dobbiamo perdere il contatto con i nostri elettori, con il nostro popolo, e quindi spiegare spiegare spiegare cosa stiamo facendo.
Per concludere sul passato, credo che tutti abbiamo lavorato bene. E sono certo che ciascuno sia singolarmente contento del lavoro fatto, anche se la Finanziaria ha portato conflitti, a volte anche aspri, nati più dalla scarsità di risorse da dividere che non da differenze sui contenuti. Abbiamo messo insieme un sistema articolato e concreto di azioni, un progetto di Paese e di società vera, non solo perché abbiamo aggiustato i conti, ma anche perché abbiamo avviato una nuova politica.
Il 2007 è proprio l’anno del cambiamento in cui diamo sostanza al risanamento effettuato con la Finanziaria, in cui dobbiamo lavorare in tutte le grandi aree, cioè energia, ambiente, diritti, salute, piccole e medie imprese, giovani, sicurezza, formazione, lavoro, famiglia. E certamente la lista delle azioni deve avere in primo luogo l’attuazione della Finanziaria. Per questo Enrico Letta ci parlerà dei passi concreti da compiere. In passato troppo spesso il Governo ha approvato la legge Finanziaria e poi l’ha lasciata lì. Noi abbiamo già fatto tutte le tabelle con le azioni da compiere e dobbiamo lavorare insieme per attuarla. E poi abbiamo gli assi portanti che qui voglio solo elencare e sui quali voi ritornerete.
Il primo è risorse umane-scuola-ricerca-sviluppo. So che i ministri stanno lavorando nella direzione, che a me sta e a tutti noi sta particolarmente a cuore, del rilancio della scuola tecnica, rilancio che deve avvenire con una rapidità estrema visto che tutte le nostre imprese sono in una crisi letale per mancanza di tecnici intermedi ed elevati. Non di meno dobbiamo intervenire su università e ricerca in genere. Guardate che spesso non riflettiamo su alcune trappole incredibili che ci attanagliano. Pensate che ci accingiamo a pagare un miliardo e mezzo di euro l’anno per compensare le mancate riduzioni di emissioni di CO2: non è meglio investire una cifra identica in energie rinnovabili, capaci con le tecnologie di oggi di produrre grandi quantità di energia? E’ un semplicissimo cambio di indirizzo, ma una decisione coraggiosa, decisioni di cui abbiamo bisogno. A me le idee come questa stanno particolarmente a cuore perché, avendo spinto Kyoto dalla Commissione Europea, vedere un cappio al collo simile per un Paese mi sembra impossibile: basta investire un miliardo e mezzo per prendere in tre anni la leadership europea in materia. Non sto parlando di cose astratte, perché con un miliardo e mezzo di euro si cambia il mondo. E poi con la Finanziaria abbiamo deciso di reclutare nuovi ricercatori, ma dobbiamo farlo in fretta perché non deve capitare come le altre volte che per reclutarli ci vogliono anni, come avete letto nelle inchieste giornalistiche. Io vi chiedo di farlo in settimane, neppure in mesi. E infine la situazione di tutti i nostri centri di Ricerca con Nicolais e Mussi che hanno già avuto l’incarico di fare questa riforma indispensabile per evitare di disperdere energie formidabili.
Al secondo punto c’è lo sviluppo delle infrastrutture: su questo tema abbiamo già parlato e abbiamo giustamente denunciato la politica del precedente governo che ha veramente scritto un libro dei sogni. Il ministro Di Pietro si è incontrato con tutti gli amministratori locali, ci si è confrontati sulle priorità e ora dobbiamo definire un piano di opere da realizzare identificando l’investimento complessivo e i tempi per le realizzazioni. Ho chiesto a Di Pietro di predisporre una rivisitazione delle priorità all’interno del perimetro dei 91 miliardi già impegnati e chiedo anche, sempre per il discorso delle decisioni coraggiose, un metodo nuovo in modo che siano de-finanziate, cioè venga tolto il finanziamento, a quelle opere che non soddisfano i requisiti e i tempi richiesti di realizzazione. E’ inutile tenere ferme opere pubbliche immobili o in cui ci sono problemi. In quel caso dobbiamo procedere al loro definanziamento riallocando le risorse per il completamento delle altre opere.
E ancora, il mercato per i cittadini. Questo è un grandissimo punto di riformismo perché maggiore concorrenza vuol dire aumentare il reddito disponibile delle famiglie, vuol dire far crescere la disponibilità e la qualità di beni e servizi, creare nuove opportunità di lavoro e quindi completare il processo di apertura dei mercati. Questo non va contro la giustizia sociale, anzi, bisogna eliminare rendite di posizione che sono ancora fortissime e quindi dobbiamo fare attenzione ai grandi settori come elettricità, gas, poste e trasporti, ma anche a quei settori più piccoli che, presi insieme, hanno un peso rilevante nella nostra economia. Dobbiamo realizzare un efficiente sistema di regolamentazione delle autorità indipendenti che sono state veramente massacrate e umiliate dal precedente governo e quindi completare il sistema di regolamentazione dei servizi a rete con l’istituzione di un’Autorità dei trasporti che non c’è ancora, così come semplificare la regolamentazione e la vigilanza dei mercati finanziari in cui abbiamo cinque autorità e quindi in questo caso unificare e semplificare. Stiamo elaborando presso la Presidenza del Consiglio un riassetto delle Autorità e presto lo presenteremo alla discussione collegiale. Naturalmente riordinare le Autorità indipendenti non significa che la politica rinunci alla sua funzione principale che è quella di individuare gli interessi generali del Paese e di definire le linee di intervento. Le Autorità rappresentano uno strumento degli obiettivi definiti dalla politica e quindi dobbiamo di nuovo lavorare con la nostra sensibilità politica.
Un successivo capitolo che volevo sottolineare è la tutela del cittadino-consumatore, in particolare rafforzando gli strumenti di tutela giurisdizionale, ampliando la possibilità di ricorrere all’autorità giudiziaria anche per difendersi da soprusi di lieve entità. Richiamo qui il discorso della class action anche se dovrà essere molto definita perché non diventi uno strumento di caos della nostra giurisdizione.
Altro punto è la riorganizzazione della Pubblica Amministrazione che è un banco di prova estremamente impegnativo per il Governo. E’ inutile dica cosa significhi questo in Italia. Il ministro Nicolais ci sta lavorando e ha già presentato un progetto che abbiamo tutti sul tavolo ed è di grande importanza. Io includo in questa riforma di revisione dello Stato, il tema della giustizia. Troppo spesso essa ostacola lo sviluppo economico a causa dei tempi eccessivi. Il ministro Mastella si è impegnato ad una riduzione drastica in questi cinque anni e sta studiando strumenti e norme. E’ indispensabile, e gli chiedo proprio questo, di adoperarsi nel modo più energico perché ciò avvenga. Ma la riforma della pubblica amministrazione non riguarda solo lo Stato centrale. Non dimentichiamo che ormai più della metà delle risorse vengono distribuite a livello regionale, comunale o decentrato ed è quindi un problema che non coinvolge solo noi.
Legato a questo c’è il problema della semplificazione dell’intrapresa delle attività economiche. Ho chiesto a Bersani di ridurre a zero questo tempo, tanto che abbiamo parlato di “un giorno” come tempo simbolo. Si tratta di una questione fondamentale perché anche questo è un ostacolo al ringiovanimento dello spirito di intrapresa della nostra società
Ecco, questi sono i capitoli generali del nostro riformismo. Naturalmente si può procedere bene solo se noi operiamo con forza e continuiamo a operare in alcuni capitoli di importanza fondamentale.
Il primo è quello della sicurezza, sicurezza prima di tutto internazionale. Noi dobbiamo vivere in un mondo sicuro, più aperto. Il ministro D’Alema ha dato un grande contributo a queste politiche di multilateralismo, politiche che condividiamo nonostante le polemiche che ci sono state perché l’Italia è per il multilateralismo e la pace. E sulla politica estera quest’anno ci sono capitoli importantissimi: siamo al consiglio di sicurezza dell’Onu e quindi abbiamo un ruolo di particolare importanza. Credo che l’inizio del nostro impegno al consiglio di sicurezza, con il discorso chiaro e aperto sulla moratoria alla pena di morte sia la dimostrazione seria dei principi che ci guidano. Abbiamo la responsabilità da febbraio del comando, oltre che il peso maggiore della nostra presenza, in Libano, abbiamo una presenza diplomatica in Medio Oriente estremamente forte e altre nostre missioni all’estero e abbiamo, non dimentichiamolo mai, il problema del rilancio del Trattato costituzionale europeo. Chiaramente il semestre tedesco è importantissimo per riprendere lo spirito della Costituzione europea e credo che la dichiarazione del 25 marzo, che ci vede vicini alla Germania nel processo di elaborazione, sia estremamente importante.
Queste sono le azioni che io proponevo e che esigono coraggio e capacità d’azione.
Ma prima di terminare vorrei tornare al tema accennato all’inizio e cioè l’ambiente, che è diventato per fortuna discorso di tutti, forse per paura o spero per convinzione. Io prego Pecoraro e gli altri di capire che su questo la coalizione è unita e che quando una decisione viene considerata positiva si deve avere il coraggio di dire sì in fretta, perché altrimenti ci consumiamo in un’immagine incompresa dai cittadini. Io capisco che in alcuni casi qualcuno può anche in questo scontentare la propria costituency, ma ci è assolutamente necessario per avere una dignità anche etica di fronte al nostro Paese.
Dopo l’ambiente, i giovani e le donne. Lo abbiamo già ricordato nella nostra ricerca e in tanti altri passaggi della relazione, ma voglio ricordare che se non rilanciamo il peso dei giovani e se non chiamiamo ad un ruolo attivo tutta la popolazione femminile noi tradiamo lo sviluppo economico di tutto il Paese perché il vero gap con gli altri Paesi in termini economici è proprio nell’occupazione femminile. Mezzogiorno e donne sono i parametri su cui ci stacchiamo dagli altri partner europei e visto che il 2007 è anche l’anno europeo della parità in Europa, dobbiamo lavorare non solo simbolicamente, ma anche e soprattutto nei fatti a questo impegno.
Infine, ma non certo per importanza, l’etica. Essa è un grande valore per la crescita: dobbiamo trasmettere l’idea di un Governo serio, di lavorare per gli interessi del Paese anche se questo può implicare sacrifici o rinunce da parte di ciascuno di noi e anche sacrifici della propria costituency in qualche momento. Questo significa anche centralità del merito all’interno della Pubblica Amministrazione, nel Paese, anche nei comportamenti della maggioranza. Quindi, quando dobbiamo selezionare persone per responsabilità da ricoprire, vi supplico di mettere il merito professionale specifico per il ruolo a cui viene chiamata una persona come metro di decisione perché questa sarà la più grande differenza dal Governo precedente. Abbiamo ereditato persone che hanno responsabilità di enti di cui non sanno assolutamente nulla. Guai se commettiamo lo stesso errore.
E quando parlo di etica parlo dei costi della politica e dei privilegi da abbattere. Ne accennavo prima quando parlavo delle lettere che ricevo. Quasi tutte non sono sulla propria miseria, ma sul confronto rispetto ai privilegi e se non abbiamo il coraggio di tagliarne qualcuno non avremo la legittimità di cui abbiamo bisogno come governo riformista. Questo non è radicalismo, perché noi vent’anni fa protestavamo perché il rapporto di stipendio fra il lavoratore e il capoazienda era uno a venti; adesso è uno a 400 e nessuno dice niente. Cosa è successo allora nella nostra testa? Dobbiamo ritornare a questi seri valori che sono riformisti, non rivoluzionari. Ecco perché è così importante la questione etica. Un Governo non è fatto solo di programmi ma anche di principi.
Vi faccio un altro esempio, forse strano: se abbiamo un discorso da fare su tutto lo stato sociale dobbiamo avere anche il coraggio di razionalizzare gli enti di previdenza, i loro costi, unificarli. Capisco che questo può voler dire un sacrificio di persone a noi vicine ma sono questi i segnali grandi di cui il Paese ha bisogno. Quando andiamo a verificare i risparmi di queste azioni sappiate che sono strepitosi. E’ così che possiamo trovare i soldi per la giustizia, per le infrastrutture ed è per questo che vi dico: politica ed etica sono due cose che lavorano bene insieme.
Se facciamo questo credo possiamo essere davvero una bella squadra in cui ognuno sa il gioco che deve fare e il ruolo in cui stare. Un ruolo da titolare forte che nessuno può sottrargli. Questa è la squadra di governo di cui abbiamo bisogno, una squadra di governo che tra l’altro sarà capace di farci vincere le prossime elezioni. Il che non guasta.
COMMENTO DI IMPRESA OGGI
La relazione di Romano Prodi è incentrata per un 50% sulla convivenza, all'interno del centro sinistra, dell'ala riformista e dell'ala radicale, convivenza che produce forze centripete e forze centrifughe. Ma, osserva il premier, la coalizione di governo è eterogenea come è eterogenea la società. I problemi che il governo ha avuto, finora, sono dovuti soltanto ad una mancanza di comunicazione con la gente, ma ogni componente politica della coalizione ha giocato per l'intera squadra di governo.
Il seminario di Caserta ha come tema la crescita economica del Paese. Prodi elenca pertanto quelli che sono i problemi fondamentali che il governo dovrà affrontare per sostenere lo sviluppo: risorse umane, infrastrutture, definanziamento delle opere pubbliche bloccate, concorrenza e autorities, pubblica amministrazione, semplificazione delle procedure per le imprese, sicurezza, ambiente, giovani e donne, mezzogiorno, etica.
Secondo Prodi, il programma del centro destra era "un libro dei sogni". Gli elettori, e noi in prima fila, saremo testimoni della attuabilità del programma prodiano, oppure dovremo constatare che anch'esso è un libro dei sogni. Vorremmo vedere il governo affrontare, speditamente, alcuni temi: pensioni, Afghanistan, Tav, alleggerimento del carico fiscale, snellimento dell'apparato burocratico, ad esempio.