Tim Cook alla Bocconi come una rockstar.


Non può affrontare la lotta con grande sicurezza l'atleta che ancora non abbia i lividi delle percosse.
Seneca, Lettere morali a Lucilio


«Sono stato molto fortunato a trovare un’organizzazione che condivide i miei valori. Questo vi auguro. Oggi il mondo del business ha grandi responsabilità, non solo i governi. Potete cambiare le cose grazie alle competenze che acquisirete qui. Spingete oltre le frontiere. Se lo farete riuscirete a creare un mondo migliore di quello che avete incontrato. Non siete solo cittadini italiani, siete cittadini del mondo e oggi potete fare sentire la vostra voce oltre ogni confine. Nessuna generazione ha avuto questa opportunità dunque usatela, alzate la voce!»
Soltanto sul finale del suo speech Tim Cook si rivolge direttamente agli studenti della Bocconi che lo ascoltano per l’inaugurazione dell’anno accademico. Il CEO di Apple fa una pausa, scandisce bene le parole: «speak up!». È l’unica concessione emotiva a chi è arrivato nell’ateneo milanese con nelle orecchie il celebre discorso di Steve Jobs a Stanford (quello di «Stay hungry stay foolish» "Siate affamati, siate folli"). «Vi auguro buona fortuna e vi ringrazio. Grazie a tutti voi».
Segue lungo applauso, selfie con gli studenti e non soltanto gli studenti, strette di mano. Mario Monti, presidente della Bocconi, lo aveva detto nella sua introduzione «neanche per una rockstar o un campione sportivo avremmo avuto un simile intasamento del nostro sito nel giorno dell’annuncio della sua presenza qui da noi»; strappando un lungo sorriso a Tim Cook. «Non era affatto ineluttabile che accettasse il nostro invito - ha continuato Monti -, e siamo onorati che abbia scelto noi per prendere la prima volta la parola in Italia e in una Università fuori dagli Stati Uniti». L’occasione è il lancio di un Bachelor of Science in Economics, Management and Computer Science (Bemacs), un corso di laurea triennale dedicato all’innovazione e i big data in inglese con una prima classe formata da 80 studenti che partirà il prossimo anno.
Cook - che nel pomeriggio incontrerà il premier Matteo Renzi - si è detto felice di essere in Italia dove si «sente a casa» perché «l’Italia è un Paese che ha sempre dimostrato grande attenzione al design e ai dettagli. Ha dimostrato che l’eccellenza vuol dire fare la cosa migliore e non per forza produrre di più. Qui con me c’è Luca Maestri, il CFO di Apple, che è molto contento di essere nel suo Paese. Vale lo stesso per me». Cook - cresciuto in Alabama, figlio di un operaio navale e di una casalinga, laureato all’università di Auburn, poi un MBA alla Fuqua School of Business dell'Università Duke - parla innanzitutto dell’importanza del lavoro di gruppo per avere successo, riferendosi anche alla sua esperienza da studente. «Amavo il team work e nel mio gruppo di amici abbiamo usato le differenze per diventare più forti». Parla quasi sempre di Apple: «Sono orgoglioso di lavorare in una azienda che non pensa solo a fare i soldi ma a migliorare il mondo in cui vive. Da quando l’ho incontrata, non sono più tornato indietro». Il cuore del discorso è il business al servizio del bene comune, tema caro alla cultura aziendale della Silicon Valley. L’idea è che siano i valori a guidare le aziende, e dunque una dimensione pubblica. Che significa ambiente:«Apple oggi usa le energie rinnovabili all’87% e punta al 100%, stiamo aiutando anche i nostri supplier in Cina». E il tema dell’apertura alle differenze, sul quale Cook si espose in prima persona poco più di un anno fa con il coming out: «Noi accogliamo tutti, indipendentemente dal Paese di origine, dal loro aspetto, dalla loro credo religioso e da chi amano.?E lo faremo sempre».

EDITORIALE - 10 novembre 2015

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