Fu il denaro che lo rese turpe? Non fu invece lui a insozzare il denaro?
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Ventuno? Davvero ci sono già state
21 Conferenze delle parti della
Unfccc (United Nations Framework
Convention on Climate Change)? Se
buttate l’occhio all’ultimo ventennio
di dati sulla concentrazione di CO2
nell’atmosfera globale, noterete che non
c’è nulla da notare (www.esrl.noaa.gov/
gmd/ccgg/trends/full.html). L’aumento,
essenzialmente lineare, continuava da
decenni già vent’anni fa e continua a
tutt’oggi indisturbato ed essenzialmente
uguale a sé stesso. Abbiamo oggi una
concentrazione di anidride carbonica nella
nostra atmosfera che il nostro pianeta non
ha mai visto nei passati ottocentomila anni
o giù di lì, e la concentrazione continua
ad aumentare, anche in questi tempi di
crisi economica. Se calcolaste la CO2
totale prodotta dalle 21 Cop tenutesi
sinora (a causa dei viaggi delle centinaia
e centinaia di delegati provenienti da
tutto il globo e di tutte le altre attività
accessorie), ne uscirebbero numeri da
brividi, soprattutto in rapporto ai risultati
praticamente trascurabili raggiunti sinora.
La ventunesima Cop ha dunque prodotto
esiti dai quali ci si possa attendere un
seppur minimo, positivo impatto (positivo
nel senso della diminuzione!) sull’aumento
della concentrazione di CO2? Rimarremo
sotto i fatidici due gradi come risultato
della negoziazione? Andiamo con ordine.
Prima di tutto i due gradi non hanno un
particolare significato scientifico, e non ce
l’ha nemmeno un grado e mezzo. Sono
solo numeri tondi, o quasi, simbolici,
usati tanto per avere un riferimento utile
mediaticamente. Non ci sono prove
convincenti che siano reali valori soglia al
di sotto dei quali si possa stare tranquilli.
Anche perché un grado in più rispetto al
clima di riferimento (convenzionalmente
il trentennio 1961-90) ce l’abbiamo già
oggi, quindi la speranza di rimanere
sotto il grado e mezzo (ma forse anche
sotto i due) è veramente misera, e se ce la
faremo sarà probabilmente un successo
temporaneo, legato agli effetti di una
crisi economica globale che tutti sperano
finisca il più presto possibile.
Se poi a questo si aggiunge che gli accordi
sono volontari, cioè non sono vincolanti
per nessuno, c’è poco da stare allegri.
Sappiamo bene, noi italiani, che impatto
hanno le leggi e le regole che non
prevedono meccanismi sanzionatori per gli
inadempienti.
Ma nonostante tutto io credo che la
Cop21 sia stata ugualmente un grande
successo. Per due ragioni.
La prima è che gli stati, tutti, si sono
impegnati formalmente a fornire
regolarmente dati sulle emissioni
nazionali di gas serra, e a essere verificati
pubblicamente su questo impegno.
Un impegno, peraltro, a costo quasi
zero per moltissimi paesi sviluppati,
che lo fanno già da anni, ma di grande
responsabilità e peso per molti paesi in
via di sviluppo, che avranno non poche
difficoltà a onorarlo. Si veda su questo
problema un recentissimo articolo su
Nature (Vol 29, 28 gennaio 2016).
Una contabilità “pubblica”, globale e
verificabile può essere un meccanismo
potente di stimolo a cambiare strada e
politiche.
Il secondo – e più importante – risultato
è che il cambiamento climatico come
risultato delle attività umane non è più
seriamente in discussione. È un dato
politicamente, oltre che scientificamente,
oramai assodato e dato per acquisito. I
negazionisti sono rimasti politicamente
soli, isolati. Una piccola, sparuta comunità
pseudoscientifica popolata in generale
o da prezzolati dei grandi produttori di
CO2 (ma anche la grande industria sta
cambiando attitudine) o da individui in
cerca di identità e visibilità “fuori dal coro”,
anche a costo di stonare.
La politica che conta è oramai tutta
convinta che il cambiamento climatico
sia reale, sia già in atto e rappresenti
una minaccia, non solo ambientale, ma
anche economica e sociale. Non poco
hanno contribuito e stanno contribuendo
anche l’enciclica papale e la coincidenza
temporale con un anno record dal
punto di vista della temperatura globale
(triste dover constatare che occorrono
coincidenze di questa natura per dare una
mano alla comunicazione della scienza).
Quanto e cosa politica, economia e finanza
siano poi disposte a fare per allontanarla, la
minaccia, rimane tutto da vedere. Ma l’aver
raggiunto un punto politicamente fermo e
universalmente acquisito sul cambiamento
climatico è di per sé un grande risultato,
raggiunto per la prima volta in modo
convincente in questa Cop 21. I calcoli e
le negoziazioni ulteriori che gli accordi
prevedono avranno luogo nei prossimi
anni ci diranno se questo è stato un vero
passo avanti che ha davvero cambiato i
comportamenti della politica globale o se
siano ancora soltanto parole, parole, parole
e niente fatti, nella minacciosa attesa che
le dimensioni del problema diventino
talmente macroscopiche da divenire
difficilmente affrontabili, soprattutto dai
paesi più esposti alle conseguenze e che hanno meno risorse a disposizione.
Stefano Tibaldi
Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici
Tratto da Ecoscienza 6/15
Impresa Oggi - 22 febbraio 2016