ITALIA, da madre del diritto a nenica dei diritti


O Lucilio, ricorda che anche nelle anime più depravate c'è un fondo di buoni serntimenti.
Seneca. Lettere morali a Lucilio

È un giorno come tanti: Gianni Di Marco e sua moglie escono dalla loro casa popolare ad Avezzano, in provincia di L’Aquila, per portare i tre figli a scuola e andare al lavoro. Quando rincasano, però, la “sorpresa”: un gruppo di persone ha smontato la porta d’ingresso e ne sta montando un’altra, occupando illegalmente l’appartamento in cui vivono. Inutile ogni tentativo di interrompere l’azione degli occupanti: le loro minacce bastano a intimidire la famiglia Di Marco, convincendola a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine.
Una volta intervenuta, la polizia fa sloggiare i nuovi “inquilini”, i quali tuttavia tornano alla carica dopo poche ore, cacciando – letteralmente – di casa la famiglia Di Marco e riprendendo possesso dell’appartamento, con alcuni minori al seguito, probabilmente consci che proprio questa circostanza garantirà loro la totale impunità. Cosa che potrebbe sembrare incredibile ma che, nel nostro paese, è nient’altro che la norma.
La famiglia Di Marco, a questo punto, si rivolge al sindaco di Avezzano, il quale li fa sistemare provvisoriamente in un albergo. Nel frattempo, racconta il signor Di Marco, “quando siamo rientrati non abbiamo più trovato vestiti e libri delle mie figlie, mentre i mobili sono stati accatastatati e spostati nel garage, e alcuni sono stati danneggiati nell’operazione”.
In un paese civile, a questo punto, le forze dell’ordine dovrebbero intervenire nuovamente, per ristabilire la legalità e assicurare alla giustizia gli occupanti. E invece no. Anzi: quando un gruppo di persone si è presentato di fronte all’abitazione per cacciare gli abusivi, ad attenderli c’erano decine di agenti della polizia e dei carabinieri, che hanno impedito l’accesso all’abitazione, di fatto tutelando l’occupazione. Il consiglio delle forze dell’ordine ai manifestanti è stato quello di “parlare agli inquilini dalla finestra”.
Il caso è stato seguito anche dal programma Mi manda Rai 3 che, qualche giorno fa, ha accompagnato gli agenti della Polizia locale all’interno dell’abitazione, intervistando una degli occupanti, la quale ha spiegato che, avendo una bambina di sei mesi, a lei “la casa serve”, mentre “ai precedenti inquilini non serviva, perché hanno già degli appartamenti di proprietà”.
Indignarsi per l’accaduto, purtroppo, serve a poco. Non soltanto perché, così facendo, si rischia di sottovalutare le ragioni che stanno dietro a casi come questo e che fanno sì che – di casi come questo – ne accadano moltissimi, ogni anno, in tutta Italia. Ma soprattutto perché a spiegare il comportamento degli occupanti è il nostro ordinamento. L’ultima sentenza della Cassazione in merito è la n. 44363 del 2014, che condusse all’assoluzione di una donna che aveva occupato un alloggio popolare mentre era malata e in stato di gravidanza.
La tolleranza nei confronti delle occupazioni abusive non è, purtroppo, esercizio di solidarietà e attuazione del “diritto alla casa”, tanto più che le occupazioni avvengono per la maggior parte in case popolari. Tale tolleranza, a ben vedere, non fa invece altro che legittimare la legge del più forte. Una più incisiva e rapida protezione della proprietà privata difenderebbe i più deboli, più e meglio di qualsivoglia presunta “solidarietà”.

Editoriale www.brunoleoni.t - 26 marzo 2016

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