Può uno lagnarsi di un avvenimento che sapeva sarebbe accaduto?
Seneca. Lettere morali a Lucilio
«Vacchi». «Vacchi». «Vacchi». «Boccia». «Vacchi». Quando il vantaggio a favore del candidato bolognese ha raggiunto i 12 voti, nel silenzio immobile della sala Pininfarina, quartier generale di viale dell’Astronomia, si è diffuso un brusio ai limiti dell’impercettibile. Carlo Pesenti, vicepresidente a cui era affidato lo spoglio, ha continuato imperturbabile: «Boccia», «Vacchi», «Boccia», «Boccia»... Suspence fino all’ultimo voto ieri nell’elezione del presidente di Confindustria. Solo quando si è arrivati al 97 esimo voto per Boccia (erano presenti 192 votanti su 198) la sala si è sciolta in un applauso per il nuovo presidente. Alla fine si lo spoglio si è chiuso con 100 voti per Boccia, 91 per Vacchi e una scheda bianca. Il presidente designato sarà eletto con l’assemblea privata del 25 maggio in cui saranno chiamati a votare 1.400 imprenditori.
Il voto è la rappresentazione di una Confindustria divisa in due. «Si è persa un’occasione unica, una straordinaria opportunità di vero cambiamento», ha detto a caldo il presidente di Alitalia Luca Cordero di Montezemolo. «Mi dispiace – ha aggiunto – che il presidente uscente lasci una Confindustria così spaccata. Quattro voti potevano cambiare l’esito della consultazione. Per me è un profondo rammarico». Sul fronte dei sostenitori di Boccia, invece, c’è Mario Moretti Polegato, a capo della Geox, anche lui membro del consiglio generale di Confindustria: «Ci siamo incontrati pochi giorni fa, qui in azienda, e mi sono convinto che in questa fase storica Confindustria abbia bisogno di un profilo come quello di Vincenzo Boccia. In particolare, di qualcuno che conosce bene le istanze delle piccole imprese italiane. È dalla crescita dei piccoli che il Paese può ripartire».B
Vinta la contesa, ora il presidente designato si trova davanti un nuovo (e altrettanto sfidante) traguardo: riunire l’associazione dopo una campagna elettorale all’ultimo voto. Territori chiave come l’Emilia Romagna e soprattutto la Lombardia (compresa Assolombarda, la più grande territoriale di Confindustria) hanno votato Vacchi. «O l’associazione cambia passo o le grandi imprese del nostro Paese se ne andranno. E in Confindustria resteranno solo i piccoli e le aziende a partecipazione pubblica – dice a taccuino chiuso un sostenitore (deluso) di Vacchi –. Il punto è non perdere iscritti e far tornare alla vita associativa imprese del calibro di Luxottica, Tod’s, Benetton, Ferrero, Campari».
Rita Querzé da www.corriere.it - 1 aprile 2016
IMPRESA OGGI. La rottura verificatasi in Confindustria è molto più grave di quello che i vertici cercano di far credere. In particolare considero pericolosa, per la sopravvivenza dell'Istituzione, la grave sconfitta patita da Assolombarda.