Quanto gioverebbe a certe persone se potessero allontanarsi da sé.
Seneca Lettere morali a Lucilio
L’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano si attende una crescita esplosiva, dopo il +30% del 2015. Auto, contatori del gas ed elettrici, sistemi di illuminazione, logistica e manufacturing, l’infrastruttura è pronta, gli operatori anche. Poco impegnato, per il momento il retail, ma in prospettiva crescerà rapidamente.
L’internet delle cose ha messo il turbo. A fine 2015 erano circa 10,3 milioni gli oggetti connessi in Italia solo tramite rete cellulare (+29% sul 2014), oltre 36 milioni i contatori elettrici in rete tramite Plc (Power line communication) e poco meno di 500 mila quelli del gas, 600 mila i lampioni per illuminazione pubblica connessi via Plc o radiofrequenza. E sono 5,3 milioni le auto connesse pari a un settimo del parco circolante.
Il mercato dell’Internet of Things (IoT) si attesta così nel 2015 sui 2 miliardi di euro di valore, con una crescita del 30% rispetto al 2014. Contatori del gas e auto connesse da soli coprono circa il 50%, grazie, per lo smart metering, al sostegno degli obblighi normativi che hanno portato a un parco di 350.000 contatori gas già installati per le utenze industriali e 1,2 milioni per quelle residenziali (senza contare quelli per l’elettricità, alla vigilia del rinnovo del parco installato), e, per quanto riguarda la smart car, dalla diffusione dei box GPS/GPRS per la localizzazione e la registrazione dei parametri di guida con finalità assicurative, anche se stanno crescendo velocemente (+135%) le auto nativamente connesse.
Fig. 1 – Il mercato dell’Internet of Things in Italia. Ripartizione per ambito applicativo
Lo rileva l’Osservatorio Internet of Things della School of Management del Politecnico di Milano, sottolineando che, confrontata con il +1,1% registrata nello stesso anno dal mercato Ict italiano nel suo complesso, questa crescita ha tutte le caratteristiche per diventare ‘esplosiva’.
Nel resto del mercato si consolidano infatti le soluzioni di smart building (18%), in particolare per la videosorveglianza e la gestione degli impianti fotovoltaici, quelle di smart logistics (11%) per la gestione di flotte aziendali e antifurti satellitari, con 700.000 automezzi connessi tramite SIM, quelle di smart city and smart environment (9%) , tra cui si segnalano 200.000 mezzi di trasporto pubblico monitorati da remoto e 600.000 pali di illuminazione intelligente. E poi la smart home (7%), soprattutto con applicazioni di antintrusione e termostati controllati a distanza, e lo smart asset management (5%) per gestire da remoto 340.000 macchine da gioco, 300.000 ascensori e 80.000 distributori automatici.
Fig 2 – La diffusione dell’IoT in Italia - 2015
Una rete di oggetti iperconnessi
Alla base dell’Internet of Things, lo ricordiamo, vi sono gli oggetti e le reti intelligenti, contraddistinti da una o più delle seguenti funzionalità: identificazione, localizzazione, diagnosi stato, interazione con l’ambiente circostante, elaborazione dati, connessione.
Una reta iperconnessa caratterizzata dal consolidamento delle basi per lo sviluppo su tutti i fronti: città, consumatori e imprese. «L’installazione di nuove reti di comunicazione dedicate all’IoT nelle prime città italiane, l’evoluzione dell’offerta in ambito smart home, sempre più integrata con servizi assicurativi e pronta a sbarcare anche nelle catene della grande distribuzione, i servizi innovativi per l’industry 4.0 costituiscono presupposti importanti per il futuro», afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano.
Nonostante il trend di crescita importante - peraltro in linea con lo sviluppo dell’IoT all’estero, stimato tra il 20 e il 40% - il mercato italiano è ancora troppo concentrato su due aree, lasciando in secondo piano altre come la salute e l’agrifood che potrebbero invece trarre grandi vantaggi, e benefici per le persone, dall’internet delle cose. Non solo. Ma i deficit su cui occorre lavorare riguardano la frammentazione dell’offerta consumer, una ancora scarsa conoscenza da parte dei consumatori, una mancanza di maturità della pubblica amministrazione tale da considerare gli intervento sull’IoT un investimento invece che una spesa.
Tuttavia per il 2016 vi sono attese positive per alcuni settori come quello industriale, che ha tre direzioni di sviluppo. La prima verso la gestione della sicurezza e della compliance, la logistica interna e la qualità dei processi. La seconda è l’estensione alla supply chain esterna, dove la diffusione di applicazioni di smart logistics per la tracciabilità dei flussi fisici è ancora molto lontana dal suo vero potenziale. La terza è il progressivo spostamento verso i servizi connessi all’attività industriale, relativi a beni strumentali (ad esempio macchinari gestiti in remoto e ceduti secondo un modello di pricing basato sulle ore di funzionamento) o prodotti (ad esempio una imbarcazione che comunica col suo cantiere di costruzione per richiedere assistenza o per trasmettere informazioni utili per migliorare lo sviluppo delle successive generazioni di prodotto).
Smart home: entra in gioco la distribuzione
Attese di crescita anche per la smart home, erede della domotica di qualche decennio fa. Vi è interesse per i prodotti e le soluzioni da parte del consumatore: il 79% degli italiani è disposto infatti ad acquistare prodotti per la smart home, il 33% in più rispetto all'anno precedente, un chiaro segnale di consapevolezza e interesse per questo settore, anche se tra intenzione e atto d’acquisto vi è molta distanza. Tuttavia, in questo ambito solo un consumatore su cinque dispone già di almeno un oggetto intelligente nella propria abitazione e le intenzioni di acquisto sono lontane nel tempo: solo il 25% di chi dichiara di voler comprare un prodotto lo farà entro 12 mesi. Un motivo di interesse al riguardo, osserva l’Osservatorio, è dato dal fatto che per la casa stanno nascendo nuovi servizi e canali commerciali, con investimenti in spazi espositivi nei negozi dei principali retailer: la grande distribuzione dell’elettronica di consumo – rimasta ai margini fino a questo momento – costituirà un nuovo punto di contatto con i clienti, insieme all’online, alle assicurazioni e alla filiera tradizionale della domotica. In crescita non solo l’interesse per i prodotti, ma anche per i servizi per la smart home (il 72% dei consumatori è intenzionato ad acquistarli).
«L’offerta inizia a esserne consapevole: se sono ancora poche le soluzioni sul mercato che vanno oltre la mera gestione di dati in cloud, numerose startup stanno iniziando a cogliere questa esigenza. E questo è strettamente correlato alle opportunità di valorizzazione dei dati raccolti», osserva Giovanni Miragliotta, direttore dell'osservatorio Internet of Things.
La valorizzazione dei dati
Proprio la raccolta e la valorizzazione dei dati è uno degli aspetti chiave nello sviluppo futuro dell'Internet of Things. Ma non ci sono ancora strategie consolidate. «I dati possono essere sfruttati nei processi interni all’azienda, riducendo i costi e migliorando l’efficacia verso i clienti – spiega Angela Tumino, direttore dell’Osservatorio Internet of Things - oppure possono generare valore all’esterno con la vendita a terzi, aprendo a nuove opportunità di business. La disponibilità di dati puntuali sull’utilizzo dei prodotti grazie all'IoT rende possibili nuove strategie di prezzo "pay-per-use", che iniziano a interessare non solo i servizi, come l’assicurazione auto che varia in base alla percorrenza annua, ma anche i prodotti, come gli pneumatici pagati in base ai chilometri percorsi. In molti casi le modalità di utilizzo dei dati sono solo parzialmente note nel momento in cui si progetta una applicazione IoT: una parte considerevole del valore può rimanere inizialmente implicita, emergendo solo quando ci si interroga sul “potenziale nascosto” del proprio patrimonio informativo».
Smart objects e settore della distribuzione
Tra i settori ancora mancanti all’appello in Italia vi è il retail, sebbene qualche progetto sia già avviato e nonostante altri analisti internazionali disegnino un futuro di grandi progressi nell’ecosistema degli oggetti interconnessi – dispositivi, sensori (beacon, tag RFID e altri tipi), microprocessori, reti, software di intelligenza artificiale e analytics – già presenti nel retail.
Ne dà conto eMarketer, secondo cui, che si tratti di monitoraggio della catena di fornitura, della gestione delle scorte, offrendo promozioni personalizzate, o dell'attivazione di e-commerce da nuovi ambienti, l'internet degli oggetti nel retail sta avviando un'epoca in cui gli oggetti intelligenti possono senza soluzione di continuità raccogliere, condividere e analizzare i dati in tempo reale. Le opportunità offerte ai retailer sono numerose in termini di personalizzazione, decisioni localizzate e offerta di una migliore esperienza ai clienti nei punti vendita, oppure online.
Secondo alcuni studi citati da eMaketer, il settore del retail sta già facendo notevoli investimenti, in particolare nel monitoraggio della supply chain, nella gestione del magazzino, nell’asset tracking, e nell'elaborazione dei pagamenti. E a livello globale il mercato IoT nel retail è previsto che crescerà dai 14,28 miliardi di dollari del 2015 a 35,64 miliardi del 2020, con un tasso di crescita annuo composto del 20%.
La partita è appena iniziata, e la posta in gioco è elevata. La valorizzazione dei dati rappresenta il fattore critico più importante. Già oggi i big data profilano i comportamenti degli utenti in rete e si stima che solo per Google ogni utente abbia un valore di 500 dollari. Quanto potrà valere la profilazione del comportamento reale degli utenti attraverso l’internet delle cose? E il modello della gratuità del servizio prenderà piede anche in quest’ambito? Con quali riflessi e in quale scenario competitivo, visto che i big player come Amazon, Samsung, Apple sono già coinvolti? Sono domande che cominciano già a circolare. Per le risposte dovremo attendere. Ma non a lungo.
Editoriale tendenzeonline.info - 19 marzo 2016
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