Romeo: "Io giuro il mio amore sulla luna." Giulietta: "Non giurare sulla luna, questa incostante che muta di faccia nel suo rotondo andare!"
Shakespeare, Romeo e Giulietta
Quasi un miliardo di euro per 24 anni di concessione (anno di scadenza 2040). Quattordici stazioni, le più importanti del Paese, strappate con un’offerta da capogiro, staccando le altre cordate concorrenti. I pesi all’interno del gruppo risultato vincitore all’apertura delle buste non sono ancora stati chiariti. Ma è interessante notare come la gestione futura di Roma Termini e Tiburtina, Milano Centrale, Torino Porta Nuova, Genova Brignole e Piazza Principe, Venezia Mestre e Santa Lucia, Bologna Centrale, Firenze Santa Maria Novella, Napoli, Palermo e Bari Centrale passi per un fondo infrastrutturale (Antin), per una società attiva nell’immobiliare commerciale (Icamap, fondato da Guillaume Poitrinal, ex-amministratore delegato del colosso Unibail-Rodamco) e per il gruppo Borletti, la famiglia ex proprietaria della «Rinascente», fondata, venduta, ricomprata e poi rivenduta a suon di miliardi a un fondo thailandese.
Per completare l’operazione, una delle più importanti privatizzazioni del 2016, serviranno ancora una decina di giorni. Servirà il doppio beneplacito da parte di altrettanti consigli di amministrazione. Di Ferrovie dello Stato (che controllava Grandi Stazioni Retail al 60% e quindi monetizzerà la sua quota de-consolidando il debito che ammonta a 191,5 milioni). E di Eurostazioni, di cui fanno parte Edizione (la holding di famiglia dei Benetton), Vianini Lavori (gruppo Caltagirone), Pirelli e con una quota residuale di Sncf Partecipations, il principale operatore ferroviario francese.
La cordata italo-francese ha sconfitto nettamente le altre offerte sul tavolo degli azionisti: Altaraea (in cordata con Apg e Predica, del gruppo Credit Agricole) con 806,5 milioni (di cui 615 di equity), il private quity Lone Star con 800 milioni e Deutsche Asset Management (fino alle offerte non vincolanti insieme a Poste Vita e al fondo pensione danese Apt) con 744,5 milioni.
Lecita la soddisfazione di Maurizio Borletti, erede della storica famiglia milanese che, tra le altre cose, negli anni venti del Novecento investì in un giornale (Il Secolo) e fondò con la famiglia Pirelli la Ifi, la holding degli Agnelli (a conferma di un antico sodalizio). Maurizio, a sua volta, ha una storia tutta particolare: ultimo dei cinque figli nati da Ferdinando e Rosalinda Bettoja, nel 1993 a soli 26 anni, rilevò dallo zio Tony Bouilhet (marito di Carla Borletti) la quota di controllo di Christofle, storica azienda parigina fondata nel 1830, marchio del lusso per la produzione di oggetti per la tavola e la decorazione in argento massiccio. È per questo che Maurizio fa la spola ancora oggi tra Parigi, dove vive con la sua famiglia, e Milano. Nella capitale transalpina, attraverso il braccio della Borletti group, Maurizio ha scommesso qualche anno fa (insieme ai fondi immobiliari di Deutsche Bank) nella catena di grandi magazzini francese Printemps. E con il supporto di Goldman Sachs, assicurazioni Generali e Prelios ha investito nel più grande portafoglio immobiliare di negozi in Germania. La quota in Printemps è stata poi rivenduta a investitori legati alla famiglia reale del Qatar, ma Borletti è rimasto comunque come consigliere di amministrazione. «Dentro la nostra cordata sono presenti importanti competenze complementari» come «quella del fondo infrastrutturale Antin e l’expertise di Icamap nell’immobiliare commerciale», dice Borletti, che con la sua cordata punta al raddoppio dello spazio retail nelle stazioni facendole diventare «un elemento di eccellenza italiana». Si vedrà.
I buoni propositi si originano dal fatto che l’alta velocità sta definitivamente trionfando anche in Italia. Dopo anni di ritardi anche il nostro Paese sta sperimentando una transizione importante verso il trasporto passeggeri ad alta remunerazione. Sulla linea Milano-Bologna-Firenze-Roma- Napoli (non sfugga che tutte e cinque le stazioni sono oggetto del bando di gara di Ferrovie dello Stato) passa la gran parte della quota di spostamenti del traffico passeggeri. Ecco perché le stazioni in realtà sono ancora commercialmente sotto-utilizzate. Milano Centrale, dopo il suo restyling, ha dato l’abbrivio. Anche Termini sta cambiando molto, come è uscita rinnovata Tiburtina. Le stazioni diventeranno sempre più centri commerciali. Con spazi affittati alle grandi griffe, crocevia di un target di spesa medio-alta.
Fabio Savelli
da www.corriere.it
09 giugno 2016