L'innovazione tecnologica per un nuovo umanesimo


Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l'oriente, e Giulietta è il sole.
Shakespeare, Romeo e Giulietta


Velocità esponenziale di sviluppo, pervasività pressoché totalizzante e crescente, coesistenza uomo-macchina sono le cifre fondanti della rivoluzione tecnologica, un nuovo paradigma che sembrerebbe ridisegnare i confini stessi della gnoseologia. Infatti, se da un lato appare evidente che la creatività, l’invenzione e l’intuito rimangano attributi esclusivamente umani, dall’altro emergono forme embrionali di intelligenza artificiale che, in qualche modo, riproducono la prerogativa dell’uomo di anticipare, comprendere e gestire gli avvenimenti.
Con tali premesse, ci si confronta sulle declinazioni possibili, tentando di tracciarne i profili di criticità, soprattutto da un punto di vista etico. Ne emerge così un quadro con grandi opportunità ed evidenti rischi. A ben vedere si intravede la possibilità di un ritorno alla centralità del concetto di persona: infatti, nell’astrattezza estrema dell’algoritmo, sono gli individui che ordinano e classificano i dati, elaborando l’informazione per trasformarla in conoscenza. D’altro canto, però, occorre evitare che i nuovi strumenti a disposizione vengano gestiti da gruppi ristretti di potere che impongano un sistema interpretativo solo all’apparenza democratico.
La rivoluzione tecnologica ha un forte impatto anche sull’organizzazione aziendale: si fa strada un modello liquido e destrutturato che abbatte le barriere tradizionali tra il pensare ed il fare, tra ambiente interno e stakeholder, con una particolare attenzione alle idee più che ai ruoli predefiniti. Il contesto competitivo si allarga a dismisura e il concetto stesso di territorio si trasforma in un nodo di competenze che, per sopravvivere, non può più prescindere da innumerevoli link internazionali. I confini dell’impresa si aprono a nuove forme di collaborazione con le università e i centri di ricerca, una partnership che ridisegna l’ecosistema aziendale di volta in volta, a seconda del singolo obiettivo da raggiungere. Le università stesse sono chiamate ad organizzare un’offerta formativa sempre più interdisciplinare, in grado di rispondere a un mondo in cui la tecnologia evolve più rapidamente della capacità umana di comprenderla.
Ma è sul versante sociale che la rivoluzione tecnologica dovrà dimostrare il suo valore etico. Infatti sono numerose le conseguenze morali che impongono ai governi una seria e opportuna riflessione: dalla richiesta di competenze in continuo aggiornamento al superamento di professionalità ormai obsolete, dalla crescente polarizzazione della ricchezza al progressivo ridursi della classe media. Appare ormai improcrastinabile pensare a forme di equità conoscitiva e formativa, una sorta di redistribuzione del sapere che consenta al maggior numero di persone di beneficiare delle ricadute positive dell’innovazione, in termini di benessere individuale e progresso della società.
In ultima analisi, si aprono inimmaginabili scenari a favore dell’uomo e, insieme, si intravvedono criticità i cui esiti sono da verificare. Senza dubbio occorre creare le condizioni culturali affinché l’innovatore possa nascere e crescere, rimuovendo gli ostacoli che rallentano l’emergere dei talenti. Una piattaforma di lavoro che inevitabilmente dovrà tener conto dell’unicità dell’umano rispetto alle macchine. Si tratta, in altre parole, della diffusione di un nuovo umanesimo, per imprimere la giusta direzione allo sviluppo tecnologico ed evitare di finire travolti dall’incedere casuale ed inarrestabile degli eventi.

Editoriale

da www.aspeninstitute.it


21 giugno 2016
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