Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l'oriente, e Giulietta è il sole.
Shakespeare, Romeo e Giulietta
L'ultimo rettilineo di campagna referendaria vede i concorrenti gomito a gomito nonostante, secondo i sondaggi, un mezzo passo assicuri ancora a Remain un piccolo vantaggio su Leave. Tanto basta per suggerire agli investitori che il destino europeo è garantito, secondo quanto suggeriscono in queste ore i rumors della City. In realtà tutto resta incerto, anche dopo il Grande Dibattito della Bbc che ha visto, l'altra sera, l'ex sindaco di Londra, Boris Johnson invocare l'Independence day, ovvero il giorno in cui Londra si potrà liberare dall'abbraccio dell'UE e il suo successore al municipio della metropoli, Sadiq Khan, denunciare il “progetto odio” scatenato dai brexiters nel Paese.
Nell'ultimo giorno di campagna referendaria il premier David Cameron con l'ex premier John Major ha battuto le campagne dell'Oxfordshire spargendo le stesse parole di speranza affidata anche a un'intervista al Financial Times in cui si è detto convinto che il dividendo di Remain sarà consistente e capace di rilanciare gli investimenti nel Paese. Parole sostenute dall'ultimo sforzo di mille capitani d'impresa che in una lettera al Times hanno raccomandato di votare per la continuità ovvero Remain. Sul fronte opposto Boris Johnson ha scelto il bagno di folla andando a incontrare elettori per le strade e nelle fabbriche, sventolando la prospettiva di una rinascita britannica quando Londra sarà libera dai lacci dell'Unione.
Non ci saranno nuovi negoziati con Londra dopo la conclusione del referendum di Brexit, ha avvertito il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. «Fuori significa fuori. C'è un massimo che il Regno Unico ha potuto ottenere e noi abbiamo dato il massimo, per cui non ci sarà alcuna nuova trattativa né sull'accordo concluso a febbraio né su una modifica del Trattato», ha aggiunto Juncker. A febbraio i 27 capi di stato e di governo avevano concordato con David Cameron una serie di concessioni che limitano gli aiuti sociali ai cittadini Ue che risiedono nel Regno Unito.
Più esplicito di tutti l'eurofobo Nigel Farage che nel corso di una conferenza stampa a Westminster ha aggirato l'accusa di razzismo incensando se stesso. “L'Ukip – ha detto riferendosi al partito che guida – ha cambiato l'agenda politica del Paese. Sono sicuro che vinceremo”. E non c'è dubbio che il vero acceleratore dell'euroscetticismo è stata la popolarità delle istanze demagogiche che l'Ukip ha cavalcato minacciando la poltrona di decine di deputati conservatori. La loro reazione è stata di esercitare massima pressione sul leader David Cameron convincendolo a organizzare il referendum. Genesi di un errore? Non c'è alcun dubbio, nonostante il premier continui a difendere la sua scelta. Ora che la corsa è finita le recriminazioni non contano.
Quarantacinque milioni di elettori circa sono pronti a scegliere il destino del Paese. Le urne si aprono domani alle 7 per chiudersi alle 22, nel corso della giornata ci saranno due ultimi sondaggi d'opinione, ma non exit polls. Sarà la notte a fare scorrere il rosario di 382 collegi che entro le 7 ora britannica – 8 italiana – del 24 dovranno aver annunciato l'esito della più tesa partita politica della storia recente del Regno Unito.
Leonardo Maisano
da www.ilsole24ore.com
22 giugno 2016