Non bisogna meravigliarsi se ciascuno spiega lo stesso punto secondo le sue attitudini.
Seneca Lettere morali a Lucilio
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I GRANDI IMPRENDITORI
Ernesto Breda nacque a Campo San Martino (Padova) il 6 ott. 1852 da Luigi Felice e da Amelia Cogo. A Padova, dove si era laureato in ingegneria civile, iniziò a lavorare come caposervizio della trazione e del materiale ferroviario presso la Società veneta per imprese e costruzioni pubbliche del cugino Vincenzo Stefano Breda. Sempre a Padova, e soprattutto nel paese natale, fece anche le sue prime ed uniche esperienze politiche: fu infatti sindaco di Campo San Martino, come il padre lo era stato per 40 anni.
Nel 1882, per incarico della Veneta, Breda aveva compiuto il primo di una serie di viaggi di studio e di informazione sull'organizzazione delle ferrovie in Germania, Olanda e Danimarca. Il rapporto redatto al termine del viaggio è uno dei primi documenti che permettano un raffronto tecnico tra le ferrovie italiane e quelle europee del tempo, tanto che l'allora ministro dei Lavori pubblici Baccarini sottolineò pubblicamente il valore dell'iniziativa e del rapporto.
Furono certamente questi viaggi all'estero che gli permisero di valutare in tutta la sua gravità lo stato dell'industria meccanica italiana e la possibilità di intervenire nel settore. Ma egli dovette anche rendersi conto delle difficoltà di simili iniziative: così, quando decise nel 1885 di lasciare la Veneta, cercò di associarsi con la ditta Kessler di Esslingen, costruttrice di locomotive. Fallito il tentativo, nel 1886 decise di mettersi in proprio costituendo la società in accomandita "Ing. Ernesto Breda e C.".
Rilevò così a Milano, fuori Porta Nuova, nella periferia della città, in una località detta Elvetica perché un tempo occupata da un convento di missionari svizzeri, una modesta fonderia di ghisa con annessa officina per lavorazioni meccaniche, creata nel 1846 dal francese Giuseppe Adolfo Bouffier. Alla ragione "Bouffier e C." erano subentrate successivamente quella "Schlegel e C." nel 1850, "Rümmel e C." nel 1860, "Bauer e C." nel 1862, "Bamat e C." nel 1877, e finalmente nel 1879 quella "Cerimedo e C."; nonostante questi numerosi cambiamenti di ditta, il nome di Elvetica fu sempre conservato vicino a quello della ragione sociale.
In questa iniziativa Breda ebbe soci accomandatari il cugino Vincenzo Stefano Breda, l'ing. Cerimedo ultimo titolare della Elvetica, la Società veneta per imprese e costruzioni pubbliche, la Banca Generale di Roma, Herman Myliny, Emma, Marina e Rosa Lagorio, Cesare Cassi e Andrea Sacchetto (Archivio della Camera di commercio, agricoltura e industria di Milano, Iscrizione n. 88006, 1923, "Ern. Breda Soc. in acc. semplice"). IBreda riuscì, benché un pesante protezionismo favorisse solo la siderurgia, a espandere la propria attività industriale dirigendola da un lato verso la produzione bellica di proiettili (in particolare shrapnel) e cannoni da campagna (dal 1888) richiesta dallo Stato, dall'altro specializzandosi in una produzione meccanica - quella delle locomotive - quasi del tutto assente nell'industria italiana e che per le condizioni del mercato interno ed europeo, aveva grandi prospettive di espansione. A questo scopo Breda aveva iniziato la trasformazione dello stabilimento facendovi lavori di ampliamento e di riorganizzazione, dotandolo di nuovi impianti, creando reparti appositi di lavorazione per renderlo indipendente dai subfornitori.
Le condizioni nel 1886 dell'industria metalmeccanica italiana, specie per la costruzione di locomotive, furono così riassunte in un memoriale della Società del 1895: "L'industria meccanica in Italia, si può dire non dati da oltre una decina d'anni, giacché quantunque in quell'epoca già esistessero stabilimenti, anche di qualche importanza, che s'occupavano di costruzioni meccaniche, essi erano tuttavia insufficienti e per mezzi e per mancanza di giusti criteri organici, a dare all'industria quell'ordinamento che i bisogni del nostro paese ed in confronto coi notevoli progressi fattisi fuori d'Italia reclamavano". Si aggiungano le difficoltà che la legislazione italiana creava imponendo dazi elevatissimi all'importazione sia di macchine sia di parti di macchine. Nel 1885 però la convenzione ferroviaria aveva fatto obbligo alle società esercenti linee ferroviarie di acquistare prodotti dell'industria italiana fino alla differenza del 5% in più rispetto al prezzo straniero, offrendo così un primo incentivo alla metalmeccanica specie delle locomotive. Tuttavia, più che nell'appoggio di simili misure legislative, le ragioni per cui Breda avviò la sua fabbrica proprio alla vigilia della nuova gravosa tariffa del 1887 consistono nella previsione che un'industria di locomotive in Italia avrebbe avuto un mercato interno sufficientemente vasto per i primi anni di avvio e che gli alti costi iniziali non avrebbero inciso sui prodotti nazionali più di quanto incidessero gli altissimi costi di trasporto delle locomotive straniere. Inoltre dovette essere di un certo peso nella decisione anche il fatto che la vecchia Elvetica ora "Cerimedo e C.", che insieme con la Grondona era la maggiore industria meccanica milanese del tempo, aveva risentito fortemente della crisi del 1884 e, costretta a licenziare 156 dei suoi 600 dipendenti, non si era ripresa ed era entrata in pratica in liquidazione.
Quando Breda aveva rilevato la "Cerimedo e C.", lo stabilimento poteva contare non solo su una manodopera addestrata da anni, ma specializzata proprio nella costruzione e nel montaggio di locomotive. Infatti l'antecedente "Bamat e C." nel 1887 aveva iniziato la costruzione di alcune locomotive di cui la prima fu destinata alla ferrovia Milano-Vaprio, mentre la "Cerimedo e C." aveva intrapreso la fabbricazione di caldaie e di pezzi di locomotive. Breda provvide alla sostituzione del vecchio con nuovo macchinario, in parte americano, e specializzò la produzione della fabbrica nelle locomotive. Egli stesso ha scritto degli effetti che il suo intervento produsse nella vecchia officina Elvetica: "Accanto alle poche pialle e limatrici, sulle quali passavano prima indifferentemente i pezzi destinati ai più svariati prodotti dell'industria meccanica, si andarono allineando nuove pialle e nuove limatrici, uscite dalle migliori fabbriche americane, e sorse tutto un reparto di fresatrici, forte di più di cento macchine, sulle quali non si videro succedersi che quei dati pezzi di locomotiva, sempre i medesimi a ogni macchina e ad ogni operaio..." (Dalferro all'acciaio, p. 59).
Nel 1891, con la vincita della prima asta per la fornitura di 22 locomotive alla Romania, la società entrava d'autorità nel consesso europeo fino allora dominato dalle industrie tedesca e inglese, uniche valide concorrenti all'industria americana delle locomotive. Intanto, pur senza perdere di vista l'obiettivo della specializzazione dello stabilimento nel settore della costruzione di locomotive, la necessità di assicurarsi una continuità di lavoro ed insieme la volontà di non perdere il contatto con settori produttivi affini e in espansione lo spinsero ad intraprendere altre iniziative. Assunse occasionali forniture di carri e carrozze per ferrovie e tramvie, e specialmente, previsto l'intensificarsi ed il meccanizzarsi delle lavorazioni agricole, mise in costruzione locomobili e trebbiatrici diversificate in base alle varie esigenze regionali.
Furono anche gli anni dei primi riconoscimenti pubblici. Nel concorso a premi al merito industriale, istituito dal governo italiano nel 1895, alla società venne conferita la grande medaglia d'oro con diploma d'onore, l'unica corrisposta per le 123 industrie meccaniche concorrenti. Nel 1897 il Reale Istituto lombardo di scienze e lettere gli assegnava il premio Brambilla.
Il particolare regime doganale interno e la concorrenza settoriale estera non concedevano margini all'industria metalmeccanica italiana, costringendola a contare solo sulla qualità dei prodotti. Puntando perciò su questo obiettivo, Breda attuò un programma di qualificazione e aggiornamento dei propri tecnici, inviando per esempio nel 1899 una commissione di ingegneri e tecnici negli Stati Uniti per visitare le più importanti fabbriche metalmeccaniche americane.
La relazione fu pubblicata, col titolo Le locomotive in Europa e in America. Osservazioni e confronti. La commissione era composta dal capotecnico Remo Canetta e dagli ingegneri Eugenio Gavazzi e Guido Sagramoso. Quest'ultimo sarà il primo direttore della fabbrica di Sesto San Giovanni, poi, alla morte di Breda, consigliere delegato della società.
Lo stesso anno, essendo la ditta ormai affermata e in continua espansione, Breda ne decideva la trasformazione in società anonima. Il 19 dic. 1899, con atto presso il notaio Serina di Milano, questa assumeva la ragione sociale di "Società italiana Emesto Breda per costruzioni meccaniche".
L'atto costitutivo della società in accomandita semplice "Ing. Ernesto Breda e C." era stato firmato presso il notaio Allocchio in Milano il 6 nov. 1886. Il capitale iniziale, di lire 1.200.000, circa due anni dopo, il 28 febbr. 1888, passava a 1.500.000. Oggetto della società erano: "le costruzioni meccaniche e più specialmente la costruzione di locomotive, locomobili, caldaie a vapore, materiale fisso e circolante per ferrovie, tranivie" (Archivio della Camera di Commercio, Agricoltura e Industria di Milano, Iscrizione n. 88.006). Manca ogni indicazione relativa alla produzione bellica, che sarà introdotta al momento del cambiamento della ragione sociale da accomandita semplice a "Società anonima Ernesto Breda per costruzioni meccaniche". La nuova società infatti, che si dà una durata di trenta anni, si dedicherà a "costruzioni di macchine di qualsiasi specie; e di materiale per ferrovie, tramvie, artiglierie e marina". Si trattò di un adeguamento formale all'attività che la società ormai svolgeva nell'ambito dell'industria bellica nazionale dal 1888. Rispetto alla precedente accomandita, il capitale fu portato a lire 8.000.000 in azioni da lire 250, poi aumentato nel 1907 a 14.000.000 di lire, e a Breda, riconfermato consigliere delegato, si affiancò come presidente Otto Joel. Quanto ai problemi aziendali connessi con quelli del lavoro e dell'occupazione, Breda nel 1895 già aveva scritto, anche riferendosi al periodo precedente: "...garantito alla officina un lavoro uniforme, restano in gran parte eliminate le fluttuazioni nel numero degli operai, tanto dannose oggidì... Quando il lavoro è urgente e il bisogno stringe, siamo costretti a reclutare fino nelle campagne persone poco esperte, che danno rendimento minimo, se pure non rappresentano per un breve periodo una passività. Quando poi col tempo il campagnolo è diventato realniente operaio, e incomincia a produrre, succede un periodo di mancanza di lavoro, e allora la maestranza curata con tante fatiche, a costo di tanti sacrifici va distrutta, perduta. Diventa una questione sociale perché quei campagnoli, che attraverso alle officine si sono avvezzi al nuovo ambiente e alle mercedi relativamente elevate, non si acconciano più a ritornare in campagna, ma restano nella città e vi costituiscono l'esercito dei disoccupati, elemento di torbidi e pericolo perenne alla pubblica quiete" (Concorsoa premi... Memoriale…, p. 60). I nuovi aspetti della politica aziendale e sociale furono affrontati in primo luogo attraverso il raggruppamento sindacale degli interessi industriali: il 9 sett. 1898 Breda partecipava alla riunione costitutiva del Consorzio fra gli industriali meccanici e metallurgici (La Società ital. E. B. ..., p. 112). In seguito, anche sotto la spinta dell'organizzazione e della propaganda del movimento operaio, egli prenderà una serie di iniziative.
Nel 1906 fece istituire uno dei primi fondi di previdenza e risparmio per gli impiegati; nel 1908, in occasione della consegna della millesima locomotiva, anticipando di dodici anni la legislazione sul lavoro, istituì una settimana di ferie per gli operai con cinque e più anni di anzianità. Nel 1910 costruì per primo a Milano case per i suoi lavoratori. L'iniziativa veniva incontro a un orientamento, oramai prevalso, di assistenza e di agevolazioni tali da permettere un più agile controllo e un più razionale impiego di quella manodopera che affluiva a Milano da tutta la Lombardia e da altre regioni, e che aveva posto con la sua presenza massiccia seri problemi politici e sociali agli amministratori milanesi. Proprio in quegli anni al comune di Milano si svolgeva il dibattito sulle provvidenze per i lavoratori - case, trasporti ecc. - cui prese parte, tra gli altri, il Turati.
Breda cercò nel 1900 di ottenere dal comune di Milano la cessione di un tratto di via Bordoni lungo la quale sorgeva lo stabilimento. La richiesta provocò un vivace dibattito nel consiglio (1901) e tra gli amministratori comunali e, gli industriali milanesi, trattandosi di una decisione che avrebbe iniluito sul futuro urbanistico e industriale della città. Nel 1903 però egli acquistava terreni edificabili nei comuni di Niguarda e di Sesto San Giovanni.
Lo stabilimento di Milano nel 1895 aveva già un'area di mq 35.617, dei quali 24.730 coperti, area che nel 1900 era diventata di 45.000 e 35.000 mq, rispettivamente. L'occupazione era passata dai 400 dipendenti del 1887 ai 2.000 nel 1889, poi, superato un periodo di crisi ai primi del '90, nel 1895 aveva raggiunto di nuovo gli 800 dipendenti, e i 1.200 nel 1898. Ancora una flessione dell'occupazione nel biennio 1901-1902 (da 3.500 a 2.800 occupati), poi, nel 1904, di nuovo un aumento, circa 4.000. Lo stabilimento di Milano, prima dell'avvio e del trasferimento di alcune lavorazioni a Niguarda e a Sesto, comprendeva ben 20 sezioni che andavano dalla sala dei modellisti all'officina costruzione carri ferroviari, alla torneria bossoli e cannoni, alla fonderia ghisa, con un totale di 631 macchine operatrici, escluse quelle dell'attrezzeria.
L'acquisto dei terreni e l'inizio dei lavori per le nuove officine costrinsero lo a ricorrere, nel 1904, all'emissione di obbligazioni per lire 4.000.000, curata, come le altre successive operazioni finanziarie della società, dalla Banca commerciale italiana. Il trasferimento nelle nuove officine permise la realizzazione di un progetto amministrativo di notevole importanza per quel tempo (1907), e cioè la separazione amministrativa dei tre stabilimenti di Milano, Sesto e Niguarda coordinati da una direzione generale. Comportò anche problemi di alleanze tra gruppi industriali e finanziari: dal 1911 compaiono nel Consiglio di amministrazione, tra gli altri, Giuseppe Orlando e Giuseppe Balduino.
La produzione di locomotive per il mercato nazionale ebbe questo andamento: 1887, 21 locomotive; 1888, 24; 1889, 49; 1890, 27; 1891, 13; 1892, 43; 1893, 48; 1894, 21. Tra il 1895 e il 1897 non vi furono ordinativi da parte delle maggiori società ferroviarie italiane. Nel 1899 però la "Strade ferrate del Mediterraneo" ne ordinava 131, e 78 la "Adriatica" nel biennio 1898-1899. Un notevole ampliamento produttivo si ebbe a partire dal 1904, da quando, cioè, si seppe con certezza che la nazionalizzazione delle ferrovie italiane sarebbe avvenuta l'anno successivo e che quindi lo Stato avrebbe ripreso la politica del rinnovo e dell'ampliamento del parco macchine e vagoni ferroviari. Difatti nel solo quadriennio 1905-1908 furono ordinate alla produzione italiana ben 1.050 locomotive. L'ordinativo alla Breda nel solo 1908 ammontò a 120 unità. I tipi più noti della produzione furono quelli designati con i nomi "Andorno", "Castellamare di Stabia", "Casarino" (La Società ital. E. B. ..., pp. 31 ss.). Gli effetti della produzione della società si fecero sentire presto sulle importazioni dall'estero di locomotive e parti di locomotive; dai 70.000 q d'importazione per un importo di lire 7.500.000 nel 1888, si passò a 4.000 q nel 1891 ed a 3.000 nel 1895 per un valore di circa lire 300.000. Le prime esportazioni, oltre alla Romania (22 locomotive), toccarono la Società belga delle ferrovie (5), lo Stato serbo (6) e la Danimarca. Nel 1908 l'esportazione all'estero assommava a 137 locomotive. Fu chiaro tuttavia, ben presto, che questo settore di attività non avrebbe potuto assicurare continuità alla ditta; perciò a partire dal 1903, con lo spostamento in altri stabilimenti, egli dette l'avvio ad altre produzioni, in particolare a quella delle macchine agricole. Il nuovo indirizzo fu attuato anche con una nuova distribuzione organizzativa e produttiva dei tre stabilimenti; a Niguarda: macchine agricole; a Sesto San Giovanni: armi, carrozze ferroviarie e riparazione locomotive, con, una sezione di macchine utensili, un'officina di fucinatura con magli ad aria compressa ed a vapore, e presse a vite; a Milano: fonderia e locomotive. I nuovi stabilimenti, avviati nel 1903, furono completati circa sette anni dopo.
Nel 1908 la società festeggiava la consegna della millesima locomotiva costruita nelle proprie officine. In quel momento la Breda occupava un'area di 456.000 mq, dei quali 95.000 coperti: aveva alle proprie dipendenze 4.500 operai che, uniti ai 4.000 cavalli di forza motrice installati e alle 1.400 macchine utensili, davano un rapporto tra capitale costante e forza lavoro tra i più elevati in Italia.
Dal 1908 al 1914 la Società procedette a un regolare sviluppo della produzione ampliando contemporaneamente, secondo piani sistematici, gli stabili di Sesto San Giovanni e costruendovi nuove officine. La continuità e la sistematicità degli indirizzi di politica produttiva possono essere desunti anche da un altro parametro: dalla sua presenza nei consigli d'amministrazione di particolari industrie. Breda compare come consigliere della ditta di trasporti "Innocenti Mangili" (Milano, capitale 3.500.000), della "Vagoni frigoriferi" (Milano, 500.000), della "Società italiana Langen e Wolf" (Milano, 4.000.000), della "Quartiere industriale Nord-Milano" (Milano, capitale 5.000.000); come vicepresidente della "Società umbro-marchigiana per l'esercizio dell'industria agricola" (Perugia, 2.000.000); come presidente della "Società italiana per commercio delle macchine ed istrumenti agrari" (Piacenza, 2.250.000).
Alla vigilia della prima guerra mondiale la struttura organizzativa della società era in condizioni di poter non solo sopperire alle nuove richieste, ma anzi di diventare uno dei punti di forza della industria strategica. Scoppiato il conflitto, Breda si adoperò con grande energia nella immediata trasformazione delle officine di Sesto e di Niguarda in proiettifici, pur conservando in efficienza lo stabilimento per la riparazione delle locomotive e una parte dello stabilimento per la costruzione dei carri ferroviari, poiché il materiale di trazione e quello mobile ferroviario erano altrettanto necessari alla condotta della guerra quanto le armi e munizioni. Il resto degli impianti venne radicalmente trasformato in vero e proprio arsenale, destinato alla fabbricazione dei macchinari necessari alla produzione bellica non più reperibili in quel periodo sui mercati stranieri. Lo stabilimento di Milano fu convertito in fabbrica di macchine utensili e, più tardi, in fabbrica di cannoni, obici e mortai, e infine di siluri. Affrontò inoltre il problema dell'integrazione del ciclo produttivo, avviando a Sesto la sezione siderurgica con due forni Martin Siemens e un treno laminatoio, operativi tra il 1915 ed il 1916. Nel biennio 1917-1918 la sezione siderurgica produsse 40.000 tonnellate di acciaio per armi e munizioni.
Intanto, poiché la guerra sottomarina rendeva più accentuate le già gravi difficoltà del rifornimento di carbone, egli si indirizzò allo sfruttamento del potenziale energetico idrico, mirando a produrre l'acciaio anche con forni elettrici. Vennero valorizzati così dapprima piccoli impianti idroelettrici sulle pendici del monte Rosa, poi, sui progetti dell'ing. A. Omodeo, fu approntato nel 1917 l'integrale sfruttamento idroelettrico del bacino della valle del Lys. Nell'ultimo periodo della guerra la società avviò nuove costruzioni, quali le navali (cantieri di Venezia), e, su licenza, velivoli (il Caproni 600) e motori Fiat d'aviazione, toccando una produzione mensile di circa 100 grandi aeroplani.
L'organizzazione e l'efficienza degli impianti e la manodopera qualificata permisero alla Breda di sfruttare al massimo le opportunità offerte dalla guerra, senza però dover ricorrere, almeno nelle misure in cui vi ricorsero altre industrie, a mastodontici ampliamenti delle strutture produttive prebelliche, il cui ammortamento non fu sempre coperto dai profitti di guerra e che, spesso, portarono quelle società al fallimento.
Questa conduzione dell'impresa è confermata indirettamente dalla Inchiesta per le spese di guerra, che non accertò nessuna irregolarità a carico della Breda, ricordata solo per l'assegnazione di un regolare ordinativo di 600 aerei (Relazione della Commissione parlamentare...., I, p. 294) e come una delle società cui ditte concessionarie del ministero della Guerra subappaltavano i lavori: è il caso della ditta Mangiapan che girava gli ordinativi alla Odero e alla Breda percependo fino al 30% dell'ammontare netto dei contratti.L'apporto della società al complesso della produzione bellica, a cui Breda destinò soprattutto le officine di Sesto e di Niguarda, divenute in pratica dei proiettifici, fu il seguente: 3.000.000 di proiettili di piccolo calibro; 2.700.000 di medio; 300.000 di grande; 100.000 bombe per aviazione; 1.600 accumulatori d'aria per la marina; 687 mortai da 210 mm; 480 obici da 149 mm; 680 siluri; 700 motori d'aviazione. Vennero anche prodotti una gran quantità di affusti per cannoni, parti di ricambio per motori, e circa 2.000 carri ferroviari.
La guerra offrì un'altra opportunità a breda per lo sviluppo della propria ditta, cioè la diffusione della motoaratura per proprietari privati e per i terreni demaniali con concorso o a carico dello Stato, data la scarsità di manodopera agricola maschile. Si ebbe infatti l'espansione dell'industria delle macchine agricole, settore al quale egli aveva destinato prima della guerra lo stabilimento di Niguarda.
Egli infatti non trascurò neppure in questi anni una direttiva strategica di sviluppo aziendale tale che gli permettesse di inserirsi in una prospettiva a lungo raggio dell'evoluzione della meccanica e di riconversione dell'industria bellica. Proprio negli anni della guerra, avviò studi e ricerche per la costruzione di locomotive elettriche, presto tradotti in una officina di produzione, e lo stesso progetto di sfruttamento idroelettrico del bacino del Lys rientrava in questo piano. Nel giugno del 1917 esponeva pubblicamente il progetto di un istituto scientifico-tecnico per lo studio dei problemi siderurgici e metallurgici e per le inerenti ricerche scientifiche, che cinque anni dopo, nel 1922, cominciò a funzionare come "Istituto scientifico-tecnico Ernesto Breda". Nell'annunciare il suo progetto, egli ripeteva il motivo dell'emancipazione dell'Italia dall'industria, straniera, ma sottolineava significativamente che si voleva "... fondare sopra salde basi scientifiche un'industria forte...".
Alla fine del 1918 l'area complessiva di tutti gli stabilimenti era di 3.000.000 di mq (Milano 45.000 mq; Sesto e Niguarda 925.000 mq; cantieri aereonautici 1.500.000 mq), di cui 315.000 coperti. La potenza motrice installata era di 20.000 cavalli, azionante 1.400 macchine utensili; la manodopera occupata era di circa 10.000 tra operai, impiegati e tecnici.
Il capitale, già portato a 25 milioni nel 1917, subiva nel 1918 due aumenti, prima a 50, poi a 100 milioni.
Morì a Milano il 6 nov. 1918, colpito da malore nella sede del Comitato di mobilitazione, mentre ascoltava il bollettino della vittoria. Egli era stato fatto cavaliere del lavovo il 17 dic. 1905. Fu, inoltre, membro del Collegio degli ingegneri di Milano e socio benemerito dell'Automobile Club d'Italia.
Archivio storico Breda
Notizie sulla società
Nel 1886, l'ing. Ernesto Breda rilevò l'Elvetica, una piccola società milanese operante nel settore meccanico-ferroviario, e costituì l'Accomandita semplice ing. Ernesto Breda e C. Nel 1899, la società cambiò la sua ragione sociale in Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche (Sieb). All'intento iniziale di specializzare l'azienda nella produzione esclusiva di locomotive e materiale ferroviario in genere, si affiancarono via via nuove produzioni, in particolare quelle di materiale bellico. Il primo conflitto mondiale, infatti, orientò lo sforzo produttivo della società sulle commesse militari: per far fronte alla domanda statale vennero aperti reparti siderurgici e fu avviata la produzione di velivoli e l'attività cantieristica. Il dopoguerra fu caratterizzato dal difficile processo di riconversione degli impianti per le produzioni di pace. Solo alla fine degli anni Venti la Sieb, ricorrendo a un prestito obbligazionario sul mercato statunitense, riuscì a superare definitivamente le difficoltà del decennio precedente. Il completo rilancio avvenne solo a metà degli anni Trenta, in concomitanza con i preparativi per la guerra d'Etiopia. Nel 1936 le unità tecnico produttive del complesso erano le seguenti: a Milano, la Direzione centrale e il Reparto costruzione macchine industriali, a Sesto San Giovanni le sezioni I elettromeccanica e locomotive, II ferroviaria, III fucine, IV siderurgica, V aeronautica. A queste sezione si affiancò l'attività dell'Istituto scientifico tecnico, sempre a Sesto San Giovanni, delle sezioni VI e VII di Brescia e Roma (entrambe fabbriche d'armi) e dell'VIII cantiere navale di Marghera. La società controllava anche la neonata società Industrie meccaniche e aeronautiche meridionali (Imam) di Napoli. Intensa era anche la ricerca mineraria in varie zone del paese. La seconda guerra mondiale intensificò la produzione bellica della Sieb. Nel 1941 fu aperto un nuovo stabilimento ad Apuania (sezione IX), per la produzione di bombe e proiettili. Negli anni della ricostruzione la Sieb fu impegnata nel difficile compito di riavviare la propria attività e risanare la grave situazione finanziaria. Nel 1951, a seguito dell'approfondirsi della crisi economica del gruppo, l'avv. Pietro Sette venne nominato commissario straordinario dal Fondo per il finanziamento dell'industria meccanica (Fim) con l'incarico di procedere al riassetto del complesso industriale. La Sieb si trasformò in una holding, la Finanziaria Ernesto Breda (Feb), e le sezioni di produzione si costituirono in società per azioni controllate dalla Finanziaria. La Feb nasce il 14 luglio 1952 come frutto di una completa trasformazione delle funzioni e a un mutamento del suo oggetto sociale che, a norma dell'art. 4 dello statuto, consiste nella assunzione di partecipazioni in altre società ed enti, nel finanziamento e nel coordinamento tecnico e finanziario delle società ed enti nei quali partecipa; nella compra-vendita, possesso, gestione e collocamento di titoli pubblici e privati. Il riassetto aziendale che ha portato alla nascita della Feb ha comportato la chiusura dei settori produttivi che svolgevano attività non economiche o senza possibilità di mercato (ad esempio la produzione aeronautica); l'eliminazione o riduzione di alcuni servizi di carattere generale o specifici non convenienti dal punto di vista economico; l'adeguamento quantitativo del personale all'effettivo carico di lavoro; la costituzione di otto società per azioni (Breda elettromeccanica e locomotive, Breda ferroviaria, Breda motori, Breda fucine, Breda siderurgica, Breda Istituto di ricerche, Breda meccanica bresciana, Breda meccanica romana) che ereditano le funzioni svolte nel passato dalle sezioni di produzione; l'assunzione da parte della Società della naturale fisionomia di holding in relazione alle sue nuove funzioni di coordinamento finanziario e amministrativo delle aziende del gruppo; l'avviamento di un cospicuo programma di potenziamento e di ammodernamento degli impianti
delle nuove aziende. Nel corso degli anni Cinquanta la Feb, ripresasi completamente dalla crisi del secondo dopoguerra, è in grado di far uscire dai propri stabilimenti una gran varietà di prodotti: locomotive elettriche e macchine per il movimento terra, macchinari e strumentazioni per centrali termiche e impianti di estrazione e raffinazione del petrolio e del metano, macchine industriali e motori diesel, armi leggere, trattori ed escavatrici, telai per calze, frigoriferi e motocicli, ecc. ecc. Alla fine del 1958, chiusasi la liquidazione del Fondo per il finanziamento dell'industria meccanica (Fim), l'ente che ha assolto il non agevole compito di assistere un gruppo di industrie meccaniche italiane nel faticoso processo di riconversione conseguente alla fine del secondo conflitto mondiale, alla Feb vengono trasferite dal Fim, a titolo di comodato, le maggioranze azionarie delle società Industrie meccaniche bergamasche - Cab, Reggiane Omi, Ducati - Società scientifica radio brevetti Ducati, Cantiere navale Breda, Società bonifiche antimine recuperi e costruzioni - Sbarec. Sempre nel 1959 si attua il trasferimento ad aziende del gruppo Finsider dei pacchetti azionari della Breda siderurgica (ex sezione IV della Sieb) e della Siderurgica milanese (altra società del gruppo Feb). All'inizio degli anni Sessanta l'Efim, tramite la Feb e in collaborazione con la Cassa per il Mezzogiorno, costituisce la società Insud - Nuove iniziative per il Sud con compiti di promozione di attività industriali nell'Italia meridionale. Nascono così molte imprese soprattutto in Puglia, nel Barese (fra le altre la Termosud per la produzione di attrezzature per la generazione di vapore; la Pignone sud per la produzione di valvole di regolazione e sicurezza, strumentazione pneumatica ed elettrica, telecomandi; la Cartiera mediterranea e l'Italperga; la Brema per la produzione di pneumatici; la Breda Hupp per la produzione di apparecchiature per il condizionamento dell'aria). Nel corso di questo decennio la Società avvia, tramite la Breda termomeccanica e locomotive (una delle due società nate dalla scissione della Breda elettromeccanica e locomotive nel 1959, l'altra è la Breda elettromeccanica), la produzione di componenti per l'industria nucleare. Contemporaneamente la Feb esce dal settore navale. Durante gli anni Settanta la Finanziaria decide di puntare gran parte delle proprie risorse nella fabbricazione di mezzi e sistemi di difesa, nei settori della fucinatura e della fonderia, dell'impiantistica e della meccanica varia, dell'edilizia e delle costruzioni. Si colloca in questi anni la cessione della Breda termomeccanica all'Iri e la conseguente acquisizione da tale gruppo delle società Oto Melara e Termomeccanica italiana di La Spezia, ma anche la costituzione di nuove imprese come la Oto trasm e la Oto Breda sud. Dalla Bastogi arriva invece alla Feb la Officine Galileo storica azienda di Firenze. Sul finire del decennio Ottanta la Feb, nel tentativo di fronteggiare le crisi dei settori meccanico, siderurgico e nucleare, procede alla vendita di aziende e impianti e al ridimensionamento delle maestranze. Nel 1994 la Società entrò in amministrazione controllata.
L'Archivio storico Breda
L'Archivio Breda ha un'origine e una storia singolari: non si è formato attraverso le fasi consuete - prima archivio corrente, poi archivio di deposito, quindi archivio storico - sia per quanto riguarda la Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche, sia per ciò che concerne la Finanziaria Ernesto Breda e le società da questa controllate o a questa consociate. Il primo nucleo dell'attuale Archivio storico si è costituito all'interno di una delle società del Gruppo, la Breda termomeccanica, grazie all'interessamento e alla passione di quattro suoi dipendenti (Rodolfo Spadaro, Carlo Vimercati, Giuseppe Bruscella, Ivano Baucia) che, assistendo all'invio al macero di ingenti quantità di documenti, si posero il problema del salvataggio in primis e del recupero di ogni tipo di documentazione che testimoniasse l'attività delle prime due sezioni di produzione (poi rispettivamente Breda elettromeccanica e locomotive e Breda ferroviaria).
Nel 1983 l'Archivio fu dichiarato di notevole interesse storico dalla Sovrintendenza archivistica della Lombardia. Nel 1986, la Feb, in occasione delle celebrazioni per il centenario della società, resasi conto dell'interesse che l'Archivio storico aveva suscitato fra molti studiosi di storia dell'industria, promosse la costituzione di un proprio archivio con lo scopo di "valorizzare l'identità
e la memoria storica della società, ma anche per soddisfare le richieste di documentazione e di ricerche che ci provengono da più parti", incorporando il nucleo archivistico già esistente. Rodolfo Spadaro fu nominato responsabile dell'Archivio e la ricerca e il recupero della documentazione divennero sistematici e rivolti all'intero complesso Breda.
In seguito alla dichiarazione sullo stato di liquidazione della Feb, nel 1994, e al passaggio di proprietà delle società del Gruppo, si presentò il problema delle sorti dell'Archivio e soprattutto di una possibile dispersione della documentazione fino ad allora raccolta. Rodolfo Spadaro prese allora contatti con l'allora Istituto milanese per la storia dell'età contemporanea - Ismec (oggi Fondazione Istituto per la storia dell'età contemporanea - Isec) e, successivamente, con il Comune di Sesto San Giovanni per verificare la possibilità di acquisizione dell'Archivio da parte del Comune stesso. La Sovrintendenza archivistica espresse parere favorevole all'operazione, così come favorevoli furono i pareri del Comune di Sesto e della Direzione della Feb. L'iter si concluse il 16 ottobre 1995 con la firma di una convenzione, che prevedeva l'acquisizione dell'Archivio da parte del Comune e il suo deposito presso la sede dell'Ismec, che a sua volta si impegnava a garantirne la conservazione, l'ordinamento e la messa a disposizione degli studiosi e del pubblico in genere.
Originariamente l'Archivio storico era costituito da circa 250 metri lineari di documenti di varia natura: dai libri sociali della Sieb e della Feb alla documentazione prodotta dagli organismi dirigenti delle stesse, dalle carte relative alla gestione del personale (ricordiamo qui le circa 150.000 schede del personale) alle migliaia di disegni tecnici che danno conto della multiforme attività produttiva della Breda nel corso di un secolo di storia, dai bozzetti pubblicitari alle circa 45.000 immagini dell'archivio fotografico che mostrano gli stabilimenti produttivi, le fasi delle lavorazioni, i prodotti, le partecipazioni a manifestazioni fieristiche nazionali e internazionali, le visite di personalità e delegazioni agli stabilimenti. L'Archivio conserva poi centinaia fra modelli di manufatti, attrezzi e utensili di officina e d'ufficio, stemmi e marchi aziendali, targhe di prodotto o di identificazione degli stabilimenti, parti di corredo di carrozze ferroviarie ecc.
Dopo il trasferimento dell'Archivio nei locali dell'Ismec è proseguita la ricerca di ulteriore documentazione, tanto che oggi, a seguito di nuovi consistenti versamenti, la parte cartacea ha superato i 600 metri lineari: è stata recuperata altra documentazione prodotta dalla Breda termomeccanica, cospicua documentazione della Breda siderurgica e della Breda fucine, nonché di altre società del Gruppo come la Società immobiliare generale milanese azionaria (Sigma), che si occupava della gestione del patrimonio immobiliare del Gruppo Breda.
L'ordinamento
Quando nel 1995 fu depositato presso la Fondazione Isec il primo nucleo dell'Archivio Breda, si iniziò la ricognizione e la schedatura della documentazione, operazione che si concluse alla fine del 2004, quando si ipotizzò che le acquisizioni si potessero considerare concluse. Nel corso del lavoro di schedatura è risultata evidente la necessità di stendere un progetto complessivo di riordino che riflettesse e desse conto della complessità della storia della Breda, una società che in oltre cento anni di vita ha subito numerose trasformazioni nell'assetto societario, organizzativo e produttivo, pur mantenendo sempre una certa unitarietà e continuità, sia per quanto concerne i quadri dirigenti sia per quanto riguarda il tipo di produzioni. Si è quindi deciso di considerare l'Archivio un corpo unico, articolato in tre sezioni: Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche (bb. 162, unità archivistiche 1.102), Finanziaria Ernesto Breda (bb. 1.008, unità archivistiche 2.491), Archivio delle società (controllate e consociate, bb. 917, unità archivistiche 2.587). Le sezioni sono a loro volta ordinate in serie ed eventualmente in sottoserie. La numerazione delle buste è continua per tutte le sezioni, mentre quella dei fascicoli inizia da uno all'interno di ogni sezione. L'unitarietà dell'Archivio storico Breda è confermata anche dal fatto che vi sono serie documentarie, che si è scelto di conservare all'interno della sezione Finanziaria Ernesto Breda, che travalicano i confini temporali delle prime due sezioni e non sono mai state scorporate. Ci si riferisce alle serie Bilanci,
Personale, Danni di guerra, Pubblicità. Il riordino ha comportato una serie di operazioni complesse che, partendo dalla ricostruzione puntuale delle vicende storiche della Società, permettesse di ipotizzare l'architettura complessiva dell'Archivio, una sorta di ordinamento virtuale, che ha portato naturalmente a una revisione completa del vecchio ordinamento. Dato che l'Archivio storico era già stato oggetto di studi e ricerche, in particolare per quel che concerne la prima sezione, si è ritenuto indispensabile conservare nell'inventario, accanto alle nuove, le vecchie segnature, per dare la possibilità agli studiosi di ritrovare la documentazione consultata in passato.
Bibliografia generale
- Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche Milano, Per la millesima locomotiva, Milano, Capriolo e Massimino, 1908;
- La Società italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche. Dalle sue origini ad oggi, 1886-1936, Verona, A. Mondadori, 1936;
- La Breda. Dalla Società italiana Ernesto Breda alla Finanziaria Ernesto Breda, 1886-1986, Milano, Amilcare Pizzi, 1986;
- La Breda all'estero. Un secolo di lavoro nel mondo, Milano, Amilcare Pizzi, 1990;
- "Annali 3. Studi e strumenti di storia contemporanea. Guida e fonti dell'Archivio storico Breda" (rivista dell'Istituto milanese per la storia della resistenza e del movimento operaio poi Fondazione Isttituto per la storia dell'età contemporanea), 1994, a. III;
- "Annali 6. Studi e strumenti di storia contemporanea" (rivista dell'Istituto milanese per la storia della resistenza e del movimento operaio poi Fondazione Isttituto per la storia dell'età contemporanea), 2004, a. VI;
- Archivio storico Breda (a cura di), 100 anni Breda, 1886-1986, s.n.t.
Eugenio Caruso - 5 agosto 2016