Regole e controlli per ambiente, legalità e imprese.


Non c'è niente di più facile che indirizzare giovani spiriti all'amore dell'onestà e della giustizia.
Seneca, Lettere a Lucilio


Il tema della sostenibilità ambientale dello sviluppo rappresenta uno dei principali nodi da affrontare per la ripresa economica del nostro paese. L’industria è il fattore trainante per garantire sviluppo e crescita dell’occupazione; la manifattura in particolare può essere considerata la “sala macchine” dello sviluppo, perché genera gran parte degli incrementi di produttività dell’intero sistema economico.
Ciò avviene sia direttamente – attraverso l’innovazione tecnologica applicata ai suoi processi e ai suoi prodotti – sia indirettamente grazie all’utilizzo negli altri settori dei beni manufatti che incorporano queste innovazioni. Non di meno, è il comparto agricolo che rappresenta da sempre un’eccellenza per i prodotti diretti e per quelli derivanti dalla trasformazione, con l’utilizzo di innovazioni fondamentali per ridurre l’impatto ambientale e sanitario derivante dall’impiego della chimica nel settore primario.
In Italia, negli ultimi anni, i processi di ecoinnovazione hanno mostrato un significativo trend di crescita, compiendo notevoli progressi nel miglioramento dell’efficienza energetica, nel campo delle energie rinnovabili, nel riciclo dei materiali, nella biotecnologia industriale, nell’edilizia sostenibile, nei sistemi tecnologici per le smart cities e nella diffusione delle simbiosi industriali per il recupero di materia all’interno di filiere/ distretti produttivi.
Questi investimenti in tecnologie innovative hanno consentito di raggiungere risultati importanti sia in termini di riduzione complessiva delle emissioni inquinanti, sia in termini di crescita della competitività delle imprese e di sviluppo di nuovi prodotti.
In questo contesto è evidente la necessità di cambiare il paradigma sia delle politiche ambientali – che non potranno prescindere da un’attenta valutazione degli impatti sulla competitività industriale –, sia delle politiche industriali, che dovranno essere declinate in un’ottica di sostenibilità. La costituzione di un quadro regolatorio certo e stabile nel tempo, una governance istituzionale delle politiche ambientali e industriali in grado di assicurare integrazione delle decisioni, meccanismi che incentivino condotte virtuose sotto il profilo ambientale: questi elementi, oltre alla necessità di assicurare uniformità delle regole su tutto il territorio nazionale, diventano fondamentali per delineare e perseguire un modello di sviluppo del nostro paese all’altezza dei tempi e delle aspettative.
Non vi è dubbio che le imprese virtuose in Italia oggi sono la stragrande maggioranza, ma si trovano spesso a dover competere con altre che si insinuano nelle carenze normative e lucrano risparmiando su investimenti indispensabili per non impattare sull’ambiente.
Abbiamo inoltre di fronte nuove sfide significative come quella della lotta ai cambiamenti climatici, sulla quale tra breve il Governo dovrà presentare la sua strategia per il rispetto di Cop 21 e quella dell’economia circolare.
In questi giorni il Parlamento europeo è chiamato a licenziare una serie di provvedimenti fondamentali. Questo sarà il contesto all’interno del quale le nostre imprese dovranno competere e possibilmente affermarsi sui mercati interni e internazionali. La legge 68/2015 votata quasi all’unanimità per l’introduzione dei reati ambientali nel codice penale, e la riforma del sistema delle Agenzie ambientali appena approvata sono due leggi di iniziativa parlamentare che, insieme ai numerosi provvedimenti di semplificazione dei percorsi autorizzativi, vanno a costituire un quadro normativo moderno e più tutelante per le imprese di qualità che fanno dell’innovazione e della legalità la base delle loro scelte strategiche.
Queste norme hanno anche l’obiettivo di dare una concreta risposta alla crescente preoccupazione dei cittadini riguardo al rapporto ambiente-salute.
Conoscenza, trasparenza, professionalità, indipendenza, sono caratteristiche fondamentali per far sì che la gente possa riconoscere negli organi tecnici l’autorevolezza indispensabile per poter avere fiducia e per poter sentirsi tutelata nel bene supremo che è la propria salute. Non si parte certo da zero: oltre 200 sedi al servizio del paese, 600.000 campioni analizzati ogni anno, quasi 100.000 operazioni tra ispezioni e sopralluoghi e 73.600 istruttorie e pareri. Sono questi i numeri dell’attività delle Agenzie per l’ambiente e dell’Ispra. Più di 11.000 operatori provenienti dall’Ispra (1.350) e dalle Agenzie regionali e provinciali (9.736).
Numeri importanti, ma che ancora non garantiscono un’applicazione dei controlli ambientali adeguata e uniforme su tutto il territorio nazionale.
Le Agenzie del Sud sono sicuramente le più in difficoltà, nonostante spesso le emergenze ambientali riguardino proprio quelle regioni. Pensiamo all’Ilva in Puglia, a Priolo in Sicilia, a Viggiano in Basilicata. Grandi insediamenti industriali o aree da bonificare dove manca quasi completamente un controllo pubblico soddisfacente. Poche persone addette ai controlli, laboratori non certificati, personale a volte non qualificato! Scelte a volte scellerate a livello regionale che possono essere parzialmente risolte con la struttura a rete che viene proposta dalla legge.
La legge finalmente approvata introduce alcune questioni fondamentali:
- la costruzione di un Sistema a rete che consentirà uno scambio di informazioni e la costruzione di direttive tecniche uniche in tutto il paese
- la definizione di livelli minimi di prestazione tecnica ambientale uguali su tutto il territorio nazionale, superando la realtà attuale che vede, a parità di legislazione, impianti controllati in maniera diversa e autorizzazioni spesso differenti
- un sistema di laboratori a rete che consentirà di creare dei poli di specializzazione nel paese
- la possibilità per le Agenzie di nominare Ufficiali di polizia giudiziaria, consentendo una più stretta collaborazione fra le procure che indagano e gli operatori delle agenzie stesse
- il riconoscimento dell’ufficialità della produzione del dato ambientale; oggi troppo spesso assistiamo a girandole di dati pubblicati dalle più varie associazioni senza una base di scientificità garantita, inoltre viene dato a Ispra un ruolo di coordinamento del Sistema, con le funzioni tipiche di una Agenzia tecnica, rispetto l’inquadramento attuale di ente di ricerca.
L’approvazione della legge sugli ecoreati, la costituzione di un’unica Polizia di tutela ambientale nata dalla fusione di Carabinieri e Corpo forestale e l’introduzione di questa legge sul sistema delle Agenzie ambientali, danno all’Italia un’architettura legislativa tra le più avanzate in Europa. Siamo l’unico paese europeo ad avere una Commissione specifica sui reati ambientali.
Le nostre Forze di polizia e l’Agenzia per le dogane hanno al loro interno i migliori professionisti per contrastare i crimini ambientali a livello internazionale. Si può sempre migliorare ed è quello che dobbiamo fare, ma dobbiamo essere consapevoli che nessun paese europeo oggi presenta un quadro legislativo moderno e Forze di polizia competenti come l’Italia. Paesi considerati più attenti ai temi ambientali sovente non conoscono i fenomeni malavitosi che esistono all’interno dei loro confini. Ciò non significa che si debba abbassare la guardia: una maggior collaborazione fra le Procure, le Agenzie e le Forze di polizia non solo è auspicabile, ma indispensabile.
Il Sistema delle Agenzie dovrà essere sempre di più un sistema indipendente e autorevole. Nella legge nulla si dice riguardo alle risorse economiche e poco rispetto alla necessità di dotare queste strutture di personale qualificato.
Sono punti che dovranno essere riconsiderati! Ci sono però elementi di grande innovazione di cui ci si può ritenere soddisfatti. L’iter di questo provvedimento complessivamente è durato più di 10 anni e ha attraversato tre legislature. Ventuno anni per approvare la legge sugli ecoreati e dieci per quella di riordino delle Agenzie sono tempi incompatibili con il susseguirsi degli eventi. Ma averli approvati in questa legislatura, e con un ampio consenso politico, significa che davvero qualcosa sta cambiando. Vi è una sensibilità diversa nelle forze politiche e soprattutto vi è la consapevolezza che l’ambiente non solo è il bene comune per eccellenza da tutelare, ma anche un’opportunità straordinaria per lo sviluppo della nostra economia.

Alessandro Bratti
Deputato Pd, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti correlati

Tratto da ecoscienza 3/16


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Impresa Oggi - 16 settembre 2016


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