Non è mai poco quello che basta
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Prefazione
L’evoluzione delle tecnologie digitali pone le imprese di fronte a un atteso cambio di
paradigma
che permette anche,
e non solo
,
alle aziende manifatturiere, di realizzare una
maggiore inter-connessione e cooperazione tra le proprie risorse e i clienti: sistemi
complessi, singole macchine, persone, prodotti e informazioni, sia interni
alla fabbrica, sia distribuiti
lungo la catena del valore.
I risultati principali di questa discontinuità tecnologica sono costituiti da una maggiore
efficienza dei processi produttivi e da una maggiore competitività del sistema. Gli impianti,
il capitale umano, i materiali in input e i prodotti finiti possono essere dotati di sensori che
li connettono e ne rilevano costantemente posizione, stato e attività, aumentandone
controllo e remotizzazione; i dati raccolti vengono analizzati per migliorare la capacità
produttiva, l’efficienza, la sicurezza e la continuità operativa.
Gli operatori sono facilitati
nelle loro mansioni grazie a robot collaborativi e a nuove interfacce uomo-macchina che ne
potenziano sia la capacità esecutiva sia quella decisionale.
Infine, tutta la
fabbrica viene connessa al resto del sistema logistico-produttivo e ai clienti
tramite piattaforme cloud e i dati, relativi all’utilizzo dei prodotti,
sono
sfruttati per
facilitare l’assistenza post-vendita, lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, oltre
che per
abilitare nuovi modelli di business.
La discontinuità cui è chiamato
il mondo manifatturiero
non è solo
rappresentata dalla digitalizzazione delle varie anime della fabbrica,
ma anche
dal crescente contenuto di servizio a valore aggiunto all’interno del prodotto,
che sarà
reso
possibile dalle nuove tecnologie.
L’elemento attivatore degli investimenti in tecnologie digitali applicate ai processi
produttivi risiede primariamente nella necessità di customizzare i prodotti, accorciare la
supply chain rendendola più efficiente
e ottimizzare la risposta al mercato, migliorando il
time to market. Inoltre, l’introduzione di queste tecnologie all’interno dei processi può
avere come ricaduta un aumento della produttività.
La dimensione delle imprese italiane,
prevalentemente PMI, e la scarsa presenza di filiere
strutturate
in grado di favorire
una diffusione sistemica delle tecnologie
richiedono
l’attivazione di policy che sostengano una contaminazione orizzontale e diffusa,
attraverso
la condivisione di conoscenze e la disseminazione pervasiva di skill e competenze 4.0.
Mostrare gli esempi di successo nell’adozione delle tecnologie, l’aumento dell’efficienza dei
sistemi e il vantaggio competitivo ottenuto da chi ha fatto investimenti 4.0 e
contemporaneamente fornire accompagnamento al processo di trasformazione digitale è
l’obiettivo di Assolombarda
.
È questo
lo spirito con cui un’associazione imprenditoriale
moderna deve approcciare l’evoluzione tecnologica in atto.
1. La tecnologia
Industry 4.0 (I4.0)
1.1.
Introduzione
Industry 4.0 è la teorizzazione di un paradigma manifatturiero basato sul concetto di “ Cyber
Physical
System” (CPS) ,
ovvero
sistemi informatici in grado di interagire con i sistemi fisici in
cui operano; tali sistemi sono
dotati di capacità computazionale, di comunicazione e di
controllo.
In Germania, Industry 4.0
è stato promosso
dai grandi vendor tedeschi di tecnologie ICT e di
automazione, con una logica di tipo “technology
-
push”, prendendo spunto da aspetti legati
alla standardizzazione. Sulla base di tale sollecitazione e con il supporto di consulenti
industriali,
Industry 4.0
è stata successivamente inquadrato
nel contesto più ampio di
strategia competitiva tedesca,
richiamando
il
concetto di CPS che era stato presentato
qualche anno prima da
parte di scienziati americani.
Le potenzialità delle moderne tecnologie informatiche e produttive, unita alla loro
maggiore accessibilità, hanno fatto sì
che Industry 4.0 si proponesse
come
la
“quarta
rivoluzione industriale”.
La diffusione del concetto di Industry 4.0 è stata tale e talmente
diversificata nei diversi Paesi, ambienti industriali e della ricerca che
non
ne
esiste una
definizione univoca.
Industry 4.0 è spesso identificato con l’insieme di una serie di
tecnologie: “Internet of Things” (IoT), Big Data Analytics, Robotica collaborativa,
Additive Manufacturing, Digital Factory, ecc. Attraverso
tali tecnologie abilitanti, le imprese
hanno la possibilità di innovare radicalmente il loro modello di business.
Spesso vengono così classificate le prime tre rivoluzioni industriali.. La prima interessò prevalentemente il settore tessile-metallurgico con l'introduzione della macchina a vapore, nell'arco cronologico solitamente compreso tra il 1780 e il 1850. La seconda rivoluzione industriale viene fatta convenzionalmente partire dal 1870 con l'introduzione dell'elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Alcuni economisti si riferiscono agli effetti dell'introduzione massiccia dell'elettronica, delle telecomunicazioni e dell'informatica nell'industria come alla terza rivoluzione industriale, che viene fatta partire dal 1970.
Nel contesto di innovazione manifatturiera italiana
,
si può affermare
che Industry 4.0
abbraccia un'importante parte delle tematiche di ricerca e innovazione indicate come
prioritarie per il futuro del manifatturiero nazionale e indirizza un numero significativo di
“Linee di Intervento” prioritarie, in particolare:
- strategie per la produzione personalizzata;
- strategie, metodi e strumenti per
la sostenibilità industriale;
- sistemi per la valorizzazione
delle persone nelle fabbriche;
- sistemi di produzione ad alta efficienza;
- sistemi di
produzione evolutivi e adattativi;
- strategie e management per i sistemi produttivi di
prossima generazione.
Industry 4.0 può rappresentare una grande opportunità per la Manifattura italiana, che più
di altre in Europa potrebbe trarne vantaggio,
infatti:
- l’Italia eccelle per produzioni customizzate e ad alto valore aggiunto, che
richiedono dinamicità e flessibilità produttiva. Le tecnologie di Industry 4.0
potrebbero
contribuire significativamente a
valorizzare ulteriormente le capacità
esistenti;
- l’Italia
è la seconda manifattura
in Europa (dopo la Germania), con una
riconosciuta capacità di integrazione di tecnologie innovative all’interno dei
prodotti per
fornire soluzioni
ad alto valore aggiunto.
I
produttori dei beni
strumentali
sono chiamati ad
integrare,
all’interno di macchine e sistemi,
le
tecnologie di sensorizzazione, networking e automazione tipiche di Industry 4.0,
al fine di implementare il concetto di CPS e fornire soluzioni integrate
utili a
soddisfare
i bisogni delle imprese, in particolare
delle PMI. Se
si orientassero verso
l'
integrazione modulare di soluzioni di diversi vendor,
i fornitori di sistemi e
i
produttori di
beni strumentali italiani potrebbero
fornire
soluzioni di produzioni
4.0 customizzate particolarmente adatte alle PMI, come alternativa alle soluzioni
rigide e integrate
offerte dai
competitor tedeschi.
- Nel lungo periodo, se si affermassero standard aperti
a supporto
della
interoperabilità tra sistemi di imprese diverse, la struttura industriale italiana
-
caratterizzata
dal maggior numero di micro e piccole imprese
a livello europeo
-
potrebbe beneficiare
anche
di nuovi strumenti di interconnessione per creare
network di imprese estesi anche al di fuori dei confini del Paese,
determinando
quindi un aumento della competitività anche in presenza di
ridotte dimensioni
aziendali.
Per sfruttare tali opportunità, però, occorre che la diffusione
di
Industry 4.0
sia
strategicamente indirizzata attraverso una chiara politica industriale,
onde evitare il
concreto rischio di frammentazione dovuto alla multidisciplinarità intrinseca
dell’argomento e al grande numero e diverse tipologie di stakeholder che
hanno avviato
iniziative
sul tema.
Guardando all’innovazione manifatturiera degli ultimi anni, si può affermare che Industry
4.0 è
più un’evoluzione già in corso da decenni, che una vera e propria rivoluzione
improvvisamente abilitata dalla disponibilità di nuove tecnologie. Nei campi della robotica,
sensoristica, additive manufacturing, “Digital Factory”, sistemi di
automazione e controllo,
ecc.
infatti, il trend verso la digitalizzazione, l’aumento delle performance e l’integrazione
delle risorse produttive è in corso da tempo. Di conseguenza, già oggi è possibile
implementare, almeno parzialmente, soluzioni innovative “in ottica 4.
0” con tecnologie
commerciali. Anche in termini di business model e di “paradigm shift” che Industry 4.0
rende possibili, il trend verso la “personalizzazione” e la “servitizzazione” dell’offerta,
resi
possibili da nuove modalità di gestione e dall’accresciuta intelligenza dei sistemi produttivi,
è dibattuto già
da diversi anni. Indubbiamente, la recente disponibilità e la sempre maggior
diffusione di alcune tecnologie abilitanti Industry 4.0 nella sua interezza
(quali ad esempio i
sensori miniaturizzati a
basso costo)
, forniscono nuovi strumenti tecnologici e di
interconnessione delle risorse manifatturiere che
determinano
l’accelerazione
del trend di
adozione delle tecnologie informatiche e di rinnovamento dei modelli di business già in
corso.
La strada verso Industry 4.0 va,
quindi,
inquadrata in un processo già in atto. In particolare,
alla luce dell’approccio “technology
push” che
ne
ha caratterizzato la nascita e lo sviluppo,
occorre inserire nel dibattito la logica “market pull”. Occorre chiedersi,
cioè,
quali siano i
problemi delle nostre imprese che l’introduzione di Industry 4.0 può contribuire a risolvere
e, di conseguenza, quali le opportunità per il sistema Paese. Infine, tale strada deve essere
disegnata identificando puntualmente ciò che
allo stato dell’arte
manca nei vari ambiti
tecnologici per arrivare alla realizzazione del paradigma nel suo complesso e per cogliere
conseguentemente i vantaggi
attesi.
Per questo è necessario addentrarsi nell’analisi dei sotto-ambiti tecnologici che concorrono
alla realizzazione di Industry 4.0.
1.2.
Come Industry 4.0 può rispondere alle sfide
della manifattura italiana
Industry 4.0 è nato come
fenomeno “technology-push” (dalla produzione al mercato), cioè promosso con una visione
tecnologica che prende
spunto dalle
potenzialità
che le nuove tecnologie possono offrire. Di
conseguenza, si è finora trascurata la visione del mercato, quella cioè che parte dai bisogni e
dalle sfide delle imprese, cui le tecnologie possono rispondere. Per contestualizzare Industry
4.0 nel dibattito italiano, si propone di abbracciare la visione “market-pull” (dal mercato alla produzione) , partendo dalla
conoscenza delle peculiarità della manifattura del nostro
Paese, per
definire con chiarezza
quali sono i vantaggi che le imprese possono
ottenere, nel breve e lungo termine, con
l’introduzione del concetto di Industry 4.0.
Si considerino cinque aree
tecnologiche ritenute strategiche per l’implementazione di Industry 4.0.
Robotica collaborativa
C
ontrollo e supervisione avanzati del processo produttivo
Fabbrica Digitale
Internet of Things e Big Data
Cyber Security
Con lo scopo di introdurre una visione applicativa delle tecnologie abilitanti di tali aree
tecnologiche, si identifichino per ciascuna di queste le sfide che le imprese manifatturiere
devono affrontare, per le quali le tecnologie abilitanti possono fornire risposte. In tal modo,
si introduce il legame tra tecnologia abilitante
l’Industry 4.0 e la sua concreta utilità per le
imprese se effettivamente introdotta in azienda.
Per approfondimenti sulle singole tecnologie abilitanti si rimanda al progetto di ricerca
“Approfondimento sulle tecnologie abilitanti Industria 4.0”
di Assolombarda Confindustria
Milano Monza e Brianza.
1.3.
Industry 4.0 e nuovi business model
Industry 4.0 è indicato come un nuovo paradigma
manifatturiero che rivoluziona
il business
model delle imprese. La disponibilità di un’enorme mole di dati e informazioni,
in tempo
reale e ad alto valore aggiunto,
sulle risorse produttive delle imprese e dei network di
produzione cui partecipano, nonché sui prodotti durante tutto il
loro ciclo di vita e sui
clienti
apre,
di fatto,
la strada verso una serie di nuove possibilità di offerta di prodotti
-
servizi, nuovi business e modalità più efficaci di gestione delle filiere produttive.
Se
Industry 4.0 sarà implementato in tutta la sua
potenzialità, le imprese avranno a
disposizione potenti strumenti a supporto dell’evoluzione del loro modello di business
nelle seguenti direzioni:
La
personalizzazione
dell’offerta di prodotti e servizi per i clienti. Le tecnologie IoT
renderanno disponibili in tempo reale una grande mole di informazioni sui clienti,
per esempio in merito alle modalità di utilizzo/fruizione di prodotti
-
servizi, dati
biometrici, stile di vita, ecc. Sarà quindi possibile definire con precisione i bisogni
dei clienti eseguendo
un targeting spinto del mercato attraverso la definizione di
soluzioni dedicate, a limite personalizzate per i singoli clienti, attivando di
conseguenza la filiera produttiva per pianificare,
nella maniera più efficiente,
tali
produzioni all’interno del
network.
Esempi di modelli di business che già vanno in
questa direzione sono quelli abilitati dalle tecnologie di additive manufacturing, in
cui i clienti possono interagire con le imprese produttrici di prodotti personalizzati
(oggetti di design, giocattoli, dispositivi medici, indumenti tecnici, ecc.) attraverso
degli applicativi web dedicati o sistemi di scansione per il rilevamento di parametri
biometrici, che trasmettono i dati personalizzati
di sistemi di produzione.
Nel
prossimo futuro,
la diffusione di sensori presso i clienti potrà supportare la
produzione di prodotti personalizzati in settori manifatturieri di alta rilevanza
sociale,
quali l’industria della salute e alimentare (si pensi a farmaci, alimenti e
dispositivi medici personalizzati, ecc.).
La
servitizzazione, cioè il processo di trasformazione delle imprese manifatturiere
verso l’offerta di prodotti
-
servizi integrati ad alto valore aggiunto. All’estremo, le
imprese potrebbero non più fornire prodotti, ma offrire servizi che garantiscono
ai
clienti l’uso degli stessi. Per rendere possibile tale trasformazione, la manifattura e
la gestione del ciclo di vita di prodotti e processi diventeranno ancora più sfidanti,
in quanto servizi sostenibili e ad alto valore aggiunto potranno essere offerti
solamente a partire da processi produttivi e di gestione del ciclo di vita altamente
efficienti e coordinati. Le tecnologie IoT accoppiate alle macchine e ai prodotti
sensorizzati potranno abilitare l’offerta di tali servizi ai clienti, identificandone
in
tempo reale le condizioni rispetto alle richieste dei clienti e orientando di
conseguenza l’offerta dell’azienda, anche andando ad agire sui prodotti attraverso
riprogrammazioni o riconfigurazioni da remoto. Un esempio già attuale in tal
senso è la remote maintenance delle macchine, che è possibile offrire attraverso
sensori e sistemi che comunicano lo stato delle macchine al produttore, il
quale, in caso di necessità, può intervenire proattivamente da remoto. Le
potenzialità offerte dalle nuove tecnologie potrebbero rendere implementabili su
larga scala modelli di business per l’utilizzo di macchine di produzione che sono
stati teorizzati nella ricerca, ma che finora non hanno trovato vasta applicazione
industriale (quali ad esempio modelli tipo “pay per use”, “pay per availability” o
“pay per result”, in cui i clienti pagano rispettivamente per l’effettivo utilizzo dei
macchinari, la disponibilità e le performance del processo produttivo). Essendo
l’Italia un paese ad alta vocazione manifatturiera,
la servitizzazione dei produttori
rappresenta una grande opportunità, in quanto potrebbe
far leva
su competenze e
capacità su cui basare la nuova offerta di servizi tipiche del mondo della
produzione e difficili da acquisire dai competitor. Occorre
,
tuttavia
,
considerare il
rischio di un processo che procede dalla parte opposta, cioè innescato dai fornitori
di servizi, tipicamente grandi aziende estere multinazionali, che integrano al loro
interno la parte di manifattura e che potrebbero quindi essere interessate ad
acquisire le imprese nazionali facendo leva sulla ingente disponibilità di capitali.
L’economia circolare
, cioè modelli di produzione e consumo che massimizzano il
riutilizzo, re
-
manufacturing e riciclo di prodotti, componenti e materiali al fine di
incrementare la sostenibilità complessiva. Tra le principali barriere
all’implementazione di processi di remanufacturing e riciclo nel settore
manifatturiero,
vi è la difficoltà di rientrare in possesso dei prodotti a fine vita,
l’incertezza sulle loro condizioni ed il loro volume. Tali fattori rendono molto
complessa l’automazione dei processi di gestione fine vita e determinano un alto
rischio in termini di ritorno sull’investimento dei business di remanufacturing e
riciclo. Per questi motivi, ad oggi, tali processi sono molto spesso svolti in paesi
emergenti con operazioni manuali. La disponibilità di informazioni sui prodotti
durante la fase d’uso consentirà di gestire la logistica inversa conoscendo la
disponibilità e tipologia di prodotti
da gestire a fine vita, prevedendo i momenti di
ritiro e anche conoscendo in anticipo le condizioni dei prodotti e componenti
prima che essi entrino nei sistemi di De
-
manufacturing. Ciò consentirà di
pianificare in anticipo le operations, ottimizzare l’eff
icienza e diminuire il rischio.
Il
networking
e l’allungamento delle filiere. Le tecnologie di Industry 4.0
permetteranno di scambiare dati e informazioni in tempo reale sulle capacità
manifatturiere e produttive di un grandissimo numero di imprese. Grazie a tali
informazioni, sarà possibile sia identificare dinamicamente nuovi partner
(allungare le filiere), sia integrarsi maggiormente con i partner con cui già si
collabora in modo da ridurre i costi e i lead time. La possibilità di allungare le filiere
e di legarsi a partner che prima non si conoscevano, anche per produzioni
temporanee, costituisce,
in particolare
,
un possibile vantaggio per le PMI italiane,
che lavorano tipicamente all’interno di filiere corte e che potrebbero quindi aprirsi
a nuove opportunità di business.
Occorre sottolineare come
l’innovazione del modello di business resa possibile dalle
tecnologie di Industry 4.0 rappresenti
un vero e proprio cambio di paradigma
competitivo per le imprese, che necessita anche di un substrato culturale e
manageriale evoluto. Come tale, essa dovrà essere accompagnata da una revisione
della strategia aziendale, dei processi di creazione del valore e dell’organizzazione
stessa. Rispetto all’introduzione delle singole tecnologie e al loro utilizzo per
incrementare efficienza e sostenibilità, l’innovazione del modello di business garantirà
i maggiori vantaggi in termini di capacità competitiva e costituirà quindi il punto di
arrivo di Industry 4.0 nel lungo periodo.
2. Lo stato di avanzamento di Industry 4.0
2.1.
La roadmap di
Industry
4
.0
Secondo
uno
studio
recente l'introduzione di I4.0 potrebbe portare in Europa, attraverso il raddoppio del rendimento sul capitale investito (RCI) e la più alta capacità di utilizzo degli impianti, un aumento della profittabilità aziendale dall'attuale 6 al 13% per una tipica impresa manifatturiera, con un rffetto di risorse aggiuntive per gli investimenti produttivi nel sistema economico stimabile in circa 400 miliarrdi di euro.
All’inizio di questo secolo, Cina, Corea e Spagna, ad
esempio, privilegiano un modello di alta profittabilità e bassa produttività (con dunque
minore valore aggiunto per unità di capitale investito), rispetto a Francia, Germania e
Giappone che, a parità di RCI (tra il 15 e il 20%), hanno minore profittabilità, ma maggiore
valore aggiunto per unità di capitale. L’Italia e la stessa Lombardia, insieme agli Stati Uniti,
si collocano a inizio secolo in una posizione intermedia rispetto a questi due modelli (con
gli USA caratterizzati da un RCI maggiore in virtù di una maggiore produttività).
Le direzioni di sviluppo industriale dei paesi, in particolare europei, sono andate tuttavia
divergendo nel contesto post-crisi. Cina, Corea e Spagna hanno mantenuto il loro
posizionamento, sia pure con una lieve riduzione del RCI. Gli Stati Uniti sembrano aver
preso la strada dell’aumento di profittabilità, accompagnata da una riduzione del valore
aggiunto per unità di capitale, dunque sostanzialmente a parità di RCI. Lombardia, Italia,
Francia e Giappone hanno invece subito una forte riduzione della loro profittabilità, non
compensata da un aumento della produttività, e dunque hanno visto fortemente ridursi il
loro RCI (oggi pari a circa il 5% per l’Italia e a circa il 6% per la Lombardia, meno della metà
di quello che era nel 2000 per entrambi). Solo la Germania, grazie alla ristrutturazione
industriale avviata a cavallo dell’allargamento dell’Unione Europea, con la creazione di
catene del valore integrate a livello continentale, è riuscita a migliorare la profittabilità
aumentando al contempo la produttività, e dunque raddoppiando il rendimento del
capitale investito negli ultimi quindici anni.
2.2. La via italiana ad Industry 4.0
L’analisi svolta sino a questo punto mostra in maniera evidente il declino dell’industria
italiana, in termini sia di produttività sia di profittabilità. Ma è altrettanto chiaro che un
sapiente utilizzo dell’evoluzione digitale potrebbe rappresentare per l’Italia l’opportunità
storica di invertire la tendenza alla caduta del rendimento del capitale registrata
nell’ultimo decennio, rilanciando al contempo occupazione e investimenti attraverso il
settore manifatturiero.
Per farlo occorre tuttavia tenere conto delle specificità del sistema Paese, della sua
struttura produttiva caratterizzata da numerose aziende indipendenti e di piccole
dimensioni, tendenzialmente restie a una logica di integrazione in filiera, e con
relativamente bassa disponibilità di mezzi propri (a fronte di un ampio ricorso, almeno in
passato, a fonti di finanziamento esterno prevalentemente legate al mondo bancario).
Proprio per esplorare questa complessa Assolombarda ha attivato il progetto di ricerca
“Focus Group Manifattura 4.0”. Abbiamo, infatti, realizzato un’analisi qualitativa attraverso
interviste strutturate in focus group a 65 imprese lombarde, sia imprese manifatturiere
(scelte perché con un progetto Manifattura 4.0 già attivo o con riflessioni in corso sul tema), sia società di consulenza, sia imprese fornitrici di tecnologie hardware o software. I focus
group sono stati condotti tra maggio e giugno 2016 in partnership con l’Università Bocconi
e l’associazione ADAPT, con l’obiettivo di approfondire:
(i) le strategie aziendali che
accompagnano lo sviluppo dell
a Manifattura 4.0,
(ii) l’impatto che il fenomeno sta
producendo sull’organizzazione del lavoro e sulle relazioni industriali.
I messaggi chiave che sono emersi da questa analisi sulla ‘via italiana’ all’Industry
4.0 sono
riassunti nel seguito.
1. Diversamente da altri paesi europei (in particolare Francia e Germania), nel contesto
lombardo (e italiano) non si vedono
–
per ora
-
attori forti in grado di stimolare
efficacemente il cambiamento in direzione del modello
Industry 4.0
. Secondo i
partecipanti al focus group sarà fondamentale lo sviluppo di un ecosistema formato da
soggetti pubblici e privati che possa favorire e diffondere l’attuazione di Industry 4.0
nel Paese, potendo comunque capitalizzare su un tessuto di competenze e conoscenze
adeguato. In sintesi gli ingredienti sul territorio ci sono, ma occorre una ricetta per
combinarli in maniera efficace.
2. L’approccio delle imprese a
Industry 4.0
è differenziato. Sul fronte delle piccole
imprese, si nota una “sana curiosità” ma molta cautela. Alcune non sembrano disposte
a prendere rischi in merito alle soluzioni tecnologiche 4.0, o lo fanno solo se vedono un
ritorno chiaro e veloce. In generale le piccole imprese sembrano conoscere molto poco
la ricchezza delle soluzioni tecnologiche già oggi disponibili e
testate, e anche se sono
state adottate in altri settori vi è un certo scetticismo sulla loro trasferibilità,
nonostante la stessa sia chiara ai fornitori di soluzioni tecnologiche. Quasi la metà delle
piccole imprese partecipanti ai Focus Group non ha mai
dedicato specifica attenzione a
questi temi, in linea con i risultati dello studio svolto da Federmeccanica. Diversa la
situazione delle medie imprese, che hanno mostrato un crescente interesse per le
opportunità offerte dalla rivoluzione digitale anche in chiave strategica. Queste
imprese si muovono sia per migliorare la produttività che per aumentare i ricavi, e si
vedono molti casi interessanti, sebbene non in maniera sistematica.
3. Durante i focus group è tuttavia emerso più volte che le imprese stanno
utilizzando
piattaforme informatiche non particolarmente evolute e non sempre ben impostate
(applicazioni parziali di sistemi ERP, grandi fogli Excel, CAD, PLN, ecc.). In assenza di
buone applicazioni informatiche “tradizionali
,
è impossibile passare alle
applicazioni
informatiche “avanzate” tipiche dei sistemi
Industry 4.0
. Resta dunque fondamentale il
tema dell’awareness
a livello di conoscenza delle tecnologie oggi disponibili e la loro
possibilità di adozione efficace all’interno delle aziende.
4. Con riguardo alle competenze tecniche specialistiche, emergono posizioni piuttosto
variegate. Sembra esistere un grande accordo sulla carenza di persone che siano in
grado oggi di lavorare operativamente all’interno di Cyber Physical Systems, anche se
l’opinione
prevalente è che tali
skills
si possano imparare in maniera relativamente
semplice data la grande evoluzione delle interazioni tra uomo e macchine digitali. In
ogni caso vari fornitori di tecnologie hanno attivato programmi di formazione destinati
a decine
di migliaia di studenti sia della scuola secondaria sia dell’università.
Evidentemente resta da lavorare sul coordinamento sistematico di tali iniziative. Tutti i
partecipanti ai focus group sono convinti che uno strumento educativo
particolarmente efficace consiste nella presentazione di “casi emblematici di
successo”. Tali casi non sono per ora numerosissimi, ma sono comunque disponibili e,
con opportune modalità di documentazione e di presentazione, possono essere molto
efficaci.
5. In termini di governance del cambiamento a livello aziendale, sono emerse due
condizioni essenziali per l’efficace attuazione di progetti di
Industry 4.0
: a) occorrono
idee chiare circa le ragioni strategiche del cambiamento; b) i progetti devono essere
sponsorizzati e governati dal capo azienda. Date queste condizioni il cambiamento può
realizzarsi per parti e per gradi, con i responsabili dei progetti che devono riportare
direttamente all’imprenditore/AD.
6. In termini organizzativi, è emerso che molte applicazioni proprie
di Industry 4.0
si
possono realizzare con investimenti contenuti e con un cambiamento che si può
realizzare secondo una logica di modularità. Questo sia per la rischiosità implicita di
certi investimenti rispetto alla disponibilità di risorse, sia per un problema culturale
legato alla formazione delle nuove competenze, e alla conseguente redistribuzione
del potere tra le varie funzioni e i vari livelli gerarchici.
7.
Emergono opinioni contrastanti in merito al fatto che il passaggio a
Industry 4.0
debba
necessariamente avvenire mediante un “gioco di filiera” fortemente integrato,
piuttosto che mediante iniziative autonome delle singole imprese debolmente
condizionate dalle relazioni di filiera. Nell’esperienza di altri Paesi si dà quasi per
scontato che Industry 4.0 si debba attuare in logica di filiera, ossia:
a) mettendo in
collegamento digitale tutti gli attori della filiera, i loro sistemi di ERP, i pezzi presenti
nei loro magazzini, i loro impianti, i sistemi distributivi, ecc.;
b) adottando e applicando
rigorosamente le normative, sempre più stringenti, di processo e di prodotto in modo
tale che chi è a valle possa tracciare quanto avvenuto a monte;
c) adottando standard e
protocolli comuni di comunicazione. Ciò è comprensibile in un’otti
ca di
“ottimizzazione ingegneristica”, ma è fortemente in contrasto con la logica delle
imprese autonome, in particolare le PMI italiane, che capiscono che devono cooperare,
ma ugualmente ritengono che la cooperazione non debba mettere a rischio i loro
patrimoni commerciali, tecnici e reputazionali.
8. A fronte di domanda specifica, le imprese manifatturiere partecipanti ai focus group
hanno infatti dichiarato di aver avviato
i loro progetti di Industry 4.0
autonomamente
(in ottica parzialmente adattiva e parzialmente proattiva) e non secondo un disegno
elaborato da qualche soggetto a livello di settore o di filiera. La sensazione prevalente
è dunque che le imprese italiane continuino ad operare secondo uno spirito di
autonomia e di indipendenza. Se tale spirito fa parte della naturale inclinazione
imprenditoriale, ai fini
di Industry 4.0
dovrebbe tuttavia lasciare spazio anche a
qualche concreta forma di aggregazione e di cooperazione. Se non lungo le filiere, che
al momento mancano,
almeno
a livello orizzontale, con l’idea che gli standard da
adottare per
il modello Manifattura 4.0 siano simili tra settori,
richiedendo l’utilizzo di
tecnologie affini (sia pure con soluzioni personalizzate). Evidentemente
diverso sarà
poi il campo di applicazione degli standard
rispetto alle varie funzioni aziendali nei
diversi settori di attività. In sintesi, dunque, occorre ribadire come l’adozione di certi
standard di prodotto e di processo non debba
apparire come un costo o un limite di
autonomia, quanto piuttosto una condizione di sopravvivenza, soprattutto per le PMI.
9. Altro risultato interessante emerso nei focus group è il ruolo potenzialmente proattivo
che la normativa
di settore e la regolazione
potrebbero
avere come driver della
digitalizzazione, in particolare quella volta a garantire la sicurezza e la tracciabilità che
regola un numero crescente di settori: farmaceutico, chimico, alimentare, health care,
oil & gas, ecc. Evidentemente, un uso sapiente di
questi strumenti
potrebbe essere uno
dei punti su cui fare leva per introdurre quegli elementi di ‘integrazione orizzontale’ tra
le PMI
,
in termini di standard di interoperabilità cui si faceva riferimento in precedenza.
Al contempo,
occorre prestare massima attenzione al fatto che
una
normativa
particolarmente stringente
–
come quella italiana
–
può
determinare
elevatissimi costi “amministrativi” e, peggio, bloccare innovazioni tecnologiche che potrebbero produrre
vantaggi per la
collettività
.
10. Attualmente vari attori stanno giocando un ruolo positivo: Assolombarda Confindustria
Milano Monza e Brianza, il Cluster Fabbrica Intelligente, i fornitori di tecnologie, i
consulenti, le università, la Regione Lombardia, il CNR, UCIMU, ecc. Tuttavia, allo stato
attuale non emergono singoli soggetti o aggregati di soggetti con un riconosciuto ruolo
di leadership. L’opinione prevalente sostiene che l’attivatore del cambiamento
dovrebbe essere un aggregato di soggetti pubblici, privati e istituzionali.
11. Secondo i consulenti e i fornitori di tecnologie, i tempi di passaggio del tessuto
imprenditoriale italiano verso il modello 4.0 sono troppo lunghi; siamo già in ritardo di
due o tre anni. Tra le condizioni di contesto favorevoli vengono citati: buon tessuto
imprenditoriale, buona vitalità delle imprese, buona reputazione internazionale di
alcuni prodotti Made in Italy, relativa debolezza dell’economia cinese, università e
centri di ricerca con buone competenze, crescente attrattività dell’Italia per
investimenti esteri in RandD. Tra le condizioni di contesto sfavorevoli vengono citati:
debole
supporto istituzionale alle iniziative Manifattura 4.0; mancanza di incentivi e di
supporti finanziari; PA e burocrazia non favorevoli alle imprese; diffusa cultura anti-industriale; programmi degli studi tecnici in parte obsoleti; troppe imprese troppo
piccole e resistenti
al cambiamento; mancanza di integratori di alto livello;
infrastrutture pubbliche non sviluppate; problemi di cyber
-
security.
3.
Le azioni di policy
3.1 Le opportunità di I4.0 per le imprese
Diverse teorie sono state proposte per descrivere gli effetti della rivoluzione ICT sulla
produttività e spiegare le possibili differenze tra paesi. In particolare la letteratura
economica identifica tre canali di trasmissione, legati alle modalità attraverso le quali i
sistemi di impresa incorporano
le nuove tecnologie che si rendono via via disponibili:
1.
il progresso tecnologico nella produzione di beni ICT fa aumentare la produttività
in questi settori e questo, attraverso un effetto di composizione settoriale, fa
aumentare in maniera diretta la produttività totale di un territorio;
2. l'introduzione di nuove tecnologie e il calo dei prezzi dei beni intensivi in ICT
inducono una crescita degli investimenti delle imprese in
hardware
o
software
che
sfruttano tali tecnologie. Tutto ciò si traduce in un aumento del capitale
disponibile per i lavoratori, rendendoli più produttivi (il cosiddetto capital
deepenin, verosimilmente alla base dell'accelerazione della produttività negli USA
a cavallo degli anni novanta);
3.
la diffusione delle tecnologie ICT in altri settori facilita e induce le imprese a
introdurre forme organizzative più efficienti, con un ulteriore incremento
di produttività.
Dunque,
le tecnologie ICT possono influenzare la competitività (attraverso la produttività)
sia direttamente, attraverso i settori che producono beni ICT, sia, soprattutto,
indirettamente attraverso l'impatto che hanno sulla produttività delle imprese operanti in
settori che utilizzano beni e servizi ICT come input del processo produttivo. Infine, l'ICT non ha solo effetti sull'efficientamento in senso stretto delle
attività produttive che lo utilizzano come input, ma può avere anche effetti complementari
diffusi, consentendo alle aziende di riprogettare radicalmente le proprie strategie, dunque
migliorando la competitività complessiva del sistema.
Quest'ultimo canale è
particolarmente rilevante oggi,
di fronte alla sfida
del
digital manufacturing
in cui
emergono sistemi ICT in grado
di interagire con i sistemi fisici in cui operano (Cyber
Physical System -
CPS) poiché dotati di capacità computazionale, di comunicazione e di
controllo grazie a tecnologie abilitanti quali la connettività delle macchine (“Internet of
Things”
-
IoT), la capacità di sfruttare Big Data, la Robotica collaborativa,
l’Additive
Manufacturing.
Tuttavia,
Industry 4.0 potrà
avere un impatto significativo sulla crescita
economica
laddove
le imprese sapranno sfruttare le opportunità che lo stesso paradigma
offre in ottica di rilancio della competitività. In linea con gli effetti in precedenza delineati,
questo comporta sfide a diversi livelli per le imprese:
- un adeguamento della struttura produttiva, data l’opportunità di ridefinire la
supply chain
a monte e di investire in tecnologia per sfruttare la disponibilità di
input '4.0' più efficienti, dunque migliorando la struttura dei costi;
- una revisione della strategia di mercato in chiave
solution based
attraverso un
migliore collegamento con i clienti a valle, attraverso le possibilità di
customizzazione offerte dal nuovo paradigma produttivo, nonché l'incorporazione
di quote crescenti di servizio (
servitization) nel prodotto venduto, dunque
incrementando il fatturato;
- una ridefinizione dell'organizzazione interna per massimizzare l'efficienza nelle
interazioni tra uomo e macchina, adeguando le mansioni alle nuove capacità computazionale del capitale fisico, dunque allineando i salari alla produttività.
L’introduzione dell’automazione è più difficile per le PMI che per le grandi
imprese in quanto, oltre all’investimento iniziale, occorre disporre di risorse e
competenze per sviluppare applicazioni, interfacce, attrezzature e metodi di lavoro
da aggiornare costantemente. Inoltre i processi delle PMI sono generalmente più
difficili da automatizzare in quanto richiedono una maggiore flessibilità. La
cooperazione uomo
-
macchina può aiutare ad automatizzare i processi nelle PMI in
quanto può rendere più sostenibile e graduale l’introduzione dell’automazione e
può semplificare compiti complessi quali la programmazione. Le soluzioni
collaborative sono tecnologicamente più complesse di quelle tradizionali ed
implicano anche la necessità di considerare gli aspetti cognitivi onde definire il
giusto livello di automazione rispetto al contenuto di lavoro manuale.
- L’interoperabilità dei sistemi e delle soluzioni risulta una condizione
fondamentale
affinché Industry 4.0 possa trovare diffusione presso le PMI italiane,
offrendo i vantaggi strategici di creazione di massa critica attraverso il
consolidamento di network e filiere estese e superando così i tipici problemi legati
alla dimensione limitata delle imprese.
Nella prospettiva di lungo termine,
occorre
lavorare alla creazione di standard aperti
attraverso la partecipazione
attiva ed efficace dell’Italia ai Comitati di Standardizzazione che sono attualmente
attivi sul tema.
Nel breve
-
medio termine, occorre sviluppare soluzioni
interoperabili attraverso la realizzazione di architetture modulari
che possano
interfacciarsi con le soluzioni dei principali vendor esistenti sul mercato. Tale
strategia di modularità è di fatto stata già perseguita dai costruttori di macchine
italiani, che sono ad esempio già oggi in grado di fornire macchine che possono
montare diversi tipi di controlli numerici indicati dai clienti. L’offerta di soluzioni
compatibili con i sistemi dei diversi vendor di tecnologie Industry 4.0 renderebbe
l’industria italiana di beni strumentali un qualificato fornitore di soluzioni 4.0
caratterizzate da maggiore apertura e flessibilità rispetto a quelle monolitiche già
presenti sul mercato, con potenziale attrazione di investimenti. Dal lato della
domanda, occorre altresì che i clienti siano
consapevoli di tale opportunità
e
richiedano questo tipo di soluzioni.
- Data la disponibilità di una eccellente
industria dei beni strumentali , perlopiù
composta da piccole e medie imprese che più di altre sono in grado di includere
rapidamente nei loro prodotti
le innovazioni tecnologiche, è opportuno fare leva
su questo settore per veicolare l’introduzione delle tecnologie Industry 4.0 nelle
imprese. I produttori di beni strumentali, infatti, conoscono i processi per cui
forniscono le loro macchine e possono sviluppare soluzioni produttive integrate
che inglobano sensori, moduli software e di comunicazione per lo scambio,
raccolta ed analisi di big data. Essi dovrebbero essere incentivati ad inc
ludere
all’interno delle macchine, nell’ottica modulare sopra illustrata, soluzioni Industry
4.0 ad alto valore aggiunto quali ad esempio sensori e sistemi per
la tele
-
diagnosi,
tele
-
mainten
ance, ecc.
- Attraverso la sensorizzazione dei prodotti e i de-Manufacturing “Cyber Physical
Systems”, cioè i sistemi di de-produzione
che funzionano secondo le logiche della
manifattura digitale,
Industry 4.0 può realmente supportare la transizione
verso la Circular Economy. L’Italia potrebbe porsi come paese leader in tale
processo
, recentemente lanciato a livello Europeo con il Circular Economy
Package della Commissione, sviluppando un’industria di macchine Industry 4.0
per la Circular Economy e creando filiere di produzione/de-produzione integrate
che, oltre a generare vantaggi ambientali, rendano più competitive la manifattura
nazionale.
La gestione di prodotti elettronici e mecatronici a fine ciclo vita rappresenta attualmente una processo di notevole complessità che genera significativi impatti ambientali ed non consente lo sfruttamento di opportunità economiche legate al valore residuo di componenti e materiali che vengono dismessi. Il progetto la Fabbrica della Deproduzione, co-finanziato da Regione Lombardia nell'ambito dell'accordo quadro sottoscritto tra Regione e CNR il 16 luglio 2012, ha contribuito a sviluppare tecnologie e modelli per abilitare logiche di circular economy basate sul remanufacturing e riciclo di prodotti meccatronici. Il progetto ha concepito tecnologie abilitanti e business model per le fabbriche di deproduzione, da considerarsi quali parte integrante dei tradizionali sistemi produttivi, all’interno di un nuovo paradigma manifatturiero di manufacturing-demanufacturing integrati.Tali fabbriche implementeranno in maniera automatica ed intelligente le strategie di End-Of-Life ottimali (re-manufacturing di prodotti, riuso di componenti e riciclo di materiali in ottica “zero waste”) in funzione dei prodotti da trattare e dal loro stato.
3.2.
La sfida di Industry 4.0 per la politica
industriale
3.2.1.
General Purpose Technology, produttività e contesto
di policy
La capacità di utilizzare l’evoluzione
costituita da
Industry 4.0 come veicolo di crescita non
rappresenta una sfida solo a carico delle imprese, ma anche per gli attori istituzionali che
dovranno adeguare il contesto normativo e di mercato nel quale le imprese si trovano a
operare. Infatti, storicamente è possibile equiparare l'avvento del
Digital Manufacturing, ed
in generale la rivo
luzione ICT, alla introduzione di una
General Purpose Technology
(GPT) ossia sistemi di tecnologie radicalmente innovative che cambiano in profondità i sistemi
produttivi e sociali. Le GPT sono apparse storicamente circa una volta ogni mezzo secolo,
e hanno avuto un impatto profondo sulla crescita economica e sociale dei paesi in cui
sono state man mano introdotte, in quanto modificano cosa le economie producono, come
lo producono, come la produzione è organizzata e gestita, dove la produzione è localizzata,
le competenze necessarie, la tipologia di infrastrutture, il quadro regolamentare di
supporto alla produzione stessa. Per avere un'idea, basti pensare all'ultima
General
Purpose Technology
introdotta nel tempo, ossia l'energia elettrica, e l'impatto che
la stessa
ha avuto sull'organizzazione produttiva e sociale in precedenza basata sulla macchina a
vapore e
sull’illuminazione a petrolio.
Se immaginiamo che l'ICT, e la successiva evoluzione
del
digital manufacturing, siano nei fatti una General Purpose
Technology che si sviluppa
nel tempo all'interno del nostro sistema economico, possiamo allora comparare la stessa
alle implicazioni che l'introduzione della precedente GPT, l'energia elettrica
, ha avuto sulla
produttività. La ricerca ha mostrato come l'evoluzione della produttività durante l'era dell'elettrificazione è
molto simile all'evoluzione della produttività legata all'era ICT: in
entrambi i periodi si è
avuta una crescita della produttività lenta all'inizio della diffusione della GPT (se si ritiene
che il periodo 1890-1915 per l'elettrificazione è una ragionevole analogo del periodo 1970-1995 per l'ICT), un decennio di accelerazione, e poi un altro pluriennale rallentamento a
cavallo (o forse causa) di una crisi finanziaria. Nell'era dell'elettrificazione al rallentamento
della produttività nel periodo immediatamente successivo alla crisi del '29, è seguita
un'altra accelerazione della produttività. Se questo si verifica anche per l'attuale era ICT, e
la storia dimostra che la crescita della produttività guidata dall'introduzione di GPT può
arrivare a ondate multiple, ne consegue che il
Digital Manufacturing
può legittimamente
rappresentare quella svolta in termini di dinamica della produttività che consentirebbe di
superare l'attuale stagnazione della stessa (secular stagnation
).
E' opportuno continuare a prestare attenzione al tema generale del
finanziamento alle imprese quale ulteriore fatto
reabilitante, insieme a competenze e
infrastrutture digitali, per l’avvio di una profonda rivoluzione del settore manifatturiero in
chiave 4.0. Il quadro economico italiano è oggi caratterizzato da un significativo gap di
investimenti, da una struttura produttiva sempre più polarizzata tra aziende medio-grandi
relativamente competitive e una significativa parte di PMI a rischio, da un settore bancario
in necessaria ristrutturazione, e da un mercato dei capitali di piccola dimensione. In questo
contesto, le iniziative specifiche del Governo rischiano di essere una
goccia nell’oceano delle necessità finanziarie delle imprese.
È
dunque fondamentale
riuscire a utilizzare le poche risorse pubbliche disponibili come volano per attirare in
misura maggiore i capitali privati (dal mercato o dalle istituzioni finanziarie)
verso Industry
4.0
. Per far ciò, è importante differenziare il pool di
strumenti a sostegno del finanziamento delle imprese come segue:
- per le PM
I, è opportuno continuare con il finanziamento del fondo di garanzia, al
fine di favorire l’accesso alle fonti finanziarie mediante la concessione di una
garanzia pubblica che si affianca e spesso si sostituisce alle garanzie reali portate
dalle imprese;
- per le aziende medie che non hanno particolari problemi finanziari, è opportuno
utilizzare gli strumenti esistenti (in particolare il nuovo Fondo Rotativo previsto dal
Governo in collaborazione con CDP) come strumento di credit enhancement,
finanziando la parte subordinata di una emissione collateralizzata sottoscritta per
la parte senior (a questo punto con rating
investment grade) dal mercato, e volta a
finanziare investimenti produttivi;
- per le aziende in crisi in cui è possibile immaginare un recupero di valore in
presenza di risorse finanziarie fresche, va creato un contesto giuridico che incentivi
interventi di
turnaround
attraverso schemi di finanza strutturata organizzati da
società veicolo specializzate, rilanciando l’attività aziendale e, contestualmente, il
recupero di parte dei crediti deteriorati attualmente a carico del sistema bancario.
3.3.
Relazioni
industriali
3.3.1.
Organizzazione
del
lavoro
Una
delle
battaglie
-
chiave di
Industry
4
.0
sarà quella
che si
giocherà
sul terreno delle
relazioni
industriali,
dove
sarà
necessario
evolvere
sempre più dal
concetto di
“
retribuzione garantita
”,
ed
a
mansioni
fisse e
rigidamente
definite.
Evidentemente
il contratto
nazionale può e
per
certi
versi
deve continuare
a fornire
il
contesto
generale
nel
quale
definire
i
rapporti
di
lavoro
,
ma
le
questioni
relative
alla
produttivtà
e
alle
specifiche,
nuove
mansioni
che derivano da
Industry
4
.0
andranno
necessariamente
affrontate
e
risolte
a
livello locale.
Su
questo
tema,
appare
di particolare
rilevanza l’esperienza
sviuppata
nell’
ambito
di
Assolombarda
Confindustria
Milano Monza
e
Brianza.
In
applicazione dell
'Accordo
Interconfederale
14
luglio
2016,
che
ha
previsto la
possibilità
di
accordi
territoriali
per
agevolare
fiscalmente
i
premi
di
risultato
definiti
in
aziende prive
di
rappresentanza
sindacale
(
R
S
U
o
R
S
A
,
Assolombarda
ha
sottoscritto
con
Cgil,
Cisl,
Uil
tali intese, sia per il territorio d
i Milano che per quelli di Monza e Brianza e Lodi. Le imprese
suddette potranno quindi farvi riferimento per l’istituzione di premi di risultato, con la
possibilità di conversione in welfare aziendale e di usufruire dei benefici fiscali e
contributivi previsti dalla Legge di Stabilità 2016 per questo tipo di erogazioni.
I premi possono essere definiti per accordo in sede associativa con le OOSSLL o, ciò che più
conta, stabiliti unilateralmente dall'impresa e da essa comunicati ai lavoratori, al Comitato
Sindacale, di seguito descritto, nonché alla DTL (Direzione Territoriale del Lavoro). Per
rendere praticabile le intese territoriali sono stati costituiti i relativi Comitati sindacali di
valutazione, composti da un rappresentante di ciascuna delle organizzazioni firmatarie
dell’accordo territoriale, che avranno il compito di valutare (esprimere valutazioni non
decidere) la conformità dei premi ai contenuti dell’accordo territoriale e di valutarne il
grado di attuazione. Si tratta di un'importante innovazione
per la diffusione di una logica di
premi legati a risultati incrementali finalizzati a obiettivi di produttività, redditività, qualità,
efficienza e innovazione che può contribuire positivamente al miglioramento della
situazione economica.
Infine, a livello micro i dati e le rilevazioni fatte anche attraverso la parte del progetto di
ricerca “Focus Group Manifattura 4.0” dedicata a responsabili del personale di una ventina
di imprese lombarde concordano sul fatto che l’impatto organizzativo interno di Industry
4.0
riguarderà soprattutto gli addetti che svolgono lavori routinari, sostituibili
dall’automazione, e quelli che non si adattano alle nuove esigenze (prima fra tutti,
l’esigenza di apprendimento continuo). Una competenza che verrà sempre più richiesta
ai
lavoratori sarà quella dell’autonomia, che spesso si combinerà con la presenza di un capo
solo “in remoto”: questo ha evidentemente un enorme impatto sui rapporti gerarchici e
richiederà uno sforzo di adattamento e una evoluzione soprattutto da un punto di vista
manageriale (spesso i capi sono troppo ancorati al controllo diretto). Il sistema produttivo
lombardo si caratterizza, infatti, per una gestione più accentrata rispetto al sistema
tedesco: in Lombardia il 63,5% delle imprese ha tra i manager unicamente membri della
famiglia proprietaria, contro percentuali inferiori al 50% di Baden
-
Württemberg e Bayern.
Questo incide ovviamente sull’organizzazione aziendale: il management lombardo ha
autonomia decisionale nel 14,6% dei casi (10% se consideriamo unicamente le imprese
familiari), contro percentuali del 23,7% nel Baden
-
Württemberg e 21,9% nel Bayern (16,9%
e 18% le corrispondenti quote nelle aziende familiari).
3.3.2.
Lo smartworking: evoluzione delle forme flessibili del lavoro
Lo Smart Working è una modalità organizzativa fondata sulla restituzione alle persone di
flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a
fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.
In attesa di un provvedimento legislativo che regolamenti lo strumento si può affermare
che lo Smart Working necessita di una nuova cultura aziendale e nuovi modelli
organizzativi, una nuova visione di fondo basata sulla responsabilizzazione e fiducia allo
scopo di rendere il lavoratore libero di organizzare il proprio lavoro in autonomia.
Tutto ciò comporta l’utilizzo di tecnologie che permettono di essere in contatto sempre, da
ogni luogo in ogni momento, con la conseguenza che si innoveranno i sistemi di
monitoraggio e valutazione dei lavo
ratori legati agli obiettivi e non più alla presenza sul
luogo di lavoro.
La ricerca di spazi funzionali per la tipologia di lavoro da svolgere e la ricerca della
flessibilità nella scelta del luogo di lavoro potranno inserirsi in un nuovo quadro di relazioni
industriali che intendono il rapporto tra le parti non più confinato esclusivamente
nello
stretto ambito sindacale, bensì allargato alle relazioni interne dirette con il personale.
Ai manager delle risorse umane Industry 4.0 nella sua declinazione
dello Smartworking
richiederà
un nuovo e diverso approccio organizzativo e nuove strategie e competenze
comunicative, capaci di coinvolgere direttamente i lavoratori nell’implementazione dei
piani di Smartworking
3.4.
Sistema educativo
3.4.1.
Industry 4.0 e nuove
competenze: un quadro d’insieme
Se dal punto di vista tecnologico le innovazioni che caratterizzano
Industry 4.0
-
pur in
continua evoluzione
-
appaiono sufficientemente mature e disponibili sul mercato, occorre
invece approfondire il discorso sulle competenze necessarie per presidiare le nuove
modalità di gestione operativa dei flussi produttivi nel loro complesso. Peraltro,
considerando il contesto del tessuto produttivo italiano, fortemente frammentato e con
poche filiere strutturate, il vero elemento attivatore della diffusione delle tecnologie e più
in generale del paradigma 4.0 è il capitale umano, su cui è necessario lavorare in maniera
pervasiva per lo sviluppo delle
skill
necessarie ad adottare e valorizzare al meglio le nuove
tecnologie.
A
livello
preliminare, è opportuno chiarire il concetto di competenza. In linea con l’impianto
europeo, la competenza può essere definita come la
“mobilitazione dinamica e articolata da
parte del soggetto di un insieme di risorse necessarie per gestire e presidiare
una o più aree di
attività al fine di conseguire un determinato risultato lavorativo (output) in termini di qualità e
nel rispetto dei parametri attesi”.
La competenza è quindi costituita da un insieme di
elementi, alcuni dei quali hanno a che fare con la
natura del lavoro, e si possono quindi
individuare analizzando compiti e attività svolte; altri invece hanno a che fare con le
caratteristiche del soggetto, che si mettono in gioco quando questi si attiva nei contesti
operativi.
A partire da questo concetto, si possono suddividere le competenze in tre diverse macro
-
aree:
- competenze di base, cioè l’insieme delle conoscenze (e delle loro capacità d’uso)
che costituiscono sia la base minima per l’accesso al lavoro, sia il requisito per
l’accesso a qualsiasi
percorso di formazione ulteriore;
- competenze trasversali, che entrano in gioco nelle diverse situazioni lavorative e
consentono al soggetto di trasformare i saperi in comportamenti lavorativi efficaci
in contesti specifici;
- competenze tecnico
-
professionali , costituite dai saperi e dalle tecniche connesse
con l’esercizio delle attività richieste dai processi di lavoro nei diversi ambiti
professionali.
Date tali premesse, la prima
considerazione da fare è che l’evoluzione
digitale, presupposto
dei nuovi paradigmi produttivi di Industry 4.0, non è solo un aspetto tecnologico. Si tratta
di un fenomeno di cambiamento radicale, abilitato dalla tecnologia, che si basa sul
ridisegno
1.
del
business model
dell’azienda;
2.
dei processi di
business
e di creazione del valor
e;
3.
dei
ruoli aziendali, inclusa la creazione di nuove figure professionali prima inesistenti.
La seconda considerazione riguarda gli elementi essenziali, affinché l’evoluzione
digitale
possa avere successo. Prima di affrontare aspetti tecnologici, ogni impresa infatti è
chiamata a mettere in atto un lavoro strategico per sviluppare:
- una visione
chiara di come vuole essere nel futuro a breve e medio termine: quali
clienti servire, come raggiungerli, quale valore offrire al mercato, come crearlo,
con chi, in
quale ecosistema e con quale piattaforma;
- una cultura digitale
diffusa al proprio interno, affinché ogni collaboratore possa
essere agente del cambiamento;
- una leadership
consolidata a supporto dell’evoluzione
digitale, diffusa a tutti i
livelli della popolazione aziendale, dal management fino a coloro che si
interfacciano direttamente con il cliente finale.
La terza considerazione è che
Industry 4.0
necessita nelle figure professionali chiamate a
presidiare i diversi processi aziendali una interconnessione
dei saperi tra le diverse aree
tecniche prioritariamente interessate: meccanica, informatica, elettronica, elettrotecnica.
Ciò presuppone che il sistema educativo e formativo (secondario e terziario) sia
caratterizzato da:
- contaminazione dei saperi e delle conoscenze;
- interdisciplinarietà (non più ‘silos’ verticali, con impatti sia sugli indirizzi di studio
secondari, sia sui corsi di laurea ancora troppo verticali);
- impostazione didattica comprensiva di pratiche ed esperienze sul campo (in
azienda).
3.4.2
.
Competenze di base, trasversali e tecnico
-
professionali 4.0
L’adozione di modelli produttivi imperniati su
Industry 4.0
comportano un ampliamento
del ‘tradizionale’ set di competenze di base che devono possedere le figure professionali in
azienda, finora imperniato su un’adeguata conoscenza linguistica e dei principali
tool
informatici di base. A questo set di competenze
si aggiungono:
- il pensiero computazionale, ovvero il processo mentale che sta alla base della
formulazione dei problemi e delle loro soluzioni; si tratta in sostanza dello sforzo
che un individuo deve mettere in atto per fornire a un altro individuo o macchina
tutte e sole le ‘istruzioni’ necessarie affinché questi eseguendole sia in grado di
portare a termine il compito dato;
-
il
coding , ossia la capacità di risolvere problemi complessi applicando la logica del
paradigma informatico, tradizionalmente imperniato su una sequenza di
istruzioni;
-
la capacità di modellazione, ossia la capacità di rappresentare la realtà tramite
modelli;
- il pensiero e le abilità logico
-
matematiche;
- la capacità di risoluzione di problemi attraverso algoritmi.
Per quanto concerne competenze trasversali (cd.
soft skills
), si tratta di quelle capacità che
raggruppano le qualità personali, l'atteggiamento in ambito lavorativo e le conoscenze nel
campo delle relazioni interpersonali.
Una delle chiavi della nuova organizzazione del lavoro
è quella che può definirsi come ‘disgregazione’ delle figure specifiche, attraverso la quale si
creano squadre di lavoratori che possiedono competenze di diverso tipo e che possono
utilizzarle a seconda delle attività e in particolare delle problematiche che sorgono. Alla
luce di tale impostazione organizzativa, diventeranno sempre più importanti quelle
competenze proprie di un ambiente di lavoro caratterizzato da complessità e flessibilità. La
capacità di adattamento, la flessibilità sul luogo di lavoro e la capacità di apprendimento
sono quelle metacompetenze senza le quali il processo di innovazione della manifattura
digitale non è in grado di svolgersi a pieno. Non si tratta di un tema nuovo, in quanto le
aziende da tempo ricercano nelle risorse umane da inserire queste caratteristiche
trasversali; la novità è tuttavia rappresentata dal ruolo decisivo che la Digital
Manufacturing assegna
sempre più a tali competenze.
L’interoperabilità tra le diverse
funzioni aziendali, ma anche con l’intera catena di produzione del valore rafforzerà quindi il
‘peso’ delle
soft skills
nell’ambito dei
job profiles
delle aziende manifatturiere proiettate
nella logica di Industry 4.0. Tra le
soft skills
che acquisiranno un valore sempre più decisivo,
si possono annoverare:
- il pro
blem solving;
-
il pensiero critico;
-
la capacità di lavorare in team;
-
la capacità di leadership;
-
il project management (nella connotazione ‘agile’ per quanto concerne i progetti
interni all’azienda, mentre si conferma nella metodologia più ‘tradizionale’ nel
le
realtà system integrated).
Con rifermento alle competenze tecnico
-
professionali, fondamentali per agire con efficacia
le innovazioni dei cicli di produzione del valore delle aziende del comparto manifatturiero,
è opportuno collegarle ai diversi processi
aziendali, nei quali si inseriscono le figure
professionali chiamate a presidiarli. Da questo punto di vista, appare utile distinguere i
processi aziendali e i relativi assetti organizzativi tra imprese fornitrici di tecnologie 4.0
(soprattutto ICT e mecc
atronica, ma non solo) e imprese prevalentemente utilizzatrici di
tali tecnologie.
Nelle imprese manifatturiere il processo produttivo sarà sempre più automatizzato e
interconnesso e le tecnologie digitali si muoveranno lungo
quattro direttrici:
la prima è
quella della gestione dei dati (
Big Data
,
Cloud Computing
),
la seconda è quella della
valorizzazione dei dati, e in parte saranno le stesse macchine che impareranno a gestire i
dati accumulati (machine learning
),
la terza è quella della interazione uomo
-
macchina
(
linguaggio naturale, gestualità, rappresentazioni tridimensionali, sensoristica wearable, ...
)
e infine la quarta, quella della robotica (
machine to machine
) e della comunicazione.
Una figura particolarmente rilevante sarà il Data Scientist,
ossia una risorsa in grado di
analizzare in chiave di
business
tutte le informazioni che le organizzazioni producono. Si
tratta di una figura caratterizzata da una forte interdisciplinarietà e in possesso delle
seguenti competenze:
-
modellare, progettare e
analizzare grandi quantità di dati per produrre soluzioni
per problemi complessi;
-
creare e rappresentare dati, conoscenze e informazioni secondo modalità chiare,
comprensibili e stimolanti;
- comprendere e valutare le implicazioni nelle problematiche giuridiche, etiche e
sociali connesse a tale utilizzo.
Rilevano inoltre come figure chiave di tali processi, anzitutto, i progettisti e i tecnici
meccatronici e dei sistemi di automazione industriale. Ai primi, a seguito della progressiva
implementazione delle tecnologie di prototipazione rapida e di stampa 3D, saranno
richieste le seguenti competenze:
definire il prodotto e i suoi componenti in relazione alla
loro struttura e forma, coerentemente con i requisiti di funzionalità ed economicità
assegnati al progetto;
produrre, a partire dalle specifiche di progetto assegnate, i disegni
costruttivi dei sistemi e dei componenti da realizzare;
mettere a punto ed eseguire, con
l’ausilio di tecniche di prototipazione rapida o virtuale, le prove necessarie a validare le
s
pecifiche progettuali e costruttive del prodotto.
Per i tecnici meccatronici sarà necessario
sviluppare competenze in ordine alla capacità di: programmare, integrare, controllare
macchine e sistemi automatici destinati ai più diversi tipi di produzione; utilizzare
dispositivi di interfaccia tra le macchine controllate e gli apparati programmabili che le
controllano; ricercare e selezionare sul mercato le
best available technologies (
technologies
scouting).
3.5. Lombardia come polo di competenza e riferimento della manifatture europea e globale
Si rileva che il programma nazionale Industria 4.0 delinea un Piano per l’education e
per lo sviluppo delle competenze che individua degli obiettivi generali ma non è declinato
nei territori e non è misurabile nei risultati. Solo l’intervento dell’attore Regionale può
garantire continuità e organicità delle iniziative che verranno avviate, attraverso interventi
coordinati e sistemici che lavorino alla
diffusione pervasiva delle skill 4.0 sul territorio.
La costituzione di un meccanismo di livello territoriale e regionale risulta centrale per il
supporto, l’allineamento e la sincronizzazione degli interventi, siano essi collegati al piano
nazionale Industria 4.0 o a strategie di livello internazionale. L’obiettivo finale è la
massimizzazione dell’impatto, rispetto alle singole iniziative, sulle imprese del
territorio; questo potrà avvenire anche attraverso l’attivazione di risorse
aggiuntive rispetto a quanto previsto dai singoli strumenti, sulla base dell’interesse di key
players industriali ed istituzionali a sostenere il processo.
In particolare si propongono i seguenti
due interventi:
1. Ognuno degli
“abilitatori”
ha una valenza e una struttura diversa ma un unico
obiettivo esplicito o potenziale,
lo sviluppo del manifatturiero.
Inoltre, il sistema delle imprese si trova in posizione di leadership o co-leadership, oppure di forte
influencer
delle attività
.
È quindi
necessario un meccanismo che, non rappresentando un ulteriore “layer”
decisionale, operi in stretto collegamento con gli
“abilitatori”
citati, per favorire
l’allineamento e lo sviluppo coordinato delle iniziative, cercando di garantirne il
migliore effetto e la maggiore efficacia.
Il
Leadership Council
(che
avrà
la forma di un tavolo di alto livello) punterà a
raccogliere in particolare due ordini di soggetti:
- rappresentanti del sistema imprenditoriale, inclusi key player
industriali interessati a contribuire alla massimizzazione dell’impatto
dell’Industria 4.0 sulla competitività del sistema produttivo milanese e
lombardo;
- player pubblici e privati che partecipino alla governance dei singoli
“abilitatori”
citati
, e che risultino strategicamente legati al territorio
milanese e
lombardo.
2. Il sostegno diretto allo sviluppo di competenze e capitale umano e all’adozione
di tecnologie nelle imprese è obiettivo connaturato e specifico dell’ente
governativo Regionale. Su questa linea di attività
è necessaria l’attivazione di
una partnership strategica tra Assolombarda (e tutto il sistema Confindustria
in Lombardia) e la Regione Lombardia, volta a definire e implementare un
piano strategico e operativo a favore della diffusione di skill e competenze
4.0
.
3.5.1 I principali soggetti partecipanti al Leadership Counsil
- La Regione rappresenta il livello amministrativo in cui si concentrano
parte della
programmazione europea di maggior impatto sulle imprese (programmazione dei fondi
strutturali, in particolare FESR e FSE) e competenze strategiche a sostegno della
competitività dei sistemi imprenditoriali (si pensi ad esempio alla definizione
della Smart
Specialisation Strategy
–
S3). La Regione Lombardia è inoltre attore fondamentale nella
definizione e nel sostegno ai programmi di education, non solamente universitari, e nelle
politiche di incrocio tra domanda ed offerta di figure professionali. In ultimo, è partner
strategico in iniziative chiave per la manifattura del territorio, come evidenziato dal caso
del World Manufacturing Forum, che la Regione Lombardia ha annunciato voler portare
stabilmente sul territorio lombardo.
- Il MISE rappresenta l’attore principale nella declinazione operativa del Piano nazionale
Industria 4.0, e in particolare delle sue linee di sostegno alla diffusione delle tecnologie
nelle imprese; inoltre, il MISE costituisce un importante capofila anche per gli interventi di
policy afferenti ad altri Ministeri.
- Si rileva in maniera chiara la volontà di determinare iniziative connesse alle competenze e alle Università (education, Competence Centre) in maniera strettamente legata alle
esigenze imprenditoriali, e dunque in un meccanismo
pull,
che ne fanno più chiaramente il
centro della sintesi dell’attività governativa su questi temi. Il MIUR può giocare un ruolo
centrale anche in considerazione del programma strategico sviluppato
attraverso i Cluster
nazionali.
- Il sistema Confindustria in Lombardia (Assolombarda e Confindustria Lombardia).
È chiara la volontà del tessuto imprenditoriale di mettersi in gioco direttamente
, anche
attraverso
la sua forma associata, per essere
co-leader
del cambiamento. In linea con i
principi spesso espressi a livello comunitario, si ritiene infatti che
il coinvolgimento di
singoli imprenditori,
espressioni
della business community, possa garantir
e il contributo
di
“
vision
”
e
l’esperienza di
guida di processi
imprenditoriali competitivi necessari per
sostenere un
approccio
demand-driven
coerente, efficace e misurabile.
- I Key partners industriali. In aggiunta alla componente associativa, si ritiene indispensabile anche il coinvolgimento
diretto di alcuni specifici Key Partner industriali costituiti, ad esempio,
da
significativi
technology provider di livello
nazionale ed
internazionale. Si rende infatti
fondamentale
assicurare l’allineamento con quei soggetti che possono esprimere il commitment
necessario a garantire la messa a disposizione delle tecnologie allo stato dell’arte a livello
internazionale; questo elemento assume carattere centrale nell’aspettativa di poter
costruire uno o più centri di “tecnologia applicata ed integrata” all’interno dei Competence
Centre (fabbriche modello, test centre integrati a disposizione sia di imprese sia di studenti
e ricercatori interessati a rafforzare skill e competenze in amb
ito 4.0), con
la necessità
di
provvedere al continuo aggiornamento delle tecnologie installate.
- Università e Centri di Ricerca. Assume altissimo valore la componente delle Università e dei Centri di Ricerca, sia come
fornitori delle competenze e delle capacità adatte a mettere a frutto le tecnologie e le
opportunità portate sul territorio attraverso gli strumenti integrati (mondiali, europee,
nazionali e regionali), sia come attivatori di dimostrazione tecnologica. Nella declinazione
del modello territoriale
lombardo, l’attore di riferimento e partner inderogabile tra le
Università è il Politecnico di Milano, e tra i Centri
di Ricerca CNR
-
ITIA e CEFRIEL.
Nel seguito, si riassumono le caratteristiche pri
ncipali degli strumenti citati:
Competence Centre.
Strumenti, previsti dalla strategia europea per la digitalizzazione dell’industria e ripresi dal
Piano del Ministero dello Sviluppo Economico, di diffusione della tecnologia, della
conoscenza e delle competenze derivanti dalla trasformazione digitale dell’industria.
Verranno individuati pochi e selezionati Competence Centre nazionali sulla base della
focalizzazione e della specializzazione tecnologica degli atenei di riferimento, con forte
coinvolgimento di player privati.
Si avrà quindi la creazione di centri nazionali con radicamento regionale accessibili da
imprenditori, capitale umano e ricercatori da tutto il territorio nazionale. In una fase
successiva del programma dovrà essere previsto l’allargamento del network, a livello
europeo, sulla base delle specializzazioni dei singoli centri.
Saranno strutturati in maniera da garantire:
3. Formazione e awareness su I4.0
4. Live demo su nuove tecnologie e accesso a best practice in ambito I4.0
5. Advisory tecnologica per PMI su I4.0
6.
Lancio ed accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo tecnologico
7. Supporto alla sperimentazione e produzione "in vivo" di nuove tecnologie I4.0
8. Coordinamento con centri di competenza europei.
- Digital Innovation Hub.
Rappresenteranno il ponte tra imprese e ricerca con lo scopo primario di real
izzare una
politica di awareness pervasiva, territoriale e fortemente indirizzata alle Piccole e Med
ie
Imprese.
Si ipotizza una diffusione estesa sul territorio, con localizzazione presso strutture
già esistenti, quali le associazioni
imprenditoriali di rif
erimento.
Secondo quanto riportato
nel piano nazionale hanno il compito di:
- Sensibilizzazione delle imprese su opportunità esistenti in ambito I4.0
- Supporto nelle attività di pianificazione di investimenti innovativi
- Indirizzamento verso Competence Center I4.0
- Supporto per l'accesso a strumenti di finanziamento pubblico e privato
- Servizio di mentoring alle imprese
- Interazione con DIH europei.
www.aspeninstitute.it - 29 novembre 2016