Giuseppe Borletti e la Rinascente


Platone afferma non esserci alcun re che non sia discendente da schiavi e nessuno schiavo che non sia discendente da re.
Seneca Lettere morali a Lucilio


INVENTORI E IMPRENDITORI

borletti 1

Giuseppe Cesare Borletti

Giuseppe Cesare Borletti, conte di Arosio (Milano, 19 novembre 1880 – Milano, 14 dicembre 1939), figlio di Romualdo, noto imprenditore nei campi del lino e della canapa, compie i suoi studi a Milano dove, nel 1898, consegue il diploma di ragionieria al Regio Istituto Carlo Cattaneo. Completa i propri studi commerciali in Germania, dove risiede per due anni. Tornato a Milano nel 1900 inizia a lavorare nell'azienda paterna, la Borletti e Pezzi, seguendo in modo particolare i rapporti con l'estero e le esportazioni per la sua buona conoscenza delle lingue inglese e tedesco.
L'anno successivo, venuto a mancare improvvisamente suo padre, deve prendere le redini dell'impresa, a capo della quale si dimostra amministratore attento ed oculato. Nel giro di pochi anni si afferma come il punto di riferimento dell'industria e del commercio dei filati: apre a Gand, in Belgio, il Comptoir belge de l'industrie textile, risolleva da una forte crisi finanziaria la ditta di esportazione di tessili Società anonima Enrico Dell'Acqua e C. e dà vita a due grandi realtà di settore, la Filature e Tessiture Riunite e la Filatura Lombarda.
La sua storia si è spesso incrociata con quello di altre famiglie destinate a avere un posto nella storia di Milano. Gente che ha avuto un ruolo nella prima industrializzazione, che di fatto ha inventato la grande distribuzione in Italia , e che poi è uscita di scena con una velocità così impressionante che oggi, a distanza di pochi anni da quel momento magico, riesce persino difficile ricordarla. L'avventura comincia nel 1896 quando Borletti mette in piedi le Industrie Femminili Lombarde (IFL) per produrre sveglie e rompere il monopolio dei tedeschi e degli svizzeri negli orologi a cucù. Poche centinaia di ragazze e una produzione non certo d'avanguardia. Nel giro di dieci anni, però, quella che pareva un' iniziativa di poco peso comincia a rivelarsi importante. Dalla stabilimento delle Industrie Femminili Lombarde escono 210 mila sveglie all'anno e il monopolio di svizzeri e tedeschi è saltato. Poi arriva la prima grande guerra e la conversione industriale. Borletti passa rapidamente dalla fabbricazione di sveglie a quelle di inneschi per bombe (le spolette e fa una montagna di soldi che decide di impiegare nella grande distribuzione organizzata.
Nel 1917, assieme al fratello Romualdo, estende l'attività tessile alla meccanica di precisione fondando la "Officine Fratelli Borletti", (un ramo dell'impresa era l'IFL), che si specializza inizialmente nella produzione di orologi e strumenti di misura (voltmetri, tachimetri, etc) dando vita al ben noto marchio "Veglia". Nei due anni successivi, tuttavia, Borletti si dedica alle ben più fruttuose commesse belliche avviando, come già detto, la produzione di spolette .
Nazionalista e interventista della prima ora Borletti è amico personale di Gabriele D'Annunzio, del quale appoggia con ingenti finanziamenti l'impresa di Fiume, ed è proprio il poeta a sceglierlo come mediatore quando, il 1 settembre 1920, la Reggenza italiana del Carnaro (il governo di fatto istituito a Fiume dai legionari), sequestra il piroscafo italiano Cogne. Proveniente da Genova e diretto a Buenos Aires il Cogne viene dirottato dai membri dell'equipaggio alla volta di Fiume e lì sequestrato per chiedere un riscatto al governo italiano per salvaguardare il notevole quantitativo di merci trasportate. Il mancato accordo tra le parti spinge Borletti a creare un sindacato tra gli industriali lombardi che riesce a raccogliere i 12 milioni di lire richiesti.
Nel 1924 Borletti viene chiamato a rispondere del fallimento della Banca Italiana di Sconto (BIS) con tutto il consiglio di amministrazione dell'istituto, del quale è membro dalla fondazione. Costituita nel 1914 in opposizione alla Banca Commerciale Italiana e al Credito Italiano, invise ai nazionalisti per la presenza di capitali esteri, la Banca di Sconto ha un ruolo fondamentale nel finanziamento della produzione bellica, in modo particolare dell'Ansaldo di Genova, all'epoca proprieta dei fratelli Mario e Pio Perrone. Questi ultimi, arricchitisi all'inverosimile con le commesse belliche, dopo aver fallito una scalata alla proprietà della Commerciale utilizzano i finanziamenti per la riconversione alla cantieristica navale per acquistare azioni della BIS, verso la quale si indebitano senza riuscire a conquistare la maggioranza del pacchetto azionario, trascinando l'istituto nel rovinoso fallimento cui vanno giocoforza incontro. Il processo si conclude tuttavia nel 1926 con una sentenza di assoluzione di chiara matrice politica.
Contro l'ipotesi dei soci fratelli Franchini, che propongono un'intesa con il concorrente e rivale fiorentino Bemporad, Mondadori riesce a realizzare nel 1921 un accordo con Borletti che rappresenta il definitivo salto di qualità della sua casa editrice, tale da garantire sia un più stabile accesso al credito sia un rapporto organico con le nuove classi politiche del nascente potere fascista. Di qui la scelta del 31 maggio 1921 di nominare Borletti presidente della nuova Arnoldo Mondadori Editore con sede a Milano, di cui lo stesso Mondadori diviene consigliere delegato. Raggiunto tale obiettivo che garantisce stabilità finanziaria e solide relazioni politiche, Mondadori può dedicarsi liberamente ai progetti che più lo interessano. Convinto della necessità di garantirsi un mercato sicuro anche nei momenti di crisi, Mondadori conferma quella vocazione allo scolastico che costituisce nel tempo l'asse portante della casa editrice, tanto da arrivare a rappresentare circa un terzo dell'intera produzione. Alla produzione per la scuola, Mondadori affianca poi una ricca offerta di libri e periodici per l'infanzia che confluisce nel Giornalino della domenica, storica testata per bambini dalle straordinarie copertine, illustrate dai migliori disegnatori dell'epoca, acquistata da Mondadori nel 1925. Ma il vero successo di vendite viene dall'acquisizione sempre nel 1921 dei diritti dell'Enciclopedia dei ragazzi. L'opera è presentata nella vasta campagna pubblicitaria come il corredo indispensabile per ogni scolaro. Non contento di pubblicare quella che di fatto è una ristampa Mondadori decide l'edizione di una traduzione interamente rinnovata nella veste tipografica e nei contenuti; la nuova opera, edita nel 1935, ha circa 40 tra edizioni e ristampe, sino all'ultima edizione del 1979.
Nel corso di questo lungo periodo la figura di Borletti emerge e si afferma anche nella vita politica, la cui ascesa comincia col sostegno a D'Annunzio e all'intervento italiano nella prima guerra mondiale. Tale impegno prosegue negli anni '20. Divenuto intanto proprietario del quotidiano milanese Il Secolo, Borletti lo trasformò in organo fiancheggiatore della politica fascista. In armonia con le direttive del regime, rivolte a demolire la figura morale dei maggiori rappresentanti antifascisti, egli ispirò la violenta campagna diffamatoria, intrapresa dal giornale agli inizi del 1925contro Luigi Albertini, contribuendo a provocarne l'allontanamento dalla direzione del Corriere della Sera. Il Secolo, assieme al Tevere ed al Popolo d'Italia, pubblicò una serie di articoli in cui si accennava al dissesto finanziario subito dal padre di Luigi Albertini trentacinque anni prima, e si accusava quest'ultimo di non essersi mai curato di saldare i debiti paterni. Non fu difficile ad Albertini scagionarsi dall'accusa, dimostrando che la dichiarazione di fallimento dell'azienda paterna aveva dato luogo a un concordato convenuto coi creditori e puntualmente eseguito.
Fin dalla fondazione delle officine e dal successo del marchio Veglia Borletti è a tutti gli effetti un industriale rampante, un uomo che confida nella diversificazione per aumentare non solo i propri profitti ma anche le possibilità di crescita del gruppo di cui è a capo. Mentre le sue Officine di Milano si dedicano al nuovo settore della macchine per cucire, allora foriero di grandi sviluppi, l'imprenditore milanese rileva dai fratelli Bocconi i grandi magazzini "Alle città d'Italia", impresa fondata nel 1877 trasformando allo scopo l'edificio dell'ex albergo Confortable sull'esempio del parigino Le Bon Marché, aperto nel 1838. I Bocconi, forse per l'inesperienza italiana nel settore, avevano omesso di dare un preciso indirizzo aziendale all'impresa, pensando di potersi rivolgere indifferentemente a tutte le fasce della possibile clientela e l'impresa, venuto meno il fondatore, era andata in crisi per l'incapacità dei suoi eredi. Con l'aiuto di Umberto Brustio, marito di sua sorella, Borletti fonde la Bocconi coi "Magazzini Vittoria" e il 27 settembre 1917 dà vita alla Società anonima La Rinascente per l'esercizio dei grandi magazzini col sostegno economico dell'ancora attiva Banca Italiana di Sconto. Il nuovo nome, necessario per evitare che i precedenti della Bocconi nuocessero all'impresa, viene coniato da Gabriele D'Annunzio (un'azienda che rinasce). L' apertura ufficiale avviene il sette dicembre del 1918 e il successo è travolgente. Milano scopre il lusso e le novità proposte da Senatore Borletti, il consumismo in un certo senso. E' lì, a due passi dal Duomo, che si fa la moda, che si stabilisce il gusto, che cosa conviene o non conviene comperare. E' una tradizione che andrà avanti fino all' inizio degli anni Sessanta, e che segnerà gli anni del boom, con la gente che almeno tre o quattro volte arriva alla Rinascente da tutta la Lombardia "a vedere che cosa c' è". Ma la sera di Natale del 1918, quando si son dovuti fare gli straordinari fino alle dieci per accontentare tutti i clienti, la Rinascente va a fuoco. Borletti combatte in prima persona tutta la notte e il giorno dopo insieme ai pompieri. I parenti ricordano che quando tornò a casa si mise a piangere. Ma sulla porta della Rinascente aveva già affisso un cartello in cui prometteva che avrebbe ricostruito ogni cosa a tempo di record. E mantiene la parola data: il 23 marzo del 1921 la Rinascente ritorna ai milanesi
Come detto, Borletti rivolge La Rinascente a una fascia prevalentemente alta della clientela, che cerca non solo gli abiti confezionati ma anche prodotti di pregio se non di lusso. Non volendo perdere la fascia medio-bassa della clientela, che è la maggioranza della popolazione, decide di avviare una seconda catena di distribuzione, la Unico Prezzo Italiano, UPI, che per distinguersi da una preesistente agenzia pubblicità muta la propria ragione sociale in UPIM aggiungendo la parola Milano. La UPIM vende prodotti a prezzo fisso, da 1 a 4 lire, e la clientela può per questo pagare anticipatamente all'entrata, acquistando dei buoni per un valore corrispondente agli articoli da acquistare, mostrando poi entrambi all'uscita.
Nel decennio degli anni '20 Borletti attua una scalata alle aziende minori del settore tessile e riesce a riunire nella neo-costituita Linificio e canapificio nazionale anche aziende di media grandezza, che aderiscono al cartello predominante dell'imprenditore milanese pur mantenendo la propria indipendenza. La concentrazione dà inizialmente buoni frutti ma l'impresa fa presto a venire coinvolta nella grave crisi economica conseguente al crollo della borsa di Wall Strett, col risultato che la produzione nazionale scende da 949.000a 545.000 quintali. Fidando nell'aiuto del Regime (Borletti è iscritto al PNF dal 1924) le sorti aziendali si risollevano nel giro di pochi anni grazie all'impegno nell'autarchia (sostituzione con materia prima italiana delle fibre estere) e più ancora alla campagna di Abissinia, per la quale si assicura l'esclusiva della fornitura delle uniformi alle truppe. Una congiuntura sfavorevole del mercato, legata al divieto governativo di importare dall'estero la materia prima e all'insufficiente produzione nazionale della stessa, non consentono tuttavia di tornare ai precedenti livelli, e men che meno aumentarli, ed è in questa situazione che il Borletti entra nel settore in piena crescita dei tessili artificiali assumendo il controllo della SNIA Viscosa.
L'occasione arriva con le conseguenze della citata crisi economica mondiale che trova il fondatore della società, Riccardo Gualino, indebitato fino al collo col sistema bancario per una serie di investimenti e speculazioni finanziarie andati in fumo. Di sentimenti antifascisti, e quindi rimasto privo di qualsiasi aiuto (viene anzi inviato al confino a Lipari per bancarotta fraudolenta) è costretto a cedere le sue quote a Borletti, che chiama al ruolo di amministratore delegato Franco Marinotti, conosciuto al tempo in cui quest'ultimo, nel 1921, si occupava di esportare i prodotti tessili italiani in URSS attraverso la Compagnia Italiana Commercio Estero. I due riescono a risollevare le sorti dell'azienda attraverso un'oculata politica autarchica (uso della cellulosa per la produzione della viscosa, della caseina per il Lanital, etc), e una solida alleanza coi possibili concorrenti (a partire dalla CISA, Compagnia Italiana Sistema Viscosa), portando in pochi anni il fatturato a oltre mezzo miliardo. Borletti ne rimane presidente fino alla prematura scomparsa del 1939.
Nel 1926, Borletti acquista il Football Club Internazionale Milano da Enrico Olivetti e ne diventa il decimo presidente; rimane in carica fino al 1928 quando per ordine del governo centrale avviene la fusione fra Inter e U.S. Milanese dando vita all'Ambrosiana, gli succede Ernesto Torrusio. B. si distinse anche nel campo filantropico, fondando tra l'altro una colonia agricola per gli orfani dei contadini morti in guerra e una casa per i grandi invalidi nervosi di guerra ad Arosio. Fu infine presidente di numerose società culturali ed artistiche, tra cui il Comitato Italia-Francia costituitosi per lo sviluppo dei rapporti culturali tra i due paesi. Per le sue molteplici attività e per la sua fedeltà al regime, testimoniata tra l'altro dalla sua iscrizione al Partito nazionale fascista sin dal 1924, Borletti fu nominato senatore nel 1929, cavaliere del lavoro nel 1935 e conte d'Arosio nel 1937.

Eugenio Caruso - 16 dicembre 2016


www.impresaoggi.com