Furio Cicogna e le fibre sintetiche

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustrerò la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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cicogna 1

Furio Cicogna

Asti, 21 giugno 1891 - Milano, 26 dicembre 1975
La famiglia, di estrazione piccolo-borghese, nel 1897 si trasferisce a Milano, dove il padre gestisce già da qualche anno un’azienda di trasporti di modeste dimensioni. Conseguito nel 1908 il diploma dell’Istituto tecnico, sezione fisico-matematica, il giovane Cicogna si laurea a pieni voti all’Università commerciale “Bocconi” di Milano in Scienze commerciali nel 1912; viene quindi assunto in qualità di dirigente dalla Bombrini-Parodi Delfino, raggiungendo nel giro di nove anni la carica di direttore centrale. Nel 1921 passa alle Manifatture cotoniere meridionali e nel 1926 fa il suo ingresso nel consiglio d’amministrazione della Soie de Châtillon, azienda produttrice di seta artificiale (raion) il cui capitale azionario è controllato quasi totalmente dalla Banca commerciale italiana. Fondata solo pochi anni prima, al momento della nomina di Cicogna a direttore e procuratore generale nel 1929, la Châtillon si colloca al secondo posto in Italia, dopo la Snia Viscosa, coprendo il 25% della produzione nazionale di filati di raion e il 4% circa di quella mondiale.
Nel marzo del 1930 cambia la denominazione dell’azienda in Châtillon - Società italiana per la seta artificiale, e Cicogna è nominato amministratore delegato. La crisi mondiale del 1929 sta nel frattempo cominciando a far sentire i suoi effetti su un’industria tradizionalmente rivolta all’esportazione: dal 1930 la Châtillon non riesce a produrre utili e a distribuire dividendi, e arriva a toccare il fondo nel 1932, quando la perdita di esercizio supera i 32 milioni di lire. A ciò si aggiunge la crisi finanziaria della Banca commerciale, che sempre nel 1932 – nell’ambito dell’intervento di risanamento deciso dal governo – è costretta a cedere le proprie partecipazioni industriali alla Società finanziaria industriale italiana (Sofindit), assorbita l’anno successivo dal neocostituito Istituto per la ricostruzione industriale (Iri).
Cicogna conserva la carica di amministratore delegato e avvia un ampio programma di risanamento dell’azienda e di razionalizzazione della filiera produttiva, perseguita soprattutto attraverso la chiusura degli impianti inefficienti e la concentrazione della produzione in quelli più avanzati tecnologicamente. Gli effetti della ristrutturazione non si fanno attendere e già nel 1934 l’azienda torna in utile. Nello stesso anno Cicogna riesce ad ottenere dall’Istituto mobiliare italiano (Imi) un finanziamento di 30 milioni, che permette alla società di acquistare i macchinari necessari per la fabbricazione di nuovi prodotti come il fiocco di raion e la lana artificiale (lanital).
Nel corso degli anni Trenta, Cicogna è uno dei protagonisti della ristrutturazione dell’industria italiana delle fibre artificiali: gli accordi stretti dalla Châtillon con le principali società del settore rimaste di proprietà privata – la Snia e la Cisa Viscosa – portano alla costituzione nel 1931 dell’Italraion (Società anonima italiana per l’industria e il commercio dei tessili artificiali), e poi, nel 1939, a quella dell’Italviscosa, di cui Cicogna diviene amministratore delegato, a cui viene affidata la commercializzazione della produzione di raion e fiocco di viscosa delle tre aziende.
Cicogna è designato nel marzo del 1939 membro del Consiglio nazionale delle corporazioni in rappresentanza della Federazione nazionale delle fibre tessili artificiali, e nel maggio dello stesso anno è nominato cavaliere del lavoro. Il suo tentativo in direzione di un rafforzamento del controllo statale sul cartello dei produttori di fibre artificiali fallisce, e all’inizio del 1942 l’Iri decide di riprivatizzare la società, cedendo il pacchetto di controllo a un gruppo di industriali lanieri, tra cui Gaetano Marzotto, Oreste Rivetti e Giuseppe Gavazzi.
Nel dopoguerra Cicogna, confermato dalla nuova proprietà nel ruolo di direttore generale e amministratore delegato, si trova a gestire i problemi derivanti dai danni riportati agli stabilimenti del gruppo e dal calo della domanda di fibre artificiali sul mercato interno, a cui tenta di porre rimedio aumentando l’esportazione verso i nuovi mercati del Sud America e dell’Estremo Oriente.
Fra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta mette in atto una strategia di diversificazione produttiva, iniziando la produzione di raion per pneumatici e di prodotti petrolchimici per l’industria tessile e conciaria, e soprattutto avviando la sperimentazione sulle fibre sintetiche. L’interesse per queste ultime lo spinge a entrare con decisione nel settore industriale chimico con l’acquisto, nel 1952, di metà del pacchetto azionario dell’azienda chimica Acsa e con la firma di un accordo con la Montecatini per l’utilizzo di brevetti per la produzione di filati e fibre poliammidiche, che inizia nel 1954.
L’ingresso nel settore chimico richiede tuttavia cospicui investimenti, che la proprietà non è in grado di effettuare. Nel corso del 1955 Cicogna guida un’operazione di trasformazione degli assetti proprietari dell’azienda, che culmina con il passaggio del pacchetto di controllo azionario alla società elettrica Edison. L’importante successo personale ottenuto con questa operazione è ulteriormente sottolineato dalla nomina nello stesso anno a consigliere della Edison e a presidente dell’Assolombarda, l’associazione degli industriali della Lombardia.
Cicogna, che nel 1957 assume anche la presidenza della Châtillon, può così procedere alla realizzazione dei nuovi programmi di potenziamento degli impianti per la produzione di fiocco di raion e di fibre sintetiche. I risultati non tardano a venire: tra il 1959 e il 1964 il fatturato aumenta da 19,8 a 42,5 miliardi di lire, mentre i dipendenti passano dalle 4.000 alle 7.000 unità. A partire dall’inizio degli anni Sessanta, Cicogna avvia anche un processo di internazionalizzazione dell’azienda, attraverso la costruzione di impianti produttivi in Unione Sovietica e in Romania.
Nel febbraio del 1961 Cicogna viene eletto alla presidenza della Confindustria e in questa veste l’anno successivo si oppone con forza al progetto governativo di nazionalizzazione dell’energia elettrica, criticando aspramente il crescente intervento dello Stato nell’economia. Nonostante la sconfitta subita con l’approvazione della legge di nazionalizzazione dell’industria elettrica nel novembre del 1962, Cicogna viene confermato alla guida della Confindustria nel febbraio del 1963.
Negli anni successivi la sua azione come presidente dell’organizzazione degli industriali si articola intorno a una linea di rigido rifiuto della politica di programmazione economica avviata dai primi Governi di centro-sinistra. Nel campo delle relazioni sindacali Cicogna si pone su posizioni nettamente conservatrici, manifestando una ferma opposizione sia nei confronti delle proposte di riforma della struttura della contrattazione basate sull’articolazione per settori e aziende, sia al varo nel 1962 della legge per la validità erga omnes dei contratti nazionali di lavoro.
Nel 1965, quando in sede governativa si comincia a discutere di uno “statuto dei lavoratori”, da tradurre in legge come strumento di sostegno all’azione del sindacato, egli si dichiara contrario, difendendo la struttura bipolare delle relazioni industriali. Nel marzo del 1966 Cicogna viene sostituito nella presidenza della Confindustria da Angelo Costa (già vicepresidente nel biennio 1961-62).
Nominato membro della giunta esecutiva della Confindustria e presidente della Federazione nazionale dei Cavalieri del lavoro, dedica le sue energie, oltre che all’azienda, all’impegno nella società civile: a partire dal 1957 riveste la carica di Presidente della Università “Bocconi”, che conserverà fino alla morte, mentre si segnala come importate mecenate dell’Istituto della sacra famiglia di Cesano Boscone per l’assistenza ai minorati psichici e ai vecchi cronici, del Centro di cardiochirurgia De Gasperis dell’ospedale Maggiore di Milano e della Pro Civitate Christiana di Assisi.
L’ultima fase della parabola imprenditoriale di Cicogna non è felice come le precedenti. A partire dalla fine degli anni Sessanta si trova infatti a fare i conti con la feroce concorrenza scatenatasi sul mercato mondiale e, di riflesso, su quello italiano, nel settore chimico e delle fibre sintetiche. La guerra dei prezzi costringe le aziende a ricercare forti economie di scala aumentando la dimensione degli impianti, e ciò significa per la Châtillon procedere a nuovi investimenti e a una forte razionalizzazione delle produzioni. Il 1969 segna il culmine dell’espansione dell’azienda, nel frattempo entrata a far parte del gruppo Montedison in seguito alla fusione fra la Montecatini e la Edison, ed è allo stesso tempo l’ultimo anno che la vede in utile. Il fatturato tocca in quell’anno i 97,7 miliardi di lire, con una produzione di quasi 94.000 tonnellate di fibre (nel 1965 erano rispettivamente 44,7 miliardi e 58.200 tonnellate).
L’anno seguente, che si chiude con una perdita di esercizio di oltre 2 miliardi di lire, segna l’inizio di una parabola discendente: di fronte alla sempre più agguerrita concorrenza internazionale, emergono le carenze di fondo del sistema produttivo italiano, basato su impianti fortemente sottodimensionati rispetto a quelli tedeschi e statunitensi. Inoltre, tra le aziende produttrici di fibre sintetiche appartenenti al gruppo Montedison – oltre alla Châtillon, la Polymer e la Rhodiatoce – manca il coordinamento gestionale necessario per ottenere una razionalizzazione della produzione e adeguate economie di scala.
In questa situazione l’incremento del costo del lavoro, che prende il via con l’“autunno caldo” sindacale del 1969, elide un altro fattore di competitività delle merci italiane sul mercato internazionale, e rende ormai improcrastinabile una radicale riorganizzazione del settore. Viene così costituita nel 1972 – mediante l’incorporazione nella Châtillon della Rhodiatoce e della Polymer – la Montedison fibre (Montefibre). Gli anni settanta vedranno la progressiva evaporazione del settore delle fibre sintetiche. Cicogna, ormai più che ottantenne, è costretto a lasciare la presidenza. Muore a Milano alla fine del 1975.
Risorse bibliografiche
Sulla storia della Châtillon si veda A. Falchero, “Quel filo serico impalpabile…”. Dalla Soie de Châtillon a Montefibre (1918-1972), in «Studi storici», 1992, 1, pp. 217-233. Sull’attività di Cicogna come presidente della Confindustria, si veda V. Castronovo, Cento anni di imprese. Storia di Confindustria 1910-2010, Roma-Bari, Laterza, 2010, ad indicem; sul Cicogna presidente dell’Università “Luigi Bocconi”, si veda il fascicolo Furio Cicogna, presidente dell’Università Bocconi dal 1957 al 1975, Milano, Università commerciale “Luigi Bocconi”, 1987.

impresa.san.beniculturali.it - Eugenio Caruso - 16 aprile 2017

 

 


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