Egidio Galbani e il Bel Paese

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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galbani 1

Egidio Galbani

Ballabio Inferiore, 1858 - Ballabio Inferiore, 5 luglio 1950
Trascorre gli anni dell'infanzia e della giovinezza in Valsassina, affiancando il padre Davide che alterna l'attività di fabbro a quella di produzione e commercializzazione di latticini, esercitata durante il periodo estivo sui mercati locali. Ricordo da piccolo a Pasturo con la mamma si andava in questi mercatini improvvisati a comprare i formaggi della Valsassina.
La vicinanza del florido mercato cittadino di Lecco, punto di raccolta e interscambio delle variegate produzioni del territorio (seta, ferro, legname, carbone, bestiame, derrate agricole e formaggi), costituisce un fattore importante per l'economia dell'area, rilevante almeno quanto la presenza, in Valsassina, di un insostituibile vantaggio di localizzazione per il caseificio: le grotte naturali che permettono - data la temperatura costante tutto l'anno tra 5 e 7 gradi centigradi e un tasso d'umidità fisso intorno al 70% - una buona conservazione e maturazione dei prodotti. A ciò si aggiunge, a partire dai primissimi anni Sessanta dell'Ottocento, l'inserimento della piazza di Lecco nelle maggiori correnti di traffico regionale con l'apertura delle linee ferroviarie di collegamento con Milano e Bergamo.
I migliori collegamenti favoriscono, almeno in una prima fase, l'importazione di formaggi e latticini dalla Svizzera e dalla Francia, mentre i formaggi italiani faticano a imporsi sul mercato, soprattutto a causa del basso e fluttuante livello qualitativo, risultato della persistente arretratezza tecnologica delle lavorazioni nel settore. Rientrato dal servizio militare svolto in Sicilia nel corso della seconda metà degli anni Settanta, Galbani incrementa la propria attività di intermediazione, non più solamente limitata al commercio a corto raggio e alla sola stagione estiva delle produzioni degli alpeggi valsassinesi, ma comprendente ormai anche la preparazione, la maturazione e stagionatura, il confezionamento e la commercializzazione di robiole, taleggi, quartiroli e altri prodotti tipici del caseificio vallivo.
Dal 1882 comincia a produrre in proprio e vendere la robiola Galbani. Si trattava di un passo significativo che, oltre al perfezionamento del prodotto, impone una saldatura tra produzione e distribuzione. In concomitanza con il lancio sul mercato della robiola, Galbani apre un magazzino di smistamento e di spedizione a Maggianico, non lontano dalla stazione ferroviaria di Lecco e da quella di Calolziocorte. Nel corso degli anni Ottanta consolida la propria attività affiancando alla produzione di robiole quella di altri formaggi a pasta molle, concorrenziali con le affermate produzioni francesi, allargando il proprio raggio di attività oltre l'ambito locale e regionale.
Il forte legame con la Valsassina si dimostrò assai presto come un potenziale freno allo sviluppo, dato che la produzione lattiera locale, limitata ai soli mesi estivi, si rivelò sempre più insufficiente per soddisfare le accresciute necessità di approvvigionamento dell'azienda. In breve tempo, l'aumento dei volumi di vendita e la necessità di distribuire la fabbricazione e la stagionatura dei formaggi lungo tutto il corso dell'anno portano l'imprenditore a individuare nuove localizzazioni per la propria attività.
All'inizio degli anni Novanta trasferisce larga parte dell'attività produttiva a Melzo, attirato sicuramente dall'abbondanza e dall'elevata qualità della materia prima (la cui disponibilità in quantità costanti cominciava a divenire un fattore strategico) e dalla presenza di buoni collegamenti e vie di trasporto (la linea ferroviaria Milano-Venezia).
La capacità di lavorazione del piccolo stabilimento tocca allora i 5.000 litri giornalieri di latte. Galbani manifesta in questo periodo anche una particolare attenzione a cogliere le occasioni per pubblicizzare i propri formaggi. Dal 1892 si susseguono infatti sempre più numerosi premi e diplomi ottenuti a esposizioni in Italia e all'estero. È del 1906 la creazione di un nuovo formaggio a pasta molle, che viene battezzato con il nome di Bel paese, ispirato dal petrarchistico titolo di un'opera di carattere divulgativo del geologo e geografo lecchese Antonio Stoppani: con un'intelligente operazione di carattere pubblicitario, Galbani fa raffigurare sull'etichetta il ritratto dello scienziato insieme con l'immagine dell'Italia, e in bella evidenza, tra le altre, le località più importanti per la storia dell'azienda: da Ballabio, a Maggianico, a Melzo, alle varie sedi di stabilimento.
Sull'onda del successo del Bel paese l'attività di Galbani aumenta ulteriormente sino a richiedere un ingrandimento degli impianti con la costruzione di un vero e proprio stabilimento su base industriale. La nuova unità produttiva di Melzo è realizzata ricorrendo sia al credito bancario sia, in misura maggiore, all'autofinanziamento: si tratta di uno stabilimento dotato di tecnologie d'avanguardia, integrato, dove all'attività di produzione vera e propria, svolta in locali a temperatura controllata, si affiancano magazzini e ricoveri per carri e cavalli che assicurano il continuo flusso della materia prima necessaria per le lavorazioni. La Galbani si occupa di tutte le fasi del processo produttivo, dall'acquisto del latte alla produzione di formaggi di prima e seconda scelta, i cui scarti erano poi impiegati nell'allevamento di suini. Rilievo ugualmente importante ricopriva, a valle, la struttura della rete di vendita imperniata su depositi e rappresentanze incaricate della capillare distribuzione del prodotto su tutto il territorio di vendita.
Alla vigilia del primo conflitto mondiale la Galbani è un'azienda di primaria importanza che a buon diritto rientra nel novero degli stabilimenti mobilitati per la fornitura di derrate alle truppe e che avvia anche esportazioni di una certa consistenza verso l'estero.
Il campionario dei prodotti dell'azienda si presenta variegato: a formaggi di prima scelta si affiancano altri di seconda e terza scelta, venduti a prezzo molto contenuto. Alle robiole si sono infatti aggiunti cremini, quartiroli, formaggi a pasta dura di vario tipo, oltre, naturalmente, al Bel paese, che occupa ormai incontrastato il primo posto tra i formaggi più diffusi a livello nazionale. La precoce attenzione alla comunicazione (attuata attraverso l'uso di cataloghi aziendali, rivolti principalmente ai negozianti e ai dettaglianti) traspare dalla cura degli involucri, raffiguranti scene di vita pastorale valsassinese, con in primo piano una fanciulla vestita con il tradizionale costume locale (la guarnitura di spadini ai capelli, il grembiule, le pianelle o gli zoccoli), con un esplicito richiamo alla Lucia Mondella dei Promessi sposi.
L'accumulazione di consistenti profitti porta all'ulteriore incremento delle dotazioni infrastrutturali e della capacità produttiva. Alla fine della guerra lo stabilimento principale di Melzo segna una capacità giornaliera di 300 quintali di latte lavorato, con soluzioni tecniche avanzate sia per la forza motrice sia per gli impianti di refrigerazione. L'espansione incessante obbliga Galbani ad accettare l'apporto di capitale esterno: nel 1920 viene costituita la Società anonima Egidio Galbani, con 2 milioni di capitale, sede a Milano e uffici amministrativi a Melzo. Presidenza e vicepresidenza sono riservate a Galbani e al fratello minore Giuseppe (1864-1931), mentre il ruolo di consigliere delegato è affidato a Rinaldo Invernizzi, principale esponente di un'altra famiglia valsassinese di casari trasferitasi in pianura, probabilmente già da qualche tempo in rapporti d'affari con lo stesso Galbani.
Il controllo dell'azienda resta quindi saldamente nelle mani dell'imprenditore che, con il fratello Giuseppe, possiede i 2/3 delle azioni e continua a condurla in prima persona, coadiuvato direttamente dai soci e dai familiari. Nel 1922 l'impresa raggiunge dimensioni ragguardevoli, con 11.500 quintali di formaggio prodotti, di cui 800 esportati, e 95.000 quintali di latte lavorato nei tre stabilimenti di Melzo, Scaldasole e Villareggio. A fronte di una domanda in continua crescita, Galbani imbocca ancora la strada dell'espansione produttiva, anche perché la stagionatura, e non tanto la produzione in sé, si rivela progressivamente una vera e propria strozzatura in grado di rallentare seriamente la connessione tra l'impresa e il mercato.
Nel 1922 è perciò avviata la costruzione di un nuovo stabilimento alla Certosa di Pavia che - per evitare un eccessivo appesantimento finanziario - Galbani decide ancora una volta di realizzare ricorrendo all'autofinanziamento e solo in minima parte all'indebitamento bancario. La crescita coinvolge rapidamente sia gli aspetti di carattere distributivo - si incrementa decisamente la presenza nei mercati esteri, affidati alla cura di Giacomo(1897-1983), figlio di Giuseppe - sia di innovazione sul versante del prodotto: Galbani, nonostante l'età avanzata, prosegue infatti nelle proprie sperimentazioni, giungendo a introdurre nuove soluzioni anche nel packaging; nel 1924-1925 si realizzano "scatolette di porzioni senza crosta" (i formaggini) destinate a imporsi rapidamente sul mercato.
Il continuo aumento della produzione e, in particolare, delle esportazioni (che via via arrivano a superare l'ammontare della produzione destinata al mercato interno) impongono all'inizio del 1925 un riassetto dell'impresa. Viene allora deciso un forte aumento di capitale - garantito dall'appoggio di un consorzio di collocamento bancario guidato dalla Banca della Svizzera italiana di Lugano - da 2 a 10 milioni di lire, immediatamente impiegati nell'ammodernamento delle strutture produttive (il valore degli impianti passa da 2,7 a oltre 7,5 milioni). A questo punto la Galbani, con gli stabilimenti di Melzo e quello di Pavia Certosa, è uno fra i principali protagonisti del settore caseario italiano, preceduta solo dalla lodigiana Polenghi-Lombardo.
Gli stabilimenti impiegano alla metà degli anni Venti una forza motrice di circa 500 HP con una capacità giornaliera di lavorazione intorno ai 1.500 quintali di latte, in linea con l'azienda rivale. La capacità di lavorazione complessiva passa dai 146.000 quintali del 1925 ai 450.000 del 1930. Le esportazioni, solo parzialmente colpite dalla politica deflazionistica di “quota 90”, si attestano su percentuali variabili tra il 30% e il 50% della produzione totale, dirigendosi principalmente verso i mercati tedeschi, francesi e statunitensi, dove la penetrazione avviene tramite la rete di vendita della Mattia Locatelli, nel frattempo divenuta un'importante società commerciale in campo caseario attiva sui mercati d'esportazione, e principalmente negli Stati Uniti, in Sudamerica e in Inghilterra.
Sempre più stretti si fanno nel frattempo i legami con l'azienda famigliare degli Invernizzi, che vanno assumendo posizioni di rilievo sempre maggiore all'interno della Galbani. Il processo di rivoluzione negli assetti proprietari della Galbani culmina nel giugno del 1926 con l'abbandono della società da parte di Galbani stesso, mentre la presidenza viene affidata ad Achille Invernizzi.
Non del tutto chiari appaiono i motivi per cui Galbani, che insieme ai familiari deteneva complessivamente il 65% del capitale, arrivi a maturare tale decisione. Il disaccordo, anche parziale, sulle strategie di sviluppo intraprese non giustificherebbe l'accettazione della carica di presidente onorario a lui conferita dal consiglio d'amministrazione nel giugno 1926, né l'apertura di una linea di credito in conto corrente di un milione fatta personalmente da Galbani a favore della società.
D'altra parte le sue dimissioni non appaiono certo motivate dal desiderio di abbandonare l'attività imprenditoriale, in quanto, nello stesso anno, fonda le Latterie industriali riunite (LIR) a Robbio Lomellina, in cui prosegue la sperimentazione e la creazione di nuovi prodotti, sino a porsi in contrasto con la stessa Galbani per l'utilizzo del marchio e del proprio nome. Proprio per tali ragioni, nell'ottobre del 1928, "visto il nuovo stato di fatto che si è creato tra la società ed il sig. Egidio Galbani", all'unanimità gli viene revocata la carica di presidente onorario, dopo che già nel giugno precedente anche l'ultimo rappresentante della famiglia Galbani, Giacomo, ha lasciato l'azienda. Da questo momento la storia della Galbani si distacca completamente da quella del suo fondatore.
L'attività della LIR nasce e si sviluppa tra mille difficoltà, legate principalmente alla forte concorrenza della stessa Galbani, ormai di gran lunga la maggiore fra le aziende casearie italiane (a metà del 1935 si avviano persino trattative con l'imprenditore per la cessione della LIR alla Galbani). Dopo qualche anno di stentata attività, in coincidenza con la definitiva uscita di scena di Galbani, la LIR si trasforma in società anonima sotto la guida di Ercole Locatelli, già presidente della Mattia Locatelli, mentre Giacomo Galbani diventa unico consigliere. Il destino delle due famiglie valsassinesi torna dunque a intrecciarsi ancora una volta. La Mattia Locatelli, sino a quel momento azienda in larga prevalenza commerciale, coglie così l'occasione per integrarsi ulteriormente a monte nelle attività produttive (già possedeva caseifici sparsi un po' ovunque nella penisola); specularmente, la LIR può sfruttare le relazioni commerciali accumulate dalla stessa Locatelli. Le due aziende continueranno però a restare formalmente separate, sino alla metà degli anni Cinquanta.
Dopo questo esito, Galbani, che una descrizione del 1938 presenta ancora in pieno vigore (E. Savini, Egidio Galbani nel suo ottantesimo compleanno, Milano, Tip. Alfieri-Lacroix, [1938]), si dedica ai viaggi e al riposo. Muore a Ballabio Inferiore nell'estate del 1950.
Nel 1974 gli Invernizzi cedettero l'azienda a quattro finanziarie con sede nel Lussemburgo e nel Liechtenstein, con proprietari ignoti; negli anni settanta e ottanta l'identità dei proprietari della Galbani rimase sconosciuta. Il volto “pubblico” dell'azienda era l'amministratore delegato Luigi Campominosi, che assunse anche incarichi nell'associazione di categoria degli industriali caseari; nonostante questo, la riservatezza dell'azienda sull'assetto proprietario rimase assoluta. Nel 1989 fu acquisita da IFIL e BSN-Danone, che nel corso degli anni rilevò progressivamente l'intera azienda. Nel 2002 Danone vendette al fondo di private equity Bc Partners, che operò una profonda riorganizzazione, esternalizzando la logistica e suddividendo l'azienda in tre entità:
- Egidio Galbani, che comprende le attività produttivo-industriali;
- BiG, che si occupa della vendita e della distribuzione;
- BiG Logistica, che gestisce il grande magazzino centrale di Ospedaletto Lodigiano.
Nel 2006 Bc Partners monetizzò il proprio investimento cedendo Galbani al gruppo lattiero-caseario francese Lactalis, che già aveva rilevato la proprietà di due storiche aziende casearie italiane come Invernizzi e Cademartori; nel 2008 si aggiunse anche Locatelli.

Risorse archivistiche e bibliografiche
L’archivio storico Galbani è conservato presso la sede sociale di Melzo; per la bibliografia si rimanda ad A. Colli, Galbani Egidio, in DBI, 51, 1998

Eugenio Caruso - 26 aprile 2017

 

 


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