Ercole Marelli e la grande industria elettromeccanica

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

marelli 1

Ercole Marelli

Milano, 19 maggio 1867 - Tremezzo (CO), 28 agosto 1922.
Figlio di un modesto artigiano trasferitosi nel capoluogo lombardo dal vicino Comasco, termina gli studi di base e, a quindici anni, inizia a lavorare come apprendista presso una piccola officina meccanica. In seguito, viene presentato a Bartolomeo Cabella, Direttore del Tecnomasio italiano, dove comincia a lavorare nel 1885 in qualità di «meccanico per istrumenti di misura e specialmente per lavori elettrici applicati all’illuminazione».
Nell’ottobre 1888, per conto dello stesso Cabella, si reca ad Asunción, in Paraguay, dove, appena ventenne, monta e mette in funzione un intero impianto elettrico per lo stabilimento Concha Sociedad, dotato di cento lampade a incandescenza e di diciannove fari ad arco da 1.000 candele, che servivano in parte anche per illuminare alcune vie e il teatro principale della città.
Nel 1891, a pochi mesi dal suo rientro Italia, apre un proprio laboratorio nel centro di Milano dove, coadiuvato da un solo operaio, inizia a fabbricare apparecchi di fisica e di geodesia, macchinette elettriche per gabinetti scolastici, pile, accumulatori e apparecchi elettromedicali. Nel 1893, il buon andamento delle vendite gli permette di trasferirsi in una più ampia officina in via Quadronno dopo aver costituito con il ragioniere L. Gorla una società in nome collettivo con un capitale di 8.000 lire.
Partecipa, nello stesso anno, all’Esposizione medica internazionale di Roma e allarga la produzione a parafulmini, lampade ad arco e accumulatori elettrici portatili: costruisce, tra l’altro, le batterie utilizzate per l’illuminazione dei lavori per il traforo del Sempione.
Nel 1911 Marelli, celebrando i primi venti anni della propria attività imprenditoriale, rende nota l’intenzione di iscrivere tutti i dipendenti, già coperti da una cassa mutua interna per malattie, alla Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia. È il segno di un’attenzione per le condizioni di vita dei propri dipendenti che si sarebbe tradotta in pionieristiche iniziative di welfare aziendale: dagli alloggi per gli operai all’ambulatorio medico, dall’asilo nido all’assistenza ostetrico-ginecologica per la numerosa manodopera femminile.
Deciso assertore della specializzazione, Marelli è tra i primi in Italia a effettuare la lavorazione in serie, tanto per la parte meccanica dei motori, quanto per la più complessa componente elettrica (avvolgimento). La precisa divisione dei compiti e delle mansioni viene estesa anche alla fase della commercializzazione: sin dal 1898 sono istituite all’estero autonome agenzie di rappresentanza, poi strutturate come indipendenti filiali di vendita. La penetrazione sui mercati stranieri, in America Latina e nell’Europa orientale, ma anche in Francia, Austria, Germania e Inghilterra è sostenuta da una costante opera di marketing e da accurate campagne pubblicitarie. Fino al Primo conflitto mondiale le esportazioni si mantengono superiori alle vendite sul mercato interno, risultato più che lusinghiero se si considera che, ancora nel 1927, il settore elettromeccanico italiano nel suo complesso non arrivava a esportare il 10% della produzione.
Con lo scoppio della Prima guerra mondiale la Marelli si dedica alla fabbricazione di materiale bellico: nel dicembre 1915 la ditta ottiene la concessione di un brevetto per la progettazione di un trapano per la foratura dei proiettili e l’anno successivo registra il primo brevetto relativo ai magneti per accensione, perfezionando l’innovazione nel 1917, e poi ancora con un brevetto “completivo” verso la fine del 1918. Vista l’espansione della domanda, viene attrezzato un apposito reparto per la produzione di magneti, finché nel 1919 si procede allo scorporo di questa attività dall’accomandita Ercole Marelli, dando vita in compartecipazione con la Fiat di Torino alla società anonima Fabbrica italiana Magneti Marelli. Il patto sociale stabilisce paritetiche quote di capitale riservando, tuttavia, Presidenza e Direzione tecnica e commerciale a Marelli; questi affida la guida della nuova società a un manager di assoluta fiducia, il marito di sua figlia, Bruno A. Quintavalle, destinato a rimanere alla guida dell’azienda fino al 1967, quando l’intero pacchetto azionario passerà nelle mani della Fiat.
Alla fine della guerra, grazie alle ingenti e remunerative commesse belliche, l’impresa appare notevolmente rafforzata: il fatturato, pari a 10 milioni di lire nel 1915, è di 42 milioni nel 1920. Riprendono lentamente anche le esportazioni (per lo più di ventilatori di vario tipo e dimensione e di piccoli motori elettrici). Nel frattempo l’impresa avvia anche la fabbricazione del macchinario elettrico di media e grossa potenza, del quale avevano avuto fino ad allora il monopolio poche grandi imprese straniere (General Electric, AEG, Siemens, Brown Boveri).
Nel 1920, in un’area attigua all’originario insediamento di Sesto San Giovanni, iniziano i lavori per la costruzione dello “stabilimento n. 2” per la lavorazione di alternatori, grandi trasformatori, quadri e apparecchiature per centrali e impianti di propulsione terrestre e navale. Anche per far fronte alle nuove necessità finanziarie Marelli decide lo scioglimento della vecchia accomandita Ercole Marelli e C. e la costituzione della società anonima Ercole Marelli, con capitale di 20 milioni, portato dopo un anno a 30 milioni. Marelli controlla il 72% delle azioni e il rimanente 28% viene sottoscritto da Antonio Stefano Benni, che egli chiamava il suo «figliolo di lavoro»: entrato in azienda come dipendente nel 1894, ne diventa socio con una quota di 15.000 lire nel 1906 e proprietario di quasi un terzo del capitale sociale al momento della costituzione in società anonima, ereditandone la conduzione alla morte di Marelli.

Nel 1922 l'impresa viene ereditata da Fermo Marelli, figlio di Ercole Marelli. Negli anni trenta venne fortemente potenziata la produzione di grossi macchinari come alternatori e trasformatori, sistemi di comando per laminatoi per i maggiori produttori di acciaio mondiali, macchine di propulsione per navi ed equipaggiamenti per treni, elettropompe per acquedotti ed opere di bonifica. Prima della seconda guerra mondiale, i dipendenti superavano le 5.000 persone. Negli anni sessanta la Ercole Marelli esporta locomotive di grande potenza per le Ferrovie del Cile e diesel-elettriche per le ferrovie dell'Argentina toccando il massimo occupazionale con 7.100 dipendenti. I suoi prodotti, tecnologicamente avanzati per l'epoca, sono presenti in moltissime realizzazioni per il trasporto di massa, come ad esempio gli azionamenti di trazione per la Metropolitana di Milano; successivamente, è stata la prima azienda italiana a proporre azionamenti di potenza per locomotive a chopper. A partire del 1968, l'azienda si dovette ristrutturare per far fronte al ribasso dei prezzi nel settore elettromeccanico. Nel marzo 1981 venne messa in liquidazione. Nel 1993 viene incorporata nel gruppo Firema. Le origini della Firema possono essere individuate nella costituzione del Consorzio Fi.Re.Ma, avvenuta nel 1980, il cui nome era un acronimo costituito dalle iniziali dei tre soci fondatori, a partecipazione paritaria, Fiore, Regazzoni e Marchiorello. Il consorzio raggruppava le Officine di Casaralta, le Officine Fiore, le Officine Meccaniche della Stanga, le Officine di Cittadella, le Officine Meccaniche Casertane e la società Firema Engineering. In seguito entrarono a farne parte altre società. Nel 1993 fu fondata Firema Trasporti S.p.A., partecipata al 49% dell'IRI tramite Ansaldo S.p.A., e si ebbe la fusione delle principali aziende private del settore riunite in Firema Finanziaria Srl. Obbiettivo dell'operazione era quello di poter mantenere la competitività in un settore nel quale le piccole realtà produttive avevano ormai poca possibilità di sopravvivenza in un mercato aperto più che mai alla concorrenza straniera e caratterizzato dalla presenza di competitori mondiali quali Alstom, Bombardier e Siemens. La iniziale presenza di IRI, poi Finmeccanica, nel capitale comportò una stretta collaborazione con Breda e Ansaldo Trasporti, poi fuse in AnsaldoBreda, e comportò la partecipazione a numerose commesse in comune. La presenza di Finmeccanica cessò nel 2005. Nel corso degli anni l'insieme dei fattori costituiti dai mercati sempre più aperti alla concorrenza internazionale comportò la graduale chiusura di molte delle attività che costituivano il raggruppamento iniziale, come le storiche officine di Casaralta (Bologna), definitivamente smantellate nel 2010 e quelle di Cittadella. Anche la compagine societaria mutò, e alla fine degli anni Duemila l'unico azionista di riferimento risultava la famiglia Fiore, investita dalla crisi dell'azienda. A partire dal 2 agosto 2010, con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, Firema Trasporti S.p.A. è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'art. 2 comma 2, D.L. 23 dicembre 2003 n. 347 ed è stato nominato Commissario Straordinario l'ex parlamentare Ernesto Stajano, cui è stata affidata la gestione dell'Impresa.

Risorse archivistiche e bibliografiche
Fonti primarie di riferimento, per ricostruire la vicenda imprenditoriale di Marelli, sono l’Archivio dell’omonima impresa, depositato presso l’Istituto per la storia contemporanea di Sesto San Giovanni (Isec). S. Licini, ad vocem, in Dizionario biografico degli italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana; Venti anni di vita della ditta E. Marelli & C. (1891-11 nov. 1911), Milano, opuscolo aziendale, 1911; S. Licini, E. M. e Tecnomasio italiano, dalle origini agli anni Trenta: un tentativo di comparazione, in «Annali di storia dell’impresa», 1989-90, 5-6.

Eugenio Caruso - 2 maggio 2017


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