Mario Pavesi e i Pavesini

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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pavesi 1

Mario Pavesi

Cilavegna (Pavia), 29 dicembre 1909 - Milano, 5 febbraio 1990.
Il padre Luigi, dopo aver liquidato la piccola fabbrica di carri agricoli di famiglia, aveva avviato una attività di panetteria in una bottega in cui lavoravano anche la moglie e il primogenito Pietro. Mario, invece, trascorre gli anni dell’adolescenza e della prima giovinezza come commesso in un negozio di tessuti a Mortara (Pavia). Successivamente è assunto in qualità di commesso viaggiatore da una torrefazione impegnata nello smercio di caffè macinato nell'area locale, presso esercizi e botteghe di alimentari.
Nel 1934, insieme al fratello e alla sorella si trasferisce a Novara, il centro urbano principale della regione, dove rileva una pasticceria, in Corso Cavour, mentre continua a dedicarsi al commercio di coloniali, prodotti da forno, dolciumi e caffè. Comincia presto a espandere l'impresa artigianale: nel 1936 inaugura un nuovo forno, vicino alla stazione ferroviaria e, alla vigilia della seconda guerra mondiale, un terzo impianto, di dimensioni più ampie, in cui trovano lavoro già una decina di operai. La sua scelta imprenditoriale è quella di affiancare subito alla produzione del pane quella di diversi prodotti da forno, in particolare una specialità tradizionale locale, i “biscottini di Novara”, che diventano il prodotto di punta della sua rete commerciale.
Nel piccolo stabilimento acquisito nel 1939 si realizza dunque il passaggio dell'attività dalla dimensione artigianale a quella industriale, con l'iscrizione dell'impresa Mario Pavesi nei registri della locale Camera di Commercio. Il passaggio da bottega a fabbrica è poi sostenuto e incentivato dalla committenza militare e civile nel periodo bellico, che permette all’impresa continuità di produzione nonostante i razionamenti.
Gli anni del conflitto risultano fondamentali per la maturazione imprenditoriale di Pavesi, non solo sul versante produttivo, ma anche per le suggestioni che gli giungono dal contatto con modelli di consumo differenti da quelli diffusi all’epoca in Italia, in particolare durante l’occupazione delle truppe alleate americane.
Al termine del conflitto, Pavesi vanta una posizione abbastanza solida, in un settore tuttavia ancora polverizzato e in cui dominano i circuiti commerciali locali, caratterizzati da consumi medi comparativamente bassi rispetto ai paesi industrializzati. Le imprese attive nel comparto delle produzioni da forno sono, nella rilevazione del 1951, di piccolissime dimensioni: solo un decimo del totale conta più di 10 dipendenti e solo l'1% ha almeno un centinaio di addetti. La produzione industriale di biscotti e prodotti da forno appare tuttavia in rapida crescita, e nel comparto si consolidano proprio in questi anni le posizioni di alcune imprese caratterizzate da percorsi molto simili a quelli della Pavesi, come la Motta e la Alemagna, oltre ai concorrenti più diretti dell’azienda novarese, come Saiwa, Colussi, Doria e Lazzaroni, che avevano avviato la trasformazione da botteghe artigianali a vere e proprie fabbriche già nel corso degli anni precedenti il secondo conflitto mondiale.
La storia imprenditoriale di Pavesi segna una svolta proprio nella fase postbellica di superamento dell’emergenza alimentare. Dopo la divisione dal fratello Pietro, cui resta l’attività di commercio di coloniali, l'imprenditore decide di investire sul versante produttivo, con la progettazione (e il brevetto) di un impianto semiautomatico per il biscottificio, trasferito in uno stabilimento più ampio, sempre a Novara. La nuova linea di produzione dei “biscottini” appare funzionale a un lancio commerciale ad ampio raggio, destinato a superare le strettoie di una produzione artigianale diretta solo al consumo locale. Le innovazioni allora introdotte riguardano soprattutto l'impatto sul consumatore finale, e vanno dal packaging (i biscotti di Pavesi sono piccoli e confezionati in pacchetti, anziché venduti nelle tradizionali scatole di latta da 5 kg) alla comunicazione pubblicitaria, finalizzata appunto a far conoscere il prodotto al di fuori dei confini regionali, e a trasformarlo da “specialità locale” in prodotto di consumo nazionale di massa.
Pavesi consolida la consapevolezza del ruolo strategico giocato dalla comunicazione in occasione dei viaggi compiuti all'inizio degli anni Cinquanta negli Stati Uniti, dove evidenti sono le novità insite nella diffusione di modelli di consumo alimentare moderni. Si avvale quindi di professionisti della comunicazione, e investe in campagne pubblicitarie innovative, tanto che nella motivazione a sostegno della sua nomina a cavaliere del lavoro, nel 1955, viene sottolineato il suo contributo “ad elevare il settore della ‘pubblicità’ dandovi un particolare carattere psicologico ed artistico”.
Con la consulenza di un noto pubblicitario, Mario Bellavista, l'imprenditore avvia negli anni Cinquanta una imponente campagna di comunicazione, estesa al territorio nazionale e destinata a ogni canale all'epoca disponibile: stampa, radio, cinema e, in seguito, televisione. I “biscottini di Novara” diventano allora i Pavesini, un prodotto de-localizzato pensato soprattutto per il consumo di bambini e adolescenti; le campagne pubblicitarie sottolineano il valore nutritivo e salutare dei biscotti, evidenziando la genuinità del prodotto che, per la sua leggerezza, è adatto a un consumo senza limiti, come recita il celeberrimo slogan proposto dal 1958: “è sempre l’ora dei Pavesini”.
La spinta potente alle vendite data dall’efficacia del messaggio pubblicitario impone a Pavesi uno sforzo di ammodernamento delle strutture societarie e produttive: nel 1953 l'impresa diventa società per azioni sotto la ragione di Pavesi Biscottini di Novara spa, mentre nel 1954 viene inaugurato un nuovo stabilimento, in cui si concentrerà la produzione della Pavesi negli anni del miracolo economico. Sul versante della commercializzazione, risale a questo periodo la costruzione di una rete capillare di distribuzione su tutto il territorio nazionale, basata su filiali regionali e depositi, mentre particolare cura è posta nella formazione degli agenti di vendita e nel rapporto con i negozianti, che vengono incoraggiati a evidenziare i prodotti Pavesi grazie alla realizzazione di espositori monomarca e a richiami pubblicitari all’interno del punto vendita.
Una volta assestata la struttura produttiva e commerciale dei Pavesini, l'imprenditore punta a sfruttare le economie di diversificazione avviando la produzione dei cracker, insieme alla sperimentazione sui biscotti farciti (che realizzerà poi alla fine degli anni Sessanta con il lancio dei biscotti Ringo), e su quelli ricoperti di cioccolato (i biscotti Togo, commercializzati all'inizio del decennio seguente).
Una parallela strategia espansiva è avviata sul versante commerciale, in cui si inaugura la novità della ristorazione autostradale: già alla fine degli anni Quaranta era stato aperto alla periferia di Novara, sull'autostrada Milano-Torino, il chiosco di Veveri per la ristorazione e la vendita dei prodotti Pavesi agli automobilisti in transito. Riedificato nel 1952 dall’architetto Angelo Bianchetti (1911-1994), specializzato in edilizia industriale, il chiosco diventerà il primo autogrill, modello per la futura espansione dell’azienda in un ramo pronto a trasformarsi in un business florido, al seguito dello sviluppo della rete autostradale italiana e del traffico automobilistico negli anni del boom economico.
Sempre sostenuto dall'originalità progettuale di Bianchetti, Pavesi avvia un programma sistematico di costruzione di aree di ristoro sulle arterie stradali già in esercizio e poi, tra la fine del decennio Cinquanta e i primi anni Sessanta, al seguito della progressiva realizzazione dell'autostrada del Sole: il modello americano delle catene di motel, ristoranti e grill lungo i tracciati autostradali ispira le nuove strutture architettoniche degli autogrill Pavesi, che si distinguono per le soluzioni costruttive ardite e moderne, identificate dalle forme circolari, da grandi vetrate e dai nuovi ristoranti “a ponte”, accessibili dalle due corsie di marcia dell'autostrada (il primo è quello di Fiorenzuola d’Arda, PC, del 1959).
In questo campo Pavesi anticipa la concorrenza, dato che la Motta aprirà solo nel 1962 l'area di ristoro di Cantagallo, alle porte di Bologna, e l’Alemagna seguirà a notevole distanza.
L'evoluzione della struttura dell’impresa novarese è documentata dai dati di bilancio, che testimoniano la rapida espansione a partire dalla trasformazione della ditta individuale in società per azioni, nel 1953, quando Pavesi ricopre il ruolo di unico amministratore, affiancato da tre sindaci. Gli anni seguenti vedono una sostenuta politica di investimenti e, nel 1956, la svolta: il capitale sociale raggiunge i 400 milioni, ma salirà ancora, fino a 1 miliardo e 400 milioni nel 1964. L'iniezione di liquidità segna una progressiva “spersonalizzazione” dell'impresa, che da azienda a guida individuale diviene una vera e propria società di capitali, caratterizzata dalla presenza di azionisti di rilievo. Nel 1960 Pavesi appare ancora tra i consiglieri d’amministrazione, ma la presidenza della società è affidata a Enrico Barsighelli, un alto funzionario della Edison.
Negli anni Sessanta infatti, quelli della crescita più intensa e delle realizzazioni più ambiziose, Pavesi deve cedere il controllo dell'impresa e delle consociate progressivamente create per gestire in maniera specializzata alcuni rami di attività: la Pai (Prodotti Alimentari Internazionali), nata nel 1957 per produrre patatine fritte e snack salati, la Pas (Produits Alimentaires Suisses), costituita nel 1962 per il presidio dei mercati esteri, e l’Epea (Esercizi Pasticceria e Affini), costituita negli anni Cinquanta per la gestione della ristorazione autostradale.
La Pavesi – che nei primi anni Sessanta si attesta intorno alla 120esima posizione nella graduatoria delle principali aziende italiane per fatturato, e impiega oltre 1300 dipendenti - ricade quindi nel perimetro degli interessi del gruppo Edison, impegnato, in vista della nazionalizzazione del settore elettrico, in una politica di diversificazione non correlata in vari ambiti, tra cui quello alimentare e della distribuzione. Nella seconda metà degli anni Sessanta l’Italpi, una finanziaria del gruppo Edison, controlla il 50% della Pavesi, il 48% della Pai e quasi il 42% dell’Epea, mentre le quote di Pavesi, che resta ancora presente nella gestione delle imprese da lui fondate, vanno progressivamente riducendosi, così come i suoi spazi di influenza diretta.
L'impresa viene infatti coinvolta nelle complesse manovre finanziarie che movimentano il settore alimentare italiano nei due decenni: all'interno del gruppo Montedison le attività alimentari del nuovo colosso chimico vengono raggruppate in un’unica entità, l’Alimont, che riunisce i pacchetti di controllo ex-Montecatini nella Bertolli (olio), nella De Rica (conserve) e nella Bellentani (salumifici) e quelli ex-Edison nella Pavesi, nella Pai e nell’Epea, oltre che nella Zucca (liquori).
Nel corso di questi assestamenti, Pavesi perde progressivamente il controllo nella gestione delle aziende da lui create. Le sue precarie condizioni di salute, peggiorate dalla fine degli anni Sessanta, ne accelerano il progressivo distacco dai ruoli operativi, finché nel 1971 arriva alla decisione di cedere alla Montedison le proprie quote azionarie, rilevando, nel contempo, la Rabarbaro Zucca, poi affidata alla gestione dei figli Pier Luigi ed Ettore.
Nel 1974 l’Alimont viene rilevata per il 50% dalla SME, a sua volta controllata dall’IRI, mentre un consistente pacchetto azionario passa alla Findim della famiglia Fossati, già proprietaria della Star. La stessa Alimont, viene successivamente trasformata in Alivar.
La finanziaria pubblica SME procede quindi alla razionalizzazione delle sue partecipazioni nel settore alimentare, che comprendono anche l’Unidal, in cui erano confluiti i pacchetti di controllo di Motta e Alemagna. Nel 1977 l’Epea viene così fusa insieme alle attività di ristorazione di Motta e Alemagna nella società Autogrill, mentre la produzione di biscotti da forno e snack salati (Pavesi e Pai) viene coordinata con quelle del principale concorrente di un tempo, la Motta. Pavesi muore a Milano all'inizio del 1990.
Negli anni immediatamente seguenti la scomparsa del fondatore, la Pavesi ritorna in mani private: con la privatizzazione della SME è acquisita dalla Barilla, che continuerà a commercializzare i Pavesini, i cracker Gran Pavesi, i biscotti Ringo e i Togo. Le produzioni di snack salati a marchio Pai verranno invece assorbite nel gruppo alimentare milanese San Carlo e la società Autogrill nel Gruppo Benetton.
Risorse archivistiche e bibliografiche
Parte della documentazione relativa all'impresa è conservata nell'Archivio storico Barilla, attualmente non consultabile; Archivio della Federazione nazionale dei cavalieri del lavoro, ad vocem. A. Colli, Pavesi, Mario, in DBI (di prossima pubblicazione); G. Gallo - R. Covino - R. Monicchia, Crescita, crisi, riorganizzazione. L’industria alimentare dal dopoguerra ad oggi, in Storia d’Italia. Annali 13. L’alimentazione, a cura di A. Capatti - A. De Bernardi - A. Varni, Torino, Einaudi, 1998; M. Troso, L’Italia dei Pavesini, Cinquant’anni di pubblicità e comunicazione, Milano, Amilcare Pizzi, 1998; S. Colafranceschi, Autogrill, una storia italiana, Bologna, Il Mulino, 2007. I dati di bilancio relativi alla Pavesi sono reperibili nel sito http://imitadb.unisi.it/ e nelle pubblicazioni a cura di Mediobanca, Il Calepino dell’azionista e Le principali società italiane.

Eugenio Caruso - 25 maggio 2017


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