Lo smart working una grande opportunità per le imprese


Ciò che è insegnato da un'arte produce effetti incerti e ineguali; l'insegnamento della natura ha risultati uniformi
Seneca, Lettere morali a Lucilio


The Smart Working Book

Inizio e ringraziamenti
Questo libro è scritto a sei mani. Hanno contribuito al lavoro Koen Lukas Hartoq, esperto smart working e socia/ media, Andrea Salimene, business strategist ed esperto persona/ branding, Giovanni Tufani, esperto business performance management e imprenditore nel settore Ho.Re.Ca. Tre digital smart worker che hanno deciso di condividere le loro esperienze e conoscenze sullo smart working attraverso un racconto diretto, semplice, immediato, fatto in prima persona. Un libro rivolto a chi cerca ispirazione per cambiare il proprio modo di lavorare e creare l'organizzazione del futuro.
Si ringraziano coloro che hanno collaborato nella redazione e completamento del libro. Un progetto realizzato da un team dinamico in pieno stile smart working e scritto in differenti parti del mondo: Italia, Olanda, Stati Uniti, Belgio, India, Sud Africa, Spagna e Grecia, all'interno di uffici, al parco, a casa e nei locali pubblici. Sono stati sufficienti una connessione a internet, un pc e un documento Google condiviso tra tutti coloro che hanno lavorato al libro.
Grazie a una community interna di Google Plus e alla definizione di un piano di progetto, all'organizzazione di semplici regole di comunicazione interna sfruttando Hangout e Skype, all'utilizzo di Google Drive e altri tools collaborativi, è stato possibile lavorare in real time e realizzare The Smart Working Book.
Si ringrazia tutto il team di Seedble business accelerator, e in particolare Claudia Vitale. Alfredo Valentino. Lucio Manocchio e Valerio Lalli per aver collaborato nella stesura del libro e nello sviluppo del progetto.
Si ringraziano i numerosi esperti olandesi e italiani, profondi sostenitori dello smart working, che hanno contribuito alla realizzazione di questo racconto. Una menzione particolare va a Philip Vanhoutte, Sr. Vice Presidente Managing Director Europa e Africa di Plantronics, azienda leader per soluzioni tecnologiche collaborative e ai suoi collaboratori che hanno sposato il progetto in Italia.
Come descriveresti lo smart working?
«Fiducia, dare più responsabilità a ogni worker. Se dai fiducia, i worker possono diventare "proprietari del loro lavoro". Hanno più libertà nel gestirlo e, in tal modo, riescono a bilanciarlo al meglio con la vita privata. Sono convinto che libertà e una maggiore fiducia siano le basi per creare worker migliori. Se fai in modo che ogni worker possa autogestire il proprio lavoro e, soprattutto, il modo in cui lo fa, aumenterà la motivazione intrinseca. Secondo me questo è un fenomeno universale».
Sandro Ansink, Program Manager Flex4Flex, il programma smart working dell'Autorità dei Mercati Finanziari olandese.
«Adottare una politica di smart working significa ridisegnare processi organizzativi, saper fare leva su una flessibilità buona, rivedere modelli di compensation e di valutazione delle performance: in sintesi, ripensare completamente la valorizzazione di ciascuno all'interno dell'azienda. Oltre a essere preparato, serve anche un management che sia coraggioso».
Silvia Zanella, Globa/ Social Media and Online Media Director, Adecco Group.
«Libertà. La libertà necessaria per arrivare a operare nel miglior modo possibile, svolgendo il proprio lavoro in base a dei risultati ben definiti. Smart working è la possibilità di decidere dove, come e con chi svolgere il tuo lavoro».
Rob Janssen, Program Manager iDiplomacy presso il Ministero degli Esteri olandese.
«È la metodologia che ci consente di essere sempre connected con le nostre informazioni e con le persone con cui collaboriamo. Grazie allo smart working abbiamo la libertà di gestire la nostra vita e di migliorare drasticamente il nostro work-life balance. Per me lo smart working è iniziare la giornata in cucina e, mentre fai colazione, pensi a come organizzare e gestire al meglio la tua giornata. Hai la possibilità di restare a casa o fare qualcosa nella zona in cui vivi. Decidi di lasciare il tuo quartiere soltanto quando ne hai un buon motivo, quando hai bisogno di un posto alternativo per ispirarti o per seguire un workshop interessante».
Erik Veldhoen, uno dei fondatori dello smart working olandese.
«Lo smart working è applicazione delle discipline digitali, sociali e comportamentali per attivare un "nuovo modo di lavorare" basato sulla condivisione della conoscenza, collaborazione e trasparenza, caratterizzato da un appiattimento delle strutture organizzative e da un alto livello di trust. L'obiettivo dello smart working è l'incremento della performance organizzativa e il miglioramento del work-life balance: accesso alle postazioni di lavoro in mobilità o da casa, rimozione di sistemi di controllo basati sulla "quantità" di ore lavorate, utilizzo di team interdisciplinari, costruzione di "spazi" di lavoro basati su uno scopo (la condivisione, il brainstorming, la concentrazione, etc.) e non sulla struttura organizzativa (i.e. smart workplace)»
Demetrio Migliorati, Digitai Workplace and lnnovation Manager Mediolanum.
«Per me lo smart working rappresenta un dialogo estendibile a tutti i processi di lavoro. Si caratterizza per l'utilizzo di tools che rendono più flessibile il lavoro e per un nuovo ruolo del manager. Infatti il nuovo tipo di leadership prevede maggiore coinvolgimento da parte dei datori di lavoro».
Hermien van Triest, Program Manager smart working del Ministero degli Esteri olandese.
«Non è possibile dare un'unica risposta alla domanda. Dal punto di vista dell'ICT si tratta di raggiungibilità, hardware e software. Per un architetto è logistica, si traduce su come arredare il nuovo concept di ufficio e associarlo all'idea di lavoro flessibile. Quando parliamo di rinnovare una struttura aziendale, siamo soliti parlare delle quattro T:
Task: di che cosa mi occupo e quali sono i miei risultati (deliverables);
Team: con chi collaboro;
Tempo: quando svolgo i task;
Tecnica: come entro in contatto con le persone del team con cui collaboro».
Frans van Rooij, imprenditore e coach, Performance Coaching.
«È importante non confondere questo concetto con quello di telelavoro. Il punto centrale dello smart working consiste, infatti, nel rispondere alla domanda: come posso organizzare autonomamente il mio lavoro e poterlo svolgere nel modo più efficiente possibile?».
Arnold Struik, Director Marketing & Design di Ahrend.
«Lo smart working è l'approccio innovativo all'organizzazione del lavoro che si caratterizza per flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati». ( Sole240re)
Marco Minghetti, Associate Partner Openknowledge ed esperto Humanistic Management.
«Nuovi modi di lavorare caratterizzati da maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una crescente responsabilizzazione sui risultati».
Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano.

Prefazione
L'ambiente di lavoro si sta trasformando e, di conseguenza, sta mutando anche il modo in cui le persone comunicano. Sono finiti i giorni dello stare seduti tra le quattro mura dell'ufficio e dietro alle pareti divisorie. Oggi i professionisti hanno esigenze diverse, a seconda del lavoro che svolgono, del luogo in cui si trovano e della propria personalità. I manager di tutti i settori merceologici devono affrontare decisioni difficili relative alla gestione smart delle proprie persone e delle loro potenzialità, allo scopo di costruire una forza lavoro più produttiva con collaboratori liberi di scegliere il posto migliore e il momento più adatto per lavorare nella maniera più efficace ed efficiente possibile.
Questa non è fantascienza, si chiama smart working.
I risultati ottenuti dell'Osservatorio sullo smart working del Politecnico di Milano dimostrano che, dopo anni di ritardi e rigidità, anche in Italia si è iniziato a parlare di smart working e i risultati ottenuti dalle imprese italiane che hanno abbracciato per prime questo progetto e questa filosofia nella sua totalità hanno ottenuto ottimi risultati in termini di produttività, ottimizzazione dei costi, soddisfazione del personale, equilibrio tra vita privata e professionale, salvaguardia dell'ambiente che ci circonda [...].
Lo smart working è un'opportunità che, se ben colta, apre scenari impensabili sia per l'impresa sia per il singolo. Per poter avere successo, è fondamentale considerare nel progetto i tre pilastri. Le persone verso le quali deve esistere una relazione di fiducia. Gli spazi che devono essere adatti ai diversi bisogni dei professionisti. La tecnologia che deve essere abilitante e non limitante nello svolgimento del proprio lavoro.
Plantronics ha iniziato ad adottare la filosofia smarter working dal lontano 2009 e i risultati ottenuti sono sorprendenti: riduzione del 60% del livello di assenteismo, risparmio del 30% in ambito real estate, incremento della produttività del 20%, miglioramento della soddisfazione dei dipendenti e dei clienti di oltre il 10%.
Smart working: Facciamo decollare le aziende per non perdere l'appuntamento con le nuove generazioni!
Philip Vanhoutte Sr. VP and MD Plantronics Europa e Africa, autore del libro "Manifesto dello Smarter Working".

Introduzione allo smart working
Smart working, o Lavoro Agile, sono tra le parole più chiacchierate nel mondo business 2015. Il concetto di smart working vede il singolo professionista (dipendente o freelance) - che da questo momento e per l'intero libro sarà chiamato worker - come punto cruciale dell'organizzazione. Tale approccio lo rende più responsabile e autonomo, più sereno e in grado di migliorare il suo equilibrio tra vita privata e professionale. Tutto si traduce in una maggiore efficacia lavorativa e in una valorizzazione delle attività svolte. Un insieme coeso, in termini di coordinamento e collaborazione. Il worker è la base dell'organizzazione moderna: un'organizzazione più flessibile rispetto a quella tradizionale, che tutti noi conosciamo.
Lo smart working non è un concetto del tutto nuovo. Nei primi anni '90 diverse imprese hanno cercato di lavorare smart rivedendo i propri processi e le proprie dinamiche aziendali. L'Olanda è stato il primo Paese ad avviare e implementare progetti riconducibili all'attuale concetto di smart working. A distanza di oltre venti anni possiamo ormai dire che tutte le organizzazioni olandesi possono considerarsi smart? Purtroppo no. Secondo alcuni esperti, il 75% dei progetti di smart working è fallito. Ben il 75%. Su quattro progetti avviati, solo uno aveva la speranza di decollare. Come si spiega tale fenomeno? La teoria dello smart working sembra essere così chiara e semplice da attuare, ma l'apparenza inganna. La mission dello smart working non è una mission semplice: si cerca di cambiare il modo di lavorare, di collaborare e di organizzare le attività modificando l'approccio a cui siamo tanto abituati adesso, quello riconducibile alla Rivoluzione Industriale.
Se confrontiamo gli anni '90, i primi anni in cui si è diffuso lo smart working, con quello che sta succedendo oggi, possiamo dire che qualcosa è sicuramente cambiato. In quell'epoca non era comune avere un cellulare e, se volevi collegarti a internet, avevi bisogno necessariamente della linea telefonica. Ricordo ancora quando ai tempi del liceo (metà anni '90, quindi il Medioevo di Internet) per effettuare le prime ricerche online mi recavo a casa di amici per sfruttare la connessione. E non solo quella, visto che una fetta di torta di mele della mamma c'era sempre nei break!
Navigare sul web significava anche occupare la linea telefonica impedendo così di essere rintracciabili al telefono. Pura follia se si pensa all'attuale scenario quotidiano. Adesso internet ha il suo canale e la velocità di connessione è in continuo aumento (seppur continuiamo a lamentarci che è sempre lento!). Non abbiamo più un Nokia 3210 in tasca ma smartphone che permettono di conquistare il mondo. Grazie a Google abbiamo accesso alle conoscenze diffuse nel mondo e a programmi software sofisticati (spesso a costo zero o irrilevante perché spalmato annualmente mediante i servizi in abbonamento). Grazie ai social media possiamo connetterci con gli amici, trovarne nuovi, conoscere persone e collegarci con esperti di tutto il mondo. La velocità del cambiamento sembra aumentare sempre di più. Aziende che - solo qualche anno fa - erano semplici idee di business ora stanno trasformando le dinamiche del mercato dei taxi (Uber, Lyft), della fotografia (lnstagram) e degli hotel (AirBnb, Booking.com), creando seri problemi agli equilibri socio - economici. Eppure... il modo in cui lavoriamo non è cambiato così tanto. La stragrande maggioranza delle organizzazioni ha una struttura gerarchica, l'email (nient'altro che una lettera digitalizzata) è il principale mezzo di comunicazione, trascorriamo tantissimo tempo all'interno di quattro mura (il nostro ufficio) e ancor di più nello stesso posto (la nostra scrivania), scheduliamo riunioni ogni istante per pianificare e allineare le attività sottraendo spesso del tempo all'operatività. Secondo una ricerca condotta da Volometrix e promossa dal Wall Street Journal, lavoriamo mediamente circa 11 ore settimanali per svolgere i compiti chiave a causa di email e riunioni. Assurdo! Inefficienze che si riflettono sulle performance aziendali e sul benessere psicofisico.
Purtroppo c'è un abisso tra quanto descritto e come organizziamo la nostra vita al di fuori dell'ufficio, o come si organizzano le startup o come comunicano e collaborano le nuove generazioni. Minor standardizzazione e inefficienze. Maggior flessibilità e rapidità. Diventa di vitale importanza, ancor più rispetto agli anni '90, l'organizzazione del lavoro secondo un approccio agile e una cultura aperta, in cui il worker riesce a lavorare con maggiore flessibilità e a costi sempre più bassi.
In Italia, secondo la ricerca dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano «Smart working: si può e si deve! il 17% delle aziende ha sviluppato piani smart working che comprendono tre o quattro delle leve progettuali classiche del concetto (tecnologie digitali, policy organizzative, stili di leadership e comportamenti organizzativi e layout fisico) ma solo 1'8% ha collocato tutti questi interventi all'interno di un piano organico finalizzato allo smart working. Si tratta in prevalenza di grandi imprese con più di 500 addetti, che appartengono in maggioranza ai settori Alimentare, ICT e Telecomunicazioni e Manifatturiero. In prospettiva, però, i segnali sono positivi: nei prossimi due anni si ridurrà il numero di organizzazioni senza alcuna iniziativa (dal 33 al 18%) e quelle che faranno smart working salirà al 19%.
La maggioranza di interventi effettuati, riguarda l'introduzione di nuove tecnologie digitali, su cui il 59% delle organizzazioni ha attivato iniziative, seguite dalla formazione sugli stili di management (36%) e dalle policy di flessibilità riguardo a luogo/orario di lavoro (32%), destinate a crescere nei prossimi anni. La riprogettazione degli spazi fisici è ancora limitata a meno di un quinto delle aziende (19%)».

Perché questo libro?
Voglio condividere le mie esperienze olandesi e italiane sullo smart working. Avendo fondato una startup con un'impostazione smart fin dall'inizio, ritengo opportuno raccontare perché questo approccio consente di lavorare meglio, con la speranza che le mie idee ed esperienze possano esser utili anche ad altre organizzazioni, siano esse aziende profit o enti no profit. Non credo sia necessario creare un template unico e perfetto in quanto ogni organizzazione ha la sue dinamiche e caratteristiche e merita un approccio tailor made.
Un approccio one size fits all sarebbe il peggior errore possibile. Si commetterebbe l'errore che ha portato all'attuale organizzazione tradizionale. Ragionare per modelli statici ha spinto l'intera economia a diffondere e riprodurre sempre le stesse tecniche e metodologie di lavoro divenute ormai obsolete. Il cambiamento è in atto. Siamo parte del cambiamento. Ogni worker è protagonista del cambiamento, condizione che si verifica solo se è proprietario del proprio lavoro e cosciente delle potenzialità e delle proprie capacità.

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08-06-2017

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