Ignazio Florio, dalle solfatare, alla navigazione, al marsala.

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

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Ignazio Florio

Palermo, 17 dicembre 1838 - Palermo, 17 maggio 1891
Figlio di Vincenzo – l’artefice dell’iniziale sviluppo della Casa di commercio Florio di Palermo – e di Giulia Portalupi, nasce a Palermo il 17 dicembre 1838. Sotto la guida di Vincenzo, la Casa Florio aveva affiancato alla tradizionale attività commerciale iniziative imprenditoriali in un gran numero di settori: navigazione, industria tessile, produzione enologica, estrazione e raffinazione degli zolfi, siderurgia, industria della pesca.
Alla morte del padre, nel 1868, Ignazio liquida le quote degli altri eredi – le sorelle Giuseppina e Angelina – e si dedica al consolidamento e allo sviluppo ulteriore dell'impresa di famiglia. Egli si preoccupa innanzitutto di rinsaldare ulteriormente le amichevoli relazioni con Giovanni Barbavara, il potente direttore generale delle Poste italiane, già interlocutore indispensabile di suo padre in merito ai servizi di trasporto marittimi che la società Piroscafi postali di I. e V. Florio svolgeva in base ad una convenzione con lo Stato firmata nel 1862. I buoni rapporti con il potere centrale assumevano importanza decisiva perché, se da un lato le sovvenzioni ministeriali rappresentavano una parte cospicua delle entrate della Casa Florio, dall’altro era necessario difendere i forti investimenti fatti nello sviluppo e nell’ammodernamento della flotta, messi costantemente a rischio dal pericolo che lo Stato non rinnovasse i contratti.
Le altre sezioni della Casa di commercio mostrano dal canto loro una buona vitalità. La Fonderia Oretea, che Vincenzo Florio aveva rilevato nel 1840, funziona a pieno ritmo, soprattutto da quando la direzione tecnica è stata assunta dall’ingegnere francese Guglielmo Theis e l’impianto ingrandito e spostato in un’altra zona di Palermo. Per quanto l’Oretea non potesse reggere il confronto con le più moderne industrie del settore operanti in Italia, essa è in grado di soddisfare una domanda esigente, anche di provenienza extra isolana. Fra i prodotti principali figurano macchine a vapore, macchine per la distillazione, idrovore, macchine agricole, nonché impianti su ordinazione da impiegare nelle miniere di zolfo. In seguito, con l’ulteriore sviluppo della società di navigazione, l’impianto svilupperà una marcata specializzazione nella meccanica navale, costruendo ad esempio, per conto dello Stato, una macchina a vapore da quaranta cavalli per il bacino di carenaggio di Messina e, per i privati, caldaie di varie dimensioni nonché attrezzature usate nella marineria (verricelli, gru, ancore, trombe idrauliche).
Nel 1874 Ignazio Florio acquista, per meno di tre milioni, le tonnare di Favignana, Formica, Levanzo e Marettimo dai Marchesi Rusconi di Bologna e Pallavicino di Genova, seguendo anche in questo caso le orme del padre (questi aveva gestito le stesse tonnare per diversi anni, abbandonando però l’intrapresa dopo il 1859, forse per contrasti con i proprietari). L’industria della lavorazione del tonno era da sempre una delle attività più lucrative di Casa Florio e negli anni compresi tra il 1878 e il 1888 gli investimenti in questo settore producono utili pari al 20%, dando lavoro a circa 900 tra operai fissi e stagionali.
Un altro dei settori di attività ereditati dal padre Vincenzo era quello degli zolfi, che fra il 1851 e il 1875 aveva attraversato una notevole fase di espansione, con una produzione delle miniere siciliane che giunse a superare le 200.000 tonnellate annue e prezzi medi del prodotto in ascesa. Negli anni successivi i prezzi dello zolfo diminuiscono costantemente, in parte a causa dell’impressionante aumento della produzione (che tocca quota 400.000 tonnellate nel 1882) e in parte in seguito ai progressi della chimica e alla comparsa di innovazioni tecnologiche che consentivano l’utilizzo di una materia prima sostitutiva come la pirite. Nonostante la caduta dei prezzi di vendita, Florio continua a realizzare cospicui guadagni tanto dal commercio quanto dalla gestione di alcune miniere. Oltre alla miniera di Bosco di San Cataldo di sua proprietà, Florio assume infatti nel 1886 la gestione delle zolfare di Rabbione, vicino a Caltanissetta, e di Grottarossa, per una produzione annua totale di circa 4.500 tonnellate; questo lo rende uno dei principali produttori dell’isola.
Un’altra attività tradizionale di Casa Florio era quella enologica nello stabilimento di Marsala, iniziata in condizioni difficili da Vincenzo Florio fin dal 1832. Nei primi anni Settanta la domanda del vino marsala è in forte espansione e l’impresa agricola dei Florio arriva a disporre di una forza lavoro di 300 addetti, assumendo le dimensioni di un interessante complesso agro-industriale, dotato persino di un proprio molo per le operazioni di imbarco del prodotto.
Il punto di forza della Casa di commercio continua tuttavia a rimanere la compagnia di navigazione. Il fallimento della Società di navigazione La Trinacria offre nel 1876 alla Piroscafi Postali di Florio l’occasione di acquistare a prezzi di liquidazione tredici piroscafi di recente costruzione, con i quali far fronte ai maggiori impegni che il rinnovo delle convenzioni postali, previsto per l’anno successivo, avrebbe comportato. Il nuovo contratto, firmato nel febbraio del 1877, ha una durata di 15 anni, con scadenza al 31 dicembre del 1891. La Piroscafi Postali riesce ad assicurarsi, grazie ai notevoli appoggi di cui Florio gode negli ambienti politici nazionali, il monopolio dei servizi tra la Sicilia e il continente – con le diramazioni per Malta e per Tunisi – e fra l’Italia e il Levante, e a portare la sua quota di partecipazione sul totale delle sovvenzioni statali dal 21,7% del 1876 al 44,3% del 1887, mentre la compagnia dell’armatore genovese Raffaele Rubattino vedeva la propria quota passare dal 37,6 al 42,2%. Le due società di navigazione finiranno così per spartirsi, nel corso del quindicennio di durata del contratto con lo Stato, servizi convenzionati per 105 milioni di premio totale.
Per meglio far fronte agli impegni assunti con la nuova convenzione, l’assemblea dei soci della Piroscafi Postali nel giugno del 1877 delibera l’aumento di capitale fino alla cifra di 24 milioni di lire. La società mette in mare nuove unità, tra cui il Venezia, costruito nel cantiere Orlando di Livorno, e le due ammiraglie Vincenzo Florio e Washington, costruite nei cantieri scozzesi sul Clyde e destinate a essere impiegate sulle rotte transatlantiche. Insieme con la solidità economica, la compagnia Florio consegue un indiscusso prestigio all’estero: nel 1879, il Governo tedesco la preferisce, nell’assegnazione delle linee commerciali con il Levante, alle prestigiose compagnie Lloyd austriaco e Südbahn.
Ciò nonostante, il futuro si presenta incerto: la depressione dell’economia mondiale iniziata nel 1873 aveva provocato il ribasso dei noli e costretto alla liquidazione diverse compagnie di navigazione, causando addirittura un decremento netto della flotta mercantile italiana tra il 1870 e il 1880. Florio era costretto a mantenere bassi i noli internazionali, mentre contemporaneamente aumentavano gli oneri fiscali a carico degli armatori italiani e la pressione della concorrenza estera, in particolare francese e austriaca. A ciò bisogna poi aggiungere il progressivo spostamento a livello mondiale dei servizi di viaggio e trasporto dalla nave al treno e la crescente specializzazione della nave nei collegamenti veloci intercontinentali e nel grande trasporto. Senza interventi governativi di sostegno, l’impresa marittima Florio sembra non avere le forze per superare la prevedibile crisi.
All’inizio degli anni Ottanta dell’Ottocento, un esame della situazione e delle prospettive future della marina italiana convince Ignazio Florio dell’opportunità di cedere alle ormai numerose sollecitazioni politiche – fra cui quelle di Francesco Crispi e Agostino Depretis – che lo spingono a esaminare una possibile fusione con la compagnia Rubattino. L’integrazione delle due compagnie avrebbe creato un’unica grande flotta che, godendo della quasi totalità delle sovvenzioni statali, avrebbe potuto espandere i servizi liberi, soprattutto verso le Americhe, contando anche sull’appoggio finanziario del Credito mobiliare, interessato alla fusione come azionista della compagnia ligure.
Nel marzo 1881 le parti sottoscrivevano un contratto preliminare presentando nel contempo formale istanza al Governo per la prescritta approvazione da parte delle Camere. Immediata è la reazione delle piccole compagnie, specialmente genovesi, unite nel denunciare la nascita del monopolio marittimo in Italia. Nel tentativo di ritardare le decisioni parlamentari, esse chiedono che ogni provvedimento venga subordinato ai risultati dell’inchiesta Boselli, allora in corso, sulla marina mercantile. Le ragioni favorevoli alla fusione sono però riconosciute di gran lunga prevalenti e il ministro Alfredo Baccarini presenta nel maggio del 1881 un disegno di legge che dà mandato all’esecutivo di regolare i termini dell'accordo, poi approvato rapidamente dal Parlamento.
Superato lo scoglio politico, il 4 settembre successivo vede la luce la Navigazione generale italiana (Società riunite Florio e Rubattino), con sede sociale a Roma e due sedi compartimentali a Palermo e a Genova, dirette rispettivamente da Ignazio Florio e Raffaele Rubattino. La nuova società ha un capitale complessivo di 50 milioni di lire – che la rende una delle più grandi imprese italiane del tempo, alla pari con le maggiori banche e società finanziarie –, le cui azioni vengono sottoscritte per un quinto dal Credito mobiliare e per il resto distribuite in parti uguali ai due imprenditori promotori, che conferiscono in cambio le rispettive società.
Coi suoi 83 piroscafi, ben presto aumentati a più di 100, la Navigazione generale si presenta come la più potente compagnia del Mediterraneo dopo la Messageries Maritimes di Marsiglia, e il più grande complesso armatoriale mai sorto in Italia; il ruolo giocato da Ignazio Florio nella sua creazione è sancito dalla nomina a Senatore a vita nel 1883. La nascita della Navigazione generale non risolve tuttavia i nodi di fondo alla base della crisi di un modello di gestione dei servizi marittimi pesantemente dipendente dalle sovvenzioni statali. I costi sopportati dalla collettività sotto forma di premi alla navigazione, unitamente al progressivo peggioramento dei servizi, diventano ben presto oggetto di acceso dibattito all’interno delle sedi politiche e presso l’opinione pubblica. I privilegi derivanti dal monopolio si rivelano di ostacolo a una conduzione moderna e attenta della società: mentre gli utili si distribuiscono con regolarità, gli investimenti necessari al rinnovo del naviglio obsoleto languono; nel 1893 solo 34 dei 103 piroscafi della società risultano avere meno di vent’anni di età e 32 hanno già superato i 30.
Ignazio Florio non avrebbe tuttavia visto l’inarrestabile declino vissuto negli anni successivi dalla Navigazione generale e dalle altre aziende di famiglia, in buona parte a causa della cattiva gestione del figlio primogenito, Ignazio Florio junior (1868-1957), a cui, nonostante la giovanissima età, era stata affidata fin dal 1889 la direzione di tutte le attività della Casa. Ignazio Florio senior muore a Palermo il 17 maggio 1891. Abbiamo un altro caso che vede il tracollo imprenditoriale dalla cattiva gestione del trapasso generazionale.
Nel 1920 le cantine Florio furono acquisite, insieme ad altri stabilimenti dalla Cinzano che le unificò sotto il marchio Florio. Nel 1988 Cinzano ha venduto la compagnia alla Illva. Le Cantine Florio fanno parte del gruppo Illva di Saronno e producono anche moscato e passito di Pantelleria.

Risorse archivistiche e bibliografiche
Archivio Giulia Florio Afan de Rivera, Carte private Florio, Roma; L’età dei Florio, a cura di R. Giuffrida e R. Lentini, Palermo, Sellerio, 1985; S. Candela, I Florio, Palermo, Sellerio, 1986; L’economia dei Florio, a cura di G. Barone e R. Lentini, Palermo, Sellerio, 1990; O. Cancila, I Florio. Storia di una dinastia imprenditoriale, Milano, Bompiani, 2008.

Eugenio Caruso - 23 giugno 2017

 


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