Agostino Rossi e la società Lanerossi.

INVENTORI E GRANDI IMPRENDITORI

In questa corposa sottosezione illustro la vita di quei capitani d'industria e/o inventori che hanno sostanzialmente contribuito al progresso industriale del mondo occidentale con particolare riguardo dell'Italia.

Biografie precedenti

A - August Abegg - Giovanni Agnelli - Domenico Agusta - Giuseppe Amarelli - Antonio Amato - Francesco Angelini - Giovanni Ansaldo - Gianluigi Aponte - Richard Arkright
B -Pietro Barilla - Pietro Bastogi - Alberto Beneduce - Karl Benz - Edoardo Bianchi - László József Bíró - Coniugi Bissel - Ferdinando Bocconi - William Edward Boeing - Giovanni Borghi - Giuseppe Borletti - Giuseppe Borsalino - Fulvio Bracco - Bernardino Branca - Ernesto Breda - Umberto Brustio - Giovanni Buitoni -
C - Tullio Campagnolo - Davide Campari - Eugenio Cantoni - G. B. Caproni - Bernardo Caprotti - Francesco Cassani - Louis Chevrolet - Furio Cicogna - Vittorio Cini - Francesco Cirio - André Gustave Citroen - Giacomo Colussi - Angelo Costa - Calisto Cosulich - Cristoforo Benigno Crespi - Franco Cristaldi -
D - Gottlieb Wilhelm Daimler - Cecilia Danieli - Ernesto De Angeli - Filippo De Cecco - Raffaele De Ferrari - Rudolf Diesel - Walt Disney - Guido Donegani - Antonio Cavalieri Ducati - William Durant -
E - Thomas Edison - Carlo Erba - Carlo Esterle -
F - Giorgio Enrico Falck - Alberto Fassini - Renato Fastigi - Carlo Feltrinelli - Salvatore Ferragamo - Enzo Ferrari - Michele Ferrero - Serafino Ferruzzi - Giovanni Battista Figari - Ignazio Florio - Henry Ford - Eden Fumagalli -
G - Egidio Galbani - Edoardo Garrone - Giuseppe Gilera - Francesco Gondrand - Riccardo Gualino - Carlo Guzzi -
H - Hewlett e Packard - Ulrico Hoepli -
I - Ferdinando Innocenti -
L - Vincenzo Lancia - Vito Laterza - Achille Lauro - Roberto Lepetit - Mattia Locatelli - Florestano de Larderel - Luigi Lavazza -
K - Raymond Albert Kroc - Alfred Krupp
M - Ercole Marelli - Franco Marinotti - Alessandro Martini - Alfieri Maserati- Gaetano Marzotto - Enrico Mattei - Domenico Melegatti - Archimede Menarini - Aristide Merloni - Fratelli Michelin - Arnoldo Mondadori - Ilario Montesi - Federico Morassuti - Angelo Moratti - Angelo Motta - Giacinto Motta - Ugo Mutti -
N - Vittorio Necchi
O - Adriano Olivetti
P - Mario Pavesi - Ferdinando Peretti - Ferdinando Maria Perrone - Carlo Pesenti - Armand Peugeot - Enrico Piaggio - Pininfarina - Giovanni Battista Pirelli - John Pemberton - Stephen Poplawski - Ferdinand Porsche
R - Guglielmo Reiss Romoli - Louis Renault - Alberto Riva - Angelo Rizzoli - Agostino Rocca - John Davison Rochefeller - Nicola Romeo
S - Isaac Merrit Singer - Alfred Sloan - Luisa Spagnoli - Otto Sundbäck
T - Franco Tosi
V - Vittorio Valletta - Giuseppe Volpi
Z - Lino Zanussi

Alessandro Rossi
Schio, Vicenza, 21 novembre 1819 - Santorso, Schio, 28 febbraio 1898
Quinto di sette figli, a vent’anni affianca il padre nella direzione dell’impresa di famiglia, un modesto opificio per la lavorazione della lana con sede a Schio, vicino a Vicenza, e che in quel momento impiega solo quaranta operai. Fra il 1841 e il 1842 compie un lungo viaggio all’estero durante il quale ha modo di visitare numerosi stabilimenti tessili in Gran Bretagna, Francia e Belgio, nonché di entrare in contatto con gli ambienti del socialismo utopico britannico e del sansimonismo francese.
Rimasto unico gerente dell’impresa dopo la morte del padre, nel luglio 1845, Rossi ne avvia una radicale trasformazione, sostenuta da cospicui investimenti, per aumentare la capacità produttiva, introducendo innovazioni tecniche, potenziando gli impianti esistenti e costruendone di nuovi. Nel 1846 introduce le filatrici meccaniche mule-jenny e nel 1849 la prima macchina a vapore e i primi telai meccanici. Sempre nel 1849 avvia la costruzione di un nuovo edificio – la Fabbrica alta – destinato a diventare il corpo centrale di un nuovo e più grande stabilimento. Nel 1861 il Lanificio Rossi conta già 800 operai e un fatturato annuo di tre milioni di lire, con “case di vendita” a Biella, Firenze, Milano, Napoli e Padova.
Negli anni seguenti vengono reclutati nuovi tecnici dall’estero e nel 1862 vengono acquistati nuovi macchinari di fabbricazione belga. Nel 1866, al momento dell’annessione delle province venete al Regno d’Italia, il Lanificio Rossi occupa un’area di 30.000 metri quadrati con 9.500 fusi, 340 telai e circa 1.000 operai distribuiti fra Schio e i due nuovi stabilimenti di Pieve e Torrebelvicino, nell’alto Vicentino.
Nel 1866 Rossi viene eletto deputato, nelle file della Sinistra, e quattro anni dopo viene nominato senatore, proponendosi in parlamento come portavoce degli interessi industriali. In questa veste, abbandonando le precedenti posizioni liberiste, diventa uno dei principali sostenitori della necessità di un cambiamento della politica economica italiana in senso protezionistico, anche a prezzo dell’alleanza con la parte più conservatrice dei ceti agrari. Rossi, che guida una piccola ma agguerrita pattuglia di industriali settentrionali, vede infatti nella concorrenza internazionale un ostacolo alla crescita della nascente industria nazionale, data la grave arretratezza dell’Italia e la povertà delle sue infrastrutture.
Nonostante l’impegno politico, Rossi non trascura lo sviluppo dell’impresa, che fra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta espande le sue attività alla filatura e alla tessitura della lana pettinata, prodotto fino a quel momento quasi interamente importato dall’estero. Nel 1873 porta a termine un complesso progetto che vede la fusione dell’impresa con altre tre del settore e la costituzione della Società anonima Lanificio Rossi con un capitale, per l’epoca ingentissimo, di trenta milioni di lire. La nuova società, di cui Rossi sottoscrive il 25% delle azioni e assume la carica di presidente, comprende in tutto otto stabilimenti e rappresenta il massimo complesso industriale nazionale. La grave crisi che colpisce il settore tessile italiano fra il 1873 e il 1878 fornisce inoltre l’occasione per introdurre una ristrutturazione dell’organizzazione aziendale dal contenuto piuttosto innovativo: la società viene divisa in quattro sezioni autonome, ognuna delle quali affidata a un manager, mentre le competenze del consiglio di amministrazione vengono limitate alla semplice funzione di controllo amministrativo. Per compensare il calo delle vendite sul mercato italiano vengono inoltre aperte due filiali commerciali in Argentina.
Grazie a questa riorganizzazione e razionalizzazione produttiva l’azienda è messa in grado di cogliere appieno le rinnovate occasioni di crescita sul mercato interno che si presentano dopo il varo dei nuovi dazi doganali nell’estate del 1878. Vent’anni dopo, alla morte di Rossi, gli stabilimenti che fanno parte del Lanificio occupano un’area di 160.000 metri quadri, impiegano circa 5.000 operai, con una produzione annua valutabile intorno ai 20 milioni di lire, cifre che rendono evidente la posizione di egemonia acquisita dall’impresa all’interno dei confini nazionali. Le iniziative dell'imprenditore non si fermano all’ambito strettamente produttivo. In parte rifacendosi all’esempio dei villaggi operai su modello inglese e francese, Rossi finanzia a partire dal 1872 l’ammodernamento dell’abitato di Schio in base a un razionale piano regolatore che include la costruzione di un nuovo quartiere operaio, dotato di scuole, bagni pubblici, chiesa ed ospedale. Nello stesso periodo promuove la costruzione di una rete di vie di comunicazione stradali e ferroviarie nell’area alto-vicentina, fra cui la ferrovia Schio-Arsiero. Portatore di una visione interclassista della società, basata sulla collaborazione tra imprenditori e operai impegnati insieme nel progresso della nazione, promuove la diffusione dell’istruzione fra gli operai e i contadini, istituisce numerosi servizi di assistenza per i suoi dipendenti, incoraggiando la formazione tra questi ultimi di società di mutuo soccorso e nel 1878 fonda, a Vicenza, la Scuola tecnica.
Nel 1892 si dimette dalla presidenza del Lanificio, continuando a svolgere solamente attività politica. Muore all'inizio del 1898.

Il Lanificio Rossi dopo Rossi.
All'inizio del Novecento il Lanificio Rossi era la maggiore impresa laniera italiana, con numerosi stabilimenti nel vicentino; di particolare importanza oltre a quelli di Schio erano quelli di Piovene Rocchette a cui si aggiunsero col tempo anche quelli di Torrebelvicino, Pievebelvicino (una frazione di Torrebelvicino), Dueville, Marano Vicentino, Vicenza, Montorio Veronese. Sulla spinta dell'impresa sorsero molte iniziative collaterali: i quartieri operai, i dopolavoro e molte opere sociali. La Lanerossi produceva vari tipi di tessuti di lana destinati ai più svariati scopi: dagli abiti, ai panni, coperte, filati per aguglieria e utilizzi industriali, che era in grado di commerciare in tutto il mondo attraverso una capillare rete vendita in USA, URSS, Germania, Polonia, Sud Africa, Canada, eccetera. Nonostante questo, in pieno boom economico, a causa di scelte di gestione sbagliate la Lanerossi visse un periodo di crisi nel triennio 1955-1957. Per risollevare il lanificio e ristrutturarlo venne chiamato nel 1956 a svolgere l'incarico di presidente e consigliere delegato Giuseppe Eugenio Luraghi. Luraghi riuscì in brevissimo tempo a ottenere risultati eccellenti al punto che nel 1959 il fatturato fu di 23 miliardi di lire con circa 10.000 dipendenti. I vistosi guadagni del titolo azionario nella Borsa, portarono su di esso una forte speculazione che causò dapprima la fuoriuscita dei principali azionisti guidati da Franco Marinotti, e in seguito il successo di una acrobatica e spregiudicata “scalata” borsistica condotta dal finanziere siciliano Michelangelo Virgillito. Nel decennio successivo però la Lanerossi conobbe di nuovo un periodo di forte crisi. Nel 1987 il gruppo venne acquisito dal concorrente Marzotto della vicina Valdagno, che non investì negli stabilimenti produttivi Lanerossi. Questi vennero via via smantellati fino alla storica chiusura di quello di Schio nell'agosto 2005. Il marchio Lanerossi, comunque di proprietà del gruppo Marzotto, pur non essendo particolarmente utilizzato nel corso degli anni, è recentemente stato rilanciato per una serie di collezioni di accessori e coperte d'arredo.

Lanerossi e sport
Il nome della Lanerossi è fortemente legato a quello dello sport. È stata fra le prime società italiane ad acquisire delle società calcistiche, insieme ad altre aziende vicentine come la Marzotto a Valdagno e la Pellizzari ad Arzignano. Negli anni quaranta le squadre di Schio e di Piovene assunsero il nome di Lanerossi. Ben più famoso tuttavia è un altro matrimonio fra la Lanerossi ed una società calcistica, il Vicenza. A torto è ritenuto il primo caso di sponsorizzazione in Italia, mentre si trattò di una vera e propria acquisizione. Nel giugno 1953 la Lanerossi acquistò infatti la società calcistica trasformandola di fatto in una propria divisione. Da allora, fino al 1990, la squadra portò il nome di Lanerossi Vicenza portando sulla maglia la celebre "R" del simbolo dell'azienda. Data la scomparsa del marchio Lanerossi, la Marzotto, attuale proprietaria dei diritti sul marchio, ha autorizzato l'uso sulle magliette della squadra del celebre simbolo a partire dalla stagione 2006-2007, come già aveva fatto nel 2002 in occasione del centenario della squadra. Anche la squadra di pallacanestro femminile di Schio (Serie A1) negli anni '80 era sponsorizzata dalla Lanerossi.

Risorse archivistiche e bibliografiche
L'Archivio storico Lanerossi di Schio conserva fondi documentari che coprono il periodo dal 1817 al 1987. L. Avagliano, Alessandro Rossi e le origini dell’Italia industriale, Napoli, Libreria scientifica editrice, 1970; Schio e Alessandro Rossi: imprenditorialità, politica, cultura e paesaggi sociali del secondo Ottocento, a cura di G. L. Fontana, Roma, Edizioni di storia e letteratura, 1985.

 

Eugenio Caruso - 28 agosto 2017

 


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