Non è mai poco quello che basta
Seneca, Lettere morali a Lucilio
Da tempo nella sezione Grandi Personaggi ho descritto la biografia di imprenditori che contribuirono all'industrializzazione del paese agli inizi degli anni novanta; cito ad esempio, Beretta, Ansaldo, Bocconi, Lancia, Marelli, Perrone, Agnelli, Volpi di Misurata. Ritengo, pertanto, interessato analizzare quel periodo storico anche dal punto di vista degli aspetti economici.
L’Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 è segnata da un aumento della capacità produttiva, per quanto riguarda tessile, siderurgia, agroalimentare e chimica.
Siderurgia e tessile presentano una prevalenza del lavoro rispetto al capitale. Mentre per agroalimentare, chimica, energia e meccanica inizia a prevalere il potere finanziario.
Inoltre l’Italia presenta una crescita anche dal punto di vista energetico anche se siderurgia e tessile utilizzano ancora il carbone, mentre meccanica, agroalimentare e chimica utilizzano l’elettricità. Ricordo che in Europa la prima centrale termoelettrica fu realizzata a Milano.
Giova notare che tessile, siderurgia, meccanica e agroalimentare vengono prodotti in tutto il Nord dell’Italia, mentre la chimica ha una sola localizzazione, Milano.
Questo dualismo geografico e settoriale diventa anche organizzativo perché siderurgia e tessile sono legati alla piccola e media impresa, mentre chimica, elettricità e meccanica sono legati alla grande impresa, con tecnologie e costi che richiedono finanziamenti.
Soggetti attivi nell'industrializzazione dell'Italia
L’industrializzazione avviene ad opera di:
- Mercanti, soprattutto lombardi, che abbandonano il modello puramente commerciale per orientarsi verso il sistema di fabbrica.. L’esempio più pratico avviene nell’alto milanese.
- Artigiani e in alcuni casi operai delle botteghe artigiane, che si mettono in proprio soprattutto nel settore della meccanica.
I finanziamenti per mettersi in proprio li ottengono dalla vendita della proprietà contadina, che permette l’avvio dell’impresa.
Questo è un tipico modello di autofinanziamento, che caratterizzerà il modello Nord Est dall'inizio degli anni ottanta.
- Stranieri, si tratta di imprenditori che vengono in Italia, soprattutto svizzeri e tedeschi, perché la manodopera costa meno e perchè esiste un nuovo mercato potenziale.
Esistono poi in questo processo di industrializzazione alcuni fattori a sostegno del cambiamento:
- Agricoltura: viene attuato un processo di modernizzazione di alcune nuove produzioni: barbabietola da zucchero, succhi di frutta e formaggi. Ma soprattutto avviene l’attivazione dell’uso delle macchine e dei concimi chimici.
- Rapporti economici con l'estero: l’Italia aumenta le importazioni, acquistando materie prime e macchinari, mentre diminuiscono le esportazioni di tessuti di cotone. Pertanto la bilancia commerciale italiana presenta saldi negativi.
Di converso la bilancia dei pagamenti italiana è in attivo (almeno fino al 1907) per:
- Rimesse degli emigranti
- Turismo
- Noli marittimi. L’Italia è ancora la via di comunicazione verso il medioriente e quindi l’Asia.
Questa positività della bilancia della bilancia dei pagamenti garantisce la stabilità dei cambi della lira.
Le banche
Il nuovo sistema creditizio è solido, perchè l’Italia adotta il modello tedesco della banca mista o universale.
Protagonista di questo modello è la Banca Commerciale Italiana, che viene fondata nel 1894 con capitali tedeschi, austriaci e svizzeri. Il primo amministratore delegato è Otto Joel e la banca segue il modello tedesco.
La Comit partecipa al capitale azionario di molte imprese. Si sviluppano le società anonime, che precedono le società per azioni.
Il 1907 è un anno importante perché l’Italia sperimenta una grande crisi finanziaria: le speculazioni in borsa fanno crollare le quotazioni di molte società, questo fattore si ripercuote sul patrimonio delle banche, perché le banche detengono molte azioni e si trovano in una crisi di liquidità che non consente di ripagare i corrrentisti.
Questa crisi venne risolta grazie ad una nuova istituzione: la Banca d'Italia, nata il 1 gennaio 1894. La Banca d’Italia è importante perché per la prima volta svolge il ruolo di banca centrale.
La Banca d'Italia, non presta soldi ai privati, ma alle banche, pertanto è in grado di influenzare sia la disponibilità di mezzi di finanziamento sul mercato sia l’offerta di credito da parte delle banche stesse.
La Banca D'Italia regola questo processo tramite il tasso di sconto, ovvero il costo con cui la banca presta i soldi alle altre banche. In questo modo può regolare la disponibilità di moneta, perché se la Banca Centrale dà meno soldi alle banche, queste dànno meno soldi ai privati e vicebersa; in tal modo riesce a controllare l'inflazione. Fino al 1948 era il governo a nominare il governatore della Banca d'Italia, da allora in poi la Banca è autonoma.
La Banca d'Italia risolve la citata crisi perché riduce i soldi alle banche.
Questa crisi segna l’avvio all’industrializzazione perché il mercato finanziario italiano, se pur cresciuto, è molto ristretto rispetto alla necessità del sistema industriale e quindi dipende dalle banche. Siccome la Borsa è ristretta ed è soggetta a fenomeni speculativi, le imprese che hanno bisogno di soldi si rivolgono alle banche.
Nasce il modello bancocentrico, la banca è fondamentale perché è l’unica erogatrice del credito alle imprese.
La finanza pubblica sostiene per la prima volta il processo di industrializzazione.
Questo processo avviene anche grazie al risanamento della finanza pubblica: il bilancio italiano del 1861 era fortemente in deficit. Dal 1894 l’Italia avvia un processo di risanamento del bilancio.
È importante questo risanamento perché:
- lo Stato non deve stampare moneta per coprire le spese, e così si riduce l’inflazione.
- Lo Stato riduce l’emissione di obbligazioni grazie al pareggio e gli investimenti possono andare verso altre attività. In questo modo la banca può finanziare le imprese.
Questione ferroviaria
Nel 1905 viene costituita la Società delle Ferrovie dello Stato. Fino ad allora, per quasi 40 anni, la rete ferroviaria era stata data in concessione a società private francesi che finanziavano società straniere per la costruzione delle ferrovie.
Lo Stato decideva le linee, inoltre forniva un indennizzo per km costruito. Questa concessione da parte dello Stato a una società privata in Italia non funzionava, perché queste società tendevano a vendere perché i capitali stranieri non avevano un utile a causa di una limitata domanda di trasporto.
Le ragioni della carenza della domanda di trasporto ferroviario erano:
- le linee furono pensate non per mettere in comunicazione i mercati, me per ragioni politico-militari. Infatti servivano per collegare i porti con le linee di confine per il trasporto degli eserciti. L’unica ferrovia che metteva in comunicazione i mercati è la linea Milano-Venezia costruita dagli austriaci.
- Proprio perché grazie alle ferrovie si congiungeva il sud al nord, c’era poco da trasportare a causa dell’arretratezza del sud che non generava volumi di trasporto, perché i prodotti agricoli erano trasportati per nave.
La politica economica di Giolitti
Nel maggio 1906 Giolitti insediò il suo terzo governo, durante il quale continuò, essenzialmente, la politica economica già avviata nel suo secondo governo. Il terzo ministero Giolitti passò alla storia come "lungo e fattivo".
In campo finanziario l'operazione principale fu la conversione della rendita, cioè la sostituzione dei titoli di Stato a tassi fissi in scadenza (con cedola al 5%) con altri a tassi inferiori (prima il 3,75% e poi il 3,5%). La conversione della rendita venne condotta con notevole cautela e competenza tecnica: il governo, infatti, prima di intraprenderla, chiese ed ottenne la garanzia di numerosi istituti bancari. Le critiche che il progetto aveva ricevuto soprattutto dai conservatori si rivelarono infondate: l'opinione pubblica seguì quasi con commozione le vicende relative, in quanto la conversione assunse immediatamente il valore simbolico di un risanamento effettivo e duraturo del bilancio e di una stabile unificazione nazionale.
Il bilancio dello stato si arricchì, così, di un gettito annuo che si aggirava sui 50 milioni di lire dell'epoca. Le risorse risparmiate sugli interessi dei titoli di stato furono usate per completare la nazionalizzazione delle Ferrovie; si iniziò a parlare anche di nazionalizzazione delle assicurazioni (portata a compimento nel quarto mandato). Degne di nota, inoltre, le operazioni di soccorso e ricostruzione che il governo nel 1908 organizzò in occasione del terremoto di Messina e Reggio seguito da un disastroso maremoto. Dopo alcune, inevitabili, carenze, tutto il Paese si prodigò per aiutare la popolazione siciliana. Da molti storici questo episodio è stato definito come il primo evento durante il quale l'Italia diede la dimostrazione di un vero spirito nazionale.
Furono inoltre introdotte alcune leggi volte a tutelare il lavoro femminile e infantile con nuovi limiti di orario (12 ore) e di età (12 anni). In questa occasione i deputati socialisti votarono a favore del governo: fu una delle poche volte nelle quali parlamentari di ispirazione marxista appoggiarono apertamente un "governo borghese". La maggioranza, poi, approvò leggi speciali per le regioni svantaggiate del Mezzogiorno. Tali provvedimenti, seppure non riuscirono neppure lontanamente a colmare il divario nord-sud, diedero buoni risultati. I proprietari di immobili situati in aree agricole vennero esonerati dall'imposta relativa: anche questa fu una misura finalizzata al miglioramento delle condizioni economiche dei contadini del meridione. Di converso iniziò l'era, che dura ancor oggi, contrassegnata da "il problema del mezzogiorno".
Il buon andamento economico e l'oculata gestione del bilancio portarono a un'importante stabilità monetaria, agevolata anche dal fenomeno dell'emigrazione e soprattutto dalle rimesse che i migranti italiani inviavano ai propri parenti rimasti in patria. Non a caso il triennio 1906-1909, e più in generale l'arco di tempo che arriva fino alla vigilia del primo conflitto mondiale, è ricordato come il periodo nel quale "la lira faceva aggio sull'oro".[
L’Italia tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 è un paese che presenta una stabilità della finanza pubblica. Ma il governo italiano non sfrutta questa stabilità per attuare una riforma della fiscalità, che rimane ancora basata sulla centralità dell’imposizione diretta che colpisce i consumi. Questo ha un effetto depressivo sulla domanda interna.
Lo sviluppo industriale italiano è uno sviluppo che è carente della domanda. L’industrializzazione punta sull’innovazione tecnologica, ma non sostiene la domanda.
L'evoluzione del conflitto sociale nell'industrializzazione dell'Italia
Nel 1898 l'assetto formale del Regno d'Italia era quello tipico dello Stato liberale ottocentesco, così come si era delineato anche mediante l'esperienza risorgimentale. In particolare, la partecipazione alla vita politica era ancora riservata a una minoranza di cittadini, appartenenti perlopiù ai ceti agiati: la scelta del suffragio censitario, adottata per motivazioni varie e talora contrastanti, era stata poi conservata, pur con progressive estensioni, anche dai governi della Sinistra storica, nonché sostenuta da un fervente repubblicano quale Francesco Crispi, soprattutto in ragione delle gravi condizioni di analfabetismo in cui, ancora alla fine del secolo, versava una grande parte della popolazione italiana. Proprio negli stessi anni, l'affacciarsi di nuove istanze sociali dovuto al progressivo sviluppo industriale italiano e lo sviluppo dei primi movimenti di massa, quali il socialismo, interpreti di tante aspirazioni del ceto popolare, crearono sempre maggiori frizioni con le istituzioni, che si orientarono, per contro, a un controproducente irrigidimento su posizioni conservatrici. Sintomatico di ciò, è, ad esempio, l'atteggiamento nei confronti delle nascenti organizzazioni sindacali, tollerate come semplici associazioni nonché controllate dal governo. Milano all'epoca, con quasi mezzo milione di abitanti, era la seconda città italiana più popolata dopo Napoli ed era già la capitale finanziaria della nazione: la città più importante dove sperimentare nuovi modelli di una società semi-industrializzata in una fase cruciale di sviluppo ed emancipazione del ceto popolare guidato da un ceto borghese milanese colto e illuminato.
La situazione nazionale era già problematica per la notevole disoccupazione e i bassi salari, ma il fatto decisivo per il malcontento di massa fu l'aumento del costo del grano e quindi del pane da 35 a 60 centesimi al chilo a causa degli scarsi raccolti agrari e, in parte, all'aumento del costo dei cereali d'importazione dovuto alla guerra ispano-statunitense nella quale la Spagna aveva perduto numerosi possedimenti coloniali quali Cuba e le Filippine passati alla nuova potenza emergente degli Stati Uniti d'America. Molti e competenti politici tentarono di organizzare la protesta in modo pacifico per poter ottenere dal governo riforme in senso democratico, ma il malessere popolare era tale che il movimentismo spontaneo di tendenza anarchica, radicale e socialista prevalse: pur non essendoci un progetto rivoluzionario, nel 1898 l'avversione popolare contro tutte le istituzioni statali e coloro che le rappresentavano toccò il suo apice nell'allora breve storia d'Italia. Le prime rivolte popolari si verificarono in Romagna e Puglia il 26 e 27 aprile, e in seguito in tante città e paesi: nei tumulti diversi rivoltosi morirono. Il 2 maggio a Firenze fu dichiarato lo stato d'assedio così come a Napoli due giorni dopo. Ma il malcontento e la seguente furia antiriformista si scatenò a Milano. Sin dai primi giorni del mese di aprile, il generale Fiorenzo Bava Beccaris, comandante il III Corpo d'Armata, considerate le prime avvisaglie di agitazioni manifestatesi in tutta Italia, aveva incominciato l'organizzazione delle forze alle proprie dipendenze, in vista del sempre più probabile utilizzo delle stesse nell'ambito di operazioni di ordine pubblico nelle province di pertinenza della sua unità. Tra i principali presidi del III Corpo d'Armata, oltre a Milano, figuravano, tra gli altri, Como, Bergamo, Brescia, Lecco, Monza, Varese, tutti centri ad alta densità industriale, e dunque, date le contingenze, ad alto rischio di agitazioni. Le forze totali disponibili per il presidio di Milano ammontavano a circa 2.000 uomini di fanteria, 600 di cavalleria e 300 di artiglieria a cavallo, e d'altro canto, data la situazione tesa in tutta la Lombardia, non vi era la possibilità di attendersi rinforzi cospicui dai presidi circonvicini. Il 2 maggio, il Ministero dell'Interno, considerata la situazione generale del Regno, aveva autorizzato i Prefetti ad affidare, in caso di necessità, il ristabilimento dell'ordine all'Autorità militare territorialmente competente. Il 5 maggio, il Prefetto di Milano, barone Antonio Winspeare, comunicò al generale Fiorenzo Bava Beccaris che per il giorno seguente si temevano gravi disordini in città. Il generale provvide così a richiamare in città anche il 5º Reggimento alpini, che si trovava alle sedi estive, inviandone però due distaccamenti a Varese e Lecco. A Milano l'esercito sparò con cannoni a mitraglia contro scioperanti e manifestanti; le stragi perpetrate dal generale Bava Beccaris a Milano segnano una delle pagine più nere della nostra storia.
Crisi del modello economico liberale in Italia
Nel 1913 avviene una crisi interna: il modello liberale è in difficoltà. Per l’Italia equivale a una crisi di offerta, di sovrapproduzione che riguarda l’industria tessile. Questa industria non riesce più a vendere all’estero a causa della concorrenza asiatica.
Questa crisi economica trova una soluzione nella I Guerra Mondiale.
La I Guerra Mondiale con le commesse belliche, consente il superamento della crisi.
L’Italia non è ancora industrializzata e la guerra è il motore per sostenere l’industrializzaizone, perché la guerra sovve4nziona:
- Il settore meccanico siderurgico : la Fiat riconverte la produzione di auto in macchine belliche.
- Il settore chimico : che si riconverte alla produzione di esplosivi.
Eugenio Caruso
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2 ottobre 2017