Il lavoro interinale

«Il boom di posti di lavoro del 2006 (425mila effettivi; +1,6% in termini di unità totali da contabilità nazionale) non ha scomposto più di tanto il sistema del lavoro interinale. Basta dare un'occhiata alle curve disegnate nei primi nove anni di vita di questa forma di lavoro temporaneo per capire che qui, in effetti, nemmeno i precedenti cinque anni di stagnazione avevano lasciato il segno. Il trend, come si dice, registra una crescita piuttosto stabile. E racconta di un monte retributivo globale che ha raggiunto, a fine 2006, i 320 milioni di euro corrisposti ogni mese a 270mila lavoratori.

Lontani dall'Europa

Dietro la prima liberalizzazione del mercato del lavoro, partita con la legge 196/97 (il famoso "pacchetto Treu") e poi aggiornata con la legge Biagi, c'è dunque un popolo ancora impegnato a crescere. E che, con ogni probabilità, guarderà da lontano il confronto politico d'autunno sulle nuove regole della flessibilità.

Oggi il lavoro interinale, che la riforma del 2003 ha ribattezzato "somministrazione di lavoro a tempo determinato", rappresenta solo lo 0,64% del totale degli occupati, contro l'1% della Germania, il 5% del Regno Unito o il 2,2%dell'UE. E tra i vari tipi di contratti a termine sottoscritti ogni anno nel nostro Paese, gli interinali non superano la soglia del 3%, secondo l'ultimo Rapporto sul mercato del lavoro diffuso a fine luglio dal Cnel. 

È un settore, insomma, con ampi margini di crescita. E che potrebbe andare ben oltre quei contratti medi di 12-19 giorni con cui attualmente molte medie imprese, soprattutto dell'industria e dei servizi,tamponano le necessità stagionali o congiunturali.

Il profilo di chi cerca il suo primo impiego tramite un'Agenzia resta quello di un under 40 non laureato, nel 20% dei casi immigrato, e con un specializzazione ancora tutta da costruire. “Siamo un mercato ancora giovane e per questo poco esposto agli effetti del ciclo economico – spiega Gianni Bocchieri,di Adecco e vicepresidente di Assolavoro –. Un mercato che deve fare i conti con il ritardo culturale di un Paese che, finora, ha concepito e continua a concepire il contratto a tempo indeterminato come il vero rapporto di lavoro.”  Il problema dell'interinale in Italia e che non si sta consolidando, com'è avvenuto per esempio in Germania, dove cresce il numero di addetti che viene assunto a tempo indeterminato dalle Agenzie e che poi continuano a svolgere missioni più o meno lunghe presso le imprese clienti.

Il 35% trova il posto fisso

Positivo, sia pure come prima tendenza, è invece il dato di flusso, vale a dire la percentuale di quanti passano dall'interinale al contratto a tempo indeterminato. Secondo Assolavoro il 35% degli interinali italiani, dopo qualche missione (così si chiama l'esperienza di impiego temporaneo presso l'impresa cliente dell'Agenzia) trova un contratto definitivo. Il dato cambia tra le diverse Regioni e settori di attività e non è ancora consolidato nelle indagini ufficiali del ministero del Lavoro, dell'Isfol o di Ebitemp, l'ente bilaterale del settore. Ma i 440.855 interinali iscritti all'Inail a fine 2005, valgono come prova indiretta di questo flusso positivo: “In molti casi – spiega ancora Bocchieri – un nostro lavoratore arriva al massimo alla terza missione, dopodiché l'impresa cliente gli offre l'assunzione. E il suo nominativo emerge nei dati Inail.” Anche il sindacato concorda sulle percentuali di conversione in lavoro stabile (omissis).

Mercato concentrato

Un successo su cui non si discute, quando si parla di interinale, riguarda invece l'industria del settore. Il giro d'affari della agenzie di lavoro, nel 2006, è stato di oltre 5 miliardi. È un campo occupato soprattutto da imprese multinazionali (spiccano i nomi di Adecco, Manpower e Randstad nella top five), che hanno aperto con grande velocità i loro “negozi di collocamento.”  Con il risultato che oggi le filiali sono 2.700 e i dipendenti diretti 10.200 (erano 8.500 a fine 2004). Secondo la Confederazione internazionale del private employment, a fine 2005 in Italia erano attive 83 aziende. Ma il grosso del mercato è controllato da una manciata di grandi agenzie. L'ultima fotografia delle quote di mercato resta quella fornita dal Ministero del Lavoro nel suo monitoraggio sul settore di fine 2006. Risulta che le prime 5 agenzie controllano il 52% del mercato

24-08-2007

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