Ancora numeri record per internet: il 75,2% degli italiani sul web, grazie a smartphone e social network. La crescita degli utenti di internet in Italia ha rallentato il ritmo, ma prosegue. Nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% della popolazione, l'1,5% in più rispetto al 2016 (e il 29,9% in più rispetto al 2007). Il telefono cellulare è usato dall'86,9% degli italiani e lo smartphone, in particolare, dal 69,6% (la quota era solo del 15% nel 2009). Gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa i due social network più popolari: Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%). Notevole il passo in avanti di Instagram, che in due anni ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21%), mentre Twitter resta attestato al 13,6%.
22,8 miliardi la spesa per smartphone, servizi di telefonia e traffico dati. Mentre tra il 2007 (l'anno prima dell'inizio della crisi) e il 2016 il valore dei consumi complessivi degli italiani ha subito una significativa flessione (-3,9% in termini reali), la spesa delle famiglie per gli smartphone ha segnato anno dopo anno un vero e proprio boom (+190% nel periodo 2007-2016, per un valore di poco meno di 6 miliardi di euro nell'ultimo anno). Anche gli acquisti di computer hanno registrato un rialzo rilevantissimo (+45,8% nel periodo). I servizi di telefonia si sono invece assestati verso il basso per effetto di un riequilibrio tariffario (-14,3%, per un valore però di oltre 16,8 miliardi di euro nell'ultimo anno). E la spesa per libri e giornali ha subito un crollo verticale (-37,4%). Complessivamente, nel 2016 la spesa per smartphone, servizi di telefonia e traffico dati ha superato i 22,8 miliardi di euro.
La tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore, confermando però un seguito elevatissimo (il 92,2% di utenza complessiva, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016). La tv satellitare raggiunge quasi la metà degli italiani (il 43,5% nel 2017). Cresce la tv via internet: web tv e smart tv raggiungono il 26,8% di utenza (+2,4% in un anno). Ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori, passati dall'11,2% al 22,1%. La radio tradizionale perde 4 punti percentuali di utenza, scendendo al 59,1% di italiani radioascoltatori. La flessione è compensata però dall'ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc (utenza al 18,6%, +4,1% in un anno). L'autoradio rimane lo strumento preferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%). Complessivamente, la radio si conferma ancora ai vertici delle preferenze degli italiani, con una utenza complessiva dell'82,6% considerando tutti i vettori dei programmi radiofonici.
La grande novità dell'ultimo anno è rappresentata dalle piattaforme online che diffondono servizi digitali video e audio, come ad esempio Netflix o Spotify. Oggi l'11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio. Il dato è più elevato tra le persone più istruite, diplomate e laureate (rispettivamente, il 14,1% e il 13,3%). E praticamente raddoppia tra i più giovani: il 20,6% degli under 30 si connette ai servizi video e il 22,6% a quelli audio. È lo stesso concetto di internet che comincia a modificarsi: la rete diventa il veicolo di diffusione di contenuti che, pur viaggiando da un centro alla periferia, posso essere fruiti dagli utenti come e quando vogliono, influenzando l'immaginario collettivo degli italiani.
I quotidiani continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale. Oggi solo il 35,8% degli italiani legge i giornali. Negli ultimi dieci anni, mentre i quotidiani a stampa perdevano il 25,6% di utenza, i quotidiani online ne acquistavano solo il 4,1% (oggi l'utenza complessiva è al 25,2%). Nel campo dei periodici, però, nell'ultimo anno si è registrata una ripresa sia dei settimanali (il 31% di utenza, +1,8%), sia dei mensili (il 26,8% di utenza, +2,1%). Ma solo il 42,9% degli italiani legge i libri a stampa e il 9,6% gli e-book. Complessivamente, i lettori di libri si attestano al 45,7% della popolazione, confermando la ancora scarsa capacità dei libri elettronici di attirare nuovi lettori.
Tra i giovani (14-29 anni) la quota di utenti della rete arriva al 90,5%, mentre è ferma al 38,3% tra gli anziani (65-80 anni). L'89,3% dei primi usa telefoni smartphone, ma lo fa solo il 27,6% dei secondi. Il 79,9% degli under 30 è iscritto a Facebook, contro appena il 19,2% degli over 65. Il 75,9% dei giovani usa YouTube, come fa solo il 16,5% degli ultrasessantacinquenni. Quasi la metà dei giovani (il 47,7%) consulta i siti web di informazione, contro appena il 17,6% degli anziani. Il 40,9% dei primi guarda la web tv, contro appena il 7,4% dei secondi. Il 39,9% dei giovani ascolta la radio attraverso lo smartphone, mentre lo fa solo il 3,5% dei longevi. Su Twitter c'è più di un quarto dei giovani (il 26,5%) e un marginale 3,2% degli over 65. Nel caso dei quotidiani, invece, la situazione è opposta: l'utenza giovanile (23,6%) è ampiamente inferiore rispetto a quella degli ultrasessantacinquenni (50,8%).
Forever young: il processo di «giovanilizzazione» degli adulti. I comportamenti mediatici dei giovani e degli adulti sono sempre più omogenei. Nel 2017 viene praticamente colmato il gap nell'accesso a internet, con una utenza dell'87,8% tra i 30-44enni contro il 90,5% dei 14-29enni. Lo stesso avviene per i social network (l'80,4% e l'86,9% di utenza rispettivamente), gli smartphone (l'84,7% e l'89,3%), la tv via internet (il 39,5% e il 40,9%) e gli e-book (il 15,4% e il 15,2%). Tra i media tradizionali si registra l'allontanamento degli adulti dai quotidiani a stampa, letti nel 2017 dal 27,5% rispetto al 46,6% del 2012. Anche in questo caso gli adulti si avvicinano ai giovani, tra i quali nel 2017 i lettori di quotidiani scendono al 23,6% rispetto al 33,6% del 2012. I modelli della comunicazione digitale si estendono, coinvolgendo pienamente anche le fasce adulte della popolazione. La rapidità d'accesso, la flessibilità nell'impiego dei mezzi, la connessione alle reti globali, l'abbattimento delle barriere di spazio e tempo, la personalizzazione dei palinsesti, la disintermediazione digitale, non sono fattori avvertiti come essenziali solo dagli adolescenti: ormai sono entrati nella vita quotidiana della maggior parte degli italiani.
Il Corriere della sera
Un Paese in piena frattura generazionale, senza più un paradigma sociale di riferimento, con scale di valori rovesciate tra genitori e figli, sempre meno interessato alla politica, che si informa attraverso i suoi propri canali — ma che continua ad affidarsi ai giornalisti competenti e all’informazione di qualità — ed è in piena transizione dal vecchio al nuovo contesto. Dove del «nuovo» non sono ancora chiari gli elementi costitutivi. Eccola l’Italia di oggi nella fotografia scattata dal 14esimo rapporto Censis sulla comunicazione . Una nazione «in cui la rivoluzione digitale ha compiuto il suo corso e ha dispiegato i suoi effetti», esordisce il dossier. E questo ha prodotto effetti anche sull’immaginario collettivo degli italiani, l’«insieme di valori, simboli, miti d’oggi che informano le aspettative, orientano le priorità, guidano le scelte, insomma definiscono l’agenda condivisa della società».
Da un punto di vista dei consumi mediatici la tv (in tutte le sue piattaforme) resta al primo posto (per il 95,5% degli italiani), anche se cede terreno, la radio tradizionale perde punti (59,1%), il telefono cellulare (86,9%) si avvicina ai valori della tv, mentre lo smartphone (69,6%) è il vero protagonista, avendo più che quadruplicato la sua quota in otto anni. Internet cresce (75,2%), ma a ritmi meno sostenuti e soprattutto grazie agli smartphone, che a loro volta trascinano WhatsApp, l’applicazione di messaggistica istantanea. Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%) sono le piattaforme più popolari, Twitter non sfonda (13,6%), ma Instagram sì, tanto da raddoppiare gli utenti (dal 9,8% del 2015 al 21% di oggi). Si conferma il divario digitale tra 14-29enni e over 65enni. Grande attenzione sui servizi digitali audio (Spotify) e video (Netflix): gli abbonati sono ancora pochi (tra 10 e 11%), «ma rappresentano il veicolo principale del cambiamento che si sta verificando nel sistema generale dei media». I libri restano in una fase critica: 43 italiani su cento ne hanno letto almeno uno (di carta) all’anno, uno su dieci si è concentrato sull’e-book.
Tutti questi sono gli elementi dell’era «biomediatica», come la chiama il Censis, che ha trasformato l’immaginario collettivo. «Quest’ultimo definisce l’agenda sociale condivisa di un Paese», spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis. «Dopo la crisi delle grandi ideologie e delle forti narrazioni come l’Ue e la globalizzazione, questa è una nazione in transizione, frammentata, senza un’agenda sociale condivisa da una maggioranza, polverizzata da smartphone, social network e web, utilizzati sempre più per esprimere i propri interessi». «In dieci anni siamo passati da una dimensione verticale della comunicazione a una orizzontale, dove ognuno — dotato di telefonino e connessione Internet — pensa di poter produrre informazione», sottolinea Valerii. Ma restano delle certezze. Nelle tabelle del rapporto emerge l’importanza attribuita all’informazione. Perché, alla domanda su chi sia la figura che esercita più di tutte un’influenza sui fattori ritenuti centrali nell’immaginario collettivo, dopo genitori (31,9%) e persone frequentate abitualmente (13,2%) compare il giornalista competente (12,8%).
La crisi economica del 2008 è stato il vero spartiacque, secondo Valerii. «Da quel momento il Paese ha perso l’innocenza, ha visto rompersi quel patto sociale che si basava sull’assunto per cui i giovani sarebbero stati meglio dei loro genitori. È successo l’opposto: i ragazzi oggi stanno peggio dei loro genitori e allora ecco la rottura con la realtà esistente». «Mi preoccupa, per esempio, lo scarso valore che viene dato al titolo di studio da parte dei giovani — aggiunge il direttore generale del Censis —: prima era il biglietto per accedere ai meccanismi di ascesa sociale, oggi non è così. Siamo nella fase del liberi tutti».
IMPRESA OGGI. Lo strumento di comunicazione più usato è lo smartphone (69,6% della popolazione) che però ha dei limiti. Va bene per un MI PIACE su un post di facebook, per WhatsApp, per fotografare o per un messaggio su twitter , ma è assolutamente inadatto per la lettura di un articolo o per una ricerca seria. Io consiglio due alternativa: smartphone + computer oppure un tablet.
Eugenio Caruso - 6 dicembre - 2017