Non c'è niente di più facile che indirizzare giovani spiriti all'amore dell'onestà e della giustizia.
Seneca, Lettere a Lucilio
L’ampia gamma europea della
legislazione ambientale costituisce
oggi il set più completo di
standard ambientali nel mondo. Circa
550 direttive, regolamenti e decisioni
stanno migliorando le condizioni di
vita, innalzando gli standard e facendo
diminuire le emissioni di inquinanti, con
benefici per i cittadini e per l’ambiente.
Senza questi standard, i
clorofluorocarburi distruggerebbero lo
strato di ozono, le emissioni dai trasporti
avrebbero un’impennata, i corsi d’acqua
sarebbero soffocati dagli scarichi fognari
e ampie fasce di terreno sarebbero
seppellite dai rifiuti.
Il grande risveglio è cominciato negli
anni 70, quando si sono creati i primi
ministeri dell’Ambiente ed è stato lanciato
il primo Piano d’azione ambientale Ue.
Ma il vero punto di svolta è arrivato
nel 1999, molto dopo il Rapporto
Brundtland, quando è entrato in vigore il
Trattato di Amsterdam. Il Trattato è stato
il primo a richiedere l’integrazione della
protezione ambientale nelle politiche e
attività comunitarie, con l’obiettivo di
promuovere lo sviluppo sostenibile. Due
anni più tardi, nel corso del Summit di
Göteborg del giugno 2001, i leader Ue
hanno lanciato la prima vera strategia
dell’Ue sullo sviluppo sostenibile.
La dichiarazione di Göteborg è stata la
base delle politiche dell’Unione europea
verso lo sviluppo sostenibile, specialmente
attraverso la sua ambiziosa richiesta di un
nuovo approccio al processo decisionale
per garantire che le politiche economiche,
sociali e ambientali dell’Ue si rafforzassero
reciprocamente.
Le sfide straordinarie
che ancora abbiamo di fronte
Circa 20 anni dopo, l’Europa ha
fatto molta strada, ma rimangono
importanti sfide ambientali. Lo
sviluppo insostenibile di alcuni settori
economici chiave è ancora una barriera
fondamentale per ulteriori miglioramenti.
Ci troviamo di fronte all’urbanizzazione e
all’abbandono della terra. Il cambiamento
climatico è già qui. I cittadini sono più
sani, ma l’esposizione agli inquinanti
rimane una minaccia silenziosa e
invisibile. Ogni anno, più di 400.000
persone nell’Unione europea muoiono
prematuramente per le conseguenze
dell’inquinamento atfmosferico. Stiamo
esaurendo risorse naturali e perdendo
biodiversità a una velocità allarmante.
Oggi l’Europa esprime un approccio
olistico e interdisciplinare, incorporando
lo sviluppo sostenibile nelle politiche Ue
per assicurare che le sfide economiche,
sociali e ambientali vengano affrontate
congiuntamente. Un approccio basato
sugli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile
dell’Onu (Sdg - Sustainable Development Goals).
“Per costruire un futuro per i nostri figli e
per il nostro pianeta a beneficio di ciascuno –
dice il vice presidente della Commissione
Frans Timmermans, le cui competenze
comprendono l’integrazione dello
sviluppo sostenibile nelle politiche Ue –
stiamo facendo degli Sdg e della sostenibilità
un principio guida di tutto il nostro lavoro.
Attuare l’Agenda 2030 dell’Onu è un
impegno condiviso e necessita del contributo
e della cooperazione di ciascuno, compresi gli
stati membri e la società civile in generale”.
Tale presa di coscienza è stata una
ragione per cui l’Ue è determinante
nella definizione dell’Agenda globale del
2030, la quale è pienamente coerente con
la visione dell’Europa e ora è diventata
il modello mondiale per lo sviluppo
sostenibile.
Definire le politiche
L’agenda politica della Commissione
Juncker è strettamente incentrata su
lavoro, crescita, giustizia e cambiamento
democratico. Le sue 10 priorità
affrontano sfide chiave e molte di esse
sono strettamente interconnesse con gli
Obiettivi per lo sviluppo sostenibile.
Le politiche Ue raramente trovano
origine da una sola fonte, ma il Rapporto
Brundtland ha indiscutibilimente toccato
un nervo scoperto.
Esso riconosceva, per esempio, che il
riuso e il riciclaggio dei rifiuti erano una
forza crescente in molti settori industriali.
Le tecnologie per innalzare l’efficienza
delle combustioni e ridurre le emissioni
industriali, eliminando i composti dello
zolfo e dell’azoto dai gas di scarico,
stavano procedendo a grande velocità.
Il rapporto Our common future vide la
loro potenzialità nell’introdurre modelli
di produzione più efficienti nell’uso
dell’energia e delle risorse, riducendo
l’inquinamento e minimizzando i rischi
per la salute e gli incidenti. Ciò lo ha reso
un punto di partenza imprescindibile e
i suoi obiettivi si sono infine trasformati
nel pensiero relativo all’economia
circolare, che oggi è una priorità assoluta
per questa Commissione.
Il pacchetto per l’economia circolare
rappresenta un programma trasformativo
con un potenziale molto significativo
di creazione di nuovi posti di lavoro
e di stimolo di modelli sostenibili di
produzione e consumo. Concentrarsi
sull’efficienza nell’uso delle risorse e
sulla minimizzazione degli sprechi in
un contesto di rapido esaurimento delle
risorse globali dà all’Ue un vantaggio
competitivo e stimola l’innovazione. Crea
posti di lavori locali, a tutti i livelli di
specializzazione e con opportunità per
l’integrazione sociale.
La transizione all’economia circolare
offre un’opportunità all’Europa per
modernizzare la propria economia,
rendendola più “verde”, più competitiva
e meglio equipaggiata per il futuro.
Contribuirà anche a ridurre le emissioni
di anidride carbonica, portando con
sé risparmi energetici e riducendo
l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del
suolo. Come dimostra il Programma
di lavoro 2017, l’attuazione del piano
di azione per l’economia circolare resta
prioritario nell’agenda della Commissione.
La sostenibilità a lungo termine è
strettamente legata all’attuazione
dell’acquis ambientale dell’Ue ed è
inseparabile dalle sfide più ampie a livello
economico e sociale. Come evidenziato
nell’attuale (7°) Piano di azione ambientale,
anche il mantenimento e il miglioramento
della nostra base di risorse naturali è
essenziale per settori come l’agricoltura,
la pesca e l’energia per poter fornire i loro
servizi. Così, dopo decenni in cui sono
stati stabiliti gli standard ambientali,
il focus ora si sta spostando sulla loro
effettiva attuazione. Un nuovo strumento
per monitorare i progressi nei confronti
degli obiettivi ambientali è il riesame
dell’attuazione delle politiche ambientali
(Environmental Implementation
Review), una procedura biennale con
raccomandazioni specifiche per ciascuno
stato membro. Altre nuove iniziative
saranno prossimamente presentate per
semplificare il reporting ambientale,
facilitare l’accesso alla giustizia e sostenere
ulteriormente la conformità ambientale
degli stati membri.
Tutto questo mostra come la sostenibilità
stia diventando un marchio europeo.
Consapevoli dei limiti del pianeta, della
scarsità delle risorse, delle crescenti
ineguaglianze e dell’importanza della
crescita sostenibile per preservare i nostri
sistemi di welfare sociale, la Commissione
si sta impegnando ad aprire per
l’economia europea e mondiale una nuova
strada, che migliori la vita dei cittadini e le
prospettive per le giovani generazioni.
Guardare l’orizzonte
a lungo termine
Per preservare il futuro, dobbiamo
compiere le giuste scelte politiche adesso.
Un recente rapporto per mappare le
politiche europee rispetto agli Obiettivi
per lo sviluppo sostenibile ha confermato
che, anche se c’è ancora molto lavoro da
fare, tutti i 17 Sdg vengono affrontati
da azioni a livello europeo. Molti di essi,
inoltre, rientrano tra le principali priorità
politiche della Commissione Juncker.
Nello scorso mese di giugno, la
Commissione europea e il Servizio
europeo per l’azione esterna hanno
pubblicato una comunicazione congiunta
sulla “Resilienza”. Gli ecosistemi che
sostengono l’agricoltura e forniscono
acqua, rifugio e sostentamento per le
comunità locali devono essere resilienti,
in quanto vitali per la sopravvivenza a
lungo termine. Il cambiamento climatico,
i disastri naturali e il degrado ambientale
sono interconnessi e spesso hanno un
impatto di grande portata sulla resilienza (La resilienza è la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento)
delle comunità e sui sistemi di sostegno
ecologico da cui dipende la vita. Sono
inoltre già una causa o fattori che
contribuiscono alla nascita di conflitti nel
mondo.
Perciò il compito che abbiamo davanti è
di allargare il nostro approccio a queste
scelte, mettendo maggiore enfasi sulla
conservazione, il ripristino e la gestione
sostenibile delle risorse e degli ecosistemi
naturali e sul mantenimento dei servizi
che forniscono. Il costo della loro assenza
è semplicemente troppo alto per essere
ignorato.
Anche questo era stato previsto dal
Rapporto Brundtland. Anche se spesso è
stato interpretato solo come un segnale
di attenzione, si trattava di una pietra
miliare verso una maggiore resilienza.
Ci invitava a rompere con le abitudini
passate, a non ricercare la stabilità sociale
e ambientale, ma piuttosto a ricercare il
cambiamento e a perseguire azioni che
potessero indirizzare il nostro sviluppo
futuro su un percorso solido verso la
sostenibilità.
Stiamo ancora cercando di raggiungere
questo obiettivo, ma sono convinto
che, nonostante gli shock ecologici ed
economici che dovremo superare, un
approccio veramente olistico ci aiuterà a
mettere in atto la resilienza che le nostre
società meritano.
Karmenu Vella
Commissario Ue per Ambiente,
affari marittimi e pesca
Traduzione di Stefano Folli
www.arpae.it - 22 dicembre 2018