Il saggio, anche se è pago di se stesso, vuole avere un amico, non fosse altro che per praticare l'amicizia e perchè una virtù così importante non resti inoperosa.
Seneca Lettere morali a Lucilio
L’ISTAT ha reso disponibili i principali risultati, aggiornati al 2005, sulla struttura e la competitività del sistema delle imprese in Italia.
I dati sono stati raccolti attraverso due distinte rilevazioni statistiche: la prima, di natura campionaria, osserva le imprese da 1 a 99 addetti mentre la seconda, a carattere censuario, rileva le imprese con almeno 100 addetti.
Entrambe, congiuntamente all’utilizzo di dati di fonte amministrativa, concorrono a tracciare il quadro strutturale dei risultati economici delle imprese italiane secondo i criteri stabiliti dal Regolamento sulle statistiche strutturali sulle imprese emanato dall'Unione europea. In particolare, i dati si riferiscono alle imprese che operano nei settori dell’industria e dei servizi - ad esclusione del comparto dell'intermediazione monetaria e finanziaria e delle attività di organizzazioni associative - disaggregati per settore di attività economica, dimensione aziendale e localizzazione delle attività.
Principali risultati
Nel 2005 le imprese italiane dell’industria e dei servizi sono circa 4,3 milioni di unità e occupano circa 16,3 milioni di addetti, di cui 10,8 milioni dipendenti. Il valore aggiunto realizzato ammonta a circa 634 miliardi di euro, pari al 4,7 per cento in più rispetto al 2004. L’analisi strutturale del sistema delle imprese in Italia conferma la presenza prevalente di imprese di piccole dimensioni e la limitata diffusione di grandi imprese che, tuttavia, caratterizzano in misura significativa importanti settori dell'attività economica.
La dimensione media delle imprese italiane rimane, anche nel 2005, di circa 3,8 addetti (5,9 addetti nell’industria, 3,1 nei servizi).
Nelle microimprese (meno di 10 addetti), che rappresentano il 94,9 per cento del totale, si concentra il 48,0 per cento degli addetti, il 25,2 per cento dei dipendenti, il 28,3 per cento del fatturato ed il 32,8 per cento del valore aggiunto. In esse il 65,1 per cento dell'occupazione è costituito da lavoro indipendente. Le imprese di maggiori dimensioni (250 e più addetti) sono circa 3.200 unità e assorbono il 18,3 per cento del totale degli addetti, con il 27,5 per cento dei dipendenti, il 29,6 per cento del fatturato e il 28,5 per cento del valore aggiunto complessivo.
Statistiche strutturali sulle imprese dell’industria e dei servizi
Rispetto al 2004, nel 2005 le microimprese crescono in termini di unità (+92 mila), di occupati (+205 mila) e di valore aggiunto (+8,7 per cento). La produttività nominale del lavoro per le imprese con meno di 10 addetti, misurata dal valore aggiunto per addetto, è pari, in media, a 26.500 euro: il valore di questo indicatore è circa il 43,8 per cento di quello delle imprese con almeno 250 addetti (pari a 60.600 euro). I lavoratori dipendenti nelle imprese con meno di 10 addetti percepiscono una retribuzione pro-capite di 15.400 euro, inferiore del 42,2 per cento a quella dei lavoratori delle imprese con 250 addetti e oltre (26.600 euro). La profittabilità lorda delle imprese italiane, misurata dal rapporto tra margine operativo lordo e valore aggiunto, è pari al 29,5 per cento, in diminuzione rispetto al 2004 (30,2 per cento).
La struttura settoriale e dimensionale dei principali aggregati economici
Nell’industria in senso stretto operano circa 525.000 imprese che assorbono 4,8 milioni di addetti (il 29,2 per cento dell’occupazione totale) e il 36,9 per cento dei dipendenti complessivi; esse realizzano circa 235 miliardi di euro di valore aggiunto, il 37,1 per cento del totale. Rispetto all’anno precedente, si registra una flessione dell’occupazione cui corrisponde, tuttavia, un contenuto aumento del valore aggiunto (+2,1 per cento).
Una maggiore dinamicità si registra nel comparto delle costruzioni: il numero complessivo di imprese attive nel 2005 risulta pari a circa 584.000 unità (+21 mila unità rispetto al 2004), con un’occupazione di 1,8 milioni di addetti (+61 mila unità) e un valore aggiunto di 57,9 miliardi di euro (+9,6 per cento), pari al 9,1 per cento di quello complessivo.
Nei servizi destinati alla vendita le imprese attive sono quasi 3,2 milioni (+80 mila unità rispetto all’anno precedente), assorbono circa 9,7 milioni di addetti, (il 59,7 per cento dell'occupazione totale) e realizzano circa 341 miliardi di euro di valore aggiunto (+5,8 per cento), pari al 53,7 per cento di quello complessivo.
Rispetto al 2004, il peso del terziario nel sistema delle imprese italiane è aumentato in termini sia di occupazione (dal 58,8 al 59,7 per cento) sia di valore aggiunto (dal 53,2 al 53,7 per cento). Tale incremento, risulta in linea con la tendenza pluriennale (2000-2005) che ha portato il settore dei servizi a realizzare stabilmente oltre il 50 per cento del valore aggiunto totale e ad avvicinarsi al 60 per cento dell’occupazione complessiva nelle imprese.
Le imprese con meno di 20 addetti
Nel corso del 2005 le imprese con meno di 20 addetti hanno registrato un rafforzamento, sotto il profilo dell’occupazione e del valore aggiunto. Le oltre 4,2 milioni di unità produttive di questa fascia dimensionale (+96 mila unità rispetto al 2004) hanno occupato circa 9,7 milioni di addetti (+253 mila) e realizzato circa 279 miliardi di euro di valore aggiunto (+7,6 per cento). Rispetto al complesso delle imprese industriali e dei servizi, in questa classe dimensionale si concentra il 59,3 per cento degli addetti, il 39,0 per cento del fatturato e il 43,9 per cento del valore aggiunto.
A livello settoriale, le imprese con meno di 20 addetti mostrano una più elevata presenza nei servizi (74,8 per cento delle imprese, 65,2 per cento dell'occupazione e 64,4 per cento del valore aggiunto). Nel settore delle costruzioni sono concentrate il 13,6 per cento delle imprese che assorbono il 15,0 per cento degli occupati e realizzano il 14,9 per cento del valore aggiunto; nell’industria in senso stretto queste imprese rappresentano l’11,6 per cento del totale della fascia dimensionale, il 19,8 per cento dell’occupazione e il 20,7 per cento del valore aggiunto.
La struttura occupazionale delle piccole imprese continua ad essere incentrata sul ruolo del lavoro indipendente e dell'imprenditoria individuale. Nelle imprese con meno di 20 addetti, infatti, il 55,4 per cento dell'occupazione è costituita dal lavoro indipendente, con quote, rispettivamente, del 62,3 per cento nei servizi, del 49,1 per cento nelle costruzioni e del 37,6 per cento nell'industria in senso stretto.
Nel 2005 il peso delle imprese con meno di 20 addetti aumenta in termini occupazionali (+0,2 punti percentuali rispetto al 2004), si riduce in termini di fatturato (-0,3 punti percentuali) e aumenta in termini di valore aggiunto (+1,1 punti percentuali). Il segmento delle microimprese (1-9 addetti), in particolare, registra, tra il 2004 e il 2005, un contenuto ridimensionamento della quota del fatturato (-0,2 punti percentuali) e una crescita di 1,2 punti percentuali del peso del valore aggiunto mentre le imprese con 10-19 addetti non mostrano variazioni significative nelle quote di fatturato e di valore aggiunto.
Le imprese con 20 e più addetti
Le imprese con 20 e più addetti sono quasi 79.000 (1,8 per cento delle imprese italiane) e assorbono oltre 6,6 milioni di addetti (40,7 per cento del totale degli addetti e 60,1 per cento dei dipendenti) circa 101 mila in più rispetto all’anno precedente. Nel 2005 esse hanno realizzato il 61,0 per cento del fatturato complessivo e il 56,1 per cento del valore aggiunto.
Le imprese con 20 addetti ed oltre sono attive prevalentemente nell’industria in senso stretto (46,7 per cento delle unità, 42,9 per cento dell’occupazione, 52,5 per cento del fatturato e 50,0 per cento del valore aggiunto) e nei servizi (43,3 per cento di imprese, 51,8 per cento degli addetti, 43,6 per cento del fatturato e 45,4 per cento del valore aggiunto).
Nell’industria in senso stretto, questo segmento di imprese assume proporzioni rilevanti nella produzione e distribuzione di energia elettrica (93,7 per cento degli occupati), nella fabbricazione dei mezzi di trasporto (89,4 per cento), nella fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali (88,0 per cento) e nella fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento dei combustibili nucleari (87,6 per cento). Nel settore dei servizi, le presenze maggiori si registrano nei trasporti, magazzinaggio e comunicazione (68,2 per cento degli occupati).
Le medie e grandi imprese (ossia quelle con almeno 50 addetti) assorbono il 30,8 per cento del totale degli addetti (il 46,2 per cento dei dipendenti), realizzano il 48,8 per cento del fatturato e il 44,6 per cento del valore aggiunto.
In particolare, le grandi imprese (con almeno 250 addetti) registrano il 18,3 per cento dell’occupazione (il 27,5 per cento dei dipendenti), il 29,6 per cento del fatturato e il 28,5 per cento del valore aggiunto.
La loro presenza è particolarmente significativa nell’industria in senso stretto (dove rappresentano il 23,3 per cento degli addetti, il 27,8 per cento dei dipendenti, il 42,7 per cento del fatturato e il 36,9 per cento del valore aggiunto) mentre è meno rilevante nei servizi (18,7 per cento degli addetti, 31,6 per cento dei dipendenti, 23,2 per cento del fatturato e 26,8 per cento del valore aggiunto) e nelle costruzioni (2,7 per cento degli addetti, 4,5 per cento dei dipendenti, 6.7 per cento del fatturato e 4,7 per cento del valore aggiunto). Nel 2005, il peso relativo delle grandi imprese rispetto al 2004 rimane invariato in termini di occupazione (18,3 per cento) mentre risultano leggermente ridimensionate le quote di fatturato (dal 30,4 per cento al 29,6 per cento) e di valore aggiunto (dal 29,2 per cento al 28,5 per cento).
I principali indicatori economici
La produttività del lavoro
Nel 2005 la produttività nominale del lavoro (misurata dal valore aggiunto per addetto) è pari a 38.800 euro, con valori più elevati nell'industria in senso stretto (49.300 euro). Il livello dell’indicatore si attesta su 28.800 euro nelle imprese con 1-19 addetti, mentre raggiunge 53.400 euro in quelle con 20 addetti ed oltre. La produttività del lavoro aumenta quindi al crescere della dimensione aziendale; le microimprese registrano livelli di produttività (26.500 euro) pari al 43,8 per cento di quelli riscontrati nelle imprese con almeno 250 addetti (60.600 euro).
Questo gap di produttività è evidente in tutti i principali macrosettori.
La rilevanza della dimensione aziendale nel determinare il livello della produttività del lavoro emerge anche dal confronto fra classi dimensionali contigue. Infatti, passando dalla fascia delle microimprese a quella delle unità con 10-19 addetti si registra un incremento di produttività pari, in media, al 30,7 per cento; l’incremento sale al 40,9 per cento se il confronto viene effettuato con la classe dimensionale immediatamente successiva (20-49 addetti). L’indicatore di produttività per il complesso delle imprese registra un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al 2004. In particolare, l’aumento è di 1,4 punti nelle imprese con 1-19 addetti e di 0,4 punti nelle imprese con 20 e più addetti. A livello settoriale i comparti in cui si registrano gli aumenti più rilevanti della produttività sono quelli della fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio, trattamento di
combustibili nucleari (31,0 punti), della produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua (21,1 punti) e dell’estrazione di minerali (19,6 punti).
L’orario di lavoro
Ciascun dipendente ha lavorato mediamente 1.626 ore durante il 2005, con differenze abbastanza contenute fra i tre macrosettori. I dati per dimensione aziendale mettono in evidenzia che le ore effettivamente lavorate sono state pari a 1.597 nelle imprese con 1-9 addetti, a circa 1.650 ore nelle imprese piccole e medie della fascia compresa da 10 a 249 addetti e a 1.611 nelle imprese con 250 e più addetti.
Le retribuzioni e il costo del lavoro
La retribuzione lorda per dipendente nel 2005 è risultata pari nel complesso a 21.400 euro (+4,9 per cento rispetto al 2004) con notevoli eterogeneità dal punto di vista dimensionale. I lavoratori dipendenti nelle microimprese percepiscono una retribuzione pro-capite pari a 15.400 euro, corrispondente al 57,9 per cento di quella percepita in media dai dipendenti delle grandi imprese (pari a 26.600 euro). Il differenziale retributivo tra le piccole e le grandi imprese è riscontrabile in tutti i macrosettori di attività, ma risulta più ampio nelle costruzioni, ove la retribuzione lorda per dipendente nelle grandi imprese supera del 53,2 per cento quella delle micro-imprese.
I differenziali del costo orario del lavoro tra le diverse classi dimensionali risultano mediamente più ridotti rispetto a quelli rilevati per le retribuzioni pro-capite: nelle imprese con 1-9 addetti, il costo orario del lavoro (pari a 13,1 euro) corrisponde al 56,1 per cento di quello delle imprese con almeno 250 addetti (23,4 euro).
La redditività lorda delle imprese
La redditività lorda delle imprese, misurata dalla quota di valore aggiunto assorbita dal margine operativo lordo, è pari al 29,5 per cento per il complesso delle imprese e risulta in lieve diminuzione rispetto al livello registrato nel 2004 (30,2 per cento). Il valore del margine operativo lordo nella costruzione di questo indicatore viene depurato dalla componente di remunerazione dei lavoratori indipendenti assimilabile al “reddito da lavoro” dell’imprenditore. La redditività risulta più elevata nell’industria in senso stretto (35,5 per cento), rispetto ai servizi (26,2 per cento) e alle costruzioni (24,8 per cento).
Dall’analisi per classe di addetti emerge una migliore performance delle imprese con 250 addetti e oltre (37,8 per cento), rispetto alle imprese di piccola e media dimensione. Per le imprese con 1-9 addetti il miglior livello di profittabilità si riscontra nel settore delle costruzioni (23,2 per cento); per quelle con 10-19 addetti nel settore dei servizi (35,8 per cento).
Con riferimento alle imprese più grandi, la redditività più elevata si registra nell’industria in senso stretto con un indicatore pari, rispettivamente, a 34,1 per cento nella fascia 20-49 addetti, 35,0 per cento in quella con 50-249 addetti e 43,3 per cento in
quella con 250 addetti ed oltre.
Tra il 2004 e il 2005 si registra un incremento della redditività nelle microimprese (dal 18,3 per cento al 18,8 per cento) e una contenuta flessione nelle altre classi dimensionali. Infatti, nelle imprese con 10-19 addetti la quota dei profitti sul valore aggiunto passa dal 34,0 per cento al 33,7 per cento, nelle imprese con 20-49 addetti dal 33,2 per cento al 32,8 per cento, nelle medie imprese dal 33,0 per cento a 31,5 per cento e nelle imprese con 250 addetti ed oltre dal 38,8 per cento al 37,8 per cento.
Gli investimenti fissi lordi
Nel 2005 gli investimenti per addetto ammontano a 6.600 euro: 7.600 euro nell'industria in senso stretto, 4.500 euro nelle costruzioni e 6.400 euro nei servizi.
A livello più disaggregato, i valori dell’indicatore rispecchiano sostanzialmente la diversa intensità di capitale dei singoli comparti, oscillando, nell’industria, da 55.200 euro nella fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento dei combustibili nucleari a 3.200 euro nell’industria conciaria edella fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari e, nei servizi, da 16.800 euro nel settore dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni a 1.800 euro nel settore dell’istruzione.
Dal punto di vista dimensionale, si passa dai 4.300 euro per addetto nelle imprese con 1-9 addetti ai 13,1 mila euro in quelle con 250 e più addetti.
Le imprese esportatrici nell’industria manifatturiera
Struttura delle imprese esportatrici
Nelle imprese manifatturiere che dichiarano una quota di fatturato proveniente dalle esportazioni si concentra il 56,3 per cento degli addetti (circa 2,6 milioni) e il 68,0 per cento del valore aggiunto del settore. La loro dimensione media (29,1 addetti per impresa esportatrice) è nettamente superiore a quella delle imprese non esportatrici (4,7 addetti). Il peso in termini di occupazione e valore aggiunto delle imprese esportatrici aumenta in misura significativa con la dimensione media d’impresa. Con riguardo all’occupazione si passa dal 16,4 per cento nel segmento delle microimprese al 42,2 per cento nelle imprese con 10-19 addetti e all’86,9 per cento in quelle con 250 e più addetti. Analogamente, il 22,6 per cento del valore aggiunto totale è realizzato nelle imprese esportatrici con 1-9 addetti, il 49,4 per cento in quelle con 10-19 addetti, per raggiungere l’86,3 per cento nella imprese con 250 addetti ed oltre.
Nel 2005 la propensione all'esportazione diretta delle imprese manifatturiere, misurata dal rapporto tra fatturato all'esportazione e fatturato totale, è pari al 27,6 per cento, in aumento rispetto all’anno precedente (25,9 per cento).
L’analisi per classi di addetti delle imprese evidenzia una propensione all’esportazione crescente all’aumentare della dimensione delle imprese: le imprese con 1-9 addetti dichiarano un fatturato all’esportazione pari all’8,6 per cento del totale, quelle con 10-19 addetti il 14,0 per cento, quelle con 20-49 addetti il 21,5 per cento, quelle con 50-249 addetti il 32,4 per cento e quelle con 250 e più addetti il 35,5 per cento. A livello di attività economica si osserva una maggiore propensione all’esportazione delle imprese che operano nella fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici (46,5 per cento), nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (41,0 per cento) e nella fabbricazione di mezzi di trasporto (39,9 per cento). L’esame congiunto per fascia dimensionale e attività economica evidenzia che le imprese con 1-9 addetti hanno una maggiore propensione all'esportazione nella fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche (28,7 per cento), quelle con 10-19 addetti nella fabbricazione di mezzi di trasporto (31,3 per cento), quelle con 20-49 addetti nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (40,3 per cento), quelle con 50-249 addetti nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (49,8 per cento) e quelle con 250 addetti ed oltre nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (61,5 per cento).
Considerando soltanto le imprese esportatrici, l'incidenza del fatturato all’esportazione sul totale delle vendite è pari al 29,1 per cento nelle microimprese, al 24,8 per cento nelle imprese con 10-19 addetti, al 31,5 per cento in quelle con 20-49 addetti, al 39,3 per cento nella classe 50-249 addetti e al 40,9 per cento nelle imprese di maggiori dimensioni.
Il profilo economico delle imprese esportatrici
Le imprese esportatrici manifestano, anche nel 2005, una performance economica generalmente migliore di quella delle aziende orientate esclusivamente verso il mercato interno. In particolare, la produttività del lavoro è significativamente più elevata per le imprese che esportano soprattutto nella classe 1-9 addetti (33.700 euro per addetto rispetto a 22.700 euro delle imprese non esportatrici, ovvero il 48,8 per cento in più). Anche nelle imprese appartenenti alle successive fasce dimensionali il differenziale di produttività risulta significativamente favorevole alle imprese esportatrici (33,3 per cento nelle imprese con 10-19 addetti, 20,4 per cento nella classe 20-49 e 4,6 per cento in quella con 50-249 addetti). Solo nelle imprese esportatrici con 250 addetti e oltre il valore aggiunto per addetto diviene inferiore (65.800 euro) a quello delle non esportatrici (69.200 euro).
Nelle piccole e medie imprese esportatrici il costo del lavoro e le retribuzioni per dipendente sono sistematicamente superiori a quelli delle imprese non esportatrici, a testimonianza dell'importanza della produttività, rispetto al costo del lavoro, come fattore di competitività all'export. I maggiori oneri salariali non impediscono alle imprese esportatrici di piccole dimensioni di realizzare margini lordi di redditività più elevati rispetto alle unità che vendono esclusivamente sul mercato nazionale: il vantaggio di profittabilità è di 13,2 punti percentuali nelle imprese con 1-9 addetti, di 10,8 punti percentuali nelle imprese con 10-19 addetti e di 4,4 punti percentuali nelle imprese con 20-49 addetti. Nelle fasce dimensionali maggiori, invece, il differenziale si inverte sia tra le imprese con 50-249 addetti (-1,4 punti percentuali in meno per le imprese esportatrici) sia per quelle con 250 addetti ed oltre (-2,4 punti percentuali).
I risultati economici nelle ripartizioni territoriali
La struttura del valore aggiunto
Dai risultati delle rilevazioni sulle imprese, rielaborati a livello di unità territoriale di attività economica omogenea, si rileva che la quota di valore aggiunto realizzata nel 2005 dalle regioni nord-occidentali è pari al 36,8 per cento del totale nazionale. Seguono la ripartizione Nord-orientale con il 24,2 per cento, l'Italia centrale con il 21,8 per cento ed infine il Mezzogiorno con il 17,2 per cento. La maggiore quota di valore aggiunto prodotta dalle imprese del Nord-ovest si evidenzia in tutti i macrosettori di attività economica e per le diverse classi dimensionali. Il settore dei servizi è quello che ha fornito il contributo maggiore in tutte le ripartizioni.
Rispetto al 2004 si registra un ridimensionamento della quota di valore aggiunto prodotta nelle regioni nord-occidentali (-0,7 punti percentuali) e in quelle nord-orientali (-0,6 punti percentuali) a favore soprattutto delle regioni centrali (+1,2 punti percentuali).
Costo e produttività del lavoro
I dati relativi ai livelli di costo e produttività del lavoro mettono in luce notevoli eterogeneità territoriali, in gran parte legate alle specializzazioni settoriali e alla dimensione media d’impresa prevalenti nelle diverse aree geografiche. A livello aggregato la produttività nominale del lavoro è pari a 42.500 euro nel Nord-ovest, a 38.700 nel Nord-est, a 40.100 nel Centro e a 29.600 nel Mezzogiorno. Le imprese meridionali registrano pertanto un differenziale negativo di produttività pari al 30,4 per cento nei confronti del Nord-ovest, al 23,5 per cento verso il Nord-est e al 26,2 per cento verso il Centro. Il costo del lavoro per dipendente risulta invece pari a 32.400 euro nel Nord-ovest, a 29.600 mila nel Nord-est, a 30.600 nel Centro e a 24.500 mila nel Mezzogiorno. Il differenziale negativo del costo del lavoro per dipendente delle imprese meridionali nei confronti di quelle delle altre ripartizioni è significativamente inferiore a quello riscontrato per la produttività del lavoro e pari al 24,4 per cento rispetto al Nord-ovest, al 17,2 per cento nei confronti del Nord-est e al 19,9 per cento rispetto al Centro.
Rapporto ISTAT del 29 ottobre 2007
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