In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.
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16. Inizia l'era di Craxi
Lo Psi è maturo per una svolta decisiva; nel luglio del '74, all'Hotel Midas di Roma, abitazione abituale di Crtaxi, viene defenestrato De Martino, accusato di aver appiattito il partito sulle posizioni del Pci, e, a sorpresa, nominato segretario Bettino Craxi, delfino di Nenni e leader, nel partito, di una posizione "autonomista" che raccoglie solo il 10% dei voti (Galli, 2001). La sua elezione ha l'aspetto di un provvedimento transitorio, nell'attesa dell'accordo su un personaggio di maggior peso politico, ma, le immancabili indecisioni del partito, dànno tempo a Craxi di rafforzarsi. All’Hotel Midas si compie una vera e propria rivoluzione che porta ai vertici dello Psi un’infornata di quarantenni, Craxi, Signorile, De Michelis, e, successivamente, Martelli e Amato. La vecchia guardia è stata relegata nella galleria dei ricordi. Al congresso di Torino, nel 1978, il primo della segreteria Craxi, viene ufficialmente proclamata la politica di alternativa di sinistra e va organizzandosi una nuova maggioranza Craxi-Signorile (esponente della sinistra del partito).
Il segretario socialista, d'altra parte, si rende conto che lo Psi sarebbe sempre in una posizione si sudditanza nei confronti del Pci, cosicchè, più che verso un'alternativa alla Dc, la sua politica si sposterà verso un'alternanza al potere con la Dc.
Craxi, dotato di una smisurata ambizione e di una forte personalità, si rivelerà il leader politico più incisivo dopo De Gasperi; egli riesce a imporre al partito un potere autoritario, quasi dinastico e lo Psi mostra, ancora una volta, di non saper trovare soluzioni politiche al di fuori del frazionismo o dell'autoritarismo di un capo. Dopo, Nenni, con la sua vocazione populista e barricadera, dopo il pragmatismo meridionale di Mancini e l'astratto intellettualismo di De Martino, che avevano prodotto frazionismi, indecisioni, perdita di consensi e instabilità, Craxi innesta nel partito una capacità di concretezza e di essere sempre sull'obiettivo, oltre ad un malcelato e viscerale anticomunismo.
Berlinguer, da parte sua, non si rende conto che, privilegiare il rapporto con la Dc e mantenere lo Psi in posizione subordinata, non può che portare a un patto d'alleanza tra Dc e Psi, e all'estromissione del Pci.
Nel Psdi a Tanassi, travolto dallo scandalo Lockheed, dopo le segreterie di transizione di Saragat e Pierluigi Romita, segue Pietro Longo, fortemente ostile alle aperture al Pci; la sua segreteria avallerà la politica di Craxi, volta a sviluppare rapporti di pari dignità tra la Dc e i suoi alleati.
16.1 I movimenti eversivi di sinistra
Gli anni '70, forse anche come reazione alla nuova politica del Pci, sono caratterizzati dall'azione dei movimenti eversivi di sinistra, che fanno vivere al nostro Paese un altro periodo buio della sua storia. Tracciare un itinerario del terrorismo rosso, ricostruire le motivazioni che hanno condotto a sferrare l'attacco al "cuore dello stato", ricomporre le radici culturali dei terroristi è un'impresa, ancora oggi, difficile. Sembra comunque aver ragione lo storico Lanaro quando afferma, che nel magma incoerente del terrorismo «contano assai poco il marxismo-leninismo, il materialismo dialettico, il pensiero operaio... conta, ben di più, l'assorbimento delle tendenze degenerative della società, … nonché il ripiegamento della borghesia sul privato e la sua indifferenza verso le sorti della res publica» (Lanaro, 1992).
Le Brigate rosse, nascono nel 1970, dal movimento del sessantotto, come «organizzazioni operaie autonome... pronte a lottare contro i padroni sul loro stesso terreno», ma rifacendosi all'esperienza della resistenza. Esse, dopo l'ingresso dei Gruppi di azione partigiana (Gap) di Giangiacomo Feltrinelli, si trasformano da struttura dedita prevalentemente alla propaganda in un movimento militarizzato addestrato per compiere azioni di terrorismo urbano. I campi di addestramento delle Br, come quelli di Prima linea sono in Cecoslovacchia. Dalle carte di Mitrokhin emerge che il Kgb non era favorevole all'appoggio che Praga dava al terrorismo italiano, perché preoccupato che eventuali rivelazioni circa i rapporti tra terroristi rossi e Servizi cecoslovacchi, potessero riflettersi negativamente sul Pci. Secondo Giovanni Pellegrino la storia dei brigatisti è quasi del tutto nota, sono rimaste invece occulte le eventuali aree di contiguità; non si è riusciti a sapere, a esempio, se schegge dei servizi abbiano utilizzato le Br per conseguire gli stessi obiettivi che si ponevano con lo stragismo di destra (Fasanella, 2000). Dopo la fiammata del '77, che porta alla "strategia dell'annientamento", le Br pagano l'assassinio di Aldo Moro con risse e scissioni interne che segnano l'inizio della loro fine.
Prima linea, formazione meno robusta e organizzata delle Br, mantiene però una maggiore visibilità nella società; essa conduce la sua guerra allo stato, ammazzando, gambettizzando, sequestrando e inscenando grotteschi processi proletari. Prima linea viene debellata nel 1980, grazie all'azione del generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Le misure prese dal Parlamento, nell'ottanta e nell'ottantadue, in termini di sconti di pena da concedersi ai pentiti, nonché il muro eretto dal Pci attorno al terrorismo, all'interno delle fabbriche, segnano l'atto di morte dei movimenti eversivi di sinistra, salvo fugaci apparizioni negli anni '90 e 2000.
16.2 I governi della solidarietà nazionale
Il periodo di massima intensità delle azioni terroristiche vede succedersi diversi governi Andreotti; l'uomo politico, ministro in quasi tutti i governi, tessitore di una fitta rete clientelare nel Lazio, amico di grossi speculatori finanziari, ma ben visto in Vaticano e presso i settori più conservatori della Dc, è l'uomo dotato del sufficiente cinismo per gestire un accordo con i comunisti.
Moro è costretto a lasciare l'incarico di primo ministro perché, secondo Cossiga, «…la banda dei quattro, come venivano chiamati allora Zaccagnini, Bodrato, Belci e Pisanu, ritennero che non fosse più adatto». Afferma Cossiga che Moro stesso gli confidò «Tu sai che quelli lì non mi vogliono più alla guida del governo, con la scusa che nella campagna elettorale mi sono troppo impegnato anche a fronteggiare i socialisti … Perciò hanno scelto Andreotti al mio posto» (Cossiga, 2000).
Nel luglio 1976, viene varato l'Andreotti ter (31/7/76-11/3/78), il governo della "non sfiducia", appellativo che suscia l'ilarità della stampa straniera, (monocolore Dc, astensione di Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli e indipendenti di sinistra).
Secondo Folena, la stagione della solidarietà fu un «errore obbligato. Errore, perché da lì iniziò una lunga fase di incomprensione della società italiana e delle trasformazioni che la segnavano. Obbligato, perché la spirale inflazionistica, la necessità di contenere le nuove domande sociali e la situazione internazionale rendevano quel passaggio politico ineluttabile» (Folena, 1997). Indubbiamente la politica di Berlinguer, nonostante i tentativi di introdurre nel partito maggiore democrazia, nonostante la caduta dell'opzione dell'uscita dell'Italia dalla Nato, nonostante il parziale riconoscimento degli errori dei paesi dell'Est, è contrassegnata da un unico drammatico errore, non aver abbandonato la pregiudiziale comunista per tentare, sia la fondazione di un moderno partito socialdemocratico, sia il superamento della tendenza a ragionare in termini di masse e non di individui (Ginsborg, 1989).
Berlinguer cercherà di liberarsi dell'abbraccio mortale dei paesi comunisti proponendo la via italiana (con il compromesso storico, proposto su Rinascita il 28 settembre 1973), la via europea (a Madrid, il 3 marzo 1977, viene sottoscritta la carta dell'eurocomunismo tra i Pc italiano, francese e spagnolo) e poi la terza via, tra comunismo e socialdemocrazia (intervista su Repubblica, 2 agosto '78), ma non avrà il coraggio di creare una vera cesura con il passato e di mettersi sulla stessa lunghezza d'onda dei Brandt (Germania), dei Palme , dei Carrillo . Il tentativo di Berlinguer di creare un soggetto politico intermedio tra comunismo e socialdemocrazia (la terza via) è velleitario perché l'idea non sottende nulla di realistico, nessun principio politico, nessun progetto innovativo di società, è una pura invenzione intellettuale.
Falliti i vari tentativi di camuffare il comunismo con strane alchimie politiche, Berlinguer sceglie la strada della solidarietà e questa strada porta al consociativismo. La strada verso la socialdemocrazia avrebbe richiesto un sacrificio in temini di voti, ma, probabilmente, avrebbe condotto il sistema politico verso il bipolarismo, con venti anni di anticipo e limitato i danni delle politiche degli anni ottanta. D'altra parte, scrive Berlinguer su Rinascita, nel 1981, «Recidere le nostre radici, pensando di rifiorire meglio, sarebbe il gesto suicida di un idiota». Il principio difeso e riaffermato dell'inviolabilità e dell'innocenza del comunismo rappresenta il perpetuarsi della menzogna e dell'inganno delle masse. Il comunismo è un modello perdente, già nel 1945, esso impone all'Italia cinquant'anni di democrazia bloccata e negli anni settanta inventa la strategia del compromesso storico per cercare di mascherare il proprio fallimento.
La strategia politica di Berlinguer non vince, ma i suoi principi etici inoculano nel Pci gli anticorpi, che proteggeranno parzialmente il partito dalla corruzione degli anni '80, e che gli consentiranno di non essere spazzato dalla bufera di tangentopoli, negli anni '90. La questione morale rappresenta uno degli aspetti più significativi della segreteria Berlinguer, ma essa non viene pienamente elaborata, rimane un'intuizione, uno spunto. Si è detto che il limite drammatico di Berlinguer fu l'incompiutezza della trasformazione socialdemocratica, ma, fallito il compromesso storico, Berlinguer non seppe nemmeno elaborare una strategia in grado di contrastare la degenerazione politica degli anni ottanta (Folena, 1997).
Va detto a difesa di Berlinguer che, nel partito, Cossutta, l'uomo del Cremlino, colui che controllava i flussi monetari provenienti da Mosca, amatissimo dalla base, avrebbe potuto in qualsiasi momento creare una grave scissione a sinistra (Vespa, 1999); Cossutta, il vero rappresentante delle direttive del Pcus, fu la spina nel fianco di Berlinguer e lo sarà anche di Occhetto.
Il governo Andreotti, alle prese con la necessità di migliorare lo stato dell'economia, è bersagliato da una serie di manifestazioni giovanili organizzate dalla cosiddetta "area dell'autonomia", il Pci e il sindacato si trovano nella tenaglia delle contestazioni in fabbrica e della necessità di non cadere nelle provocazioni della "sinistra extraparlamentare" (è del febbraio '77 la contestazione degli studenti romani al segretario della Cgil, Luciano Lama). La Dc supera le difficoltà della primavera '77, grazie alla volontà del Pci di non mettere in crisi il governo e portare avanti le trattative tra "le forze dell'arco costituzionale".
Il Pci avverte, d'altra parte, lo scontento dell'elettorato e dei quadri, e, nel dicembre '77, toglie il consenso (sotto forma di astensione); Andreotti presenta, il 16 gennaio '78, le dimissioni. Tre giorni dopo viene reincaricato, ma Andreotti procrastina la presentazione di un programma di governo, conscio della presenza, tra i democristiani, di forti resistenze. Aldo Moro riesce a convincere la Dc, che mantenere il Pci all'opposizione, quando esso partecipa a pieno titolo al sottogoverno, consente ai comunisti di rafforzare l'immagine del partito dalle mani pulite e di raccogliere sempre più consensi dai moderati, e pertanto della necessità di sperimentare, con il Pci, un governo "di programma". Questo trova la sua formalizzazione, nel marzo 1978, quando i comunisti accettano di appoggiare il quarto ministero Andreotti (11/3/78-21/3/79) di "solidarietà nazionale", un monocolore Dc, con maggioranza esapartita (Dc, Pci, Psi, Psdi, Pri, Pli), che diventa pentapartita, per l'uscita del Pli. Moro aveva persuaso, con grande difficoltà, Berlinguer ad appoggiare un secondo monocolore Andreotti, spiegando che la situazione non gli consentiva di accettare nessuna delle richieste del Pci, nemmeno quella minima di inserire nel governo un ministro tecnico indipendente non democristiano.
Nel 1972, Andreotti aveva guidato il governo di destra con Malagodi, dopo quattro anni, lo statista è a capo dei governi del compromesso storico, coerente con il suo motto «Il segreto per non restare a digiuno è disporre di due fornai». Andreotti è giudicato una garanzia per l'elettorato moderato ed è l'uomo ideale per condurre i comunisti a un lento logoramento. Nelle sue memorie Cossiga dà di Andreotti questo giudizio «Lui ha una visione provvidenziale della vita, che non prevede cause seconde, quali la volontà dell'uomo. A mio avviso lui crede in Dio, fortissimamente in Dio, ma forse soltanto in Lui. Insomma, il gran parlare di riforme non gli aggrada, perché lui fa parte di un mondo e di una cultura politica dove i ritmi sono lenti e non vi possono essere né scontri né dialettiche ma sempre dilazioni, accordi successivi, piccoli accordi, piccoli compromessi e questo non certo per una visione meschina, semplicemente perché è lo stile di un conservatore autentico» (Cossiga, 2000).
L'accordo con il Pci è facilitato dalla nuova posizione del sindacato; nel febbraio del '78, si consuma, infatti, la cosiddetta "svolta dell'Eur". La triplice propone una linea di moderazione salariale in cambio di investimenti occupazionali, inoltre non considera più profitti e salari, variabili indipendenti, ma ammette che imprenditori e lavoratori debbano rispettare reciprocamente i propri interessi. La nuova atmosfera porta a una parziale sterilizzazione della scala mobile e ad accordi aziendali su produttività e mobilità.
Il 6 agosto '78, muore Paolo VI e viene eletto Albino Luciani, che prende il nome di Giovanni Paolo I. Dai primi giorni del suo pontificato, papa Luciani mostra di avere una visione nuova dei problemi e delle attese della Chiesa; rifiuta l'incoronazione e l'uso del plurale maiestatis e mette mano a una riorganizzazione della curia e dei vertici vaticani. In un memorabile discorso afferma che Dio è anche madre. Dopo trentatré giorni di pontificato, Luciani muore e, il Conclave nomina il polacco Karol Wojtyla che assume il nome di Giovanni Paolo II. Diventa papa uno straniero e questa è già una mezza rivoluzione (bisogna risalire al 1523 per trovare un precedente) e, inoltre, un rappresentatnte della Chiesa che si era posto come antagonista del Partito comunista polacco e che avrebbe generato la fiammata di Solidarnosc, il sindacato di Lech Walesa. Diversamente dal suo predecessore, papa Wojtyla è, infatti, favorevole ad aumentare il peso della Chiesa nella società. Il suo pontificato sarà caratterizzato da questo obiettivo e, anche se Giovanni Paolo II chiederà scusa per i crimini commessi dal cattolicesimo contro le altre fedi, i suoi princìpi saranno spesso di estremo conservatorismo, come la sua posizione sugli embrioni, la lotta al divorzio, la conferma dell'esclusione di metodi contraccettivi, la riduzione del ruolo della donna alla sola funzione procreativa.
Eugenio Caruso - 11 ottobre 2018