In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.
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21. I rampanti anni ottanta (1981 - 1990)
Gli anni settanta si erano chiusi con una lunga scia di sangue lasciata dal terrorismo rosso; il 24 gennaio 1979, a Genova viene ucciso il sindacalista comunista Rossa, il 29 gennaio, a Milano il magistrato Alessandrini, il 9 marzo, a Torino uno studente, il 31 marzo, a Cuneo un imprenditore, il 29 marzo, a Roma un consigliere provinciale Dc, il 3 maggio, a Roma due agenti, il 21 settembre, a Torino un dirigente Fiat, il 31 novembre, a Genova un maresciallo e un carabiniere.
La follia terrorista, non ancora sazia di sangue, lutti e sofferenze, continua ad accanirsi contro vittime innocenti; gli anni ottanta, si aprono, infatti, con una lunga serie di uccisioni; il 28 gennaio '80, è assassinato a Venezia il vice direttore del Petrolchinico di Marghera, il 2 febbraio, a Monza i responsabili della produzione dell'Icmesa di Seveso, il 12 febbraio, a Roma il magistrato Bachelet, il 10 aprile a Torino un agente di una polizia privata, il 18 maggio, in Campania un assessore regionale democristiano, il 28 maggio, a Milano il giornalista Tobagi, il 23 giugno, a Roma il sostituto procuratore Amato, il 23 dicembre, a Roma il generale Galvaligi. Il 2 agosto 1980, il Paese è colpito da un'orrenda strage; un ordigno esplosivo, collocato nella stazione di Bologna, provoca 85 morti e 200 feriti; le responsabilità del massacro non saranno mai accertate, anche se la lapide apposta sull'edificio sentenzia che gli attentatori furono fascisti.
Nel novembre 1980, un terremoto colpisce l'Irpinia, facendo 2.914 morti, quasi 9.000 feriti, creando 280.000 sfollati e distruggendo centinaia di paesi. Per la ricostruzione il governo italiano stanzia sessantamila miliardi, ma, nonostante questo notevole sforzo, dopo più di dieci anni, i senzatetto saranno ancora numerosi; buona parte del denaro stanziato dallo stato finisce nelle mani del sottobosco criminale locale e servirà a costruire enormi fortune personali.
4re553Afferma Mack Smith «Quest'episodio confermò molti osservatori nell'opinione che nel Mezzogiorno d'Italia vigevano standard inconsueti di comportamento sociale; e furono fatti confronti schiaccianti con il terremoto di quattro anni prima in Friuli, dove fondi pubblici molto più esigui avevano in breve tempo rivitalizzato un vasto territorio» (Smith, 1997).
La ricostruzione del dopo terremoto è stato uno dei peggiori esempi di speculazione su di una tragedia. Infatti, come testimonia tutta una serie di inchieste della magistratura, durante gli anni si sono inseriti interessi camorristici che hanno dirottato i fondi verso aree che non ne avevano diritto, moltiplicando il numero dei comuni colpiti: 36 paesi in un primo momento, che diventano 280 in seguito a un decreto dell'allora presidente del Consiglio Arnaldo Forlani nel maggio 1981, fino a raggiungere la cifra finale di 687. Alle aree colpite, infatti, venivano destinati numerosi contributi pubblici ed era interesse dei politici locali far sì che i territori amministrati venissero inclusi in quest'area. La ricostruzione, nonostante l'ingente quantità di denaro pubblico versato, è stata per decenni incompleta.
Nell'estate del 1980, il Cossiga bis prepara un "pacchetto economico" della cui urgenza i parlamentari sembrano d'accordo; il pacchetto impone sacrifici ed espone i politici all'impopolarità. Tutti, a parole, sono convinti della necessità di un provvedimento di austerità, ma tra Montecitorio e Palazzo Madama, i parlamentari, con una moltitudine di emendamenti, cercano di scaricare i sacrifici da una categoria all'altra, nella più collaudata logica del corporativismo. Nella votazione a scrutinio segreto il "decretone" viene bocciato e Cossiga rassegna immediatamente le dimissioni. L'opinione pubblica mostra segni di irritazione nei confronti della classe politica, che, per meschini interessi particolaristici, blocca un insieme di misure economiche urgenti. Ma la logica dei partiti è un'altra; qualunque cosa accada, nulla cambia, morto un governo se ne fa un altro.
Nell’ottobre 1980, il segretario della Dc, Arnaldo Forlani, politico senza nemici, grazie al suo carattere accomodante e alla mancanza di contenuti delle sue enunciazioni politiche, vara una riedizione di centro sinistra "organico" (quadripartito Dc, Psi, Psdi , Pri; 18/10/80-28/6/81) e cerca di arginare l'inflazione, con un forte aumento del tasso di sconto; la recessione è immediata e, con la benedizione del Pci, inizia un periodo di scioperi duri. Ma questa volta l'atteggiamento dei lavoratori non ha più quella caratteristica di compattezza di una volta, la triplice (Cgil, Cisl e Uil, detti appunto la triplice), inoltre, è sottoposta a forti pressioni di tipo corporativo che ne indeboliscono l'azione.
Forlani fa appena in tempo di rallegrarsi, del successo della sua legislatura per l'arresto, il 4 aprile '81, del brigatista Moretti e di suoi tre complici, quando deve misurarsi con una vicenda sanguinosa e torbida. Ciro Cirillo, esponente del notabilato meridionale democristiano, vice presidente del comitato tecnico per la ricostruzione dell'Irpinia, viene rapito a Torre del Greco da un commando terrorista che uccide l'autista e un brigadiere di scorta.
Il 28 luglio, Cirillo viene liberato dopo serrate trattative nelle quali vengono coinvolti un "gruppo di amici" di Cirillo (che raccolgono 1.450 milioni), la camorra (nella persona del boss Cutolo), i servizi segreti, ufficiali affiliati alla P2. La reattività dei democristiani nel liberare Cirillo contrasta con la fermezza mostrata nel caso Moro. Evidentemente Cirillo era a conoscenza di fatti, nell'ambito della gestione del potere in Campania, che, se svelati, avrebbero aperto il vaso di Pandora della corruzione della regione e nella gestione dei finanziamenti per l'Irpinia e la cosa era più "seccante" della morte di Aldo Moro. L'affaire Cirillo, con la lunga scia di morti seguita alla liberazione del notabile campano, resta un altro dei misteri del nostro Paese.
Il governo Forlani, ha vita dura e travagliata, viene battuto più volte alla Camera e al Senato, né giova alla sua tenuta la sconfitta al referendum sull'aborto. Il 17 maggio 1981 ben il 68% dei votanti dice sì alla legalizzazione; in sostanza vota no all’abrogazione di alcune norme della legge 194 sull'aborto per restringere i casi di liceità.
Il governo passa definitivamente dall'infanzia alla morte (il 26 giugno 1981), quando, nel maggio '81, inciampa nello "scandalo P2".
Il 13 dicembre '81, il generale Jaruzelski impone, in Polonia, la legge marziale; i carri armati dilagano nelle strade delle maggiori città e l'intero stato maggiore del sindacato Solidarnosc viene imprigionato. Berlinguer è costretto ad ammettere «Ciò che è avvenuto in Polonia ci induce a considerare che effettivamente la capacità propulsiva di rinnovamento delle società, o almeno di alcune società che si sono create all'Est europeo, è venuta esaurendosi».
Eugenio Caruso - 17 dicembre 2018