L'impresa moderna

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1.9 L’impresa moderna

L’approccio della centralità del cliente mostra i propri limiti; esso rischia, infatti, di tarpare le potenzialità di innovazione e la fantasia dei produttori. Gli economisti devono ammettere che l’impresa, nella rincorsa affannosa dei desideri dei consumatori/clienti, di soggetti, cioè, caratterizzati da comportamenti emotivi e chiusi nella propria limitata esperienza per rappresentare la fonte dell’innovazione, è stata la vittima di questo atteggiamento market responsive.
Viene riabilitato il technology push11, ma, contestualmente, riconosciuto lo stesso livello di importanza a cliente e produttore. Negli anni ’80, per esempio, sarebbe stato folle pensare che la telefonia sarebbe passata dal cavo all’etere e la TV dall’etere al cavo; negli anni ’90, questa trasformazione è stata resa possibile grazie al convergere della spinta tecnologica della produzione e del bisogno espresso dal mercato. Nell’impresa moderna inizia ad affermarsi il concetto che il cliente è un partner dell’impresa.

Market responsive è la predisposizione dell'industria a porsi in posizione subalterna rispetto al consumatore/cliente. La risposta dello scaffale è sacra, affermano i responsabili di marketing.
Il technology push è la predisposizione dell'industria a spingere il proprio prodotto, forzando la volontà espressa o latente del consumatore/cliente.

Indagini presso clienti di prodotti industriali mostrano, inoltre, che, mentre una volta il grado di soddisfazione del cliente si fermava prevalentemente alla qualità del prodotto all’atto dell’acquisto, oggi il 50% dei clienti premia il servizio e la rete di assistenza post-vendita.
Non solo l’evoluzione dell’impresa, ma anche la maturazione del consumatore portano, quindi, alla nascita dell’impresa “moderna”, preparata a sostenere le nuove sfide che si presentano sui mercati.
Recentemente Kotler ha chiesto a un gran numero di manager statunitensi come vedono i clienti oggi.
Secondo le risposte raccolte i clienti:
- stanno diventando più sofisticati e sensibili al prezzo;
- dispongono di poco tempo;
- ritengono che esista una notevole omogeneità nei prodotti dei vari fornitori;
- hanno notevoli aspettative in materia di servizi;
- non mostrano fedeltà nei confronti del fornitore.
1.9.1 Caratteristiche dell’impresa moderna
Le caratteristiche principali dell’impresa moderna, in raffronto a quanto si è detto sull’impresa orientata alla produzione, sono:
- tra produttore e utilizzatore si è stabilito un rapporto bi-direzionale di informazioni;
- l’impresa è orientata a produrre ciò che è in grado di vendere;
- l’impresa è convinta di esistere in quanto si sente capace di soddisfare specifici bisogni di specifici clienti;
- l’impresa parte dal mercato, concentra la propria attenzione sull’individuazione dei bisogni dei clienti (bisogni in forma anche latente), individua i mezzi, le tecnologie e le risorse umane più appropriati per raggiungere gli obiettivi della soddisfazione del cliente e dell’ottimizzazione dei profitti, si impegna perché, al termine dello scambio, impresa e cliente abbiano raggiunto entrambi un livello di maggiore soddisfazione;
l’impresa applica il modello dell’unbundling, cioè dello spacchettamento della produzione in vari compiti, anche con la loro delocalizzazione.
L’impresa moderna, finalmente libera dal dogma della superiorità del produttore o di quella del cliente, si evolve con velocità sempre maggiore e si trasforma; quasi tutte le categorie tradizionali di gestione vengono superate. Il funzionamento dell’impresa diventa semplice e diretto al fine di poter esprimere rapidità decisionali, capacità innovative e flessibilità che non appartengono certamente al bagaglio delle organizzazioni di tipo fordista e post-fordista. Oggi si parla di impresa virtuale, di impresa senza confini, di impresa cava, di impresa a rete, di impresa snella, di fabbrica digitale, tutti modi di interpretare l’impresa:
- valorizzando prodotti e processi di natura immateriale;
- trasferendo all’esterno alcune o tutte le attività operative (in tal caso si parla di hollow enterprise) e valorizzando pertanto il ruolo della PMI altamente specializzata. Il sub-fornitore, una volta etichettato “l’indotto”, diventa uno stretto collaboratore dell’impresa committente;
- privilegiando, come risorsa principale, l’intelligenza dell’uomo.
-Le imprese si contendono i bravi dipendenti;
- basando tutti i processi aziendali sulla Information Technology; puntando, nei rapporti interpersonali, sul coinvolgimento dei dipendenti, sulla forza della motivazione e sul modello dell’openbook management;
- utilizzando l’automazione per lavori manuali, pesanti, routinari o rischiosi;
- adottando processi di lavorazione a basso impatto ambientale e a basso consumo energetico;
- sostituendo al taylorismo, che tende a ingessare l’azienda, la lean production, che prevede il continuo miglioramento delle mansioni, il processo di delega delle responsabilità anche ai livelli inferiori, la job rotation e l’apprendimento continuo.

La lean production è stata introdotta dalla Toyota; è un sistema di produzione che impiega una modesta quantità di risorse aziendali, combina i vantaggi della produzione artigianale con quella di massa, consente di produrre un'ampia varietà di prodotti, impiega squadre di dipendenti multi-specializzati, è fortemente automatizzata, opera con un gran numero di sub-contractors, responsabilizza i lavoratori, che sono stimolati a individuare eventuali anomalie nel processo di produzione. Alla squadra è affidato il compito della manutenzione di macchinari e impianti posti sotto la sua responsabilità.


La nuova impresa leggera (senza confini, senza contenuto, senza riserve, che si integra nel territorio) è completamente diversa da quella vecchia pesante (fisicamente demarcata e compatta, caratterizzata da grandi investimenti materiali, da propri canali di distribuzione, da grande rigidità, da grandi riserve, da assoluta autonomia produttiva).
L’impresa moderna è caratterizzata da un’organizzazione reticolare (impresa a rete) in grado di orientare il proprio ambiente interno verso un’area sempre più vasta, espressione di un mercato operante nel cosiddetto villaggio globale; gli strumenti base di questo modello di impresa sono quelli dell’ICT.
1.9.2 Il commercio elettronico
Si pensi al successo che sta avendo il commercio elettronico. Alcune tipologie di prodotti o servizi appaiono maggiormente adattabili alle vendite on-line, mentre altre sono più indicate per il commercio tradizionale. Le imprese di commercio elettronico che hanno realizzato le migliori performance restando soggetti totalmente virtuali (senza aprire fisicamente degli esercizi commerciali) vendono solitamente prodotti informatici come i supporti di archiviazione, il recupero dei dati e il loro trattamento, la vendita di brani musicali, i film, i corsi e i materiali didattici, i sistemi di comunicazione, il software, la fotografia e le attività di intermediazione finanziaria. Tra queste imprese si segnalano Schwab, Google, eBay, PayPal, iTunes e, in particoòlare, Amazon.
I negozianti in rete sono in grado di riscuotere un certo successo anche nel caso in cui vendano prodotti e servizi concreti, non digitali come software o immagini on-line. I prodotti non digitali che si prestano a essere venduti in linea possono essere quelli che creano imbarazzo nell’acquirente (per esempio biancheria intima, siti di incontri, prodotti della sfera sessuale) e/o quei prodotti con caratteristiche “standard” e che non necessitano di essere provati o valutati “dal vivo” (come libri, riviste, prodotti alimentari e prodotti per la casa).
1.9.3 Le più moderne tecnologie
L’impresa moderna deve assimilare le più avanzate tecnologie, come il cloud computing, la stampa 3D, la robotica avanzata, la genomica, le nanotecnologie, le varie forme di energie rinnovabili e l’Internet delle Cose (Internet Of Things o IOT).
Quest’ultima è però destinata a dare il maggior contributo all’evoluzione dell’impresa. Infatti dalle radici della seconda rivoluzione industriale sta prendendo forma una nuova potente piattaforma tecnologica in grado di spingere a tappe forzate l’impresa verso nuovi modelli e paradigmi.
La fusione tra l’Internet delle comunicazioni, l’Internet dell’energia (il sistema elettrico di domani non potrà che essere fatto di smart grids, contatori intelligenti e prosumers) e l’Internet della logistica (con la diversificazione delle opzioni di consegna, l’implementazione di nuove e più efficienti operazioni di stoccaggio e di trasporto merci) e, quindi, la realizzazione dell’Internet delle Cose sta dando vita a un’altra rivoluzione industriale.
L’IOT collegherà ogni cosa con tutti in una rete globale integrata. Miliardi di sensori sono già stati collegati a risorse naturali, linee di produzione, reti elettriche e logistiche, flussi di riciclaggio e inseriti in case, uffici, negozi, veicoli: grazie a essi un’ingente massa di dati può essere convogliata nel sistema nervoso di un IOT globale.
L’argomento delle nuove tecnologie che interesseranno la terza era industriale è un tema enorme non privo di suspence che sarà approfondito in un prossimo libro.
1.9.4 Le imprese no-profit
Tra le imprese che stanno avendo successo dall’inizio del nuovo millennio, sicuramente rivestono un ruolo rilevanti le no-profit. In molti dei paesi più avanzati la sfera del no-profit è già un settore che contribuisce a percentuali rilevanti del PIL.
Uno studio condotto dal Johns Hopkins University Center for Civil Society Studies in 42 paesi mostra che nel settore no-profit operano attualmente 56 milioni di lavoratori a tempo pieno; contrariamente a quanto si pensi vi sono molti volontari, ma le persone stipendiate sono in numero molto maggiore.
In Olanda le organizzazioni no-profit coprono il 15,9% del lavoro pagato, in Belgio il 13,1%. In Gran Bretagna è occupata nel no-profit l’11% della forza lavoro, in Irlanda il 10,9%, negli USA il 9,2%, in Canada il 12,3%.
Lo studio della Johns Hopkins mostra che il 50% dell’utile aggregato del settore è frutto di servizi offerti a pagamento; il sostegno statale è attorno al 36% dell’utile e la filantropia al 14%.
Ancora più interessante è una ricerca condotta nel 2013 su 9.000 diplomandi delle superiori dalla National Society of High School Scholars; agli studenti era stato chiesto di indicare, in una lista di oltre 200 imprese, un posto in cui avrebbero voluto lavorare; ben 14 delle prime 25 scelte erano cliniche, ospedali, organizzazioni statali e imprese no-profit.
Il responsabile della ricerca ha concluso: “I ragazzi della nuova generazione stanno ponendo al centro del proprio futuro l’idea di aiutare il prossimo”. L’Italia è tra i pochi Paesi in Europa a censire periodicamente il mondo del no-profit.
Nell’ultima rilevazione sono state censite 474.765 istituzioni no-profit. Un neo imprenditore dovrebbe prendere in seria considerazione l’ipotesi di avviare un’impresa no-profit, perché gli economisti prevedono una forte crescita di questo settore.

Eugenio Caruso - 08 maggio 2019

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