In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.
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39. L'assetto politico dal 1994 al 1998
39.1 Berlusconi decide di entrare in politica
Silvio Berlusconi, verso la fine del 1993, dà segni di volersi occupare di politica e, di fronte all'evaporazione dei suoi referenti tradizionali, Psi e Dc, e al successo del Pds, il suo attivismo aumenta di giorno in giorno. In una lunga intervista a Mauro Anselmo, sulla Stampa del 23/11/93, si lancia in una dura critica della nuova legge elettorale che definisce «pericolosa e scellerata» perché «farebbe fare al Paese un salto indietro nella storia». Silvio Berlusconi dichiara, infine, per la prima volta, l'intenzione di entrare nell'agòne politico per sostenere in Italia un polo moderato liberal-democratico.
Alla fine di gennaio 1994, Berlusconi, visti fallire i suoi tentativi, presso Martinazzoli e Segni, di aggregare, attorno alla Dc, il fronte dei moderati e la Lega, confortato dai guru delle indagini demoscopiche e dalle teorie del professor Urbani della Bocconi, annuncia che avrebbe bevuto «l'amaro calice» e che sarebbe «sceso in campo», alla testa di un nuovo soggetto politico, Forza Italia., questo partito avrebbe dovuto raccoglire l’eredità di una massa di conservatori rimasti senza punti di riferimento. Berlusconi, in un discorso televisivo di presentazione del suo programma, motiva la decisione affermando che le prossime elezioni politiche potrebbero essere vinte dalle sinistre. Rileva, inoltre, gli aspetti anti-politici del movimento, e ricorda la sua carriera di imprenditore di successo al confronto dei «politicastri senza mestiere». Effettivamente, alle elezioni amministrative di novembre, la sinistra, guidata dal Pds, conquista Torino, Genova e Venezia e il successo elettorale dell'Msi è interpretato come il certificato di morte della Dc (Vespa, 1999). Scalfari su Repubblica esalta «la grande alleanza stipulata tra la società civile e la sinistra riformatrice e riformista, tra la borghesia progressista e il lavoro dipendente produttivo», mentre Mieli sul Corriere parla di «effetto stabilizzante del voto».
La crisi che investe il Quirinale nel novembre del 1993, con le confessioni da parte di alcuni funzionari del Sisde di aver versato, mensilmente, un appannaggio di cento milioni di lire a tutti i ministri dell'interno, a partire dal 1982, completa la strategia delle sinistre che si apprestano a congedare Scalfaro che potrebbe rappresentare un ostacolo.
La decisione di Berlusconi, nonostante le dimissioni da presidente della Fininvest, appare, subito, viziata da un pesante difetto d'origine. È evidente che il possesso di un impero multimediale darà a Berlusconi un vantaggio immenso rispetto ai competitori, in spregio alle più elementari regole della democrazia. Non si può sottacere che molti italiani, specialmente coloro per i quali, come affermano gli esperti della comunicazione, «è vero solo ciò che appare sul video», saranno indotti a un transfert inconscio che li porterà a proiettare su Berlusconi, il mondo patinato e illusorio della televisione, gioie, tensioni, passioni, tutto quanto in termini emozionali le reti Fininvest possono aver regalato negli anni, oppure a rapportarsi con Berlusconi, come sono soliti fare nel caso del nuovo prodotto, che si corre a comprare, o del nuovo personaggio, che ci si appresta a mettere sul piedistallo del successo. Va inoltre rimarcato che la televisione ha un potere pervasivo superiore a qualsiasi altro mezzo di informazione, non per nulla negli altri paesi sono stati posti forti limiti alle concentrazioni del settore. Non si può negare che Forza Italia ha le sue radici organizzative nelle imprese di Berlusconi e le sue casse di risonanza nelle televisioni della Fininvest.
Detto questo, appaiono, comunque, isteriche le reazioni e l'orgia di insulti della sinistra: La Stampa, a proposito del discorso televisivo di Berlusconi, scrive «I toni sono da tema scolastico da quarta elementare …». Eugenio Scalfari, su Repubblica, si rivolge a Berlusconi come al «ragazzo coccodè» e raffronta il suo ingresso in politica con quello che faceva in teatro Wanda Osiris, coperta di lustrini e piumazzi. Tutte le testate del gruppo di De Benedetti parlano del «Cavaliere nero», L'Espresso dedica, settimanalmente, una decina di pagine al nemico di sempre, senza risparmiare nessuno. Sgarbi è definito «il pupazzo parlante della Fininvest», Funari, «il Pasquino di Cinecittà», Mentana farebbe propaganda, mascherata da informazione, Mengacci e Medail «arano in lungo e in largo il latifondo qualunquista per seminare il verbo Berlusconiano», le reti Fininvest si servirebbero della propaganda subliminale. Santoro imposta la sua trasmissione, Il rosso e il nero, sull'indebitamento della Fininvest; Barbato osserva ironicamente che le graduatorie di popolarità dànno Silvio prima di Cristo; secondo l'onorevole Occhetto del discorso di apertura di Berlusconi si salverebbero solo «le parti comiche». Massimo Riva, su Repubblica scrive «Deposto Craxi, è ora il suo fratello siamese, Silvio Berlusconi, a farsi rumorosamente avanti con il programma di una nuova alleanza fra politica e affari che, facendo esplicita leva sul controllo delle tv, minaccia campagne elettorali e battaglie politiche di inquietante stampo sudamericano … ».
In tanto bailamme la voce del presidente della corte costituzionale, Casavola, ricorda che una disciplina della campagna elettorale, e quindi dell'uso dei media, é legittima e opportuna, ma che questa deve riguardare, innanzitutto, l'azienda pubblica che amministra un bene di tutti i cittadini.
Dpo aver seguito il percorso politico di Berlusconi, al di là di alcuni errori dovuti alla poca conoscenza del sistema e di molte sbavature caratteriali mi sono fatto un’idea del successo di Berlusconi e del perché, dopo Mussolini, sia l’uomo politico più odiato e più amato dagli italiani.
Consideriamo, a esempio, due politici che hanno provocato non pochi problemi a Berlusconi: Fini e Casini. Se ossrviamo con una certa attenzione i loro comportamenti ci accorgiamo di due aspetti che ritengo fondamentali. Uno sono due buoni parlatori, ma non hanno mai proposto un’idea nuova e innovativa, due la loro azione è sempre stata indirizzata all’acquisizione di un potere “politico” personale. A esempio, entrambi sono stati presidenti della Camera considerato trampolino di lancio per posizioni di maggior rilievo. Hanno sempre cercato di interloquire con l’opposizione, non hanno mai sfidato le istituzioni: non sono né amati, né odiati.
Berlusconi ha, invece, il comportamento dell’imprenditore e ha trasferito questo valore in politica; in particolare si distingue per due comportamenti opposti a quelli citati per Fini e Casini. Uno, un imprenditore per difendere la propria azienda o per farla diventare grande deve avere sempre un’idea nuova e l’innovazione deve essere nel suo dna; questo ha condotto Berlusconi a immetere nella ritualità secolare della politica: l’irrituale, la sfida, lo scontro con la burocrazia e i poteri costituiti. Questo non piace ai soloni dei media, alla burocrazia plantigrada dello stato, ai poteri costituiti e inalienabili che preferiscono i rituali dei Fini e dei Casini allo sconvolgimento berlusconiano dei riti. Due, Berlusconi, da imprenditore, ha ben preciso il concetto della squadra, pertanto sa che per vincere bisogna innanzitutto che vinca la squadra e che se pone come obiettivo primario il proprio successo, perde la squadra e perde lui stesso. Questa caratteristica lo porta, a volte, a difendere collaboratori indifendibili perché è lo spirito di squadra che lo guida. D’altra parte, da grande imprenditore, sa che il gioco di squadra richiede sempre che l’imprenditore si prenda la responsabilità dell’ultima decisione e questo gli aliena, a volte, la fedeltà dei suoi. Chi ha capito tutto questo lo ama, chi non lo capisce o non lo vede lo odia. Ritengo che un politico lo ha studiato attentamete, ne ha assimilato i comportamenti e avendo un grande fiuto può essergli avvicinato; penso a Umberto Bossi.
Nel gennaio 1994, al primo congresso del Ppi, Martinazzoli si scontra con la realtà del suo partito. La balena bianca, nel periodo del suo lungo splendore era stata capace di far convivere, il diavolo e l'acqua santa, i liberisti con i programmatori, i riformisti con i conservatori, la sinistra con la destra. Ma ora la politica tende verso un sistema bipolare e la Dc deve scegliere. Martinazzoli non è in grado che proporre la vecchia strategia centrista, né di qua né di là, per cercare di mantenere l'unità politica dei cattolici. La Dc deve venire a patti con la realtà; con la fine del periodo delle contrapposizioni ideologiche, della missione storica, del potere egemone del centro politico e con l'inizio dell'inesorabile separazione degli opposti. Pier Ferdinando Casini, Clemente Mastella, Ombretta Fumagalli Carulli, Francesco D'Onofrio costituiscono il Centro cristiano democratico (Ccd) e si alleano con Berlusconi. Dopo le dimissioni di Martinazzoli, il Ppi nomina segretario il filosofo Rocco Buttiglione, che s'impegna a non partecipare a governi nei quali si trovino Rifondazione comunista, a sinistra, e Alleanza nazionale, a destra.
Eugenio Caruso - 30 maggio 2019