Tentativo di un governo Maccanico nel 1996


In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"

Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.

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39. L'assetto politico dal 1994 al 1998

39.9 Il tentativo di un governo Maccanico
L'otto di maggio 1995, Dini concorda con i sindacati una riforma del sistema pensionistico, che è stata definita "storica" dal Financial Times. Da quando s'è iniziato ad avere sentore dell'accordo, la lira ha recuperato cento punti sul marco, che era arrivato ad essere trattato a ben 1270 lire.
Bossi pubblica un saggio con la "sua verità" sul perché dell'appoggio, prima, e dell'opposizione, poi, al governo Berlusconi. Bossi afferma di essersi posto l'obiettivo di attuare in Italia una rivoluzione, alla quale poter sacrificare i vantaggi e i rituali del potere (Bossi, 1995). Quando la Lega ha corso il rischio di essere istituzionalizzata e di diventare organica alla politica oligopolistica di Berlusconi, Bossi avrebbe preferito dissociarsi dal governo, per far risaltare la mendacità dell'asserito passaggio dalla prima alla seconda Repubblica. Il leader della Lega ha ragione quando afferma che il suo movimento ha rinunciato al potere per mantenere fede alle motivazioni che l'hanno fatto nascere e quando asserisce che l'Italia si trova davanti a un bivio storico: il federalismo o la restaurazione, e quindi il perpetuarsi di quella cultura dell'autoritarismo che ha caratterizzato la storia del Paese.
I risultati della battaglia referendaria, dell'11 giugno 1995, hanno dato alcune indicazioni: è emersa una notevole stanchezza da referendum , specie se questi devono essere vissuti sempre come ordalie. È stato dato un notevole colpo a uno dei dinosauri della prima repubblica, il sindacato confederato con i suoi riti e il suo potere , non è stata accettata la deregulation nel commercio e sono stati bocciati i referendum anti-Fininvest. Nel complesso l'insieme dei risultati rappresenta una vittoria di Berlusconi che ha messo in campo tutta l'armata Fininvest; la battaglia, specie quella sulle televisioni commerciali, è stata sicuramente impari, si è parlato di lotta tra Davide e Golia.
Da queste elezioni la sinistra esce sconfitta, non, come afferma a caldo Ferrara, perché «Il ciarpame ideologico della sinistra è stato seppellito dalla vittoria del no», ma perché i suoi falchi hanno voluto affrontare la Fininvest con lo strumento referendario, sottovalutando, o valutando in ritardo, che esso avrebbe condotto a una campagna di demonizzazione di Berlusconi con effetti psicologici negativi sull'elettorato moderato.
È stata sconfitta per aver aperto una battaglia non avendo le armi per combatterla. È stata sconfitta nel sindacato, colpito da destra, per la sua arroganza di ieri, e da sinistra, per la sospettata moderazione di oggi.
Gli italiani sono divisi in due schieramenti contrapposti. Uno è convinto che Berlusconi sia un reo che sta esperendo ogni possibile iniziativa, legale o illegale, per allontanare da sé il pericolo dei processi e che la magistratura, pur con qualche forzatura, giustificata dalla gravità del livello di corruzione in Italia, stia facendo il proprio dovere per condannare dei colpevoli. Il secondo è convinto invece che la magistratura sia controllata dal Pds, che Scalfaro sia prigioniero della sinistra e che le iniziative contro Berlusconi, come quelle contro Craxi e Andreotti, facciano parte di un piano per eliminare gli avversari politici. Questo dilemma, più della necessità di approvare la legge finanziaria, la legge anti-trust, la par condicio sembra essere oggi il problema dal quale deriva il futuro del Paese.
I due schieramenti si fronteggiano armati, come per una sfida senza quartiere, ma da nessuno dei due escono programmi di lavoro e strategie. Il giornalismo, piuttosto che battere il tasto dei programmi di lavoro e dei progetti di rinnovamento dello stato, propina ogni giorno agli italiani i personalismi, i piccoli o grandi livori, la vuota verbosità, l'arroganza, il sarcasmo sulla classe politica.
La stampa, che dovrebbe organizzare l'informazione, insistendo sui problemi di fondo e sulla formazione di una coscienza civile, si sofferma invece sui comportamenti del potere (e quindi sui pettegolezzi, sull'aneddotica, sulle rivalità spicciole), insegue il titolo a effetto o lo scoop per soddisfare i capricci di un lettore "drogato" o smarrito e infine imposta i propri editoriali sulla base dei sondaggi di opinione. La gente capisce sempre meno e si allontana sempre di più dalla politica. I giornalisti si difendono dall’accusa di voyagerismo asserendo che è la notizia che fa il giornalismo e la notizia è quello che la gente vuole; è vero, ma il vero giornalista sa distinguetre tra gossip e notizia. Perealtro il livello culturale di molti giornalisti è caduto rovinosamente.
Ancora nel 2002 durante un’intervista a Bruno Vespa, Berlusconi, (divenuto premier del Berlusconi II, l’11 giugno 2001) osserverà che in Italia si è creata una sorta di Grande Muraglia, da una parte c’è l’Italia che vuole essere governata da lui, dall’altra c’è quella dei girotondi che non lo sopporta, che non si rassegna all’idea che Berlusconi possa restare a palazzo Chigi fino alla scadenza del mandato, che si oppone a qualunque ipotesi di accordo con il governo (Vespa, 2002 bis).
Il 29 giugno 2002, Sergio Romano scriverà sul Corriere della sera «… maggioranza e opposizione si assomigliano più di quanto non sia mai accaduto nella storia dell’Italia repubblicana. Ma si comportano come nemici irriducibili e ciascuna delle due parti dichiara di vedere nell’altra una minaccia o una calamità». Inoltre, sosterrà il giornalista, sempre nel 2002, la Cgil è una delle gravi patologie italiane; «… in tutta Europa il sindacato va depoliticizzandosi per adattarsi alla nuova economia e per poter trattare con chiunque vada al potere.
Solo in Italia Cofferati ha imboccato il sentiero opposto. Ha deciso di fare una battaglia (quella sulle modeste modifiche all’articolo 18) che riuscirebbe incomprensibile persino ai suoi compagni svedesi. Definisce “scellerati” i patti sottoscritti dalle altre organizzazioni sindacali. Dichiara che occorre “fermare il governo”, come se il Paese non avesse votato un anno prima … Porta il suo saluto ai magistrati scioperanti (per la legge Cirami nda) e dichiara che lui e loro stanno facendo la stessa battaglia “civile”». La battaglia sarebbe stata solo a parole se il 19 marzo 2002, le Brigate rosse non avessero ammazzato Marco Biagi, un riformista, cattolico e socialista, che aveva la colpa di aver dato forma a quelle modeste modifiche dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che Cofferati aveva chiamato “patto scellerato”, parole che avevano isolato il professore a livello accademico e sindacale.
D’altra parte Alberto Asor Rosa sosterrà, sempre nel 2002, «Inizio a pensare che la questione urgente non sia come vincere le elezioni del 2006 ma come rovesciare il governo Berlusconi prima di quella data; la situazione che si è creata in Italia con il governo Berlusconi è gravissima. È un’emergenza; la prospettiva di arrivare al 2006 con il goverrno Berlusconi in sella è una prospettiva catastrofica». Non è da meno Gianni Vattimo «Ciò che la sinistra deve fare, adesso, non può essere altro che cercare di accelerare, anche con una democratica ma decisa “gestione” dei conflitti sociali che si stanno intensificando, la caduta di questo governo». Se fosse possibile, probabilmente Marx e Heidegger fulminerebbero i due rispettivi seguaci.
Va dato atto che l’obbligo morale di odiare Berlusconi che si scatenerà nel 2002, lambirà soltanto D’Alema, Fassino e Rutelli, che, pur dicendo del governo Berlusconi tutto il male possibile, cercheranno di riportare il dibattito sulla critica dei programmi, evitando i toni o meglio i ringhi, dei girotondini, dei grillini, dell’Italia dei valori, dei Pardi, dei Flores D’Arcais e dei Moretti, di tutti coloro che hanno fatto dei blog e dei social network il paradiso della verità, non accorgendosi che essi sono, invece, la patria del settarismo, delle leggende metropolitane, del pettegolezzo, dell'incultura.
Ritornando al 1995, il 26 ottobre, la Camera rinnova la fiducia al governo Dini, dopo che Bertinotti è stato costretto dall'onda della contestazione popolare a recedere dall'idea di votare la sfiducia al fianco di Fini e Berlusconi.
In dicembre, inizia l'iter per l'approvazione della finanziaria; l'atteggiamento del Polo, negli ultimi due mesi, è passato, alternativamente, da ipotesi di accordo, "per senso di responsabilità", a intransigente opposizione e viceversa. La legge finanziaria passa, grazie alle assenze in aula di alcuni parlamentari di Forza Italia. In tutta Europa è in atto una lenta, ma inesorabile erosione dello stato sociale, per far sì che le economie dei paesi riescano a mantenersi entro i parametri di Maastricht che prevedono i seguenti traguardi:
il tasso di inflazione non deve superare di più dell'1,5% la media dei tre paesi a più bassa inflazione,
il deficit di bilancio non può essere superiore al 3% del pil,
il debito pubblico non può superare il 60% del pil,
i tassi di interesse non devono superare di più del 2% il valor medio dei tre paesi a più bassi tassi,
il Paese deve aver partecipato per almeno due anni al sistema monetario europeo.
I decision makers di Bruxelles hanno riconosciuto che l'economia capitalista in un mercato globale non può convivere con la rete di garanzie, sussidi e protezioni cui l'Europa è abituata.
Completato il proprio programma e dopo l'approvazione della legge finanziaria, Dini, come previsto, il 30 dicembre presenta le dimissioni. Il rinvio alle camere dimostra che il governo tecnico non ha più una maggioranza e, pertanto, l'11 gennaio 1996, Dini conferma le dimissioni e Scalfaro le accetta. Scalfaro suggerisce la strada di un governo a larga base parlamentare che affronti la questione delle riforme istituzionali. D'Alema e Berlusconi si mettono d'accordo per tentare un governo di unità nazionale che possa garantire il rinnovo della costituzione e pensano a Giuliano Amato, ma da Hammamet incombe l'ostilità di Craxi . Scalfaro, il primo febbraio, affida l'incarico ad Antonio Maccanico che, come già visto, gode di una meritata reputazione di mediatore.
Berlusconi avvia un giro di consultazioni per verificare la possibilità di un governo di ampie intese. Si apre un dialogo tra destra e sinistra, che interrompe un anno perso, politicamente, in una vacua contrapposizione elezioni sì, elezioni no. Il tentativo di accordo tra Berlusconi e D'Alema per un governo blindato, che si impegni sul fronte delle riforme istituzionali, viene giudicato un "inciucio", incontra diffidenze e ostilità e Maccanico deve arrendersi. Dini, rimasto in carica per l'ordinaria amministrazione, poco prima delle elezioni costituisce un nuovo partito, Rinnovamento italiano, entrando nell'alleanza dell'Ulivo. A Letta che gli partecipa la sua esternazione, Dini risponde , «Mi avete lasciato solo» (Vespa, 1999).

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Eugenio Caruso - 18 luglio 2019



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