La vittoria del centro destra alle politiche del 2001


In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"


Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.

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40. L'assetto politico dal 1998 al nuovo millennio

40.5 La vittoria della Casa delle libertà alle politiche del 2001
Il 19 gennaio 2000, muore ad Hammamet Bettino Craxi, dilaniato dal diabete, da problemi cardiaci e da una metastasi sviluppatasi a un rene. L'uomo politico non aveva mai negato di aver ricevuto forti contributi per il suo partito «I soldi in politica sono come le armi in guerra» affermava, ma la magistratura lo aveva colpito affermando che parte dei soldi ricevuti se li era messi in tasca lui. In effetti dai dati processuali risultano forti discrepanze tra quanto dato e quanto ricevuto dal partito, ma, presumibilmente, il famoso "tesoro di Craxi" non è mai esistito, forse qualcun altro ha intascato quelle differenze. Allo stato dei fatti risulta che Craxi viveva in modo modesto e non possedeva grandi beni patrimoniali. Nel 1995 confesserà a Bruno Vespa «Come ho vissuto io? Al Raphaël, l'albergo dove stavo a Roma, non ho mai pagato una lira per venticinque anni. Mi ospitava Spartaco, il proprietario, mio amico da sempre. A Milano viviamo in locazione. Possediamo una villa in provincia di Como, che abbiamo affittato per pagare le spese di manutenzione. … Dichiaro al fisco quattrocento milioni lordi: la pensione da deputato, i diritti d'autore per un paio di libri e una sceneggiatura ….» (Vespa, 2000). Una considerazione è opportuno fare; Craxi era stato un uomo politicamente arrogante e cinico, ma l'indifferenza del potere politico e della magistratura davanti alle sue sofferenze morali e fisiche e al suo desiderio di tornare in Italia è incomprensibile e va censurata e biasimata. La politica dalla memoria corta aveva dimenticato che Craxi era stato l'unico uomo politico che si era battuto in modo concreto per la salvezza di Moro.

Dopo le elezioni regionali (aprile 2000) e il referendum (maggio 2000), fino al maggio 2001, si assiste a una lunga campagna elettorale che, negli ultimi mesi, si trasforma in una sorta di referendum pro o contro Berlusconi; questi è riuscito a raccogliere sotto la bandiera della Casa delle libertà (Cdl) e di un programma accettato da tutti, Fi, An, Lega, Ccd e Cdu (questi accomunati sotto il simbolo del Biancofiore), Pri e Nuovo Psi. A quest'unione della Casa delle libertà si contrappone un centro sinistra dilaniato da lotte interne e con un candidato premier, che ha rinvigorito la coalizione, ma che non è all'altezza del compito di battere Berlusconi. Scrive Vespa, « … la Casa delle libertà avrebbe dovuto difendersi solo dalle imprudenze di Berlusconi, il quale avrebbe dovuto guardarsi dalla sindrome di Orfeo» (Vespa, 2000). Il delirio di onnipotenza avrebbe potuto colpire ancora, ma il fedele Letta vigila e detta la strategia della campagna elettorale. Questa, a differenza di quella aggressiva delle regionali, è caratterizzata dal sorriso, da un liberalismo temperato dalla difesa dei più deboli, da un deciso anticomunismo «… il comunismo è morto tra l'89 e il '91. L'anticomunismo gode tuttavia di ottima salute» e dà facili ricette per vivere meglio.
La sinistra risponde facendo previsioni apocalittiche in caso di vittoria del Polo: i poveri destinati a morire di fame, i malati respinti dagli ospedali, le scuole pubbliche condannate alla rovina. Se non ha molto senso un confronto elettorale centrato sull'anticomunismo, non ne ha uno che ipotizza una vittoria del Polo come il trionfo del Male. Berlusconi si presenta all'elettorato liberato dal macigno delle imputazioni giudiziarie, che lo sovrastava nel '94, ma ancora sotto scacco per il conflitto di interessi. Alla fine del '97, Berlusconi raggiunge un accordo per vendere Mediaset a Rupert Murdoch, ma i figli Marina e Piersilvio, manifestando la loro costernazione, convincono il padre a un precipitoso dietrofront. Fortunatamente per lui, nel marzo '98, arrivano a Berlusconi i risultati di un'indagine di Datamedia che mostra, in modo inequivocabile, che gli italiani non avrebbero perdonato a Berlusconi la vendita di Mediaset. In conclusione Berlusconi avrebbe acquisito meriti tra la classe politica, ma non tra l'elettorato.
Ai giganteschi manifesti elettorali, con l'immagine di Berlusconi e gli otto punti centrali del programma della CdL, che costituiranno, per sette mesi, la più colossale campagna d'affissioni della storia pubblicitaria italiana, Rutelli risponderà con una simmetrica campagna d'affissioni, sia pur meno dispendiosa, e i due leader, che non avranno un confronto diretto televisivo, per l'ostracismo di Berlusconi, si confronteranno solo dalle foto dei loro mega poster. Per dare una risposta alla sinistra, che non crede nella lealtà della Lega e gioca, nei suoi comizi questa carta, Bossi, invitato a Napoli al congresso di An, nel febbraio 2001, fa questa dichiarazione: «Oggi abbiamo sottoscritto un accordo politico su un programma che prevede l’impegno per cambiare profondamente l’Italia, …… Sette anni fa i tempi non erano maturi. Noi dicevamo “Mai con i fascisi”, voi dicevate “Mai con i secessionisti”. Noi della Lega abbiamo fatto un passo indietro, voi di Alleanza nazionale ne avete fatto uno in avanti». Da allora la Lega si mostrerà un alleato leale.
Nel mese di marzo 2001, quando tutti i sondaggi dànno un vantaggio incolmabile a favore della CdL, si scatena contro Berlusconi una massiccia campagna mediatica in Italia e all'estero, avviata dal comico Luttazzi durante una trasmissione di Satyricon su Rai-due. Durante la trasmissione Marco Travaglio senza contraddittorio, incoraggiato dal conduttore e da un pubblico entusiasta, per 26 minuti muove a Berlusconi e a Previti accuse terribili formulate da un gruppo di pentiti per le quali accuse la Procura della Repubblica di Caltanissetta aveva chiesto l’archiviazione ben dodici giorni prima della trasmissione di Luttazzi, informazione che Travaglio si era guardato bene dal dare. A favore di Luttazzi e Travaglio si schierarono i principali dirigenti dei Ds, a eccezione di D’Alema. Sulla scia di Luttazzi si inseriscono Santoro, Di Pietro, Enzo Biagi, Roberto Benigni.
Da quell’intervento i media scoprono che il travaglismo paga e inizia il periodo definito del “killeraggio mediatico”. Datamedia valuta che, tra il 12 marzo e i primi di maggio, la caduta dei consensi a favore della CdL fu di circa 17 punti percentuali e, per la prima volta, Crespi, il proprietario di Datamedia, teme che Berlusconi possa perdere le elezioni. Si ritiene che l'uscita dal tunnel per Berlusconi inizi con la strepitosa idea di firmare un contratto con gli italiani e con l'invio a venti milioni di famiglie della patinata pubblicazione auto celebrativa Una storia Italiana. Le analisi condotte da Crespi, dopo le elezioni, stimano in un 8% la perdita subita dalla CdL a seguito della campagna mediatica innescata da Luttazzi, Travaglio, Santoro e Biagi. Gran parte dei politologi e opinionisti sempre presenti nei vari talk show televisivi, intervistati dalla stampa e dalle radio hanno sempre affermato e continuano ad affermare che le varie trasmissini anti Berlusconi non hanno influenza sul voto.
Il 13 maggio 2001, al Senato, la Casa delle libertà conquista 176 seggi, contro i 130 dell'Ulivo, rappresentato da Ds, Margherita, Girasole (Verdi e Sdi), Pdci e i 4 di Rc; alla Camera 368 seggi, contro i 250 dell'Ulivo e gli 11 di Rc. Le elezioni sono caratterizzate dallo straordinario successo di Fi (29.4%), che ha, definitivamente, sostituito la Dc nel cuore della classe media; An raggiunge un discreto 12%, la Lega il 3,9%, il Biancofiore il 3,2% il Nuovo Psi l,1%. Una sorpresa nasce dall'analisi dei risultati, regione per regione; Berlusconi, che contava di vincere grazie ai titolari di partita Iva del Nord, vince grazie al voto dei lavoratori dipendenti del Sud. Lega e lista Di Pietro (per poche migliaia di voti), De (2.4%), il Girasole (2,2%), Bonino-Pannella (2,2%), Comunisti italiani (1,7%) non raggiungono, nel proporzionale, la soglia del 4%. Ccd e Cdu, da vecchi democristiani che conoscono bene come funziona il gioco delle preferenze, con il 3,2% dei voti portano a casa 42 deputati e 29 senatori, la Lega con il 3,9% solo 30 deputati e 17 senatori.
Si registra un notevole successo della Margherita (14,5%), avvantaggiata dall'aver espresso il leader del centro-sinistra, mentre i ds si fermano al 16,6%. Commenta Ilvo Diamanti su il Sole-24Ore «La sinistra italiana, oggi, è la più debole d'Europa». Per i sindaci, a Milano vince Albertini al primo turno; al ballottaggio del 27 maggio, al centro sinistra vanno le amministrazioni di Roma (Veltroni), Napoli (Russo Jervolino) e Torino (Chiamparino). Dopo la nomina di Pera a presidente del Senato e Casini alla presidenza della Camera, il 10 giugno 2001, Berlusconi vara il suo secondo governo (11/6/2001-23/4/2005); Fini è vice-presidente del consiglio, Ruggiero agli esteri, Scajola all'interno, Tremonti al superministero dell'economia (che accorpa fisco e tesoro), Bossi alle riforme, Buttiglione alle politiche comunitarie.
Berlusconi, con la costituzione della "squadra di governo", è riuscito a coinvolgere in incarichi istituzionali tutti i leader della coalizione e a creare, pertanto, un clima di corresponsabilizzazione. Per ragioni diverse, Ruggiero, Scajola e Tremonti si dimetteranno. La sinistra inizia un processo di autocritica, i ds, il 16 novembre 2001, nominano Fassino nuovo segretario per un rinnovamento del partito e per una svolta verso il socialismo europeo; lo slogan di Fassino è «o si cambia o si muore»; D'Alema è confermato alla presidenza del partito. Dal '91 gli ex-comunisti parlano di rinnovamento e superamento della memoria storica del Pci, in questo, forse, plagiati da Berlusconi che continua a chiamarli comunisti. Nella realtà il rinnovamento c'è stato e anche ragguardevole; i ds sono stati ammessi nell'internazionale socialista, hanno partecipato e guidato governi che hanno portato l'Italia nell'Euro, hanno avuto posizioni di contrapposizione con il sindacato, hanno partecipato con altri paesi della Nato alla guerra contro la Serbia. Si sono comportati né più né meno di un qualsiasi altro partito socialdemocratico europeo; l'azione politica di D'Alema non si è discostata da quella di Blair, di Schroeder, di Jospin.
Il centro sinistra ha perso le elezioni del 2001 perché, con Veltroni, ha presentato un candidato poco credibile, ma, principalmente, perché gli italiani, da tempo, volevano un governo di destra che, per anni, era stato precluso. Nel '94 la destra aveva vinto, ma non aveva un programma politico condiviso e non era stata in grado di metabolizzare l’ostilità esistente tra Bossi e Fini., nel '96 la destra perde, a causa del mancato apparentamento con la Lega, ma ha la maggioranza nel Paese, nel 2001 vince, questa volta in modo inequivocabile. La Dc, per anni, aveva congelato il voto moderato e conservatore, ora questo voto è appannaggio di Fi e di An e sarà molto difficile spostarlo. Per la sconfitta dei ds, due critiche si possono fare a D'Alema: non essere riuscito nell'operazione di Blair di cooptare nel partito personalità in grado di attrarre il voto moderato e di aver istituzionalizzato il partito perdendo il contatto con la base.
A complicare la vita al centro sinistra, dall'inizio del 2002 nasce una contestazione che si rivela subito molto insidiosa quella dei "girotondini". Il movimento, a metà strada tra il moralismo berlingueriano e le spinte rivoluzionarie innescate dai "black bloc di Seattle", trova i suoi leader nel regista Nanni Moretti e in due professori dell'Università di Firenze, Francesco Pardi e Paul Ginsborg, che creano non pochi imbarazzi alla sinistra, rendendo ancora più stridenti la mancanza di coesione, le discrepanze degli obiettivi politici e dei mezzi necessari per sconfiggere il centro destra. I girotondini mettono alla prova la propria organizzazione, quando il 3 ottobre 2001 il Senato approva la legge sulle rogatorie internazionali e tutta la sinistra insorge affermando che è una legge ad personam per bloccare i processi del Presidente del consiglio. Essa prevede che non possano essere utilizzati gli atti giudiziari che pervengano alla magistratura italiana solo in fotocopia. E’ una buona legge che non sarà mai usata da Berlusconi, ma i vari Santoro, Travaglio, Biagi, Moretti e Pardi parlano di attentato alle libertà e durante l’approvazione della legge in Senato l’opposizione arriva a ventilare minacce fisiche nei confronti di Berlusconi.
In questa occasione il Presidente della Camera, Casini, fa da spalla al Presidente della Republica, Ciampi, per ostacolare l’iter della legge e il segretario dell’Udc è uno dei più attivi in questa operazione di boicottaggio tanto che Aldo Cazzullo, sulla Stampa del 29 settembre, scrive «La sinistra finora scossa e disorientata ha trovato il suo punto di riferimento, l’opposizione un capo, gli antiberlusconiani un baluardo», parla del segretario dell’Udc, Marco Follini. Girotondi e manifestazioni di piazza si intensificano quando il governo approva la legge Cirami, che intoduce nel Codice di procedura penale il legittimo sospetto, che si aggiunge ai due già esistenti (previsti dall'art. 45 del cpp). Pertanto, per il trasferimento di un processo si configurano, con la legge Cirami, tre possibilità di rimessione ad altro giudice di altra sede giudiziaria: 1. rischio per la sicurezza, 2 incolumità pubblica, 3 .legittimo sospetto. Sull'istanza decide la Corte Suprema di Cassazione, e il legittimo sospetto vale anche per i processi in corso. Inoltre il nuovo giudice non potrà utilizzare gli atti del vecchio procedimento.
La legge Cirami, approvata dopo molti rimbalzi tra Camera, Senato e Quirinale, il 5 novembre 2002, interessa la posizione processuale del Presidente del Consiglio, in ragione della questione di costituzionalità che era stata sollevata dalla Corte di Cassazione sull'articolo 45 del cpp, in ordine a un'istanza di trasferimento di sede del processo Imi-Sir in corso a Milano, nel quale erano implicati Previti e Berlusconi.. Le sezioni unite della Corte di Cassazione rilevarono che la normativa sulla rimessione dei processi introdotta nel codice Vassalli del 1989 era lacunosa sotto il profilo del "legittimo sospetto", che nella legge delega era invece contemplato. Al di là dei giudizi di giullari e professorini è interessante l’analisi di Giovanni Verde ex presidente del Cosiglio superiore della magistratura il quale sostiene che l’abolizione dell’immunità parlamentare e della conseguente autorizzazione a procedere causò, a suo tempo, un vulnus costituzionale ancora presente e da rimuovere. Dopo la caduta del fascismo i costituenti vollero garantire la più ampia autonomia alla magistratura (anche a quella inquirente, andando contro la tradizione europea), ma bilanciò questa autonomia con l’immunità parlamentare. Travolta la seconda sotto l’ondata giustizialista di tangentopoli è rimasta la prima, con conseguenze non sempre rassicuranti. I girotondini e i professorini della sinistra sembrano aver trovato un leader in Sergio Cofferati. Questi, il 23 marzo 2002, dà prova della propria forza di mobilitazione e riempie il Circo Massimo con un milione di persone (700.000 per la polizia 3 milioni per gli organizzatori) per manifestare contro il governo e contro la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Marco Biagi era stato ucciso quattro giorni prima e Cofferati lo ritiene degno solo di una breve “scheda anagrafica”. Il progetto di Cofferati è il congelamento della classe politica per la creazione di un sistema di relazioni con soggetti diversi da quelli eletti dal popolo, e rappresentati dalle associazioni no-global, dai girotondi, da la Repubblica e l’Unità, dai movimenti di artisti e intellettuali, sotto la regia della Fondazione Di Vittorio da lui presieduta. Cofferati credendo di essere innovatore incarna, invece, l’anima più retrograda della sinistra, quella che si rifugia nel massimalismo ideologico dopo una sconfitta elettorale. Obiettivi immediati sono l’ostracismo a qualunque forma di collaborazione con il governo, la delegittimazione della classe politica della sinistra e la propria candidatura a leader. Fortunatamente per la sinistra, alla direzione del partito, il 14 ottobre 2002, la maggioranza legata a Fassino e D’Alema conquista il 75% dei voti; Moretti sostiene che i movimenti non daranno più deleghe in bianco e Fassino ribatte che le classi dirigenti, in politica, vengono giudicate dal voto degli elettori.
La sinistra mitridatizzata a vedere in Berlusconi il male assoluto considera la sua vittoria come un affronto alla propria verità; e non accetta vederselo sorridente parlare alla televisione come “presidente del consiglio”, non tollera vederlo celebrare a Pratica di Mare lo storico matrimonio tra la Russia e la Nato del maggio 2002, non digerisce che, nel settembre dello stesso anno, proprio quel Berlusconi, per discutere sull’Irak, sia stato invitato, da George Bush, a Camp David dove l’unico italiano prima di lui era stato Alcide De Gasperi. Nell’autunno 2001 Piero Fassino, neo eletto segretario dei ds, confesserà a Bruno Vespa: «Il nostro partito fatica ad abituarsi all’idea che Silvio Berlusconi stia al governo e che potrebbe restarci per l’intera legislatura. Manifesta emotivamente il desiderio che sia messo in difficoltà ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, sperando che cada presto …».
Mentre Cossiga fa la seguente considerazione «Non vi è dubbio alcuno che Silvio Berlusconi sia soggetto a una forte campagna d’odio. Le cause sono diverse. Gli “aristocratici” della politica, da Giulio Andreotti a Mario Segni, a molti altri dc, lo odiano perché è un “dilettante” che è giunto al potere mentre loro ne sono stati cacciati. Vi sono poi gli “invidiosi” della sua ricchezza. E ancora quelli della “sinistra” del’ex Pci che non riescono tuttora a capacitarsi del perché essi, essendo nel “giusto” e nel “vero”, non abbiano vinto nel 1994 e, ancora nel 2001. E abbia vinto invece “perfino” Berlusconi» (Vespa, 2010).
Una leggenda metropolitana racconta che il nostro Paese è abitato da persone pacifiche, ospitali, tolleranti delle opinioni altrui e che questo sentimento di odio nasce con l’entrata in campo di Berlusconi. Nulla di più falso e non lo dico io ma la storia che racconta invece di odi profondi: tra cristiani ortodossi e ariani, tra i cattolici e i “diversi”, appianati con l’introduziione da parte di Pio III, nel 1184, della Sacra Inquisizione, tra guelfi e ghibellini, tra guelfi bianchi e neri in Toscana, tra cattolici e massoni, tra monarchici e mazziniani, durante il Risorgimento, tra fascisti e partigiani, tra sinistra extraparlamentare e forze dell’ordine, considerando solo gli odi ideologici. Nonostante la durezza delle contestazioni, il Presidente del consiglio inizia la sua attività di governo con il vento in poppa e con l’entusiasmo mostrato durante la campagna elettorale. Corre l’obbligo notare, inoltre, che Berlusconi presiedette il G7 di Napoli, l’8-10 luglio 1994 e c’erano Bill Clinton, François Mitterand, Helmut Kohl, John Major; la Russia, con Boris Eltsin, si associò per la prima volta al gruppo, che diventò G8. Il 20-22 luglio 2001, Berlusconi presiede il G8 di Genova e c’erano, George W. Bush, Tony Blair, Jacques Chirac, Gerhard Schroeder, Vladimir Putin. L’8-10 luglio 2009, sarà ancora Berlusconi a presiedere il G8 de L’Aquila che vedrà la partecipazione di Barack Obama, Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Gordon Brown, Dmitrij Medvedev. Non era mai successo nella storia della Repubblica italiana che un leader italiano sopravvivesse ai leader degli altri Paesi più importanti. Si chiede Vespa «Un dispetto del Signore alla comunità internazionale?» (Vespa, 2010). Nell'aprile 2002, a Bologna, il secondo congresso di An mostra che tra Fi, Lega e An è stato costruito un patto abbastanza robusto e che, probabilmente, l'armonia potrebbe durare a lungo, nonostante sensibilità diverse su vari temi e una sotterranea gelosia di Fini nei confronti di Berlusconi. Questo accordo permette, il 5 luglio 2002, di firmare, tra governo e sindacati (esclusa la Cgil, che è sempre meno sindacato e sempre più partito politico) il Patto per l’Italia, un documento programmatico che si pone l’obiettivo di rilanciare l’economia del Paese.
Tra i vari punti sono previste lievi modifiche all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e le linee guida della riforma del lavoro sviluppate, da Marco Biagi, nel Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia. Le proposte che da mesi rimbalzano tra accordo sì accordo no, tra strappi e ricomposizioni, avviano, come già detto, l’era dei girotondi e porteranno all’uccisione del consulente del ministro Maroni. Uccisione annunciata, non tanto per le telefonate minatorie, quanto per il fatto che Biagi collaborava con un governo di centro destra e per il clima di odio, di criminalizzazione e di inciviltà che i girotondi e la Cgil avevano creato nel Paese. Giova notare che finanche a un dibattito, tenuto il 25 gennaio 2002, presso la Consulta nazionale della Cei, il Libro bianco di Biagi fu duramente criticato e contestato e lo stesso Biagi invitato come “imputato”. La morte del professore di Modena ebbe il potere di sbloccare le indecisioni e di portare alla firma del Patto per l’Italia. La riforma del mercato del lavoro (chiamata legge Biagi) sarà approvata il 10 settembre 2003. Giova sottolineare che il governo Berlusconi giura l’11 giugno 2001 e che l’11 settembre seguente il pianeta precipita in una delle più gravi crisi della storia.

Eugenio Caruso - 10 novembre 2019


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