Marco Aurelio, un grande insegnamento per l'impresa moderna

Gode in sommo grado delle ricchezze personali chi ne sente meno il bisogno.
Seneca Lettere morali a Lucilio


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1. Introduzione

In un recente articolo ho affermato che negli ultimi anni, specialmente nelle Business School anglosassoni, è invalso il principio di affiancare alla lettura degli economisti classici, e dei vari mostri sacri della gestione d’impresa, come Levitt, Drucker, Porter, Kotler, Welch, Peters, Thurow, McKenna anche quella di autori classici e lo studio della vita dei grandi condottieri, come Alessandro, Cesare, Sun Tzu, Napoleone.
Filosofi greci, e pensatori latini stoici come Seneca, Livio, Catone Uticense, Cicerone, Epitteto, Marco Aurelio, sono diventati oggetto di analisi per coloro che frequentano i Master in Business and Administration.

Tra i testi più approfonditi un posto di rilievo gode I ricordi di Marco Aurelio.

Lo stoicismo dai circoli culturali greci e medio orientali entra in Roma, nel 155 a.C., a opera di Diogene di Babilonia e Carneade di Cirene, dove si arricchisce dello spirito pragmatico della civiltà latina. Cicerone ne divulga le idee attraverso un gran numero di scritti. Catone Uticense, Bruto, Manilio, Persio, i frequentatori del "circolo degli Scipioni" vi attingono le proprie norme di vita. Seneca, infine, in una forma letteraria originale e coinvolgente, ne sviluppa tutti gli aspetti: la miseria dell’uomo di fronte alle avversità e all’assalto del male  e delle passioni, il rifugio nella solitudine della sapienza  e la partecipazione al destino di ogni altro individuo, la morte come impegno finale della coscienza.

Gli stoici non accettarono il trapasso dalla repubblica alla “tirannide”, cosicché molti di essi caddero vittima di Cesare, Antonio, Ottaviano, Nerone. D’altra parte, la situazione politica di Roma sollecitò in tutte le opposizioni intellettuali, non solo tra gli stoici, un titanismo etico che non si ritroverà più e che non esiste nemmeno nella storia della Grecia antica.
Lo stoicismo non è tanto una filosofia di ricerca teorica, ma un’arte di vivere, una continua ricerca del sapere e dei valori della vita; lo stoicismo spiana la strada alle esigenze di una nuova cultura che andava maturando tra Alessandria,  Gerusalemme e Roma e apre le porte al cristianesimo; al materialismo con il suo determinismo si contrappone la libertà di un elemento spirituale. L’umanità è una sola grande famiglia stretta dal vincolo della ragione comune a tutti gli uomini, e il mondo è una sola grande città di uomini e  Dei (1). Nel suo ambito, virtù sovrana è la giustizia; l’”altro” non è mai uno sconosciuto, ma un fratello, il compagno di un comune destino. La speculazione teorica non esaurisce la figura del saggio al quale viene richiesto, invece, un impegno pratico di ammaestramento e di attuazione nella vita sociale.

Marco Aurelio, fin da giovane, si abituò a confidare nell’etica stoica per combattere le ansie del suo spirito.
La ragione del successo de I ricordi, che il grande imperatore scrisse, in greco (2), durante le sanguinose campagne militari condotte a difesa dei confini dell’impero, non è tanto nella sua celebrata serenità, ma, all’opposto, nello sforzo etico, nel travaglio di una ricerca del bene comune che non si conclude e che, partendo dalla complessità della realtà, lascia aperte infinite strade. Il filo conduttore che guida gli aforismi di cui è composto il libro, è rappresentato dai principi della filosofia stoica dell'inseparabilità tra l'utile (la politica) e l'onestà e che dall'uomo venga all'uomo il maggior bene e il maggior male. Di qui la necessità di conciliarsi gli uomini con la benevolenza, con il beneficarli, con la rettitudine, con la dedizione al bene comune. Il vero utile, specie dell'uomo politico, sta nel subordinare il proprio interesse e la propria ambizione all'interesse e all'onore della società. Giova notare che l'autonomia della politica dall'etica venne proposta molto più tardi, dal Machiavelli, e la mediazione dialettica tra politica ed etica fu operata ancora più tardi, da Benedetto Croce.
L’opera è tra le più alte per intensità morale e intellettuale della storia del pensiero umano e, forse, questa è la spiegazione del perché quando essa ci capita tra le mani difficilmente ce ne separiamo.
In questo saggio mi concedo una rilettura de I ricordi, associando alcuni aforismi alle necessità del mondo dell’impresa e dell’imprenditore.

2. Riconoscenza per i valori etici e intellettuali ricevuti in eredità

Ritengo interessante riprendere, quasi integralmente, il primo capitolo nel quale Marco Aurelio dichiara i propri debiti morali e dimostra riconoscenza in coloro che hanno instillato in lui una serie di disposizioni positive che potrebbero essere le pietre miliari per la vita e il successo di un imprenditore, come di un capo famiglia o di chiunque voglia affrontare la vita come una sfida e che voglia fare tesoro dei consigli di collaboratori, insegnanti, parenti, amici.

Da Vero, mio avo, costumi retti e mitezza d’animo.

Dalla reputazione e dalla memoria del padre mio, modestia  e carattere virile.

Da mia madre, il rispetto per gli Dei, la liberalità, la frugalità, il rifuggire la vita fastosa dei ricchi.

Dal mio bisnonno, l’aver avuto in casa insigni maestri e l’aver capito che, riguardo a questo, non bisogna lesinare sulle spese.

Dal mio precettore, il non aver parteggiato né per la fazione dei “verdi”, né per quella degli “azzurri”, il saper sopportare le fatiche, l’accontentarmi di poco, il saper bastare a me stesso, il non immischiarmi negli affari altrui, il non prestare orecchio alle calunnie.

Da Diogneto, il trascurare le inezie, il non credere alle chiacchiere dei fattucchieri, il valorizzare la schiettezza, l’aver coltivato gli studi filosofici.

Da Rustico, l’aver concepito la necessità di correggere il mio carattere e di vigilare su di esso, il non ostentare austerità o prosperità per essere ammirato, a leggere attentamente e a non accontentarmi di una comprensione superficiale.

Da Apollonio, l’indipendenza dello spirito, la fermezza d’animo, la circospezione, ad essere inflessibile e mite.

Da Sesto, la benignità e l’esempio del buon padre di famiglia, l’idea della vita secondo natura, la serietà senza affettazione, la necessità di aiutare sempre gli amici, la sopportazione verso gli ignoranti, la propensione a dir bene degli altri e ciò senza strepito, l’amore per la cultura senza ostentazione.

Da Alessandro il grammatico, il non censurare alcuno, il non biasimare chi discorrendo cada in errore, ma facendogli capire, con abilità, l’essenza del suo errore sotto l’apparenza di rispondergli o di seguirlo nella sua idea.

Da Frontone, l’aver conosciuto quanta invidia, frode e simulazione esista nei tiranni  e come,  in complesso, coloro che tra noi sono detti patrizi abbiano meno cuore degli altri.

Da Alessandro il platonico, il non dire ad altri, o scrivere “io sono occupato”, né l’avvezzarmi in siffatta maniera a esimermi dagli obblighi verso coloro tra i quali vivo, accampando la scusa dell’urgenza degli affari.

Da Catulo, a non trascurare le lamentele di un amico, anche se egli si lagni senza motivo, ma di fare il possibile per rasserenarlo.

Da Severo, l’attaccamento verso la famiglia, la verità e la giustizia; l’aver concepito uno Stato nel quale le leggi siano uguali per tutti e così i diritti di ogni individuo e la libertà di parola.

Da Massimo, il saper padroneggiarsi, il non lasciarsi prendere la mano in nessuna evenienza, il superare con serenità le malattie come l’avversa fortuna, e la moderazione del carattere.

Dal padre mio (3), mitezza e perseveranza nelle deliberazioni ben ponderate, il disprezzo dei cosiddetti onori, l’amore per il lavoro e la tenacia, la capacità di ascoltare, la fermezza nel ricompensare secondo il merito, l’esperienza nel sapere quando sia necessaria la severità quando la clemenza, l’avere il senso della comunità, la cura nell’indagare le cose con attenzione e non accontentarsi della prima impressione, la capacità di prevedere i fatti, il reprimere plausi e adulazioni, il vigilare costantemente ai bisogni dello stato.

 Nei successivi capitoli analizzerò i vari aforismi, in una versione un po’ sintetizzata, e caricandomi l’onere di collocarli, arbitrariamente, sotto una serie di voci.

3. Il tempo

In questi aforismi vengono sottolineati l’importanza del tempo presente, la necessità di essere tempestivi e di non perdere l’attimo,  l’imponderabilità del tempo futuro e l’irreversibilità del passato. Questi concetti sono tra i principi fondamentali per chi voglia gestire un’impresa o qualunque organizzazione per la quale il parametro tempo è alla base di ogni attività.

Rammenta da quanto tempo vai procrastinando queste cose, e quante volte, benché te ne sia stato dato l’avviso, non ne hai approfittato. E’ indispensabile che tu sappia che ti è stato concesso un tempo determinato e che, se non lo usi, esso dileguerà, e tu pure dileguerai, e non ti sarà consentita un’altra possibilità.

Ancorché ti restasse da vivere tremila anni, e altrettante decine di migliaia d’anni, ricordati che nessuno può perdere altra vita oltre a quella che vive, né vive altra vita se non quella che perde. Confluisce a uno stesso punto e la vita più lunga e quella più breve, ché il presente è uguale per tutti e pure il passato lo è, e questo rende palese come il tempo che l’uomo perde è immensamente piccolo. Nessuno perderà mai né il passato né il futuro. Infatti in qual modo è possibile levargli quello che non ha? Perché è soltanto il presente che ci può essere tolto, dato che soltanto questo possediamo.

La vita umana ha la durata di un attimo, ……………l’esistenza è battaglia e sosta in terra straniera, la gloria postuma oblio.

Metti da parte ogni altra norma e ricordati solo di queste poche: ognuno di noi vive solo il presente, perché il rimanente o l’ha già vissuto o è incerto, piccola cosa è il cantuccio di terra dove si vive, piccola cosa la rinomanza che lascerà.

Il tempo è una specie di fiume degli eventi o un torrente impetuoso. Appena una cosa è comparsa ed è già portata via e un’altra ancora è comparsa e un’altra ancora sarà inghiottita.

Vicino è il tempo in cui avrai tutto dimenticato, vicino è il tempo in cui sarai dimenticato da tutti.

marco aurelio

Busto di Marco Aurelio

4. I comportamenti da tenere

Marco Aurelio era un imperatore saggio e giusto, pertanto le sue osservazioni riguardanti i comportamenti mirano sempre al bene della società. Se, nei suoi aforismi, sostituiamo la parola società con la parola impresa abbiamo un insieme di regole che l’imprenditore dovrebbe seguire per il bene della sua impresa.

Poni attenzione a compiere con fermezza quanto stai facendo, con serietà diligente ma non ostentata, con amorevolezza, con libertà, con equità.

L’uomo si copre d’ignominia quando svolge la propria attività senza alcuna meta, ma tutto compie a caso senza badare a nulla, mentre anche le più piccole azioni devono essere svolte in relazione a uno scopo preciso dato che il fine dell’uomo è obbedire alla ragione e alla legge.

Non dar fondo a quel che ti resta da vivere fantasticando sui fatti del prossimo, salvo che tu pensi al bene pubblico, perché certo ti privi di altre attività, se continui a fantasticare su cosa mai faccia taluno e perché , e cosa dica e mediti e così di seguito. Tutte queste cose ti stornano dalla ragione.

Non agire contro la tua volontà, né in siffatto modo che la tua opera non sia di pubblico vantaggio, né senza aver prima esaminato bene la cosa; non caricare la tua parola di troppo ciarpame, non essere troppo loquace né intrigante.

Alla rettitudine del pensiero e all’attività sociale non è lecito contrapporre nessuna cosa di natura contraria, come le lodi della moltitudine ignorante, il potere, le ricchezze, le voluttà, cose tutte che se per poco paiono adattarsi, d’improvviso prevalgono e ci trascinano.

Non esista nulla che tanto ingigantisca l’animo quanto il poter spiegare a se stessi, con ordine e verità, gli avvenimenti della propria vita meditati singolarmente e il saperli osservare sempre in modo da comprendere a quale mondo appartengano, a cosa servano e quale valore abbiano.

Alcuni cercano di ritirarsi fra i campi, al mare, sui monti e tu pure desideri questi luoghi, d’abitudine; ma tutto ciò è degno di un uomo ignorante (4), perché tu puoi, quando lo voglia, ritirarti in te stesso. Infatti, l’uomo non può ritirasi in nessun luogo nel quale sia tranquillità maggiore o calma più assoluta che non nell’intimo della propria anima.

E’ necessario che tu sia sempre preparato a queste cose: uno, a compiere solo quello che la ragione di sovrano e di legislatore ti suggerisce per il bene degli uomini; due, a modificare il tuo convincimento, se per caso sopravviene chi sia capace di correggerti e di farti cambiare parere. E’ tuttavia indispensabile che il tuo giudizio muti per motivi plausibili, come se fosse richiesto da un senso di giustizia e dal bene pubblico o da altre ragioni del genere, e non perché questo riesca gradito  e possa procurare gloria.

Quanta tranquillità guadagna colui il quale non si preoccupa di osservare quello che ha detto o pensato il suo vicino, ma soltanto osserva se i suoi atti sono giusti. Come il buon corridore non guarda attorno, ma tira dritto al traguardo, senza distrazioni.

E’ necessario che tu ti rammenti che ogni atto deve essere compiuto con la diligenza corrispondente alla dignità e al valore dell’atto. Quando non ti occuperai, più di quanto convenga, delle cose di scarsa importanza potrai evitare di essere annoiato della vita.

Assomigliare allo scoglio, contro cui s’infrangono le onde ed esso rimane fermo e intorno a esso si addome il ribollir delle acque.

Sforzati di esercitare quelle caratteristiche che dipendono completamente da te: la sincerità, la dignità, la resistenza alla fatica, la rinuncia ai piaceri, l’essere pago della tua sorte, la sobrietà, la dolcezza, la libertà, la semplicità, il disdegno del lusso, la grandezza d’animo.

Serbati sincero, buono, onesto, dignitoso, contrario a qualsiasi pompa, propenso alla giustizia, pacifico, benefico, tenace nell’adempiere i tuoi doveri.

La mia intelligenza è o non è sufficiente per raggiungere questa meta? Se lo è, io l’adopero come uno strumento datomi dalla natura, altrimenti cedo l’incarico a chi può compierlo meglio di me, oppure, se ad altri non conviene, faccio come posso, prendendo con me una persona capace di compiere l’incarico utilizzando i miei suggerimenti.

Non considerare le cose che non hai, come se le avessi; ma scegli le più utili tra quelle che hai, e pensa a come le cercheresti se non le avessi. Nello stesso tempo, però, bada che, tenendole così care, non ti abitui a dar loro tanto valore da rimaner turbato il giorno in cui non le avessi più.

Nella costituzione dell’uomo il primo dovere è la socievolezza, il secondo il non lasciarsi dominare dagli istinti, il terzo fare affermazioni meditate per non cadere vittima di inganni.

Ama solo ciò che è intessuto nella tua esistenza.

Scava dentro di te. Dentro è la fonte del bene, fonte inesauribile se ci scaverai sempre.

L’arte del vivere assomiglia più a quella della lotta che a quella della danza, perché è necessario essere pronti e saldi a sostenere con fermezza gli imprevisti.

Per ogni tuo pensiero, per quanto ti sia possibile, fai riferimenti ai principi della fisica, dell’etica e della logica.

E’ necessario che la tua vita sia costituita di azioni, una per una, e se ognuna di esse, per quel che è possibile, raggiunge il suo fine, sii soddisfatto perché nessuno può impedirti di ottenerlo per ciascuna.

Non è giusto che io, che non ho mai afflitto nessuno, abbia ad affliggere me stesso.

Molte volte è ingiusto non solo chi fa, ma anche chi non fa.

Lavora non come se il lavoro ti renda infelice, né cercando compatimento o ammirazione. Abbi una volontà sola: quella  di agire o non agire, secondo il benessere della società.

Imperturbabilità per tutto ciò che dipende da cause esterne. Giustizia nelle azioni che hanno te stesso come causa. Cioè volontà e azione, senza altro fine che l’agire per il bene di tutti, il che è conforme alla tua natura.

Perché valerti delle congetture, allorché ti è dato di poter scorgere ciò che vedi? E se lo vedi, di procedere con tranquillità e tenacia su quella via; se non lo vedi, di sospendere il tuo giudizio e ricorrere ai consiglieri migliori? Se poi, si manifestano nuovi ostacoli, di procedere, dopo attenta meditazione, conformemente alle nuove circostanze, attenendoti a ciò che ti sembra giusto?

Per chi è penetrato dai buoni principi, basta un detto brevissimo a fugare tristezza e timore. Per esempio: «Foglie che il vento spande al suolo, così è la specie umana» (5).

Ho io compiuto qualche azione che sia di giovamento alla società? Dunque ho giovato a me stesso. Tieni sempre presente questo pensiero e cerca di perseverare.

Quando sei assalito dall’ira, abbi presente che il cedere ad essa non è cosa degna d’uomo e che la mitezza e la benevolenza, come sono doti più umane, così sono anche più maschie.

Se non è bene non farlo, se non è vero non dirlo.

In primo luogo non fare nulla a caso, né senza fine. In secondo luogo, non compiere azioni che non siano di giovamento alla società.

D’una sola cosa devi allietarti ed essere soddisfatto: passare da un’azione all’altra proficue per la società.

5. Il rapporto con gli altri

Per il raggiungimento del bene della società/impresa è fondamentale la collaborazione e l’aiuto degli altri. Spesso però non è facile stabilire un rapporto proficuo con l’altro. Ecco allora alcuni suggerimenti pratici: imparare ad ascoltare, non lasciarsi mai accecare dall’ira, essere d’esempio, non misurare le proprie azioni solo con il metro del giudizio altrui, cercare di capire cosa l’altro pensi, parlare alle persone con garbo e chiarezza, accogliere i suggerimenti di chi può esserti utile, ricordarsi che chi offende, offende innanzitutto se stesso.

Non giudicare mai vantaggioso quel che, nel futuro, potrebbe obbligarti a mancare alla tua parola, a lasciar da parte il senso del pudore, a odiare qualcuno, a sospettare di qualcuno, a imprecare, a simulare, a desiderare cose che vogliono veli o  muraglie per essere occultate.

Se l’intelligenza è in noi comune, anche la ragione è in noi comune; se questo è vero è comune anche la ragione che ordina cosa si debba o non si debba fare. Esiste quindi una legge comune, quindi siamo tutti cittadini, quindi partecipiamo tutti a una sorta di governo, quindi il mondo è come una città; perché di quale altra forma di stato comune potremmo dire che faccia parte l’umanità intera?

Non giudicare le cose come le giudica chi ti offende, o come egli desidera che tu le giudichi, ma osservale come sono veramente.

Il modo migliore per vendicarsi è non adeguarsi.

Com’è singolare il comportamento degli uomini! Essi negano la lode ai propri contemporanei, mentre anelano alla lode dei posteri, che non conosceranno mai; è come se tu ti affliggessi perché gli antenati non hanno fatto le tue lodi.

Se taluno mi convincesse che io penso e mi comporto malamente, ne sarei felicissimo e mi ricrederei, dato che cerco la verità, la quale non fu dannosa mai ad alcuno, mentre danneggiato è colui che insiste nel proprio errore e nell’ignoranza.

Ama gli uomini con i quali ti tocca vivere, amali di vero amore.

Tutte le volte che vorrai rallegrarti, pensa ai pregi di coloro che tu conosci: per esempio, all’operosità di questo, alla modestia di quello, alla generosità di quell’altro, e così di seguito.

Cerca di persuaderli, ma non tralasciare di agire anche contro il loro volere, allorché lo imponga la ragione della giustizia. Se poi qualcuno ti contrasti con la forza, volgiti alla calma e giovati di quell’ostacolo come di un’occasione per esercitare un’altra virtù.

Abituati ad ascoltare  con attenzione ciò che gli altri dicono e sforzati di penetrare nel loro spirito.

Ciò che non è utile allo sciame non è utile nemmeno all’ape.

Non vergognarti di aver bisogno di aiuto: il tuo dovere è di compiere ciò che ti tocca, come un soldato all’assalto delle mura: ora, se tu, colpito a una gamba, non potessi scalare da solo, ti vergogneresti dell’aiuto di un camerata?

Ricordati che il cambiare opinione e l’uniformarti ai consigli di chi ti riprende è sempre un atto di libertà, poiché la responsabilità dell’azione che si attua in seguito al tuo giudizio finale è sempre tua.

Con tutti parla con garbo e con chiarezza.

Gli uomini sono nati gli uni per gli altri. Insegna,  quindi, loro questo principio o sopportali.

Come tu sei parte integrante dell’organismo sociale, così ogni tuo atto è parte della vita sociale. Pertanto se qualsiasi tuo atto, che non abbia immediata o lontana relazione con questo scopo comune, lacera l’esistenza e ne rompe l’unità, è ribelle come chi in una città si isola separandosi da quell’armonia.

Se ha peccato, forse, là è il male. Ma, forse, non ha peccato.

Guarda se non è meglio che tu rimproveri te stesso, perché non ti attendevi che questi errasse. La ragione ti offriva mezzi bastevoli per capire che costui, con ogni probabilità, sarebbe caduto in errore. Tu non vi hai posto attenzione e ora ti meravigli che abbia sbagliato.

Se taluno erra, puoi correggerlo benignamente e mostrargli la sua svista. Se non puoi, incolpa te stesso.

Abituati, per quanto possibile, a riflettere in questo modo su ogni azione di chiunque: « A cosa mira costui?». Però incomincia a esaminare te per primo.

Chiunque ti ostacoli sul cammino della ragione, non potrà sviarti dall’agire con saggezza così come non potrà smuoverti dal sentimento di benevolenza verso di lui; ma sii costante in queste due direzioni: la saldezza nel giudicare e nell’operare, la mitezza verso coloro che ti creano impedimenti. Il lasciarsi trasportare dall’ira contro di essi, non sarebbe debolezza minore del cessare dall’azione incominciata e retrocedere per timore.

Taluno mi disprezza? Se la veda lui. Io vedrò di agire in modo che nessuno possa trovare nelle mie azioni e nelle mie parole cosa degna di disprezzo.

Non puoi insegnare a leggere e a scrivere, se prima non hai imparato tu stesso. E lo stesso vale per ogni attività della tua vita.

Spesso mi sono stupito nell’osservare quanto ciascuno ami se stesso e, poi, attribuisca minore importanza alla propria opinione su se stesso, che non a quella degli altri.

6. Il mondo esterno 

La società, come l’impresa, non è mai un elemento isolato ma appartiene a una rete di soggetti che operano per un’evoluzione sinergica. Nel momento in cui il singolo soggetto si rende conto di essere parte attiva di un tessuto relazionale opererà perché tutto il sistema delle relazioni sia beneficiato dalla sua azione e così, direttamente o indirettamente beneficierà se stesso.

Le cose hanno sempre qualche stretto vincolo con quelle che le precedono, perché non si tratta di una serie di numeri governata solo dalla necessità, bensì di una continuità razionale. E come gli esseri sono coordinati armoniosamente, così gli avvenimenti non dimostrano solo una semplice successione, bensì una meravigliosa relazione tra loro.

La materia dell’intero universo è docile e cedevole; e la ragione che la regge non ha in sé alcun motivo per nuocere, perché non ha la malvagità in sé. Non fa male ad alcuno, e nulla è danneggiato da essa, anzi mercé sua ogni cosa ha un principio e una fine.

Guarda bene in fondo alle cose, né ti sfugga l’essenza o il valore d’alcuna di esse.

L’Asia e l’Europa, atomi dell’universo. I mari una goccia dell’Universo. Ogni attimo un punto dell’eternità.

Non sperare in una repubblica come quella di Platone, ma ritieniti soddisfatto di ogni piccolo progresso e rifletti che non è poco ottenerlo.

O sono atomi o è Natura. Se è Natura, si deve in primo luogo considerare che io sono una parte del tutto regolato dalla natura; secondariamente che io sono, in certo modo, stretto da legami di parentela con le altre parti della mia stessa specie. Memore di ciò non avrò ragione di essere scontento per qualcosa che mi viene dal Tutto, perché nulla è dannoso alla parte se conviene al Tutto.

Ricorda la favola del topo di campagna e del topo di città e la paura e il correre affannoso di questo.

Sostiene Epitteto: «Non esistono ladri del libero arbitrio».

NOTE

(1) I trattati di filosofia erano, generalmente, scritti in greco, poiché la sinteticità della lingua latina era adatta alle espressiooni dell'attività pratica e all'oratoria forense, ma mal si adattava per sviluppare le sottigliezze del pensiero filosofico. D'altra parte per i giovani romani di "buona famiglia" era, di fatto, obbligatorio completare la propria istruzione trascorrendo un periodo della propria vita ad Atene, per impararvi la lingua e seguire le lezioni di qualche scuola di filosofia.
(2) Per gli stoici, Dio è uno, ma numerose sono le manifestazioni della divinità. Ne I ricordi, Marco Aurelio cita più frequentemente Dio che Dei.
(3) Il padre adottivo, l’imperatore Antonino Pio.
(4) Gli stoici tendevano a classificare gli uomini in buoni o cattivi, in saggi o ignoranti; Marco Aurelio, di solito, rifugge da questo principio.
(5) Omero, Iliade.

Eugenio Caruso
02-01-2008


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