Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri, contesta la relazione del Comitato tecnico scientifico e la decisione del governo di una Fase 2 a rilento; Remuzzi sembra dare ragione a quei governatori che vorrebbero accelerare il piano delle riaperture.
Per il professore l’Italia può ripartire. «Sembra strano che a dirlo sia un medico come me. Ma ogni anno, povertà e conflitti figurano tra le prime cause di malattie e di morte al mondo. E restando ancora chiusi in casa, esiste la possibilità di conflitti sociali più forti che mai».
Ma prima di un piano di riaperture serve un altro tipo di strategia. «Prima degli orari dei negozi e delle corsette, serve un piano medico». Questo serve infatti a migliorare la capacità di risposta del sistema sanitario nazionale. Per questo, il professore nell’intervista al Corriere della Sera propone di mettere i dottori di medicina generale sotto l’egida del Ssn almeno fino al 2022.
«Loro sono il primo baluardo contro il virus. Bisogna mobilitarli, creando un protocollo, dotandoli di sistemi di protezione individuale, per fare in modo che la maggior parte dei pazienti Covid-19 possa essere curata a casa».
Ma servirebbero unità mobili, con ossigeno e diagnostica. E bisognerebbe dare una linea sanitaria alle regioni. Remuzzi propone di destinare alcuni ospedali solo alla cura del Covid-19. «Non bisogna rifare l’errore di mescolarli con malati di patologie diverse». L’esperienza della Fase 1 ha insegnato, secondo Remuzzi, che «questa malattia va curata casa per casa, con gli ospedali come ultima istanza. Serve un piano per fare il tampone agli infetti, e degli spazi per isolarli». Ma ha anche insegnato che dobbiamo occuparci di anziani e Rsa.
Ripartire è giusto e possibile secondo il professor Giuseppe Remuzzi. «Lo scenario peggiore non è impossibile, ma anche a livello statistico è molto improbabile», dichiara in un’intervista al Corriere della Sera in merito allo studio del Comitato tecnico scientifico. A tal proposito, spiega che «se prevedi che tutto, ma proprio tutto vada male, si avrà un numero importante» di ammalati. Il dossier del governo, in caso di una seconda ondata del contagio, prende in considerazione 92 scenari possibili (sic, probabilmente uno per ciascun consulente), al cui estremo c’è la stima dei 151 mila ricoveri in terapia intensiva. Un numero su cui il direttore del Mario Negri esprime forti dubbi. Ma è quello a cui si arriva «solo sovrastimando in modo abnorme la popolazione anziana in Italia». (NDR. La stima di 151.000 sembra sbagliata anche al sottoscritto che si intende di statistica avendovi avuto a che fare per tutta la vita).
Per Remuzzi c’è un problema di comunicazione. «Gli italiani devono avere ben chiaro che riaprire significa avere quasi automaticamente un certo numero di nuovi malati. E non stiamo parlando di poche decine». Ma non si rischierebbe lo scenario ipotizzato dal Comitato Tecnico Scientifico del governo. I nuovi casi potrebbero essere gestiti, «con la capacità di adattare la risposta, soprattutto isolando subito le persone contagiate».
Una delle lacune emerse nella prima fase dell’emergenza coronavirus riguarda i test di screening rapidi per sapere se si è stati infetti e se sono stati quindi sviluppati gli anticorpi.
«Il governo deve regolare questo tema. Senza lasciarlo all’iniziativa delle regioni o dei singoli imprenditori. Altrimenti è il caos». Secondo Remuzzi il governo non manca di buon senso, ma di una visione generale. Come dimostra anche la questione delle scuole. «I bambini non si infettano. I loro genitori, più o meno giovani, difficilmente sviluppano malattie importanti. Invece noi lasciamo le nuove generazioni a casa dai nonni. Un altro modo di mescolare. A mio avviso, un grave errore».
Silvana Palazzo
2 maggio 2020