Forza Covid, il partito unico per la seconda ondata

Si stava meglio quando si stava peggio. Vuoi mettere, le strade abbandonate, la gente dietro i vetri come pesci in acquario, il computo dei morti, gli ospedali al collasso, i blindati neri coi cadaveri nei sacchi. Quella celeste nostalgia canaglia di Covid la provano in tanti: la compagnia dei virologi buonamorte, che senza emergenza restano del tutto privi di sponsorizzazioni e di gloria; i superkommissari alla herr Arkuri, che non possono più giocare a Dio che smista la vita e la morte; gli esperti delle task force, che si ritrovano con le taske vuote; dulcis in fundo Giuseppi, che si credeva il padrone della terra, come diceva don Bastiano, quello del Marchese del Grillo, per poi scoprire, tutto insieme in un arruffatto pomeriggio di contestazioni romane, che non era padrone di nulla. E allora: forza Corona, che dove c’è virus c’è speranza.
La chiamano “la seconda ondata”, ma non è un film distopico e neanche un romanzo novecentesco. È la recondita Speranza, neanche tanto recondita, di ministri, sottosegretari, intrallazzoni e gufoni vari: “menagramo d’un menagramo”, come diceva il duca conte Semenzara al povero Fantozzi. A, uè uì, il vaccino non va lì. A, uì, uè, il corona viene a te. “Il virus, anche se a prevalenza ridotta, e con prevalenza di casi asintomatici, continua a circolare”, dichiara il ministro della Salute col suo faccino emaciato: la gente, davanti al telegiornale, istintivamente si tocca con la sincronia di un corpo di ballo, milioni di furtive palpatine sotto al desco serale, perché questi, oh, son capacissimi di portare sfiga. Vedi però come cambiano le cose. Quattro mesi fa, chi si sigillava in casa era un fascista, ce l’aveva coi cinesi; quattro mesi dopo, chi non crede alla seconda ondata è un fascista, vuole infettare tutti.
Tra chi non crede alla seconda ondata, un professor Bruce Beutler che è stato appena premio Nobel per la Medicina nel 2011. Robetta, vuoi mettere Ricciardi, il nostro uomo alla Oms. Dio, ci sarebbe anche la Capua, quella che “da anni non sono più virologa” però si fa intervistare, a tariffa, come se lo fosse. Solo che la Capua, già con Scelta Ciclica di Mario Monti, cambia idea da una trasmissione all’altra: il virus non scomparirà, no non c’è più, no non è ancora debellato, no ma non fa più paura, no ma la seconda ondata vedrai che ondata vedrai, no ma la seconda ondata non ci sarà, no ma può essere tutto e niente. A (non) fare i virologi così son buoni tutti, c’è una sola entità sul pianeta che cambia idea con maggiore frequenza: ed è l’Oms, su qualsiasi accidente che li spacchi dalle mascherine ai guantini alle ondate alle profilassi ai prolassi che ci pigliano ascoltandoli.
Ma lì dipende dalla casa madre, il governo cinese che manda di quelle stramaledette veline tutte ideogrammi, incasinatissime da tradurre. Quanto a Burioni, non pervenuto: è in silenzio stampa fino alla ripresa di Che tempo che fa, con il che siamo tutti un po’ più smarriti. Robbi, dove andremo? Robbi Robbi Robbi non credeva al novax cretino, Robbi aveva un fiuto eccezionale per il vaccino. Anche altri, da De Donno, a Zangrillo, sono scettici sull’eterno ritorno del contagio, per lo meno nelle forme micidiali che abbiamo sconosciuto; ma il principe dei virologi, Fauci, non ha dubbi: “Il virus tornerà”. Ecco, magari giusto in tempo per segare Trump alle presidenziali d’autunno.
Difficile, scindere la scienza dalla politica. Anzi, in questa tragedia è sembrato praticamente impossibile, i pretesti della sicurezza si intersecano con le vere esigenze dell’opportunismo e furono facili profeti quelli che immaginavano: la quarantena proseguirà fino a che premierà Giuseppi nei sondaggi, poi, al primo stormir di fronda contraria, liberi tutti. Così è stato, anche se il governo ha finto di concedere quella libertà che milioni di cittadini esasperati, disperati, terrorizzati dalle ricadute economiche, stavano ormai riconquistandosi per conto loro. Ma non c’è dubbio che, fosse stato per Palazzo Chigi e dintorni, il maledetto lockdown sarebbe durato ad libitum, sine die, in saecula saeculorum. Perdere tempo per prendere tempo. Tanto, questa genia di tecnici molto bravi nelle pubbliche relazioni, assai meno nel loro mestiere (lo hanno dimostrato, in tutti i sensi e in tutti i ruoli), non si preoccupa d’altro che dell’immediato, come ha detto un virologo influencer: “A noi importa solo del contagio, le conseguenze economiche non ci appartengono”.
E così, onda su onda, siamo qui a sorbirci le lugubri Cassandre della seconda ondata, alias l’eterno ritorno della sfiga ammorbante: previsioni che hanno lo stesso valore dei rilievi scientifici di Greta, la sbarellata svedese descolarizzata ma autopromossa esperta di: clima, ambiente, energia, stili di vita, gender, virus e, da ieri, razzismo sociologia americana, roba che la signora Longari, quella che (non) cadde sull’uccello del Rischiatutto, al confronto è una commessa, con rispetto parlando. La faccenda non regge perché, mette il dito sulla piaga il fisico Ricci Tersenghi, mancano i modelli matematici attendibili per questo genere di proiezioni, che, così come vengono elaborate, hanno lo stesso valore degli oroscopi; la stessa cosa del riscaldamento globale, che difatti più non torna nei fatti e più lo rilanciano con le campagne terroristiche.
È molto più probabile, questo almeno ipotizzano lo stesso Ricci Tersenghi insieme ad una quantità di specialisti, che in autunno questo fottutissimo patogeno, che pare ormai avere esaurito la sua carica, possa ripresentarsi in forme del tutto attenuate e in piccoli focolai tranquillamente gestibili. Ma la strategia della tensione paga in termini di opportunismo politico, si tratti di pandemie o di pianeta destinato a evaporare: è questione di business e anche di terrorizzare un popolo di gente scioccata, disorientata da tre mesi di clausura, tornata a una normalità che non c’è, scopertasi come tanti naufraghi sulla zattera: produzione industriale crollata del 50%, prospettive di flessione del Pil abissale, cassa integrazione che non scatta, soldi che non arrivano (“trovatevi un’altra banca”, ha suggerito l’incredibile ministro Bella Ciao Gualtieri), Unione europea che fa quello che le riesce meglio, cioè prendere per i fondelli, interi comparti annichiliti e la prospettiva di una tabula rasa allucinante di qui a settembre, quando arriveranno a scadenza le omeriche scadenze fiscali e 7 piccole e medie imprese su 10, secondo le previsioni, salteranno; portandosi appresso ulteriori dieci, quindici, venti realtà produttive, per via dell’indotto.
Che fare, domanderebbe il compagno Lenin? Gli Stati generali, risponde il compagno Conte. Dieci giorni di festa, di grande abbuffata a Villa Pamphili nel più classico ultimo ballo del Titanic. Dice: incontri di menti brillanti. Tipo gli archistar Piano e Fuksas, quelli che guardano schifati chiunque non abbia un castello residenziale con ponte levatoio. Ma arriva pure Ursula, supercotonata, altro che cene eleganti. Dice che forse, ma non è sicuro, si fa vedere pure Colao: divertimento assicurato. E perché non Jovanotti, che quanto a brillantezza di mente non è secondo a nessuno?
Forza Covid-19, 20, 21, che bisogna arrivare al 22 del fine legislatura politicamente vegeti per eleggere un Mattarella di più o comunque un suo clone. Quella vecchia volpe di Giulio Andreotti soleva dire che “è meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Gli sbomballati giallorossi hanno trovato il punto di incidenza delle convergenze parallele: per tirare a campare, bisogna tirare le cuoia. O almeno farlo credere. Dopodiché, quello che davvero succederà lo scopriremo solo vivendo, o giù di lì.

Max Del Papa - 16 giugno 2020



www.impresaoggi.com